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Saint Kitts e Nevis sono due isole situate nel Mar dei Caraibi. Nel 1623 vennero colonizzate dagli inglesi e solo nel 1967 divennero uno stato associato al Regno Unito, con piena autonomia interna, per poi raggiungere l’indipendenza nel 1983. L’eredità coloniale è testimoniata da numerosi elementi: la regina Elisabetta II d’Inghilterra è tuttora il capo di stato del paese, il sistema giuridico è basato sulla common law, la lingua ufficiale è l’inglese e Saint Kitts e Nevis è membro del Commonwealth.
Il paese partecipa alle iniziative di integrazione regionale, è membro della Comunità dei Caraibi (Caricom) e dell’Organizzazione dei Caraibi Orientali e ospita la Banca centrale di quest’ultima. Le relazioni con gli Stati Uniti, maggiore partner commerciale, sono amichevoli. Inoltre, Saint Kitts e Nevis mantiene relazioni diplomatiche con alcuni paesi sudamericani, Francia, Regno Unito e ha deciso di riconoscere Taiwan.
Il paese è una monarchia costituzionale. Il Parlamento è unicamerale e composto da 14 membri di cui tre nominati (due dal governatore generale su parere del primo ministro e uno dal leader del partito di opposizione) e 11 eletti per cinque anni a suffragio universale. Di questi, otto membri sono eletti a Saint Kitts e tre a Nevis. Con le elezioni del gennaio 2010 il Saint Kitts and Nevis Labour Party ha vinto sei seggi su 11 e Denzil Douglas, leader del partito dal 1989, ha cominciato il suo quarto mandato come primo ministro.
La Costituzione garantisce all’Isola di Nevis il diritto di secedere a condizione che vi sia l’approvazione dei due terzi dei membri eletti del Parlamento locale di Nevis e dei due terzi dei cittadini tramite referendum. Nel 1998 gli abitanti di Nevis si sono recati alle urne per votare un referendum per la separazione da Saint Kitts, ma non è stata raggiunta la maggioranza necessaria. L’isola ha un Parlamento locale di cinque membri e gode di autonomia, ma le tensioni e le istanze separatiste sono tuttora presenti.
Abitato prevalentemente da discendenti degli schiavi dell’Africa occidentale, Saint Kitts e Nevis ospita anche minoranze di inglesi, portoghesi e libanesi. Il cristianesimo è la religione più diffusa.
Fino agli anni Settanta il fulcro dell’economia di Saint Kitts e Nevis era l’industria saccarifera. Tuttavia, dopo decenni di perdite, nel 2005 il governo ha deciso di chiudere l’industria dello zucchero, che impiegava la maggior parte dei cittadini, e ha intrapreso alcune iniziative per la diversificazione dell’economia e in particolare del settore agricolo. Il governo ha quindi promosso lo sviluppo del turismo, delle esportazioni di prodotti manufatti e del settore bancario off-shore.
Oggi il turismo traina l’economia di Saint Kitts e Nevis: nel 2007 il paese ha ospitato circa 117.000 turisti, di cui due terzi provenienti dagli Stati Uniti e un quarto da altri paesi dei Caraibi. Tuttavia nel 2009 i flussi di turisti sono molto diminuiti, e quindi le entrate derivanti dal turismo, e nel 2010 non sono stati registrati incisivi segnali di ripresa. Il paese è stato profondamente colpito dalla crisi economica (−8% del pil nel 2009) e la contrazione è proseguita nel 2010 (−1% stimato).
Il paese esporta prevalentemente prodotti alimentari, elettronici e tabacco, mentre importa macchinari, prodotti agricoli e risorse energetiche. La bilancia commerciale è generalmente di segno negativo e il paese è fortemente indebitato (si stima un debito del 185% del pil).
Oltre alla vulnerabilità rispetto a fattori esterni che incidono sul turismo, Saint Kitts e Nevis è vulnerabile alle calamità naturali, come l’uragano Omar del 2008. Inoltre, il paese è un punto di trasbordo per i trafficanti di droga che dal Sud America esportano gli stupefacenti verso Stati Uniti e Unione Europea.