SAINT-BENOIT-SUR-LOIRE
SAINT-BENOÎT-SUR-LOIRE (Floriacum, Fleury, Saint-Benoît-de-Fleury nei docc. medievali)
Centro della Francia, situato nel dip. Loiret, a km 35 a S-E di Orléans, nel Medioevo sede di un importante monastero.S., un tempo chiamata Fleury dal nome dell'abbazia fondata nel 651, assunse successivamente il nome di Saint-Benoît-de-Fleury e poi di S., dopo che vi furono depositate le reliquie di s. Benedetto da Norcia, portate da Montecassino da un gruppo di monaci di Fleury e da essi deposte in una delle chiese del monastero, Sainte-Marie, che da quel momento assunse il ruolo di chiesa principale; essa venne totalmente ricostruita nel corso dei secc. 11° e 12° e costituisce l'unica traccia dei vari edifici costruiti nell'abbazia durante il Medioevo, per la cui conoscenza sono importanti alcune piante anteriori ai lavori di riedificazione del 18° secolo.S. visse il periodo di maggior fulgore della propria storia nel sec. 11°, quando divenne uno dei luoghi privilegiati del sapere e un vivaio di talenti letterari. Uomo di cultura di grande prestigio, l'abate Abbone (988-1004) arricchì notevolmente la biblioteca. Il suo successore Gauzlin (1004-1030), affascinato dal mondo antico, promosse le arti e le lettere. Inoltre un monaco di S., Helgaudo, fu incaricato di redigere la biografia di Roberto II il Pio (Vita Roberti; PL CXLI, coll. 903-936), di cui Gauzlin era probabilmente fratellastro. L'opera di Aimoino, autore di una Vita sancti Abbonis, e quella di Andrea di Fleury, che negli anni quaranta scrisse una Vita Gauzlini, illuminano la storia dell'abbazia agli inizi dell'11° secolo. In particolare Andrea di Fleury ebbe cura di descrivere con rara precisione i lavori di costruzione e di abbellimento promossi dall'abate Gauzlin, non solamente a Sainte-Marie, ma anche in altre chiese del monastero. Si conoscono così i tituli del ciclo dell'Apocalisse, dipinto sulle pareti della chiesa di Saint-Pierre, e le favole di Esopo rappresentate nel refettorio. Più scarse sono invece le notizie sui decenni successivi, anche se i Miracula sancti Benedicti, la cui redazione si interruppe solo agli inizi del sec. 12°, forniscono indicazioni sui lavori compiuti alla fine dell'11° secolo.Quasi nulla è noto circa le due chiese merovinge dedicate alla Vergine, quella della fondazione e quella ingrandita dall'abate Mummolus quando vi furono portate le reliquie di s. Benedetto, se non che quest'ultima era probabilmente costruita in muratura di terra argillosa battuta. Gli scavi archeologici condotti nel 1923 e nel 1958-1959 nel coro e nel transetto dell'od. chiesa hanno portato nuove conoscenze sul terzo edificio, costruito nell'883, dopo le invasioni normanne: era una basilica carolingia, dotata di un coro a terminazione rettilinea dove era collocato l'altare maggiore, sopraelevato grazie ad alcuni scalini. Davanti a esso erano esposte le reliquie di s. Benedetto e, più a O, la crociera del transetto era caratterizzata al centro da una pavimentazione circolare (diametro ca. m 4,45). La navata, che sicuramente era affiancata da navate laterali, era dotata di finestre chiuse da vetrate, delle quali sono stati ritrovati alcuni frammenti. Una piccola cripta, unita al coro attraverso un corridoio centrale, venne aggiunta alla costruzione primitiva dall'abate Odon (930-942).Il santuario della chiesa carolingia fu profondamente rimaneggiato dall'abate Gauzlin. Andrea di Fleury menziona diversi elementi dell'arredo - pulpito e recinto del coro in rame massiccio, scanno dell'abate poggiante su due leoncini di bronzo, altari di marmo -, come pure la costruzione di una volta sopra il coro, dopo il terribile incendio che nel 1026 distrusse l'abbazia e danneggiò la chiesa. Dei lavori di rinnovamento e abbellimento dovuti a Gauzlin sussiste solamente il pavimento di marmo in opus sectile da lui fatto giungere dalla Romania e che, accuratamente smontato, fu reimpiegato durante la costruzione del coro dell'od. chiesa, alla fine del sec. 11°; gli scavi del 1958-1959 hanno permesso di restituire, con alcune lacune, questo secondo stato, alterato da diversi rimaneggiamenti di epoca moderna.L'abate Gauzlin aveva anche intrapreso l'edificazione, a O della chiesa abbaziale, di una torre che, secondo Andrea di Fleury, doveva rappresentare un modello per tutta la Gallia. Gauzlin non riuscì tuttavia a vedere prima della morte il compimento di una costruzione che è da annoverarsi tra le opere principali del primo Romanico. Per quanto amputata di un piano nel sec. 16°, la torre-atrio di S. (larga ca. m 17; profonda ca. m 15) colpisce per la sua imponenza. Essa è composta ancora da due livelli: un piano terreno che funge da atrio alla chiesa e uno superiore, originariamente adattato a cappella secondo la tradizione merovingia, tradizione tuttavia profondamente rinnovata attraverso un'interpretazione formale già pienamente romanica. La plastica muraria e gli elementi di sostegno segnano una rottura con il passato, con il moltiplicarsi degli aggetti e con le variazioni sul tema del pilastro composito.Al piano terreno la torre-atrio si apre verso l'esterno attraverso tre archi su ognuna delle sue facce, contrappuntati, al primo piano, da grandi aperture circondate da archi di scarico, le quali sono però il prodotto dei restauri del sec. 19°, operati dall'architetto Etienne Albert Delton. Infatti, mentre gli archi di scarico appartengono effettivamente al sec. 11°, solamente la facciata nord era originariamente provvista di grandi aperture; quella occidentale non includeva che strette finestre e la facciata sud, situata sul lato degli edifici monastici, presentava alcuni oculi. Si osserva parimenti che, se al piano terreno la facciata occidentale si presenta come la principale, la situazione cambia al primo piano, dove la decorazione scultorea - un insieme di rilievi di formato e temi assai diversi, distribuiti senza ordine - è concentrata sulla facciata nord.I capitelli che decorano i pilastri del piano terreno sono dovuti allo scalpello di un artista eccezionale che incise il proprio nome, Unbertus, su uno di essi (Mus. Lapidaire). Attento osservatore dell'arte antica, Unbertus è l'antesignano di una reale rinascita del corinzio, in una delle sue prime manifestazioni del periodo romanico. Lo schema corinzio gli dovette apparire come una cornice ben confacente alla figura; così anche i pochi capitelli figurati, dedicati alla narrazione di scene dell'Infanzia di Cristo e dell'Apocalisse, presentano volute angolari e un abaco profondamente scavato, mentre forme vegetali derivanti dalla foglia di acanto equilibrano le composizioni e assicurano una certa unità visiva all'insieme. Anche i moduli corinzi furono peraltro reinterpretati da Unbertus: le loro proporzioni, anche se in parte calcolate in riferimento ai dettami di Vitruvio, sono più schiacciate che nell'Antichità, mentre la ricchezza plastica dell'acanto maschera diverse alterazioni dello schema. Queste alterazioni si ritrovano, accentuate, al primo piano della torre-atrio, i cui capitelli sono opera di allievi di Unbertus.Il coro e il transetto, eretti in un'unica campagna edificatoria tra gli anni 1070 e 1107, data della cerimonia di dedicazione, presentano anch'essi una partitura ambiziosa e complessa. In pianta, questa zona dell'edificio comprende un ampio transetto separato, un deambulatorio con quattro cappelle e un lungo coro a sei campate; ma, contrariamente all'uso consueto, solamente le due cappelle centrali del deambulatorio sono radiali. Le altre due, poste all'ingresso della curvatura absidale, sono orientate e corrispondono, nella navata centrale, a una campata più fortemente individuata rispetto alle altre; viene così suggerito un secondo transetto, quanto meno in pianta. All'esterno, questo falso transetto è incorniciato da due torri che sovrastano la campata dritta che precede le cappelle orientate. La cripta, poco profonda e caratterizzata dalla stessa pianta del deambulatorio, determina una notevole sopraelevazione di quest'ultimo; il santuario viene dunque a trovarsi tagliato in due da un alto muro confessionis, posto al limite dell'abside e della parte dritta del coro. Lo sviluppo verticale, tanto del coro che dell'abside, comprende tre livelli, scanditi da grandi archi, arcatelle cieche continue e finestre alte, le quali - malgrado la presenza nel coro di una volta a botte a tutto sesto - sono numerose e ampie. La stessa disposizione è riscontrabile nel transetto, il cui sviluppo verticale, più semplice, presenta vaste superfici murarie. Una cupola su pennacchi, ampiamente ricostruita nel sec. 19°, sovrasta la crociera del transetto.L'altare dedicato a s. Benedetto si trovava nella parte sopraelevata del santuario, dove su molti capitelli sono scolpite scene ispirate alla vita del santo.Il trasferimento a Fleury delle reliquie di s. Benedetto costituisce il tema centrale anche dei rilievi dell'architrave del portale, aperto nella seconda metà del sec. 12°, sul muro nord della navata. La storia di questa parte dell'edificio, la cui messa in opera può essere attribuita all'abate Macario (1144-1168), ha subìto una revisione nel 1995 a causa della scoperta, sulla parte posteriore dell'architrave, di un primo abbozzo scolpito, più antico, rappresentante una Madonna con il Bambino tra apostoli, posti sotto arcate, che testimoniano di un primo progetto, abbandonato, del portale.La navata, nel suo complesso, appartiene alla prima fase del Gotico, anche se venne innalzata in diverse campagne edificatorie, che possono essere determinate grazie all'analisi delle modanature e della decorazione scultorea. L'adozione dei moduli gotici fu attuata con una certa cautela; il primo architetto della navata si mantenne fedele ai pilastri a sezione quadrata affiancati da quattro colonne incassate, di spirito ancora romanico, e coprì le navate laterali con volte a crociera, mentre i suoi successori adottarono la volta ogivale per la navata centrale. Malgrado la semplicità del suo sviluppo verticale a due livelli, la navata di S. è un'opera di grande interesse, al pari del portale nord, maggiormente noto, opera di diversi scultori, dei quali almeno uno, autore delle statue-colonna e della storia delle reliquie di s. Benedetto, è da annoverarsi tra i grandi maestri del suo tempo.
Bibl.:
Fonti. - Aimoino, Vita sancti Abbonis, in PL, CXXXIX, coll. 375-414; Andrea di Fleury, Vie de Gauzlin, abbé de Fleury. Vita Gauzlini abbatis Floriacensis monasterii, a cura di R.H. Bautier, G. Labory (Sources d'histoire médiévale, 2), Paris 1969, p. 80; Les miracles de saint Benoît écrits par Aldrevald, Aimoin, André de Fleury, Raoul Tortaire et Hugues de Sainte-Marie, moines de Fleury, a cura di E. di Certain, Paris 1858.
Letteratura critica. - G. Chenesseau, L'abbaye de Fleury à Saint-Benoît-sur-Loire, Paris 1931; A. Vidier, L'historiographie à Saint-Benoît-sur-Loire et les miracles de saint Benoît, Paris 1965; J.M. Berland, Le pavement du choeur de Saint-Benoît-sur-Loire, CahCM 11, 1968, pp. 211-219; R.H. Bautier, Le monastère et les églises de Fleury-sur-Loire sous les abbatiats d'Abbon, de Gauzlin et d'Arnaud (988-1032), MSAF, s. IX, 4, 1969, pp. 71-156; J.M. Berland, Les fouilles archéologiques exécutées en 1958-59 dans l'église de Saint-Benoît-sur-Loire, Etudes ligériennes, 1975, pp. 395-402; P. Verdier. La vie et les miracles de saint Benoît dans les sculptures de Saint-Benoît-sur-Loire, MEFR 89, 1977, pp. 117-153; E. Vergnolle, Inventaire du dépot lapidaire de Saint-Benoît-sur-Loire, BAParis 17-18, 1981-1982, pp. 39-134; id., Un carnet de modèles de l'an mil originaire de Saint-Benoît-sur-Loire (Paris, BN lat. 8318 + Rome, Vat. Reg. lat. 596), AM 2, 1984, pp. 23-56; id., Saint-Benoît-sur-Loire et la sculpture du XIe siècle, Paris 1985; id., Fortune et infortunes du chapiteau corinthien dans le monde roman, RArt, 1990, 90, pp. 21-34; id., L'art des frises dans la vallée de la Loire, in The Romanesque Frieze and its Spectator, a cura di D. Kahn (The Lincoln Symposium Papers), London 1992, pp. 97-120; E. Vergnolle, J. Moulin, Découverte d'un linteau inachevé à Saint-Benoît-sur-Loire, BMon 154, 1996, p. 352; A.M. Pêcheur, Clartés de Saint-Benoît-sur-Loire, La Pierre-qui-Vire 1997.E. Vergnolle