Sale
Nel linguaggio comune il termine sale indica un composto cristallino a base di cloruro di sodio, abbondante in natura e ampiamente utilizzato sia per dare gusto alle pietanze, sia per conservare gli alimenti preservandone le caratteristiche organolettiche onde poterli consumare durante un lungo arco di tempo. Il sale ha da sempre rappresentato un elemento essenziale per la vita dell'uomo, contribuendo, in maniera molto significativa, a delineare le principali tappe della sua evoluzione e della sua storia. Esso ha avuto un'enorme influenza sui comportamenti delle popolazioni, sul loro sviluppo economico e culturale e, in generale, sul processo di civilizzazione della nostra specie.
1. L'importanza storica del sale
Fino alla rivoluzione industriale il peso del sale sugli equilibri sociali era così rilevante che una pur minima riduzione nelle possibilità d'approvvigionamento o di controllo delle sue fonti poteva costituire un serio pericolo per le comunità, giungendo a comprometterne l'indipendenza e la libertà o, addirittura, minacciarne la sopravvivenza. Tuttavia la sua importanza nello sviluppo di molte civiltà antiche è stata di frequente trascurata, presumibilmente a causa della sua scarsa resistenza fisica agli agenti atmosferici. Infatti, solo esigue tracce di questo composto sono state rinvenute nei siti archeologici, a differenza di altre sostanze, come, per es., i metalli, le ceramiche e la silice, che sono invece sopravvissute materialmente al passare dei secoli. L'utilizzo del sale ha origini molto remote: nel più antico trattato di farmacologia della storia della medicina, il cinese Peng-Tzao-Kan-Mu, una buona parte della trattazione è dedicata a descrivere i 40 tipi di sale allora disponibili, con la specificazione dei principali metodi per l'estrazione e delle modalità di preparazione delle forme commerciali. Del resto, la scoperta del sale si fa risalire proprio ai cinesi che, tra l'altro, furono tra i primi a intuire l'enorme potere economico che poteva derivare dal suo monopolio o, comunque, dal controllo delle sue fonti e la sua imprescindibilità per la sopravvivenza delle popolazioni, tanto che decisero di imporre una tassa su questo prodotto dalla cui riscossione derivava una parte rilevante delle entrate dello Stato. A quei tempi, l'unica forma di sale attingibile era quello visibile direttamente e che affiorava superficialmente sulle rocce delle regioni più aride, nelle aree lagunari prosciugate oppure sulle fasce costiere dei mari e dei laghi salati; laddove nelle zone umide esso tendeva a dissolversi e depositarsi sotto terra, rendendo impossibile il suo rilevamento e la sua estrazione da parte dell'uomo.
Proprio nelle maggiori possibilità di approvvigionamento di sale risiede verosimilmente uno dei motivi più importanti, se non il principale, per cui le più grandi civiltà antiche si sono sviluppate in prossimità di aree desertiche, come la Mesopotamia, o in contesti ambientali con ridotti tassi di umidità, come il bacino del Mediterraneo. Presso gli antichi egizi l'uso del sale assunse proporzioni assai notevoli, dal momento che essi lo utilizzavano per una duplice finalità: da una parte, l'immersione del corpo in un bagno di sale per almeno 70 giorni rappresentava un passaggio fondamentale nel processo di mummificazione; dall'altra, esso era fondamentale per la deidratazione delle carni e, conseguentemente, per la loro conservazione. Una quota di sale era destinata anche alla lavorazione delle pelli e del vetro. Nella civiltà egizia, l'estrazione del prezioso composto era generalmente affidata alla popolazione d'origine ebraica, particolarmente esperta nell'espletamento di questa pratica: al fine di massimizzare la produzione e affinarne la qualità, venivano impiegate delle canne disposte in modo da assumere particolari forme geometriche, che consentissero una sua più veloce e cospicua cristallizzazione. Tra le forme geometriche, una delle più redditizie e popolari era la 'stella di Davide', che solo nei secoli successivi ha assunto quella simbologia religiosa tradizionalmente attribuitale. L'importanza cruciale del sale, dal punto di vista economico, presto si affermò diffusamente nel mondo: nell'antica Grecia, per es., divenne addirittura merce di scambio nell'allora florido commercio di schiavi, mentre a Roma i soldati venivano retribuiti con razioni di sale, dette salarium, da cui deriva l'attuale nome del corrispettivo mensile 'salario'. Per facilitarne il trasporto, i Romani costruirono imponenti reti viarie e, in particolare, una strada destinata al passaggio delle carovane per il commercio del sale, che fu, per questo, denominata Salaria. Nel corso dei secoli l'utilizzo del sale è stato soggetto a controlli sempre più marcati da parte dei governi, con una tendenza crescente alla sua centralizzazione, alla creazione di veri e propri monopoli e alla conseguente imposizione di impopolari tassazioni sul prodotto. A tale proposito, basti menzionare due esempi storici del malcontento generato dall'assunzione del sale come strumento fiscale: in Francia, nel 1300, fu istituita una tassa sul sale, denominata gabelle, che rifletteva il monopolio su di esso da parte dei governanti che avevano concesso il diritto alla vendita a pochi privilegiati. Per le continue e frequenti variazioni temporali e geografiche, questa tassa divenne sinonimo di ingiustizia fiscale. In India, in tempi più recenti, un'analoga tassazione, imposta dal governo britannico, rappresentò uno degli strumenti di propaganda politica più incisivi, di cui il Mahatma Ghandi si servì per mobilitare il popolo nella lotta per l'indipendenza del paese. Il sale ha quindi assunto, nella storia dell'umanità, la valenza di un critico e potente fattore di sviluppo demografico per la maggior parte delle comunità, soprattutto a causa della limitata disponibilità delle fonti; a esso sono stati inoltre attribuiti significati economici, derivati dal suo monopolio, e politici, in quanto ha frequentemente determinato attraverso le sue reti commerciali le linee di confine tra uno Stato e l'altro. Né si possono trascurare i contenuti religiosi di cui si è arricchito, di sovente, presso diverse civiltà; a tale proposito, è sufficiente pensare ai significati attribuiti al sale nella liturgia cattolica: l'acqua gregoriana usata nella dedicazione delle chiese e degli altari contiene, tra l'altro, il sale.
2. Il sale nel mondo moderno
Con il passare dei secoli e, soprattutto, con l'introduzione di tecnologie alternative per la conservazione degli alimenti, come la refrigerazione, le popolazioni sono divenute sempre meno dipendenti dal sale; di conseguenza si sono progressivamente ridimensionati tutti quei contenuti sociali, politici, economici cui si è fatto cenno in precedenza. Il suo ruolo nelle moderne società si è notevolmente diversificato: per quanto riguarda gli impieghi attuali, se da una parte l'utilizzo più significativo è ancora quello di additivo (il più antico del mondo) negli alimenti, sia per la loro conservazione sia per conferire un gusto più marcato alle pietanze (finalità questa che, probabilmente, riveste oggi una maggiore importanza nell'ambito delle industrie alimentari), si sono, tuttavia, affiancati negli ultimi anni altri suoi impieghi che hanno preso addirittura il sopravvento su quello tradizionale. Attualmente, la gran parte del sale disponibile viene, infatti, usata nell'industria chimica per la produzione di sostanze clorurate e della soda caustica. Un altro importante impiego moderno consiste nello sfruttamento del sale per il disgelamento delle strade nei periodi invernali, data la sua notevole efficacia, la pronta disponibilità e soprattutto l'elevata economicità. Inoltre, esso viene sfruttato per la dolcificazione delle acque dure, nell'industria metallurgica e tessile, nella fabbricazione del vetro e della carta e rientra nella composizione di numerosi fertilizzanti ed esplosivi. In generale, si può affermare che, mentre i paesi più industrializzati destinano la maggior parte delle loro riserve di sale a fini industriali, soprattutto nel settore chimico, nei paesi in via di sviluppo esso viene principalmente utilizzato per la nutrizione umana e animale.
3. Le implicazioni del consumo di sale sulla salute
Se è vero che quasi sempre al sale sono stati attribuiti significati e contenuti positivi, è tuttavia innegabile che progressivamente sono andati emergendo gli effetti negativi sulla salute, causati dalla sua assunzione eccessiva con gli alimenti, in quanto molto al di sopra delle esigenze fisiologiche del nostro organismo. In particolare, nel corso degli ultimi anni, si sono accumulate sempre più numerose evidenze in merito alle ripercussioni dell'abuso di sale sullo sviluppo delle malattie cronico-degenerative, sulla scia del crescente interesse, da parte del mondo medico e scientifico, nei confronti del ruolo dell'alimentazione nel determinismo di queste patologie. In tale ambito, uno degli argomenti più ampiamente dibattuti è quello concernente la relazione tra l'assunzione alimentare di sale e lo sviluppo dell'ipertensione arteriosa e delle malattie a essa correlate. Infatti, le evidenze cliniche e i lavori sperimentali su animali hanno via via rafforzato l'ipotesi che l'associazione tra il consumo alimentare di sale e lo sviluppo dell'ipertensione arteriosa sia causale, vi sia cioè tra le due un rapporto di causa-effetto. Un contributo sostanziale è stato fornito dagli studi epidemiologici, di tipo ecologico, condotti su varie popolazioni del mondo, che hanno focalizzato l'attenzione sulle diverse abitudini di vita, in particolare quelle alimentari, e sulle loro ripercussioni nei confronti della salute. Inoltre studi clinici eseguiti in alcune comunità hanno rilevato come, in conseguenza di un intervento educativo orientato a una diminuzione del consumo di sale, ci siano state significative riduzioni dei valori medi di pressione arteriosa. Nonostante questa molteplicità di conferme a favore di un ruolo primario del sale nell'eziopatogenesi dell'ipertensione arteriosa, ancora oggi persistono controversie alle quali il mondo scientifico ha cercato di dare una risposta univoca e definitiva con uno studio multicentrico internazionale, denominato Intersalt. Tra i risultati più rilevanti, è emersa un'associazione significativa tra l'escrezione urinaria di sodio nelle 24 ore, indice del consumo giornaliero di sale, e i livelli di pressione arteriosa, soprattutto di quella sistolica. Inoltre, l'aumento 'fisiologico' di quest'ultima con l'avanzare dell'età appare una prerogativa di quelle popolazioni che consumano una maggiore quantità di sale nella loro alimentazione. Lo studio citato ha altresì valutato i benefici sulla salute pubblica derivati da una riduzione dell'assunzione di sale, che consisterebbero in una sostanziale diminuzione dell'incidenza e prevalenza dell'ipertensione arteriosa nella popolazione, con un conseguente impatto positivo sulla mortalità soprattutto dovuta a malattie cardiovascolari. Il fabbisogno giornaliero di sale oscilla tra 0,6 e 3,5 g, sebbene in alcune popolazioni siano stati riscontrati valori di assunzione più bassi. In realtà, il consumo medio di sale, soprattutto nelle società più industrializzate, supera di molto quello richiesto. Gli italiani, per es., rappresentano una delle popolazioni con alti valori di introito quotidiano, consumando, mediamente, dai 10 ai 14 g al giorno. La maggiore fonte del sodio dietetico, almeno il 75% del consumo totale, deriva dai prodotti alimentari preconfezionati di origine industriale, mentre il sale aggiunto come condimento rappresenta solo una minima parte della quantità assunta quotidianamente. Pertanto la modalità potenzialmente più efficace per ridurre i valori medi di consumo alimentare di sale all'interno delle comunità potrebbe consistere nella disponibilità e nell'uso di prodotti a più basso contenuto di sodio; analogamente l'etichettatura degli alimenti potrebbe consentire al consumatore una scelta più consapevole e, soprattutto, rispettosa della sua salute. Inoltre, considerato il ruolo del potassio nel controbilanciare gli effetti del sodio sulla pressione arteriosa, andrebbe incoraggiato un incremento del suo consumo, mediante integrazione della dieta con prodotti d'origine vegetale, come, per es., frutta e verdure fresche. Gli effetti negativi del sale sulla salute non si limitano all'aumento della pressione arteriosa. In una persona sana, il bilancio tra introito alimentare di sale e sua escrezione urinaria è cruciale nel controllo del volume extracellulare: quando, per es., si riduce la sua assunzione alimentare dai 10 g, corrispondenti alla media attualmente consumata nelle nazioni più industrializzate, a 5 g, si verifica una parallela diminuzione nel volume extracellulare di 1-1,5 l, con una corrispondente perdita di peso di circa 1-1,5 kg. Non sorprende, perciò, che l'enorme ritenzione di sodio e, quindi, di acqua in talune condizioni morbose, come per es. l'insufficienza cardiaca, la cirrosi epatica, la sindrome nefrosica e l'edema idiopatico e ciclico, sia in parte determinata proprio dall'elevato introito alimentare di sale. Una moderata e facilmente raggiungibile riduzione da 10 a 5 g potrebbe consentire, nelle patologie sopracitate, un miglior controllo della ritenzione di sodio e acqua, diminuendo contestualmente la necessità di ricorrere a una massiva terapia diuretica. A proposito delle malattie cardiovascolari, Intersalt, unitamente a diverse sperimentazioni condotte su ratti, ha dimostrato la presenza di una significativa associazione positiva tra escrezione urinaria delle 24 ore di sodio e mortalità per ictus cerebrale. Il meccanismo di quest'effetto non è esclusivamente legato all'aumento della pressione arteriosa causato da un elevato consumo di sale, ma anche a un'azione diretta da parte del composto sulle arterie. Del resto, negli ultimi cinquant'anni del 20° secolo, negli Stati Uniti e negli altri paesi occidentali si è assistito a un costante declino della mortalità per ictus cerebrale e un fattore che, verosimilmente e probabilmente, ha giocato un ruolo importante in questo declino, insieme al miglioramento della terapia farmacologica anti-ipertensiva, è rappresentato dall'introduzione della pratica della refrigerazione del cibo, che ha consentito una riduzione dell'utilizzo del sale per la conservazione degli alimenti. Un altro effetto tradizionalmente attribuito all'abuso di sale o, comunque, di alimenti contenenti notevoli quantità del prodotto è costituito dall'aumento di incidenza e mortalità per carcinoma gastrico, riscontrato in quei paesi storicamente considerati grandi consumatori di sale, come per es. il Giappone. Bisogna ricordare come quest'effetto sia stato messo in luce dalla stretta associazione, osservata in parecchi studi, tra mortalità per ictus cerebrale e per carcinoma gastrico, il cui comune fattore di rischio è stato rinvenuto proprio nell'elevato consumo alimentare di sale. In realtà, anche l'incidenza e la mortalità per questa neoplasia sono andate diminuendo, globalmente nel mondo, negli ultimi anni e ciò, presumibilmente, è sempre da mettere in relazione con il crescente utilizzo della refrigerazione e di altre pratiche moderne per la conservazione degli alimenti. L'ipertrofia ventricolare sinistra, un'importante condizione di rischio per malattia cardiovascolare precoce, sembra riconoscere nell'elevato introito di sale un affidabile e significativo fattore predittivo della sua estensione ed evoluzione, indipendentemente dai valori di pressione arteriosa, per cui, come è stato evidenziato in molteplici studi, una moderata riduzione nel consumo di sale può determinare una sensibile regressione della condizione. Diverse indagini sperimentali, condotte su ratti o su modelli animali, hanno dimostrato come, in presenza di insufficienza renale oppure di un'altra patologia di quest'organo, un eccessivo consumo alimentare di sale possa determinare un peggioramento della funzionalità del rene, mentre una sua restrizione dietetica possa, invece, condurre a un miglioramento del quadro clinico più di quanto non faccia una terapia con diuretici tiazidici. Il meccanismo attraverso il quale il sale agisce su quest'apparato è rappresentato da un aumento del flusso ematico renale e della velocità di filtrazione, con un conseguente rialzo della pressione glomerulare. Anche la reattività della muscolatura liscia dei bronchi, oltreché delle arterie, viene influenzata da un'elevata assunzione di sale alimentare. In Inghilterra e in Galles la mortalità per asma bronchiale è risultata correlata significativamente con la quantità di sale pro capite consumata per regione di appartenenza. Del resto, in uno studio sperimentale controllato 'a doppio cieco'(la procedura in cui né il paziente né il medico sono a conoscenza del trattamento, o placebo, v., somministrato al paziente stesso in un determinato momento) condotto su soggetti asmatici, una moderata riduzione nell'introito di sale è stata seguita da un miglioramento dei sintomi, da una minore reattività alla stimolazione con metacolina, da una diminuzione nell'utilizzo di broncodilatatori e da una generale ripresa degli indici di funzionalità respiratoria. Negli anni più recenti hanno destato crescente interesse le sempre più numerose evidenze degli effetti determinati dall'eccessivo consumo di sale sulla demineralizzazione ossea. A questo proposito, bisogna ricordare come il sale giochi un ruolo chiave nel metabolismo del calcio, in particolare sulla sua escrezione, perciò quanto più sale viene assunto con l'alimentazione tanto più calcio viene eliminato nelle urine, senza un'adeguata compensazione a livello di riassorbimento osseo. Ne conseguono un'accelerazione del processo osteoporotico nelle donne in postmenopausa e una generale riduzione dei picchi di massa ossea in età adolescenziale, come messo in luce da numerosi studi. Inoltre, nelle stesse donne in postmenopausa, in conseguenza di un'elevata assunzione alimentare di sale è stato rilevato un aumento non solo dell'escrezione urinaria di calcio, ma anche della concentrazione ematica del paratormone e dell'escrezione urinaria di idrossiprolina, tutti indici, questi ultimi, di un processo di mobilizzazione del calcio dalle ossa. Sempre in questi studi, si è evidenziato come una modica restrizione nel consumo di sale possa giovare sulla densità ossea, nella stessa misura dell'assunzione di una maggiore quantità di calcio. Infine, sempre più frequentemente l'ipertensione arteriosa e l'osteoporosi o, comunque, la demineralizzazione ossea costituiscono due forme morbose associate tra loro. Il fattore comune che sottende a questa relazione sembra essere rappresentato proprio dall'aumentata escrezione urinaria di calcio, che si rinviene mediamente negli individui ipertesi, e, quindi, da una maggiore tendenza alla mobilizzazione di calcio dalle ossa, presente negli stessi individui.
D'altro canto non bisogna disconoscere e sottovalutare gli effetti benefici che il sale ha avuto e tuttora ha nella profilassi di alcune malattie: in zone a elevata endemia gozzigena, viene suggerito il suo consumo come sale iodato, in sostituzione (non in aggiunta) del normale sale da cucina; in condizioni di carenza di fluoro nelle acque potabili, l'alimentazione dei bambini può essere integrata con sale fluorato, per la prevenzione della carie dentaria. Ciò nonostante, alla luce di tutti gli effetti negativi summenzionati sulla salute dell'uomo, appare allora plausibile e necessario pianificare un programma di medicina preventiva e di sanità pubblica che suggerisca un minor consumo di sale nell'alimentazione, soprattutto per i prodotti di origine industriale, tenendo conto che il fabbisogno giornaliero di sale viene, come detto, superato nelle abitudini alimentari correnti e che non esiste alcun'evidenza scientifica che controindichi una sua riduzione nella dieta.
bibliografia
t.f.t. antonios, g.a. macgregor, Salt. More adverse effects, "Lancet", 1996, 348, pp. 250-51.
w.b. blyth, Salt and water in culture and medicine, "New England Journal of Medicine", 1994, 330, pp. 1909-10.
b.h. dennis, Public health policy and salt: doing the right thing, "Perspectives in Applied Nutrition", 1995, 3, pp. 121-23.
d. denton, The hunger for salt. An anthropological, physiological and medical analysis, Berlin, Springer, 1982.
p. elliott et al., The Intersalt study: main results, conclusions and some implications, "Clinical and Experimental Hypertension", 1989, A, 11, pp. 1025-34.