Saladino
(propr. Abu l-Muzaffar Yusuf ibn Ayyub Salah al-din, «Rettitudine della vera fede») Generale curdo (Tikrit 1138-Damasco 1193), fondatore della dinastia degli Ayyubidi. Fu il più celebre mujahid musulmano contro i crociati e il vincitore della battaglia di Hattin, che permise la riconquista musulmana di Gerusalemme. Di origine armena, S. nacque in una famiglia di alti funzionari militari: suo padre, Ayyub, e suo zio Shirkuh furono al servizio dei Selgiuchidi prima, quindi della signoria degli Zenjidi, regnante sulla Siria e sulla Mesopotamia, e una carriera analoga fu seguita dal fratello di S., Turanshah al-Malik al-Mu‛azzam. Fu Shirkuh, in quanto generale e ministro di Nur al-din, a suggerire a questi di accettare la richiesta di Shawar, ministro del califfo fatimide al-‛Adid, di inviare truppe in Egitto al soccorso dei Fatimidi, attaccati dai franchi del regno di Gerusalemme. S. partecipò alle tre spedizioni che seguirono, dopo l’ultima delle quali (1169), Shirkuh prese il posto di Shawar come vizir del califfo fatimide, associando il nipote alle funzioni connesse alla carica. Shirkuh morì nello stesso anno e S., che aveva respinto l’attacco franco-bizantino a Damietta, gli successe, prendendo il titolo di al-Malik al-Nasir, «il signore vittorioso» e iniziando, con l’ascesa al potere, la costruzione della propria personale leggenda di mujahid, fino a diventare il campione dell’ortodossia sunnita. S. dovette fare subito fronte alle richieste di Nur al-din, formalmente ancora il suo signore, perché ponesse fine in suo nome al califfato fatimide, iniziativa che egli prese nel 1171, senza incontrare resistenza. Conseguenza di tale atto fu il ritorno dell’Egitto al sunnismo come rito ufficiale e al riconoscimento formale del califfato abbaside, da cui Nur al-din nominalmente riceveva la propria autorità, riconoscimento che era cessato due secoli prima; entrambi giustificano il titolo di «restauratore del regno del comandante dei credenti» che S. avrebbe utilizzato nell’epigrafia ufficiale. I rapporti con Nur al-din divennero tuttavia più tesi, minacciando di sfociare in una spedizione zenjide contro l’Egitto. S. inviò suo fratello Turanshah alla conquista dello Yemen, per garantirsi una via di fuga nel caso di un’invasione zenjide, ma nel 1174 Nur al-din morì, probabilmente avvelenato. Il suo successore, l’inesperto Isma‛il, divenne subito preda delle opposte fazioni zenjidi, siriane e irachene, resesi indipendenti dopo la morte di Nur al-din; l’opportunità d’intervenire fu offerta a S. dall’appello rivoltogli da Ibn al-Muqaddam, ministro di Isma‛il, dopo che questi fu sequestrato dal signore di Aleppo. S. accorse dall’Egitto con un corpo di spedizione, conquistando Damasco e proponendosi come difensore di Isma‛il e della causa dell’islam contro i franchi. S. dovette domare anzitutto l’opposizione sorta in seno al gruppo di potere zenjide, a Mosul e ad Aleppo, contro il quale condusse numerose campagne militari senza riportare vittorie definitive. Mentre la diversione causata da tale conflitto impediva a S. di combattere efficacemente contro i franchi, gli zenjidi di Aleppo aizzarono contro di lui gli Assassini nizariti, con i quali, dopo vari scontri, S. giunse a un accordo. S. appariva sempre più come l’ago della bilancia nel complesso mosaico politico dell’area siro-mesopotamica, dove, agendo in nome del califfo abbaside, egli fu chiamato in aiuto dal signore artuqide di Keyfa contro i Selgiuchidi, e a turno dai vari signori zenjidi in lotta fra di loro. Dal 1176, S. tornò in Egitto, dopo aver stretto accordi di pace tali da permettergli di dedicarsi alla riorganizzazione amministrativa del Paese e al jihad contro il regno di Gerusalemme, attuato con alterna fortuna. Nel 1182, alla morte dell’emiro zenjide di Mosul, S. abbandonò definitivamente Il Cairo, dirigendosi verso la Jazirah, dove attaccò diverse fortezze, raccogliendo, a misura dei suoi successi, l’omaggio dei signori zenjidi, artuqidi e begteginidi. Nel 1183, la vittoria su Renaud de Châtillon, autore di una serie di incursioni sulle coste del Mar Rosso che allarmarono grandemente i musulmani, rafforzò ulteriormente il prestigio di S. nel mondo musulmano. L’anno successivo, Aleppo si arrese, mentre un accordo fu stretto con il signore di Mosul nel 1186, con la promessa di aiuti per il jihad in Terrasanta. Fu allora che S. poté volgersi interamente alla guerra ai crociati; dopo alcuni tentativi di conquistare Krak des Chevaliers, importante nodo delle comunicazioni fra Egitto e Siria, S. adunò le forze musulmane, provenienti da tutti i centri della Siria-Mesopotamia, per affrontare i regni crociati, con l’eccezione di Antiochia, con cui S. aveva stretto un accordo. Lo scontro finale ebbe luogo a Hattin, il 4 luglio 1187, e si risolse nella sconfitta rovinosa dei franchi. Renaud de Châtillon fu preso e giustiziato come conseguenza degli attacchi contro i pellegrini diretti alla Mecca; in pochi mesi, tutti i regni e principati cristiani sulla costa, da Jaffa a Sidone, con l’eccezione di Tiro, si arresero a S., che si pose allora alla conquista di Gerusalemme, presa dopo due mesi di assedio, il 2 ottobre. Entrando nella città, S. consacrò la vittoria ponendo nella moschea di al-Aqsa il pulpito (minbar) che Nur al-din aveva voluto costruire per l’occasione. La mancata conquista di Tiro, regno di Corrado di Monferrato, fu tuttavia uno dei maggiori errori della fortunata campagna di S., poiché la città costiera permise il rifornimento dal mare degli eserciti che mossero, nel 1188, alla terza crociata, preparata in Europa dalla raccolta di una tassa speciale (la «decima di S.»). Gli eserciti crociati, guidati da Riccardo I d’Inghilterra ripresero San Giovanni d’Acri, nel 1191, dopo un assedio durato due anni, passando a fil di spada migliaia di musulmani. Nello stesso anno S. conobbe una bruciante sconfitta ad Arsuf, ma Gerusalemme rimase in mano musulmana, e il reciproco rispetto dei due avversari condusse, nel 1192 all’Accordo di Ramla, con il quale S. permetteva il pellegrinaggio cristiano a Gerusalemme, mentre i regni cristiani furono ridotti agli Stati costieri. L’anno successivo S. moriva, senza lasciare, secondo i suoi biografi, denaro sufficiente per la sua sepoltura, avendo speso i suoi averi per scopi caritatevoli. La leggenda al suo riguardo fiorì già durante la sua vita, sia in campo musulmano sia in campo cristiano, alimentata altrettanto dai suoi risonanti successi, ottenuti sia con la forza delle armi sia con un’accorta politica di accordi e tregue, quanto dalla sua famosa generosità (tale da attirargli le critiche dei suoi amministratori) e da un indubbio spirito cavalleresco, riconosciutogli dai suoi avversari cristiani. La tradizione musulmana, rappresentata soprattutto dal suo biografo personale, l’ex funzionario zenjide Baha’ al-din Ibn al-Shaddad, divenuto suo fedele, insistette sulla sua figura di mujahid e di musulmano devoto. Nel mondo arabo-islamico è stato rivendicato, in tempi recenti, come eroe simbolo della lotta degli Stati arabi contro Israele, fino alla pretesa di S. Husain, come lui nato a Tikrit, di essere il nuovo S., nella guerra del sunnismo allo sciismo khomeinista prima, quindi nella resistenza all’ingerenza occidentale in Medio Oriente.
Nasce a Tikrit, nell’odierno Iraq
Vizir del califfo fatimide al-‛Adid
Pone fine al califfato fatimide in Egitto, assume di fatto il governo del Paese, restaurandovi l’ortodossia sunnita
Alla morte di Nur al-din, regna sull’Egitto ed estende la sua influenza su Damasco e su parte della Mesopotamia
Prende Aleppo e devasta la Samaria e la Galilea
Disfatta dei crociati a Hattin, conquista di Gerusalemme
Gli eserciti crociati riprendono San Giovanni d’Acri
Accordo di Ramla con Riccardo I d’Inghilterra, che permette il pellegrinaggio cristiano a Gerusalemme, mentre i regni cristiani sono ridotti agli Stati costieri
Muore a Damasco