SALAMANCA (A. T., 39-40)
Antica città della Penisola Iberica, capoluogo di una delle provincie della Vecchia Castiglia, ed uno dei centri storici ed artistici più importanti di tutta la Spagna (40°57′37″ N., 5°40′40″ O.). Si sviluppa ad anfiteatro su tre colline lungo la riva destra (settentrionale) del Tormes (affluente del Duero), tra 770 e 800 m. d'altezza, conservando pressoché immutata la sua topografia medievale.
Ha forma all'ingrosso semicircolare, col diametro appoggiato alla riva del fiume e il giro dei paseos (viali) che ricalcano il disegno delle vecchie fortificazioni. Al centro dell'abitato è la monumentale Plaza Mayor, circondata da portici, alla quale mettono capo da opposto lato le calles de Zamora e de S. Pablo, che con decorso meridiano dividono a mezzo l'abitato: la prima conduce al Paseo de la Glorieta, fuori del centro urbano, la seconda al nuovo ponte sul Tormes. Questo e l'imponente (27 arcate, 400 m.) ponte romano che lo segue poco più a valle uniscono la città al sobborgo (Arrabal del Puente) sviluppatosi sulla sinistra del fiume. Tra la Plaza Mayor e il ponte romano si addensano gli edifici artistici più notevoli separati da un dedalo di vie strette e tortuose. La parte nuova della città è costituita dai quartieri formatisi a N. e a NE., fra le vecchie mura e la ferrovia di Coimbra vicino alla stazione ferroviaria, che dista 1 km. dal vecchio centro cittadino; ma l'accrescimento è contenuto ancora entro limiti modesti.
Salamanca, che non contava certo meno di 50 mila ab. nel sec. XVI, ne aveva appena 16 mila alla metà dell'800. Tra il 1875 ed il 1900 ebbero un vivo impulso le costruzioni ferroviarie, che fecero della città uno dei centri più importanti della Spagna, mettendola in diretta comunicazione, oltre che con León, Valladolid, Madrid e Cáceres, col vicino Portogallo (Oporto e Coimbra). La popolazione crebbe così a 18 mila ab. nel 1877,26 mila nel 1900 e 31 mila nel 1921; oggi (1935) si può calcolare intorno ai 35 mila abitanti.
Monumenti. - Il ponte romano che si alza sul Tormes fu ricostruito al tempo di Traiano. La cattedrale vecchia, incominciata nel primo venticinquennio del sec. XII, ha tre navate, con absidi, il transetto a forte risalto e un portico. Sul transetto il tiburio restaurato recentemente e noto col nome di "Torre del Gallo", coi suoi ordini di arcate e con le guglie, è giudicato da V. Lampérez una fusione dì tradizioni bizantine, musulmane e occidentali, in cui s'insinua il gotico. La decorazione dipinta dell'abside è opera di Nicola Fiorentino (identificato con Dello Delli), che sarebbe venuto a Salamanca nel 1446, autore anche del retablo dipinto dell'altar maggiore. Il chiostro annesso alla chiesa è del sec. XIII ha nella cappella di S. Bartolomeo una bella tomba di Diego de Anaya, arcivescovo di Siviglia (morto nel 1437). Nella sala capitolare si conserva un trittico del Gallego con scene della vita di S. Caterina. La chiesa di S. Martino, di tipo borgognone, ha la facciata settentrionale adorna di sculture romaniche, e nell'interno cinque tombe gotiche. La chiesa di S. Marco, costruita nel 1178, è a tre navate e tre absidi incassate in un muro massiccio con aperture a feritoia. Il disegno della cattedrale nuova, ultima delle grandi opere gotiche nella Spagna ed eretta in pieno Rinascimento (1513-1560), fu ideato, insieme con altri architetti, da Juan Gil de Hortañón, che alla sua morte (1538) venne sostituito da Juan de Álava e poi dal proprio figlio Rodrigo; è a tre navate di diversa altezza, con cappelle tra i contrafforti, vòlte stellate ed enormi pilastri. L'altare del Cristo della Battaglia, nel presbiterio, è di Joaquín de Churriguera (1674-1724), il quale disegnò anche gli stalli del coro, forse gli attuali, eseguiti da Alberto de Churriguera (1676-1740), probabilmente autore della parte retrostante al coro. All'esterno la cattedrale nuova ha elementi platereschi, guglie e una cupola barocca; la pesante facciata principale è anche opera di Juan Gil de Hortañón, mentre il campanile è di Rodrigo Gil. Nell'interno sono da ricordare una statua di S. Giovanni Battista, scolpita e policromata da Juan de Juni e pitture del Morales e del Gallego. Il convento domenicano di S. Stefano, costruito nel sec. XVI sui disegni di Juan de Alava, ha la facciata di stile plateresco, ornata di sculture, tra le quali una, la Lapidazione di S. Stefano (1610), è del milanese Ceroni; l'altar maggiore, di stile churrigueresco, ha un dipinto di Claudio Coello. La Madonna della Vega che si venera in S. Stefano è opera limosina del sec. XII, decorata di smalti. Dinnanzi a S. Stefano sta il convento "de las Dueñas", palazzo di stile moresco, fatto costruire da Juan Sánchez de Sevilla, cassiere di Giovanni II. Del palazzo Monterrey, monumento di stile plateresco che non fu compiuto, resta una corsia di tre piani, dei quali i due primi sono decorati molto sobriamente e il superiore ha una galleria d'arcate tra colonne con il cornicione scolpito riccamente. La Casa della salina, ora residenza della deputazione provinciale, del secondo periodo plateresco, fu edificata dal Fonseca; al quale si deve anche il collegio dell'Arcivescovo o di Santiago, detto anche "degl'Irlandesi", incominciato nei primi anni del sec. XVI e terminato nel 1578. La Casa delle morti è monumentale solamente nella facciata, che rivela affinità con la facciata di stile isabelliano (come è pure il cortile) dell'università, eretta nel 1415-1433, ma modificata nel principio del sec. XVI. La Casa delle conchiglie (1512-1514) mostra lo stile isabelliano nel suo pieno apogeo, libero cioè da influenze estranee, e ha nella facciata una porta con gran timpano ornamentale, finestre geminate con sculture nei parapetti e negli architravi, e conchiglie sparse parcamente negli spazî tra i pilastri; nell'interno le stanze sono distribuite attorno a un cortile con ordini di arcate, in basso mistilinee e in alto a sesto scarso; e alcune sale hanno soffitti moreschi. Da ricordare ancora la torre del clavigero Francisco Sotomayor, fatta costruire da questo cavaliere alcantarino nel 1480, e il collegio dei gesuiti, fondato nel 1614, opera dell'architetto herreriano Juan Gómez de Mora nella disposizione generale, nella chiesa fino all'altezza della cornice e nella facciata dalle torri vigorose affiancate da un cornicione ricco di sculture. La Plaza Mayor di Salamanca è circondata interamente da portici; nel suo lato settentrionale è il Palazzo del consiglio con facciata churrigueresca.
V. tavv. CXIII-CXVI.
Istituti culturali. - L'università di Salamanca vanta la maggiore tradizione culturale della Spagna, tenendo un primato per tutta l'epoca medievale e durante il Rinascimento: dal sec. XIII, specialmente, dacché i suoi maestri parteciparono alle opere enciclopediche promosse da Alfonso il Saggio e alle molteplici e feconde traduzioni dall'arabo, con un apporto culturale che fu prezioso per la cultura dell'Occidente. Con Alfonso IX e con il figlio Ferdinando III l'università ottenne molti privilegi, che le furono confermati e accresciuti dai successori e dalle autorità pontificie. La cultura spagnola del Rinascimento, nei suoi aspetti eruditi e letterarî e specialmente nel travaglio religioso, trovava proprio nell'università di Salamanca il maggiore centro e le figure più importanti: basti ricordare, fra tanti, Luis de León, e tutta la drammatica lotta spirituale e dogmatica svolta intorno al suo nome e alla sua opera. La decadenza dell'università s'inizia a partire dal sec. XVII, quando la sua popolazione studentesca fu assorbita da altre università, specie da quella di Alcalá de Henares: nel Quattrocento e nel Cinquecento contava perfino 8000 studenti. L'università odierna è completa nelle varie facoltà; ha anche una biblioteca, con 80.000 volumi, 1000 manoscritti e 330 incunabuli. Risale al 1779 il seminario Real y Pontificio de San Carlos, che ha la facoltà filosofica e teologica, con una biblioteca di 30.000 volumi, con incunabuli e importanti codici.
Storia. - Occupata dai Vandali e poi dai Visigoti - allora la sua diocesi era suffraganea di Emerita - ai primi del sec. VIII cadde in possesso degli Arabi. Approfittando delle lotte civili scoppiate fra questi ultimi, in una delle sue scorrerie Alfonso I d'Asturia se ne impadronì. Ma breve fu la sua dominazione, come quelle seguenti di Ordoño I e di Ramiro II, che tentò di ripopolare la città. In realtà, Salamanca ritornò cristiana soltanto dopo la conquista di Toledo (1085); e allora Alfonso VI poté affidare a Raimondo di Borgogna, marito della futura regina Urraca, il compito di riorganizzare le sue istituzioni, di ripopolarla con elementi eterogenei, di abbellirla: così risorse la sua diocesi, e fino dal 1131 la cattedrale ebbe una fiorente scuola. Poi la città acquistò grande fama per l'università che, creata da Alfonso IX di León sulla base dello studio ecclesiastico e forse sopprimendo quella di Palencia, e dotata di larghissimi privilegi specialmente da Ferdinando III e da Alfonso X, prese posto fra le più note d'Europa, accanto a quelle di Parigi, di Bologna, di Oxford. Così, in meravigliosa ascesa, Salamanca, divenuta dimora della nobiltà castigliana, ebbe nel Cinqu̇ecento il suo secolo d'oro: allora, fu abbellita di superbi templi, e in Spagna fu detta "piccola Roma", "madre delle virtù, delle scienze e delle arti", "regina del Tormes". Ma, travolta anch'essa dalla generale decadenza del paese, la città presto perdette il suo splendore. Le sue vicende politiche furono determinate specialmente dalla sua situazione geografica, perché, vicina al confine con il Portogallo, fu travolta nelle lotte fra questo stato e la Castiglia. Fu il quartier generale di Giovanni III che durante la guerra di successione sostenne la causa di Filippo V, ricevendo gravi danni dal conflitto. Nella guerra d'indipendenza fu il centro delle operazioni di A. Masséna prima e dopo la battaglia di Fuentes de Oñoro (maggio 1811), e sotto le sue mura fu sconfitto il Marmont (21 luglio 1812) nella battaglia "de los Arapiles", ove si decise la sorte della monarchia di Giuseppe Bonaparte.
Bibl.: J. M. Quadrado, Salamanca, Ávila y Segovia, in España, sus monumentos y artes, su naturaleza e historia, Barcellona 1884; V. Lampérez, Historia de la arquitectura cristiana española en la Edad Media, I, Madrid 1908; id., Los palacios españoles en los siglos XV y XVI, ivi 1913; M. Gómez Moreno, La capilla de la Universidad de Salamanca, in Boletín de la Sociedad Española de Excursiones, ivi 1914; id., Maestro Nicolás Florentín y sus obras en Salamanca, in Archivo español de arte y arquelogía, ivi 1928; F. J. Sanchez Cantón, El retablo de la catedral vieja de Salamanca, ibid., 1928; A. Calzada, Historia de la Arquitectura en España, Barcellona 1928; id., Historia de la arquitectura española, ivi 1933; A. García y Bellido, Estudio del barroco español, in Archivo español de arte y arqueología, V (1929), pp. 12-86; Marqués de Lozoya, Historia del arte hispánico, II, Barcellona 1934. Per l'università di Salamanca, cfr. E. Esperabé y Arteaga, Historia pragmatica e interna de la Universidad de Salamanca, Salamanca 1914 segg.
La provincia di Salamanca.
Forma la parte sud-occidentale della Vecchia Castiglia e quella meridionale del vecchio regno di León, al limite con la Beira portoghese. Misura 12.321 kmq., ed è costituita dal versante settentrionale delle Sierras de Gata, de Peña, de Francia (1737 m.) e de Béjar rivolto verso il Duero, al quale tributano le acque dell'Agueda, dello Yeltes e del Tormies; di questi, l'ultimo abbraccia col suo bacino la parte maggiore della provincia. Il territorio, quando si prescinda dal non molto esteso orlo montuoso che lo chiude verso mezzodì (e nel quale si ha una discreta produzione di legname da opera), rientra nel caratteristico paesaggio semiarido della meseta, al quale appartengono gli estesi campos che fanno corona a Salamanca; zone nelle quali prevalgono la pastorizia e la cerealicoltura estensiva e si mantengono forme accentrate di possesso terriero, che hanno impedito e impediscono il miglioramento delle pratiche agrarie. Anche la vite e l'olivo sono diffusi, e notevole importanza ha l'allevamento, che dà, nelle regioni più umide, buon numero di ovini e di bovini. Le risorse minerarie non mancano (oro, ferro, rame, carbone), ma sono poco sfruttate e di conseguenza quasi nulla è l'attività industriale (solo di recente si è avuto impianto di fabbriche di prodotti alimentari, e per le industrie tessili). Il popolamento è caratterizzato da forme accentrate; tuttavia solo la capitale, Béjar (industria dei panni) e Ciudad Rodrigo toccano o superano i 10 mila abitanti. La provincia, che contava 286 mila ab. nel 1877, ne aveva 321 mila nel 1900, 334 nel 1910, 343 mila nel 1933. La sua densità (27,8 ab. per kmq.) è fra le più basse della Spagna.