SALDATURA (fr. soudure; sp. soldadura; ted. Schweissung; ingl. welding)
Si dice saldatura la giunzione permanente di parti metalliche ottenuta per compressione diretta delle parti stesse, preventivamente scaldate a temperatura opportuna, o per interposizione fra esse di adatto metallo d'apporto che viene ivi colato, o fatto fondere, e quindi lasciato solidificare.
La saldatura in passato era usata come mezzo di ripiego e particolarmente quando si doveva procedere a riparazioni di parti fratturate; oggi, dati i suoi progressi, essa è adoperata quale mezzo di allestimento di opere metalliche e il suo impiego va estendendosi perché consente maggiore facilità di esecuzione delle opere stesse e risparmio in peso di esse.
Saldatura per compressione. - Può essere effettuata soltanto su metalli contenenti piccolo quantitativo di elementi accompagnatori, sia per numero sia per concentrazione, e in genere essa riesce tanto meglio e di tanto più facile esecuzione quanto maggiore è la purezza delle parti da congiungere.
La temperatura da raggiungere varia da metallo a metallo, poiché occorre portare le parti da unire a tale stato di rammollimento, che la pressione, di poi esercitata, possa essere efficace per la loro giunzione. Alcuni metalli raggiungono questo stato di rammollimento a temperature di molto inferiori al loro punto di fusione, come, ad es., il platino e il ferro, onde l'intervallo utile per eseguire l'operazione di giunzione è molto largo, ciò che vale ad agevolare grandemente l'operazione stessa; altri metalli invece raggiungono lo stato di rammollimento a temperature vicine a quelle di fusione, come, ad es., l'alluminio, e l'unione delle parti riesce allora molto più difficile.
Affinché la giunzione avvenga in modo idoneo, è necessario che le parti metalliche da congiungere possano andare ad intimo contatto e cioè siano libere possibilmente da ossidi o da altre incrostazioni solide.
Quando si tratta di metalli nobili, ciò non richiede nessuno speciale accorgimento, ma quando si tratta di metalli volgari occorre cospargere le superficie di opportuni fondenti dei relativi ossidi, in maniera da mantenerle protette durante il riscaldamento con un velo liquido, che viene poi espulso dalla pressione di giunzione, spesso esercitata violentemente col martello o la mazza. Così, mentre per congiungere fra loro parti di platino esse si scaldano liberamente all'aria, per congiungere invece parti di ferro si usa spesso cospargere le superficie di borace e per congiungere parti di alluminio si impiegano come fondenti miscugli di fluoruri e cloruri alcalini.
Il riscaldamento preventivo può essere fatto su una comune fucina o in forno oppure a gas o infine elettricamente per resistenza; si applica l'uno piuttosto che l'altro dei mezzi a seconda dello scopo che si vuol conseguire e della possibilità d'impiego del mezzo.
Particolare importanza ha assunto la giunzione per pressione nell'allestimento di manufatti di ferro e di acciaio dolce. Nei tempi più remoti essa era praticata col nome di bollitura, scaldando i pezzi a fuoco diretto; ciò ne limitava l'applicabilità all'unione di piccoli pezzi. Sostituitosi il riscaldamento in forno, essa si è molto più estesa e oggi è usata, ad es., per la fabbricazione dei cosiddetti tubi gas. Per la fabbricazione invece dei tubi di grande diametro e forte spessore per acquedotti e condotte forzate si fa uso pressoché esclusivo del riscaldamento a gas d'acqua, che permette di portare la fiamma nella zona di saldatura e consente quindi l'esecuzione di manufatti di grande mole.
La saldatura a gas d'acqua, quando sia fatta a regola d'arte, riesce perfetta e non la si può scorgere a occhio nudo nemmeno sezionando opportunamente il materiale.
Anche al microscopio la continuità cristallina appare perfettamente assicurata, come si vede nella micrografia riportata (fig.1), la quale riproduce con ingrandimento 100 un punto della zona di giunzione.
Una tale saldatura presenta in genere una resistenza mai inferiore al 90% della resistenza primitiva delle parti congiunte e mostra particolarmente elevate tutte quelle caratteristiche che vengono assunte come indice di tenacità (allungamento percentuale alla rottura, contrazione, resilienza).
La saldatura per pressione può essere eseguita anche a mezzo di riscaldamento elettrico per resistenza. Quando tale riscaldamento venga usato si distinguono quattro modi di saldatura: la saldatura di testa; di fianco; per punti; per cucitura.
Nella saldatura di testa la corrente viene lanciata in modo che percorra le barre da congiungere e queste vengono contrapposte fra loro con le estremità affacciate, contemporaneamente a che si esercita nel senso longitudinale un congruo sforzo di compressione. L'intensa corrente provoca nella zona di contatto - ove esiste la maggiore resistenza elettrica - un forte riscaldamento, che porta in breve al rammollimento le parti a contatto e la giunzione avviene perfetta, specialmente se nel contempo è possibile martellare di fianco la zona che subisce un rigonfiamento in seguito alla pressione assiale.
Nella saldatura di fianco la corrente non percorre le barre nel senso longitudinale, ma le attraversa nella zona in cui esse vengono poste a contatto mentre vengono compresse fra loro. Possono così eseguirsi giunzioni fra barre facenti fra loro un certo angolo.
La saldatura per punti o per cucitura è propria delle lamiere; essa si esegue sovrapponendo i bordi di queste per una certa larghezza e lanciando la corrente fra due elettrodi contrapposti situati normalmente alla zona di sovrapposizione, nel medesimo tempo che si esercita sullo stesso punto un'adeguata pressione. Gli elettrodi, generalmente di rame, hanno anche la funzione di esercitare la pressione meccanica necessaria. Il metodo può essere usato soltanto per la giunzione di lamiere di limitato spessore, cioè per lamiere che subiscano efficiente deformazione sotto la pressione applicata. Se gli elettrodi sono spostabili a intermittenza si produce la saldatura per punti, se sono spostabili con continuità si produce la saldatura per cucitura.
Data la facile interposizione di ossidi e di altre eterogeneità fra i bordi sovrapposti, le condizioni di buona riuscita delle saldature non sono sempre idonee. Una buona giunzione riesce specialmente difficile nelle saldature per punti, nelle quali la pressione meccanica è di efficacia sempre problematica; tuttavia, data la grande facilità di esecuzione di questa e l'assenza di prominenze sui bordi congiunti, che ne favorisce di molto l'estetica, anche la sua applicazione va sempre più affermandosi (carrozzerie di automobili e simili).
Saldatura per fusione. - La saldatura per fusione impiega sempre un metallo di apporto; questo può essere diverso dal metallo di cui sono costituite le parti da saldare oppure può essere analogo a esso: in quest'ultimo caso la saldatura prende il nome di saldatura autogena.
Quando la saldatura è eseguita con metallo diverso (cosiddetta saldatura eterogenea; ted. Lötung; ingl. soldering) si usano di norma leghe metalliche aventi più basso punto di fusione che non il metallo da saldare e la saldatura prende il nome da queste o dal metallo base di cui sono costituite; così si ha, ad es.: la saldatura a ottone, detta anche brasatura (fr. brasure; ingl. brazing), che si distingue in forte o dolce a seconda della maggiore o minore quantità di rame che la lega contiene; la saldatura ad argento; la saldatura a stagno, ecc.
Condizione essenziale per la buona riuscita di tale genere di saldatura è che il metallo d'apporto, quando è allo stato fuso, bagni perfettamente le parti da saldare, ciò che si ottiene pulendo accuratamente le parti prima di iniziare l'operazione, scegliendo opporturamente la lega per saldare e usando adatto mordente per rendere terse le superficie da congiungere.
Se si usano leghe da saldare a elevato punto di fusione si possono impiegare come mordenti i vetri fusibili, il borace, i carbonati alcalini, ecc.; per quelle a basso punto di fusione miscugli di cloruri e fluoruri e per le leghe di stagno il cloruro di zinco, il cloruro di ammonio, la colofonia, ecc.
Come è ovvio, la resistenza meccanica della zona di giunzione non può risultare molto elevata e pertanto la saldatura con metallo di apporto diverso da quello delle parti da congiungere viene usata solamente quando la sua resistenza abbia un'importanza relativa e si voglia ottenere invece una certa praticità di esecuzione o una giunzione stagna.
La saldatura si è quindi imposta come mezzo per l'allestimento di opere metalliche, soltanto quando si è potuto fare assegnamento in essa su una resistenza non eccessivamente discosta da quella delle parti congiunte e cioè quando si è introdotta in pratica la saldatura autogena.
La fusione del metallo d'apporto può in questo caso essere eseguita in tre modi: a mezzo della termite, a mezzo della fiamma e a mezzo dell'arco elettrico.
Si chiama termite un miscuglio intimo di polvere di alluminio e di ossido di ferro in proporzioni adatte per assicurare, dopo adescamento, la colata del ferro che proviene dalla riduzione del suo ossido, mentre l'allumina formatasi insieme con poco ossido di ferro produce la scoria che protegge il metallo. Per eseguire giunzioni con questo metodo occorre predisporre un adatto manicotto vuoto che circondi le parti da saldare, opportunamente fra loro raccostate, in maniera da colare nella cavità del manicotto il ferro che si produce dalla reazione. La saldatura a mezzo di termite può essere classificata fra le saldature autogene soltanto se praticata per congiungere barre di ferro dolcissimo, altrimenti non può considerarsi altro che come giunzione eseguita mediante manicotto fuso.
Se per la fusione s'impiega la fiamma, il gas combustibile può essere l'idrogeno, il gas illuminante, il vapore di benzolo, l'acetilene, ecc. Come comburente si usa l'aria compressa o l'ossigeno compresso secondo quale temperatura occorra raggiungere per la liquefazione del metallo di apporto.
Il dardo della fiamma è prodotto per mezzo di apposito cannello in cui il comburente viene addotto al centro del foro di uscita del gas.
La massima temperatura si raggiunge quando la quantità del comburente e quella del gas sono in esatte proporzioni per dar luogo alla combustione totale; un eccesso di comburente porta alla fiamma ossidante, mentre un eccesso di gas porta alla fiamma riducente, ma in entrambi i casi la temperatura di combustione è tanto minore del massimo quanto più aumenta l'eccesso dell'uno o dell'altro.
Il poter operare con fiamma riducente facilita di molto l'operazione di saldatura e conduce ad ottenere una giunzione con caratteristiche meccaniche soddisfacenti, poiché il metallo apportato viene così protetto dall'ossidazione, ciò che è particolarmente importante per i metalli facilmente ossidabili, come il ferro.
La fiamma, oltre che per la fusione del filo d'apporto, che in genere presenta la stessa composizione del metallo delle parti da congiungere, si adopera anche per riscaldare preventivamente le parti stesse.
Si fa uso di fondenti solo in casi speciali. Talvolta si pratica un accurato martellamento del metallo apportato, durante il raffreddamento, e con ciò si ottiene la sua migliore struttura. Un' opportuna ricottura susseguente migliora ancora le proprietà meccaniche della saldatura, la quale può così essere portata ad avere resistenza alla trazione dello stesso ordine di quella delle parti congiunte. Malgrado tutti questi accorgimenti, la sua tenacità tuttavia non raggiunge mai quella delle parti stesse.
Il riscaldamento all'arco elettrico può essere ottenuto o facendo scoccare questo fra due elettrodi indipendenti, o fra un elettrodo di carbone e le parti da saldare o fra un elettrodo metallico di adatta composizione e le parti stesse, le quali nei due ultimi casi debbono quindi essere congiunte con uno dei cavi che porta la corrente. L'arco può essere alimentato da corrente continua o alternata con tensione variabile dai 15 ai 45 volt mentre l'intensità di questa varia da 20 - 25 ampere fino in taluni casi a 600 ÷ 700 ampere.
Speciali dispositivi vengono usati nella costruzione dei generatori o trasformatori di corrente di alimentazione dell'arco al fine di evitare la frequente estinzione di questo e le troppo brusche variazioni del carico.
Se si usano due elettrodi indipendenti o il solo elettrodo di carbone, s'inizia l'operazione di saldatura adescando l'arco sul materiale da congiungere e quindi s'immerge nei vapori dell'arco stesso l'adatto filo d'apporto, che è così portato a fusione. Questo metodo trova estesa applicazione nella saldatura eseguita automaticamente; esso però non può applicarsi per saldature da farsi in posizione verticale né in quelle cosiddette "sopra testa" ossia dal basso verso l'alto.
Se s'impiega l'elettrodo metallico, l'arco scocca sempre fra questo e le parti da congiungere le quali, se si tratta di corrente continua, vengono collegate col polo negativo.
Il metallo fuso viene trascinato dall'arco e quindi, se non è protetto, esso diventa un vero e proprio fissatore dell'ossigeno e dell'azoto atmosferico che ne abbassano le proprietà meccaniche. Per attenuare questo inconveniente si è introdotto in pratica l'uso dell'elettrodo rivestito. Il rivestimento è costituito di materiali che producono un'atmosfera inerte e una scoria facilmente fusibile; la prima protegge il metallo quando è apportato dall'arco, la seconda lo protegge quando è giunto in sito. Si tratta, in genere, di silicati misti a carbonati, a cui si uniscono, talvolta, elementi riducenti, quali alluminio, ferrosilicio in polvere, ecc.
Si ottengono così delle saldature che raggiungono facilmente la resistenza delle parti congiunte, ma che non sempre sono raccomandabili per la loro tenacità, perché riesce sommamente difficile evitare in modo assoluto fissazione di azoto. Per questa ragione anche il martellamento durante il raffreddamento del metallo apportato e la ricottura non riescono a migliorare sensibilmente la proprietà della saldatura stessa e quindi non vengono praticati.
Nella fig. 2 è riportata la micrografia della struttura di una saldatura eseguita con elettrodo rivestito, la quale, tuttavia, mostra i caratteristici aghi di azoturo di ferro.
Anche il passaggio dalla zona che costituisce il metallo apportato a quello di base è in massima molto brusco, come si vede nella micrografia riportata alla fig. 3, per il limitato riscaldamento che subisce quest'ultimo. Tale limitato riscaldamento conduce, anche in caso d'imperizia da parte dell'operaio saldatore, ad avere il metallo apportato soltanto "incollato" alla superficie e cioè non perfettamente compenetrato con le parti da congiungere.
Con un'accurata scelta dell'elettrodo e con una buona pratica del saldatore si possono tuttavia ottenere, correntemente, saldature che soddisfano ai bisogni della tecnica.
Una geniale protezione dall'azione dell'atmosfera è stata realizzata usando elettrodi indipendenti di tungsteno mantenuti ciascuno nell'asse di un tubo, nel quale viene lanciata una corrente di idrogeno durante l'operazione di saldatura. L'idrogeno, alla temperatura dell'arco elettrico, si dissocia nei suoi atomi e, mentre protegge il metallo trasportato dall'arco stesso, va poi a ricostituire la sua molecola alla base del dardo, provocando ivi un'elevata temperatura, che favorisce la riuscita dell'operazione. Con tale sistema però la saldatura ad arco perde della sua semplicità di esecuzione, che era la ragione prima che l'aveva imposta all'attenzione dei tecnici.
In complesso l'introduzione della saldatura come mezzo di allestimento delle opere metalliche ha grandemente contribuito a spingere queste all'evoluzione e agli ardimenti moderni.
La saldatura autogena del ferro e dell'acciaio avviene con ferro dolce come metallo da apporto (ferro puddellato di Svezia o acciaio extradolce); a volte si usano - specie per la saldatura di acciai speciali - bacchette d'apporto contenenti nichelio, o molibdeno, o silicio e manganese (High test).
La saldatura eterogenea del ferro può avvenire anzitutto a mezzo della cosiddetta saldo-brasatura, con la quale s'impiegano gli stessi mezzi della saldatura ossiacetilenica e, come metallo d'apporto, del bronzo speciale; è assai noto il bronzo Tobin, contenente 38% zinco, 2% stagno, o, 5%, piombo e il resto rame. I vantaggi sono dovuti al minor riscaldamento necessario per fondere il bronzo, da cui minori distorsioni e assenza - o quasi - di variazioni strutturali nel metallo base adiacente. La saldo-brasatura si applica anche agli acciai speciali e inossidabili, nonché alle ghise.
La brasatura è diversa dalla saldo-brasatura in quanto in essa - pur impiegando il cannello ossiacetilenico - si evita l'azione continuata della fiamma sui bordi da saldare, limitandosi a fondere la lega d'apporto, che ha un punto di fusione relativamente basso. Generalmente si usa l'ottone: una brasatura molto forte è quella contenente 75% rame e 25% zinco, oppure 85% rame, 10% zmco, 5% stagno.
Si usa anche comunemente, e con ottimi risultati che largamente compensano la maggiore spesa, la brasatura con argento, e più precisamente con le leghe seguenti:
Infine, la saldatura dolce del ferro avviene generalmente a mezzo di stagno, o di leghe stagno-piombo; a seconda del tenore in stagno varia la temperatura di fusione e anche la resistenza meccanica della saldatura.
Le leghe più usate sono le seguenti: 1. stagno 65%, piombo 35%: saldatura dolce per ferro, oro, argento, ottone, ecc.; 2. stagno 50% piombo 50%: saldatura grassa, per fontanieri e lattonieri; 3. stagno 25%, piombo 75%: saldatura magra, punto di fusione 27%.
Spesso viene aggiunto un po' di antimonio per aumentare la resistenza e diminuire la corrosione. Ottime sono le leghe contenenti cadmio, quale ad esempio la seguente: 80% piombo, 10% stagno, 10% cadmio, che è di pari resistenza della 2. Le aggiunte di cadmio sono del resto assai usate, anche nelle leghe d'apporto per saldature forti, ad argento, ecc.: vantaggi apportati dal cadmio sono: aumento della scorrevolezza e della penetrazione.
Infine si usano a volte le leghe cadmio-zinco, specie quella eutettica (75% zinco, 25% cadmio): più resistente di quelle stagno-piombo, essa è inoltre elettropositiva rispetto al ferro, quindi non si corrode.
Importantissimo l'uso di mordenti per decapitare i bordi da saldare, asportando l'ossido e i grassi, nonché di adatti fondenti: dal cloruro di zinco, dai fluoruri, colofonia, ecc., per saldature dolci, al borace per saldature forti.
Nonostante la mediocre resistenza delle saldature dolci, la loro importanza è notevole, e la tecnica delle loro esecuzioni non è esente da difficoltà, che solo provetti operatori sanno sormontare. Essa, così come la brasatura, è utilizzata per unire fra loro parti di ferro e rame, ecc.
La saldatura autogena del rame, difficile per le particolari proprietà fisiche e termiche di tale metallo, avviene generalmente con bacchette di rame purissimo o di rame fosforoso.
Per la saldatura forte del rame si usano leghe a punto di fusione poco più basso di quello del rame stesso: si tratta quindi di una saldatura avente all'incirca le stesse caratteristiche della saldatura autogena, e come questa di difficile esecuzione. Ciò richiede l'uso di adatti fondenti, di cannelli speciali, e di particolari sistemi di esecuzione.
Come lega d'apporto è usato l'ottone; in commercio si trovano anche leghe rame-manganese, o rame-argento, o rame-cadmio-piombo. Sono anche usate, ad esempio, le leghe seguenti (tenere): 1. 85% rame, 15% piomtio; 2. 48% rame, 40% zinco, 12% stagno; 3. 90% rame, 10% fosforo (lega eutettica con punto di fusione a 705°).
La martellatura migliora molto le proprietà di tali saldature, proprietà che, ad eccezione forse della sola saldatura ad argento, sono inizialmente piuttosto basse.
La saldatura forte dell'ottone ha luogo anch'essa con leghe rame-zinco, con eccesso di zinco per compensare le perdite di tale metallo durante il riscaldamento (ad esempio, 47% rame e 53% zinco, punto di fusione 870°).
Ma ancor più, per l'ottone e anche per lo stesso rame, si usano leghe con varie percentuali di argento, cadmio, ecc.
Per il bronzo fuso, infine, comune o fosforoso, viene consigliato come metallo d'apporto il bronzo Tobin, o il seguente: rame 53%, zinco 13%, stagno 33%.
La saldatura dolce del rame e dell'ottone avviene con le stesse leghe stagno-piombo usate pel ferro, e particolarmente con la lega: stagno 75-85%,; piombo 25-15%. Ottime sono le leghe a base di stagno-cadmiozinco. Leghe cadmio-zinco sono adatte per l'ottone, non per il rame.
La saldatura autogena dell'alluminio e delle sue leghe è resa difficile dalla conduttività termica del metallo e dalla sua facile ossidabilità, e fa il massimo assegnamento sull'uso corretto di mordenti e di fondenti adatti (miscele di cloruri e fluoruri di sodio e litio, di criolite, ecc.) e di adatte bacchette d'apporto, fra cui per l'alluminio, bacchette d'alluminio puro o di lega al 5%, silicio; per l'anticorodal, lega d'apporto 4S (anticorodal con una. maggiore percentuale di silicio, che la rende più scorrevole); per il duralluminio, lega tipo duralluminio; per il silumin, lega al 14-15% silicio; per la lega tedesca (Al-Zn-Cu), lega col 4-7% zinco, o anche di più.
La saldatura e le zone vicine a causa del riscaldamento sono in tali casi notevolmente inferiori al metallo base sia come resistenza sia come tenacità. Le loro proprietà meccaniche possono essere notevolmente migliorate con un'adeguata martellatura a caldo, e - per le leghe da trattamento termico del tipo duralluminio, anticorodal, lautál, ecc. - con un completo ciclo di trattamento da eseguire sull'intero pezzo saldato. Tale rigenerazione è possibile solo in alcuni casi, per parti di dimensioni ridotte e che non possano subire distorsioni e deformazioni dannose per effetto della tempra in acqua.
Quindi nella maggior parte dei casi la saldatura autogena è limitata all'alluminio e alle sue leghe normali, mentre per quelle da trattamento si preferisce in genere come sistema d'unione la chiodatura.
La saldatura eterogenea è quasi totalmente impiegata nella riparazione di getti (fig. 5), o per altre piccole costruzioni di limitata importanza. Le corrosioni dovute all'eterogeneità della linea di saldatura sono fortissime (figg. 6 e 7), e causano una graduale degradazione delle proprietà meccaniche del giunto saldato, proprietà che sono già inizialmente alquanto scadenti. Ciò può essere solo in parte prevenuto ed evitato con adatti sistemi di protezione contro la corrosione.
Le leghe usate sono a base di alluminio, quindi forti, o a basso punto di fusione, quindi dolci. Le prime sono naturalmente di gran lunga le migliori; si tratta in generale di leghe d'alluminio contenenti silicio, cadmio, manganese, zinco, con temperatura di fusione poco inferiore al metallo base. Occorre una tecnica di saldatura precisa, buona preparazione dei pezzi, eventuale preriscaldo, come nella saldatura autogena.
Resistenza meccanica e resistenza ana corrosione sono mediocri, a volte addirittura soddisfacenti.
Le saldature dolci, invece, sono eseguite con leghe a base di stagno, zinco, con eventuali aggiunte di alluminio per conferire ad esse una maggiore fluidità e scorrevolezza, e anche una maggiore resistenza meccanica. Tale ultimo risultato è ottenuto anche a mezzo di aggiunte di rame, piombo; tali aggiunte, però, vanno a scapito della resistenza alla corrosione.
Fra le leghe, notiamo le seguenti: 1. 15-20% zinco, stagno resto; 2. 8-15% zinco, 5-12% alluminio, stagno resto.
Naturalmente, le composizioni sono in realtà svariatissime, a seconda degli usi, delle marche, delle consuetudini. Interessanti sono le leghe con 75% zinco e 25% cadmio con 20 kg./mmq. circa di resistenza alla trazione nella saldatura. Ottima la lega con 50% cadmio, 20% zinco, 30% stagno. In genere si ottiene maggiore tenacità aumentando il tenore in cadmio, maggiore adesione aumentando lo zinco. Quanto alle temperature di fusione, importanti per ciò che concerne la facilità di saldare con saldatori di rame o altri mezzi semplici, nonché per la scorrevolezza del metallo d'apporto e infine per giudicare della distorsione dei pezzi e dell'alterazione delle zone adiacenti del metallo base, riportiamo qui l'unita tabella (alla colonna seguente, in alto).
Una temperatura più elevata, pur causando alcune difficoltà, assicura tuttavia una migliore giunzione: la resistenza alla trazione delle saldature si aggira sui 5-12 kg./mmq., dipendendo essa anche - e in notevole misura - dall'abilità dell'operaio.
Anche per altri metalli (oro, argento e loro leghe, platino, nichelio e sue leghe) si usano spessissimo saldature eterogenee, forti o dolci. Per essi però è largamente in uso la saldatura autogena, e lo stesso si dica per alcune leghe a base di magnesio (elektron AM503).
Indichiamo tuttavia alcune composizioni di particolare interesse: per il platino si usa l'oro, l'oro bianco, o una lega di oro col 0,5% e più di iridio, perché questo metallo è spesso contenuto in maggiore o minore percentuale nello stesso platino commerciale, cui conferisce maggiore tenacità e resistenza.
In genere si ottiene maggior tenacità aumentando il tenore in cadmio, maggiore adesione aumentando lo zinco.
Per riparare crogioli e oggetti di platino, si utilizzano leghe oro-platino; la resistenza al fuoco e agli agenti chimici è tanto maggiore quanto più basso è il tenore in oro.
Per l'oro si usano fra l'altro le seguenti leghe:
In Inghilterra si usano leghe oro-zinco, anche senza argento. A volte (ad es., per la tecnica odontoiatrica) si usano leghe con piccole aggiunte di platino.
Per l'argento:
L'aumento del tenore in rame o cadmio diminuisce il punto di fusione.
Come saldature dolci, si usa lo stagno, o le solite leghe stagno-piombo, o meglio quelle contenenti cadmio.
Per l'argentana, il packfong, e le altre leghe consimili, la lega più comune per bacchette d'apporto è la seguente: rame 32%; zinco 58%; nichel 8%; stagno 2%.
Per le leghe a basso punto di fusione, infine, si usa la saldatura autogena, con fiamma a benzina o saldatori di rame, e anche col cannello ossiacetilenico. Lo stesso si dica per il peltro, il "britannia", i metalli antifrizione, lo zinco, ecc.
Bibl.: I. Ghersi, Leghe metalliche ed amalgame, Milano 1926; C. Panseri e U. Magnani, La tecnologia delle leghe d'alluminio, Milano 1932; G. Guzzoni, L'impiego delle leghe di alluminio e di magnesio nelle costruzioni moderne, in La metallurgia italiana, 23 dicembre 1931.