sala
Denotava nel Medioevo la stanza principale dell'abitazione nobiliare, dove si ricevevano gli ospiti. La 's. è citata, insieme con altri ambienti della casa dove si compiono gli sprechi dell'eccessiva liberalità, in Detto 316 E sì avrai ad oste / Folle-Larghezza mala, / che scioglierà la mala / e farà gran dispensa / in sale ed in dispensa / e 'n guardarobe e 'n cella.
Ricorre inoltre nel Fiore dove, in corrispondenza col Roman de la Rose, denota il fasto degli edifici fatti costruire dagli ordini mendicanti con i beni sottratti ai poveri: né non vuol [Dio] che l'uon faccia sale o mura, / de le limosine, alle genti strane (CX 5); E vo dicendo ch'i vo fuor del mondo, / per ch'i' mi giuochi in sale e in palagi; / ma chi vuol dire vero, i' mi v'affondo (CXXI 10; cfr. Rose 11707 " Es bours, es chasteaus, es citez / Faz mes sales e mes palais, / Ou l'en peut courre a plein alais "; e anche 11315 " N'en fondaient palais ne sales, / Ainz gisaient en maisons sales "). E cfr. anche CXXII 6 manovaldo mi fo, ma quel cotale / che mi vi mette l'abbiate per pazzo, / ché de' suo' beni i' fo torre e palazzo, / o ver be' dormitori o belle sale.
Non sorprende che il vocabolo compaia solo in queste opere, dato che esso è probabilmente di origine francese (cfr. R. Bezzola, Abbozzo di una storia dei gallicismi italiani, Heidelberg 1925, 200).