Vedi SALA dell'anno: 1973 - 1997
SALA (v. S 1970, p. 681)
La città antica di S., menzionata da numerose fonti (Pomponio Mela, Plinio, Tolemeo, Anonimo Ravennate, Stefano di Bisanzio) e sotto il nome di Salaconia (Sala colonia) dall' Itinerarium Antoninum, era situata nei dintorni del ribät (fortino) merinide di Šella, presso Rabat (Marocco).
Le origini sono antiche, come attestano frammenti di phiàlai fenicie a vernice rossa del VII sec. a.C., una lucerna greca d'imitazione del V-IV sec. e frammenti di ceramica andalusa del IV, rinvenuti nelle vicinanze di un edificio fenicio del VII sec., costruito in grandi blocchi squadrati, con travature incastrate. Tra Lixus e Mogador (es-Sawira), S. sembra rivelarsi come uno degli scali dei primi navigatori fenici nelle rotte verso l'estremo Occidente, probabilmente già abbandonato nel V sec., all'epoca del periplo di Annone. L'acropoli di Lixus e la collina di Šella, la loro posizione ben riparata a qualche distanza dal mare, l'estuario del Lukkos e quello del Bu-Regreg e persino il corso di questi fiumi dai numerosi meandri, offrono sorprendenti somiglianze. E su uno di questi meandri, ai piedi di una delle tre colline che chiudono la piana, che sembra essere stato impiantato il bacino portuale, oggi colmato da detriti alluvionali e occupato da antiche saline.
Grazie agli scavi dell'ultimo trentennio siamo bene informati sull'insediamento di età ellenistica, la cui fondazione sembrerebbe risalire alla fine del II sec. o agli inizi del I sec. a.C. Si deve, forse, ravvisare nella sua disposizione a più livelli un ricordo dei grandi complessi dell'Oriente ellenizzato. Costruiti, in effetti, su strette terrazze che accompagnano le curve di livello lungo il pendio di due colline separate da uno stretto vallone, sono stati messi in luce diversi edifici risalenti al periodo del regno di Mauretania. Alcuni, inglobati entro costruzioni romane, sono sopravvissuti fino agli ultimi giorni di S. in una sorprendente giustapposizione della vecchia architettura greco-punica del periodo monarchico e della maniera classica di età romana. Tre templi, uno dei quali costruito su tre terrazze sovrapposte e circondato da un portico a scalinate, edifici pubblici in opus quadratura, o nella tecnica locale mauretana a mattoni crudi sostenuti da telai di travi, magazzini con muri di fango pressato poggianti su zoccoli di ciottoli e strade pavimentate con lastre rettangolari di arenaria, ci rivelano alcuni aspetti dell'urbanistica e dell'architettura di S. all'epoca di Giuba II. La natura dei materiali e la qualità della stereotomia aprono prospettive sullo sfruttamento delle cave di pietra locali e sull'abilità delle maestranze, le quali utilizzano tecniche che traggono ispirazione dal mondo greco. Capitelli ionici di tradizione punica, capitelli a foglie di loto e tuscanici, cornici a gola egizia, avanzi sfuggiti alla distruzione degli edifici, offrono un'idea della loro decorazione e consentono di collegare questa architettura a quella dell'antico dominio cartaginese.
I ritrovamenti di epoca mauretana consistono soprattutto in strati contenenti frammenti ceramici accumulati sotto i livelli romani: anfore Dressel I, Sala I, Cintas 312, vasi a vernice nera etrusco-campani, di provenienza italica o di imitazione locale, ceramica a pareti sottili, balsaman fusiformi, sigillata aretina, ecc. Le serie rappresentate permettono di identificare le diverse correnti commerciali che convergevano verso il porto di S.; si rinvengono in questi livelli anche monete con leggende puniche delle zecche di S., Šemeš, Lixus, Tingi, Bulla Regia, Carteia, Sexi, Malaca, ma soprattutto quelle della vecchia colonia punica di Gades, che lasciano intuire l'orientamento in gran parte iberico del commercio di Sala.
Dopo l'annessione del regno, la città fu molto probabilmente elevata a municipio claudiano e, sotto Claudio o Nerone, ricevette come guarnigione, alloggiata in un accampamento di 2 ha allestito alla sommità dei pendii, truppe ausiliarie di reclutamento iberico, la cohors I Lemauorum, che ancora vi stazionava alla metà del II secolo. Nella stessa epoca (144 d.C.) è segnalata anche la presenza dell’ala Syrorum, sotto il comando del prefetto M. Sulpicio Felice.
Verso la fine del I sec. e gli inizi del II la città si organizza alla maniera romana. La pianta antica viene parzialmente rimaneggiata, alcuni edifici sono seppelliti sotto strati di riempimento, altri si elevano su più ampie terrazze artificiali. Il complesso monumentale del municipio misura 120 m di lunghezza e 80 m di larghezza; lungo i lati della strada principale, allargata alle dimensioni di una piazza pubblica con lastricato poligonale, si edificarono, accanto alle antiche costruzioni, monumenti nuovi: il Capitolium costruito in epoca traiano-adrianea da C. Osidio Severo; un grande edificio con tabernae, forse un mercato; la curia Ulpia, dove nel 1930 fu scoperto il celebre decreto del Senato di S.; un arco a tre fornici; un ninfeo e fontane sovrapposte al vecchio castello d'acqua mauretano; un edificio di vaste proporzioni andato in rovina sotto i Merinidi (XIV sec.); terme pubbliche e infine, situata ai piedi del tempio greco-punico, la piazza del foro, sul cui lastricato si elevavano ancora, al momento della scoperta, alcune basi di statue e una dedica a Costantino I. Gli scavi del quartiere monumentale e, per una gran parte, quelli della necropoli, ci informano sulle risorse e le produzioni locali (arenaria, calcari, granito, anfore, ceramica, olio d'oliva, avorio, ecc.) e sulle correnti commerciali che, a partire da diverse regioni del bacino del Mediterraneo, hanno convogliato in direzione del porto di S. le opere di scultura, i marmi bianchi della Grecia e delle isole, quelli di Carrara e dei Pirenei, utilizzati per l'architettura e per le epigrafi, i marmi colorati, il garum, gli alimenti conservati sotto sale e l'olio di oliva della Betica, i vini dell'Italia e della Spagna, le anfore della Bizacena e della Tripolitania, il vasellame di lusso della Graufesenque e quello delle officine spagnole di Tritium Magallum e di Andujar, di cui la Tingitana sembrerebbe essere stato il principale sbocco esterno, le lucerne italiche e africane, la sigillata chiara della Tunisia e le vetrerie della penisola iberica e dell'Italia. In epoca tarda, quando la provincia sembra più o meno svincolata dai suoi legami con Roma, importazioni di Late Roman C e di anfore del tipo Keay LIII dimostrano la persistenza delle relazioni commerciali con il Mediterraneo orientale.
L'abbandono della zona meridionale della Tingitana nel 285 d.C., non comportò la fine della vita romana a Sala. Secondo la testimonianza della Notitia Dignitatum (occ., 26, 7 e 17), vi stazionò una coorte anonima mentre la parte meridionale della provincia era stata evacuata. Ricca fu la circolazione di monete da Costantino a Onorio e Arcadio; negli strati del IV-V sec. d.C. appare in grande abbondanza la sigillata chiara africana D a decorazione stampigliata, più raramente la sigillata grigia gallica e la Late Roman C. Il Cristianesimo già nel IV sec. era penetrato nella città, come dimostrano lucerne decorate con il monogramma costantiniano, vasi ornati di motivi cristiani, alcuni graffiti e un mosaico del V sec. nel cui emblema campeggia una croce greca, ma le testimonianze rimangono, tuttavia, rare. Rare sono anche quelle relative a periodi più tardi: si limitano a un exagium e a un peso bizantini, ad alcuni elementi di cinturone di provenienza visigotica e bizantina e a un certo numero di ceramiche del VI secolo.
L'esplorazione delle necropoli è stata ripresa nel 1966-1967, in seguito a nuove scoperte. Sono state messe in luce oltre 360 sepolture a incinerazione e a inumazione dal I sec. a.C. al IV d.C. All'interno delle ciste e delle urne sono stati recuperati centinaia di vasi: lucerne, balsaman di terracotta e di vetro, vasi in sigillata italica,
gallo-romana e ispanica, sigillata chiara africana, bicchieri a pareti sottili, lagaenae, brocche, phiàlai dipinte, monete, specchi, crotali, falere, fibule, gioielli, amuleti, uova di struzzo, elementi di armatura, ecc. Inoltre sono stati portati alla luce stele, iscrizioni e diversi piccoli mausolei in muratura a blocchi.
Una linea fortificata di rinforzo alle difese delle mura urbiche costruite verso il 140 dal prefetto dell’ala Syrorum M. Sulpicio Felice, recentemente individuata dagli scavi, correva qualche chilometro a S della città: era costellata di torri, ancora visibili sul terreno, e nota agli abitanti della zona con il nome di saqi'at Fir'awn («acquedotto del Faraone»). Si trattava di un settore del limes meridionale dell'Impero e difesa avanzata che proteggeva S. dai feroci Autololi di cui ci parla Plinio il Vecchio.
Bibl.: J. Boube, Un nouveau portrait de Juba découvert à Sala, in BAMaroc, VI, 1966, pp. 91-107; id., Documents d'architecture maurétanienne au Maroc, ibid., VII, 1967, pp. 263-367; id., La céramique italique à Sala. Les marques de potiers, ibid., XII, 1979-80, pp. 139-215; id., Les origines phéniciennes de Sala de Maurétanie, in BAAntNat, n.s., fasc. 17 B, 1984, pp. 155-170; id., Introduction à l'étude de la céramique à vernis noir de Sala, in BAMaroc, XVI, 1985-86, pp. 121-190; id., Une statue-portrait de Ptolémée de Maurétanie à Sala (Maroc), in RA, 1990, pp. 331-360; id., La dédicace du Capitole de Sala (Maroc) et la base honorifique de C. Hosidius Severus, in MEFRA, CIl, 1990, pp. 213-246; id., La circulation monétaire à Sala à l'époque préromaine, in AA.VV., Lixus. Actes du colloque organisé par l'Institut des sciences de l'archéologie et du patrimoine de Rabat, Larache 1989 (Collection de l'Ecole Française de Rome, 166), Roma 1992, pp. 255-265.
(J. Boube)