SAINT-MAURICE-D'AGAUNE
(lat. Agaunum)
Centro della Svizzera sudoccidentale, nel Vallese, situato sulla sinistra del Rodano.Già nel terzo quarto del sec. 4°, i pellegrini giungevano numerosi nel luogo in cui erano custodite le reliquie di s. Maurizio e di altri soldati della legione tebana, martirizzati ad Agaunum tra il 280 e il 290, recuperate dal vescovo di Octodurum (od. Martigny), s. Teodoro, tra il 370 e il 380; qui, nel corso del sec. 5° nacque una comunità cenobitica. Fondato nel 515 dal futuro re dei Burgundi s. Sigismondo (516-523), il monastero di S. divenne rapidamente uno dei più importanti insediamenti religiosi dell'arco alpino.Guerre, incendi e cadute di rocce hanno distrutto a più riprese gli oratori a destinazione funeraria, le chiese e gli edifici monastici costruiti nel sec. 4° ai piedi della falesia che domina il sito. Scavate una prima volta tra il 1896 e il 1920 dal canonico Pierre Bourban (Bourban, 1916-1919), poi dal 1944 al 1948 dall'archeologo Louis Blondel (Blondel, 1948; 1966), le antiche basiliche sono attualmente oggetto di una campagna di indagini archeologiche.Posto a m 50 da una fonte che in epoca romana era dedicata alle ninfe, il primo oratorio funerario costruito dal vescovo Teodoro era addossato alle rocce. Di questa costruzione rimane oggi chiaramente identificabile solo il muro ovest. Gli altri elementi descritti da Blondel (1948; 1966) come appartenenti a questo edificio sono rimaneggiamenti posteriori che nascondono in parte la prima memoria. Due costruzioni vennero aggiunte in seguito alla parte orientale di questo primo edificio. Nel corso della fondazione del monastero, l'abate Ambrogio (516-520) fece costruire a S-O la prima basilica a tre navate coperta da tetto a capriate. Due corridoi paralleli, posti a un livello inferiore, fiancheggiavano il muro meridionale di quest'ultimo edificio e davano accesso diretto da un lato al blocco occidentale attraverso una rampa e dall'altro al portico della chiesa attraverso una scala. Il battistero venne sistemato nella zona sudorientale dei due corridoi, secondo un differente orientamento. La chiesa fu distrutta nel 574 nel corso di una scorreria longobarda. Ricostruita e ampliata secondo il medesimo schema planimetrico sotto il re s. Gontrano (561-592), essa possedeva un'abside esternamente poligonale.Nel sec. 8° il corpo occidentale venne nuovamente ampliato con la creazione di una nuova abside poligonale che inglobava, in una cripta sotterranea, l'antico passaggio che permetteva ai pellegrini di accedere direttamente all'oratorio del 4° secolo. In seguito venne aggiunta un'abside occidentale con cripta a deambulatorio semicircolare e corridoio centrale che conduceva al sarcofago ad arcosolio di s. Maurizio. Una tomba con copertura alla cappuccina di tegole romane, databile tra il sec. 3° e il 6°, è stata ritrovata disposta perpendicolarmente a quella ad arcosolio. Dopo le scorrerie saracene del 940, la chiesa venne restaurata e la cripta orientale fu abbandonata. Tra il 1017 e il 1031 l'abside orientale fu sostituita da una torre d'ingresso, mentre l'abside occidentale divenne l'unico centro focale del nuovo edificio. Tracce di alzato sono ancora visibili sulla parete esterna degli edifici monastici. Il sito venne definitivamente abbandonato nel 1611, dopo la caduta di una serie di grossi massi che avevano distrutto il coro occidentale; l'abate decise allora di cambiare l'orientamento della chiesa e di costruire la basilica attuale con asse N-S, al riparo dalle cadute di rocce.L'ambone scolpito posto in opera nella recinzione presbiteriale dell'abbazia attuale risale, insieme con quelli dell'abbazia di Romainmôtier e di Saint-Pierre (od. parrocchiale) a Baulmes (cantone di Vaud), alla fine dell'epoca merovingia. Si suppone che questi tre pezzi siano stati realizzati in occasione del viaggio del papa Stefano II (752-757), che rese visita al re Pipino il Breve (751-768) alla fine del 753.Il Trésor de l'Abbaye, uno dei più ricchi d'Europa, è composto essenzialmente di reliquiari. Il vaso detto di s. Martino è scavato in una sardonica di colore blu e bruno scuro, dalle venature di un blu chiaro. I due pezzi di oreficeria che costituiscono la montatura sono un lavoro della metà del sec. 7°, data probabile della donazione al monastero. L'intaglio, che risale a età tolemaica (sec. 1° a.C.), presenta una scena funeraria o mitologica con figure dell'Olimpo di cui è possibile annoverare più di quindici interpretazioni, per lo più ruotanti intorno al tema di Achille e della guerra di Troia.Il cofanetto di Teuderico, della metà del sec. 7°, è decorato nella sua parte anteriore e sul lato da placche d'oro laminate da sottili striscioline d'oro saldate riempite a freddo da paste vitree e da granati, il tutto impreziosito da cabochons, perle e intagli sapientemente disposti. Sul rovescio del cofanetto si dispone una dedica a s. Maurizio con i nomi dei committenti e degli orefici. L'iscrizione è tracciata all'interno di losanghe e recita che il prete Teuderico ordinò di eseguire l'opera in onore di s. Maurizio, che Nordoalaus e Rilindis commissionarono la sua fabbricazione e che Undiho ed Ello eseguirono il lavoro. Questi nomi orientano verso la Svevia come area di provenienza dell'opera.L'acquamanile detto di Carlo Magno occupa un posto privilegiato nel dibattito sulle origini della tecnica dello smalto a cloisonné su oro. Il lavoro di oreficeria è occidentale e carolingio. L'intelaiatura è d'oro fino cesellato, filigranato e decorato di foglie d'acanto e serti di zaffiri. L'acquamanile è decorato sulla pancia e sulle facce del collo da placche di smalto a cloisonné. Nel gioco di smalti verdi e granati traslucidi e di bianchi, vermigli, gialli e blu opachi si disegnano da un lato un albero della vita affiancato da due leoni affrontati e dall'altro due grifoni alati dal becco d'aquila disposti ai lati di una pianta liriforme: si tratta di un'iconografia orientale, in uno stile erede dell'arte sasanide. Lo studio della struttura in oro circoscrive la datazione tra la metà e la fine del sec. 9°, imponendo un terminus ad quem per la fabbricazione degli smalti la cui prima utilizzazione fu certamente un recipiente. Il pezzo potrebbe costituire un dono di Carlo il Calvo (843-877), come sembrano suggerire i numerosi confronti con pezzi usciti dalle sue botteghe, come la legatura del Salterio di Carlo il Calvo (Parigi, BN, lat. 1152) e la c.d. seconda coperta dell'Evangeliario di Lindau (New York, Pierp. Morgan Lib., M.1). L'abate laico di Saint-Denis, noto come generoso donatore, passò per S. nell'875 e nell'876. Per quanto riguarda gli smalti, va ricordato che la Georgia conserva dei lavori cloisonnés del sec. 9° di alta qualità che reggono il confronto, tanto sul piano stilistico quanto su quello tecnico, come per es. gli smalti inseriti nel trittico di Khakhouli (Tbilisi, Gosudarstvennyj mus. Gruzii). Anche il tema iconografico, al tempo stesso regale e simbolico, suggerirebbe di attribuire a quest'area, piuttosto che non a quella propriamente bizantina, la produzione degli smalti di Saint-Maurice d'Agaune.La borsa c.d. dei ss. Innocenzo e Candido è l'ultimo oggetto conservato che giunse ad arricchire il tesoro fino al 12° secolo. Decorata da una perlatura sugli spigoli, essa è decorata su di un lato da un albero della vita che genera girali e sull'altro da cabochons traslucidi disposti in forma di croce. La fattura dell'oggetto ricorda il cofanetto dell'abbaziale di Muotathal (cantone di Schwyz), reliquiario a borsa del 9° secolo.Del periodo romanico si conserva un gruppo omogeneo di reliquiari in argento lavorato a smalto: due casse, un busto e un braccio, che è possibile attribuire senza troppe esitazioni a una bottega di orafi locali della metà del 12° secolo. Le due casse sono, nella loro forma attuale, risultato di trasformazioni ulteriori. La più grande, detta di s. Maurizio, venne fabbricata con i resti di un antependium fatto realizzare dal conte di Savoia Umberto III (1147-1189). Di questo antependium si sono conservati un Cristo in maestà, sei apostoli, un serafino e un cherubino. Le falde del tetto sono ricoperte da medaglioni con scene della Genesi. La cassa c.d. dei figli di s. Sigismondo presenta una iconografia locale, con la fondazione del monastero da parte di s. Sigismondo, e s. Maurizio a cavallo. Il Cristo e i dodici apostoli (non tutti del medesimo stile) troneggiano sotto arcate che decorano i fianchi della cassa. Il tetto è decorato su entrambe le falde da una Déesis e da un Crocifisso tra la Vergine e s. Giovanni Evangelista affiancato da due arcangeli. Le differenze di stile rispetto alle figure dei fianchi sono nette e questi rilievi bizantineggianti ricordano quelli che decorano la cassa di s. Eldrado nella parrocchiale di Novalesa, presso Susa.Il volto del busto-reliquiario di s. Candido può essere considerato come un ritratto schematizzato. Sullo zoccolo cubico è rappresentata, sulla parte frontale, la decapitazione del santo; sulla parte posteriore il simbolo dell'evangelista Matteo è rivestito da un saio e porta la tonsura. Potrebbe forse trattarsi di un artificio adottato dall'orefice per apporre in maniera discreta la propria firma.Una cassa in rame dorato e cesellato venne commissionata nel 1225 dall'abate Nantelmo, come indica il testo dedicatorio. L'opera è confrontabile alla contemporaea produzione renano-mosana, come per es. le stauroteche della chiesa di St. Matthias di Treviri e della parrocchiale di Mettlach.Avendo scelto s. Maurizio come patrono per i suoi cavalieri, s. Luigi IX re di Francia (1226-1270) chiese all'abbazia di S. di inviargli delle reliquie e dei canonici per la fondazione di un priorato nel castello di Senlis. Un atto del 1262 attesta la donazione da parte del re del frammento della Santa Spina, racchiuso in un reliquiario-ostensorio di cristallo e oro certamente prodotto nelle officine di corte, conservato a S. (Trésor de l'Abbaye).
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