Saint-Simon, Claude-Henri de Rouvroy, conte di
Pensatore politico francese (Parigi 1760-ivi 1825). S.-S. può essere considerato, a buon diritto, il fondatore del positivismo sociale, ossia di quella corrente filosofica che mira alla riorganizzazione della società su basi scientifico-tecnocratiche. Di famiglia nobile, nipote di Louis de Saint-Simon e forse allievo di d’Alembert, S.-S. ebbe, sino alla Restaurazione, una vita avventurosa: fece parte del corpo di spedizione francese durante la Rivoluzione americana; viaggiò nei principali Paesi europei, dedicandosi a ricerche economico-politiche e a progetti ingegneristico-idraulici (costruzione di canali); perse tutti i suoi averi durante la Rivoluzione francese, li recuperò attraverso la speculazione finanziaria sotto il Direttorio per poi perderli nuovamente nell’età napoleonica (da allora visse in ristrettezze, potendo contare soltanto sul sostegno di amici e discepoli). Negli anni della Restaurazione scrisse le sue opere principali, diresse la rivista L’industrie e il periodico L’organisateur, ebbe come collaboratore per alcuni anni il giovane A. Comte e radunò intorno a sé una folta schiera di seguaci, che dopo la sua morte divulgò e sistematizzò il suo pensiero (➔ ), facendone una delle dottrine del nascente . Tra le sue opere si segnalano: Lettre d’un habitant de Genève à ses contemporains (1803); Introduction aux travaux scientifiques du XIXe siècle (1808); la Nouvelle encyclopédie (1810); Mémoire sur l’encyclopédie (1810); Mémoire sur la science de l’homme (1811); Réorganisation de la société européenne (1814; trad. it. La riorganizzazione della società europea); Catéchisme des industriels (1823); Nouveau christianisme (postumo, 1825; trad. it. Nuovo cristianesimo). L’idea di una riorganizzazione della società su basi scientifiche e industriali – nel quadro di una nuova «filosofia positiva», capace di superare le lacerazioni prodotte dalla modernità e culminate nella Rivoluzione francese – è presente in S.-S. sin dagli scritti di età napoleonica, ma trova la sua prima e compiuta espressione nella Riorganizzazione della società europea, scritta insieme allo storico A. Thierry. In essa S.-S. delinea una filosofia della storia nella quale il progresso non è più una possibilità inscritta nelle potenzialità umane, ma l’esito ineludibile di un processo necessario. Il pensatore francese è infatti convinto di aver scoperto la «legge» dello sviluppo storico, consistente nell’alternarsi di epoche organiche e di epoche critiche: nelle prime la società ha un assetto stabile ed equilibrato, che riposa su un sistema di credenze universalmente condiviso (come durante il Medioevo); nelle seconde la società va incontro a processi disgregativi, mentre si affermano sistemi di credenze diversi e in conflitto tra di loro (come nell’epoca che va dalla Riforma protestante alla Rivoluzione francese). A mettere in crisi l’organicità della società medievale è stata la scienza moderna, che ha distrutto le sue fondamenta (le dottrine metafisico-teologiche); ma i metodi della scienza moderna, che hanno dato solide basi alle scienze naturali, non sono stati estesi allo studio dell’uomo e della società, lasciando questi ultimi nel caos conflittuale delle opinioni individuali. Segnali sempre più evidenti, tuttavia, dimostrano che tale estensione si va inesorabilmente realizzando: di qui la nascita di una «filosofia positiva», che è il fondamento di una nuova epoca organica e quindi di una nuova e stabile organizzazione sociale. In essa il potere spirituale spetta agli scienziati, ossia agli uomini «che possono predire il più gran numero di cose», e il potere temporale agli industriali, termine con il quale S.-S. indica le classi produttive (e quindi sia gli imprenditori sia i lavoratori). La centralità della scienza e del lavoro industriale nel pensiero di S.-S. è espressa nel modo più chiaro in una celebre riflessione apparsa nel 1819 su L’organisateur: se la Francia perdesse improvvisamente i tremila individui che occupano le cariche politiche, amministrative e religiose più importanti, la nazione non ne subirebbe alcun danno; se invece perdesse tremila tra i più abili scienziati, artisti e artigiani – afferma S.-S. – il danno sarebbe irreparabile. Queste idee – che contribuirono a diffondere la consapevolezza dell’importanza della scienza e della tecnica e incoraggiarono lo sviluppo economico e tecnologico (l’idea dei canali di Suez e Panamà fu opera di sansimoniani) – trovarono espressione nei tre volumi del Du système industriel (1821-22) e nel Catéchisme des industriels, mentre nel Nuovo cristianesimo si manifestò l’inflessione sempre più etico-religiosa dell’ultimo Saint-Simon. In quest’opera egli accusa infatti cattolici e luterani di avere abbandonato il precetto fondamentale della morale evangelica, che consiste nel considerare gli altri uomini come fratelli e quindi nel provvedere al miglioramento delle condizioni di vita delle classi più povere. È proprio questo il fine principale della società futura, che segna quindi una sorta di ritorno al cristianesimo delle origini: i «nuovi cristiani» devono edificare la nuova società con la forza dell’esempio e senza ricorrere mai alla violenza. Fondata sul lavoro industriale, essa è caratterizzata dalla pianificazione della produzione e dalla distribuzione dei prodotti in base al lavoro svolto.