SAINT-MICHEL-DE-CUXA
Monastero situato sul versante francese della catena dei Pirenei, ai piedi del massiccio del Canigou (dip. Pyrénées-Orientales).Le vicende della nascita di S. sono strettamente legate a quelle del vicino monastero di Saint-André di Exalada; la fondazione di quest'ultimo risale agli anni 840-841, quando un piccolo gruppo di monaci si stabilì sul sito di un antico stabilimento termale romano nell'alto Conflent, in fondo alle gole del fiume Têt. Nell'854 alla comunità originaria si aggiunsero sette monaci, provenienti dalla diocesi di Urgell, dei quali la personalità più autorevole era l'arciprete Protasio. Nell'878, a causa di una catastrofica piena che travolse le costruzioni e uccise molti monaci, la comunità si trasferì nel basso Conflent, sul sito dell'od. S., decretando in questo modo la fine del monastero di Exalada e il passaggio dei suoi possedimenti alla nuova fondazione: il luogo era stato messo a disposizione dallo stesso Protasio, che ne era il proprietario e che vi aveva fondato una piccola chiesa dedicata a s. Germano di Auxerre.Un rapido arricchimento, che si può seguire attraverso documenti d'archivio, mise la comunità alla testa di un'importante proprietà fondiaria. La potenza raggiunta permise al monastero, che seguiva la Regola benedettina, di giocare un ruolo politico gradito sia al papato sia ai conti catalani. Poco prima del Mille, l'abate Garì diresse una piccola comunità monastica indipendente dall'abbazia di Cluny, ma vicina a essa dal punto di vista spirituale; ebbe rapporti con Gerberto di Aurillac (940-1003), il futuro papa Silvestro II, e attirò accanto a sé anche l'ex doge di Venezia Pietro Orseolo, che morì a S. nel 987.Questo sviluppo materiale e spirituale favorì un'incessante attività architettonica. Il santuario originario fu ricostruito dal conte di Cerdanya Seniofredo e la nuova chiesa venne consacrata dal vescovo di Elne il 30 luglio 953. Questo monumento è scomparso da tempo e se ne ignora addirittura la localizzazione esatta. A S. sorgeva anche un oratorio dedicato a s. Michele Arcangelo, il cui culto finì per sostituire quello del vescovo di Auxerre. Seniofredo cominciò allora a costruire al posto dell'oratorio una grande chiesa, iniziata nel 956 e consacrata il 28 settembre 974. Si tratta di un'opera forte e rude, costituita da una lunga navata terminante in un coro di forma rettangolare. Vi si aggiungono i due bracci di un basso transetto su ciascuno dei quali sono innestate due absidiole della stessa profondità e le navate laterali, molto corte e strette. Tutti questi elementi sono collegati tra loro solo attraverso arcate, la cui forma, più slanciata del pieno centro, è probabilmente una derivazione dell'arte mozarabica. Il tutto era coperto a capriate, salvo il transetto, voltato fin dall'origine.All'inizio dell'epoca romanica, la chiesa di S. fu ingrandita alle due estremità per opera di una delle più forti personalità religiose della Catalogna del tempo: Oliva (1008-1046), figlio minore del conte di Cerdanya, che fu contemporaneamente abate di S. e di Ripoll e dal 1017 anche vescovo di Vic. Un deambulatorio a E avvolgeva strettamente il coro per collegare tre absidiole semicircolari orientate. L'ampliamento a O, di dimensioni ben maggiori, metteva in risalto due cappelle sovrapposte, inglobate in una costruzione rettangolare: l'inferiore, seminterrata, dedicata alla Vergine Maria, la c.d. cappella del Presepio, e la superiore, dedicata alla Trinità.La cappella mariana, circolare all'interno, era coperta da una volta anulare che girava intorno a un voluminoso pilastro centrale, con una piccola abside semicircolare. La cappella della Trinità, sempre a pianta centrale, presentava disposizioni interne più elaborate. Sullo spazio circolare si apriva, oltre all'abside, uno spazio semiovale con la porta principale. Due scale a chiocciola conducevano a una tribuna. Di tutto questo non rimane che la parte inferiore delle pareti.Le costruzioni dell'abate Oliva avevano un significato simbolico, chiaramente esposto da un monaco di S. di nome Garcias in un testo redatto verso il 1040 (Epistola ad Olibam episcopum Ausonensem; PL, CXLI, coll. 1443-1456). In quest'anno la fine dei lavori era stata celebrata dall'erezione di un nuovo altare dedicato a s. Michele, sormontato da un ciborio finemente decorato. Il monaco Garcias non menziona invece i due campanili elevati alle estremità del transetto - quello a N crollato nel 1839 - che testimoniavano, come l'insieme della decorazione murale a lesene, forti influssi italiani.Dopo un'interruzione di più di tre quarti di secolo, l'attività artistica riprese a S. con la creazione di un grande chiostro in marmo che costituì l'atto di nascita della scultura romanica del Rossiglione, per opera dell'abate Gregorio (1120-1146), probabilmente prima della sua elezione al seggio arcivescovile di Tarragona, nel 1137. Stilisticamente si ricollega all'arte della Linguadoca, ma con un impoverimento dell'iconografia - ridotta a fogliami stilizzati e a un piccolo numero di motivi zoomorfi - e un inasprimento della maniera. La maggior parte dei capitelli è conservata a New York (Metropolitan Mus. of Art, The Cloisters).Gli elementi rimasti in loco sono stati rimontati insieme ad altri capitelli, provenienti da una curiosa tribuna monastica, pure in marmo, che era stata eretta verso il fondo della navata centrale poco dopo il 1140. Per la maggior parte le sculture di questo piccolo monumento, oltre ai capitelli di cui si è parlato, si sono conservate. La disposizione d'insieme è ricostruibile sulla base del confronto con la tribuna del priorato agostiniano di Serrabona, che ne è una sorta di replica ridotta, realizzata verso il 1150 in uno stile leggermente differente.
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