Vedi SALERNO dell'anno: 1965 - 1997
SALERNO (Salernum)
Città situata nell'angolo N-E del golfo - oggi omonimo, ma anticamente detto sinus Paestanus -, a destra della foce del fiume Irno (che, forse, perpetua la denominazione di un più vetusto centro abitato etruscocampano, progenitore della romana Salernum). È particolarmente favorita da una eccellente posizione geografica, che le consentì, nell'antichità, di dominare il commercio esplicantesi nel golfo frapposto tra la Campania e la Lucania sulle rotte marittime colleganti i mercati levantini e quelli del Mediterraneo occidentale, e le assicurò poi, nell'alto Medioevo, una notevole fortuna commerciale, culturale e politica, di cui insigne testimonianza storica sono i fasti dell'omonimo Principato longobardo e normanno, nonché la celebre Scuola Medica.
Salernum è, per la prima volta, ricordata con sicurezza nell'anno 197 a. C. quando con la lex Atinia de coloniis quinque deducendis, Roma deliberò di fondare, sulle coste della Campania e su quelle vicine della Lucania tirrena, cinque colonie civium, fra le quali una ad Castrum Salerni (Liv., xxxii, 29, 3); questa fu infatti dedotta nel 194, cioè al termine dei tre anni assegnati ai triumviri all'uopo nominati, com'è confermato in un altro passo di Livio (xxxiv, 45, 1-5).
La colonia romana di S. fu valido presidio contro i ribelli Picentini, schieratisi, dopo Canne, dalla parte di Annibale (Strab., v, 4, 13), e costituì una nuova posizione avanzata sulle coste del Tirreno, in attuazione del programma militare ideato da Scipione Africano il Maggiore, ormai a capo dell'oligarchia senatoria, dopo l'esperienza della guerra annibalica e in vista della politica d'impero che Roma si accinse allora a seguire verso l'Oriente ellenico.
Non è da escludere che già nel 199 lo stesso Scipione, da censore, si sia affrettato a inviare trecento coloni ad castrum Salerni,... quo in loco nunc oppidum est, nel momento stesso in cui provvedeva ad appaltarne il dazio doganale marittimo (portorium), se proprio con tale menzione di S. dev'essere integrato, com'è probabile, il tanto discusso testo di Livio (xxxii, 7, 3) mancante della denominazione del castrum, omessa per svista nei codici. Del resto, ciò varrebbe a confermare e spiegare anche l'affermazione di Velleio (i, 15, 1-3, quamquam apud quosdam ambigitur), circa il ripetuto invio di coloni a S., oltre quelli della deductio dell'anno 194. Col manifesto scopo di tenere a freno i ribelli Picentini, poteva giustificarsi questo nuovo diretto dominio romano nel golfo, che già fu di Paestum, senza suscitare diffidenze da parte delle vicine colonie e città alleate di diritto latino. Fra queste bisogna annoverare non solo la fedelissima colonia latina di Paestum, ma anche la progenitrice di S. romana, cioè la vetusta città etrusco-campana (Irna, Irnum?), a cui devono essere riferiti gli aiuti militari, forniti a Roma prima della battaglia di Canne e tanto lodati da Scipione, com'è ricordato da Silio Italico (viii, 582 s.).
D'altra parte, sarebbe impossibile comprendere quali particolari interessi politici ed economici abbiano potuto indurre Roma a trasformare in dogana di Stato il portorium marittimo salernitano, senza considerare che tutto ciò presuppone già precedente una floridezza economica e mercantile quale è, infatti, attestata dai materiali archeologici preromani scoperti nelle necropoli e nell'antico abitato, allo sbocco della valle dell'Irno, in contrada Fratte (v. fratte di salerno).
S. fu attraversata dalla via Popilia che la collegava, da una parte, con Pompei e Neapolis e, dall'altra, con l'interno della Lucania ed ebbe anche altre due strade, che la mettevano in comunicazione, a N, con Abellinum e Beneventum e, a S-E, con Paestum e Velia.
S. divenne presto la città più importante dell'agro piacentino, dal fiume Sarno al Sele; sicché Lucano (ii, 425) potrà dire: ... radensque Salerni - culta Siler..., con evidente allusione all'estensione territoriale di una praefectura Salernitana (cioè di territorio dipendente dalla colonia, ma non compreso nella sua pertica).
La fortuna di S. e dintorni è attestata fino ai tardi tempi imperiali: fino a quando cioè, una volta decaduta anche Paestum e cessata la funzione commerciale del portus Alburnus sul Silaro (Lucil., Satyr., iii, 2 ap.), il sinus Paestanus finirà col diventare definitivamente il golfo di Salerno.
Purtroppo, allo stato attuale bisogna limitare le nostre conoscenze a quel poco che può desumersi dalle numerose epigrafi salernitane, di cui la maggior parte è a noi nota soltanto attraverso la tradizione manoscritta. Fatta eccezione di sole quattro (C.I.L., x, 520, 524, 525, 544) che fanno menzione della colonia e dei coloni, non ve n'è alcuna che ci faccia conoscere i magistrati, né risulta con sicurezza a quale tribù i coloni fossero iscritti. Il corpo dei decurioni è attestato da cinque iscrizioni (C.I.L., x, 516, 519, 520, 524, 544). Tre altre attestano gli Augustales (C.I.L., x, 514, 524, 544). Significativa è l'iscrizione n. 531, conservata nell'atrio dell'episcopio salernitano e databile intorno alla metà del II sec., dalla quale si apprende che T. Tettieno Felice, un liberto che da accensus aedilis plebis giunse a far parte dell'ordo Augustalium, fece un legato di 50 mila sesterzi ad exornandam aedem Pomonis. Merita menzione anche l'iscrizione n. 542, del monumento sepolcrale di T. Testio Elpidiano, il quale fu non solo sevir Augustalis e magister quinquennalis di quel collegio, ma anche patronus e magister quinquennalis corporis traiectus marmorariorum, cioè della corporazione degli operai addetti al traghetto dei marmi, provenienti dai mercati levantini. Non sappiamo se appartenne a quel monumento il bassorilievo, con raffigurazione di nave oneraria e operai intenti ad operazioni di scaricamento, oggi incastrato su una parete, di fronte all'ingresso della scala, che dalla navata destra immette nella cripta del Duomo.
Per quanto riguarda i monumenti della città, un anfiteatro è attestato dall'iscrizione dedicatoria del monumento sepolcrale ad Acerrio Firmio Leonzio, ricordato come organizzatore di uno spettacolo teatrale da lui allestito ed offerto, con partecipazione di numerose belve africane (C.I.L., x, 539). Due titoli epigrafici del IV sec. (C.I.L., x, 517 e 519) attestano che al tempo costantiniano S. era compresa nella provincia Lucaniae et Bruttiorum, ed era accanto a Rhegium, sede di correctores per la regione suddetta, gli ultimi magistrati supremi di cui si abbia notizia, fino al cader dell'Impero: il che è confermato dalla esistenza di un corrector, nel 364 (God. Theod., viii, 3, 1).
Il Foro, era nel sito dell'attuale piazza Abate Conforti ed era attraversato dalla via Popilia, corrispondente in questo tratto al decumano massimo della città, tra la Porta Nucerina ad O e la Porta Rotese ad E, mentre il cardine massimo doveva presumibilmente seguire il tracciato dell'attuale via dei Canali.
Nella necropoli romana di S., in seguito a varie scoperte fortuite lungo l'attuale corso V. Emanuele, sono state rinvenute moltissime tombe, alcune con protezioni di cortine in laterizio, altre a cassa di tegulae, la maggior parte alla cappuccina, coi corredi consueti; età: I-II sec. d. C. Qualche tomba più tarda si è ritrovata nella zona orientale della città, presso la stazione ferroviaria.
Tra i più interessanti monumenti salernitani d'epoca romana, sono infine da ricordare alcuni sarcofagi, tuttora conservati nel Duomo (uno è anche nella chiesa di S. Domenico) perché riutilizzati nel Medioevo. Ma, com'è testimoniato dal Duomo e dagli altri monumenti medievali che si vengono rimettendo in luce, i materiali provenienti dalle rovine degli edifici romani furono in gran parte riadoperati nelle costruzioni dell'alto Medioevo, quando S., capitale di un importante Principato longobardo e normanno, avendo ricevuto nuovo impulso dalla ripresa dei rapporti commerciali con l'Oriente, persino nelle monete si fregerà della leggenda Opulenta Salernum.
Bibl.: Le fonti storiche e letterarie, relative a S. romana, sono tutte riportate e criticamente vagliate da V. Panebianco, La colonia romana di Salernum, Pubblicazione VII dell'Ente Antichità e Monumenti della Provincia di Salerno, 1945 (ivi anche bibl. precedente). Per le scoperte più antiche: Not. Scavi, 1879, p. 190; 1883, p. 252, 426; 1883, p. 113, 197; V. Panebianco, Notiziario Archeologico, in Rass. Stor. Salernit., I, 1937, p. 185. Per le scoperte recenti: P. C. Sestieri, in Not. Scavi, 1949, p. 101 ss.; F. Stradli-S. Andreolotti, Grande scultura rupestre e insediamento dell'età dei Metalli sulla vetta di Costa Palomba-Monte Alburno, (Comunicazione preliminare), in Atti e Memorie Commissione Grotte "E. Boegan", Suppl. di Alpi Giulie, II, 1962 (1963), edito dalla Soc. Alpina delle Giulie. Per i monumenti considerati: S. Reinach, Rép. Rel., III, p. 419. I sarcofagi sono descritti da G. Guglielmi, Monumenti figurati del Duomo di Salerno, 1885, p. 3 ss.
Museo provinciale. - Istituito nel 1927, raccoglie le antichità, gli oggetti e le opere d'arte testimonianti la storia e le civiltà susseguitesi nel Salernitano dalla protostoria fino ai tempi a noi più vicini. Esso è ora in corso di sistemazione nella nuova sede del complesso monumentale di S. Benedetto, che comprende a N-E il resto della ex Abbazia benedettina e ad O gli avanzi della Reggia normanna: di una parte di tale complesso sono state ritrovate e rimesse in vista, le successive fasi storiche.
All'ingresso, statue e monumenti epigrafici, d'età romana. Al piano inferiore - ove, quasi al centro della galleria, è stato rimesso in luce l'intero lato meridionale dell'atrio romanico - figurano le antichità preistoriche e protostoriche, fino a tutto il VI sec. a. C., dell'agro picentino (dal fiume Sarno al Sele) e delle zone dell'antica Lucania ricadenti nell'attuale territorio della provincia di S., a S del Sele. Particolarmente notevoli, i corredi sepolcrali delle necropoli arcaiche di Pontecagnano, Arenosola (a N della foce del Sele), Oliveto Citra, Sala Consilina e Palinuro, rivelanti aspetti culturali diversi, in relazione alle complesse e mutevoli esigenze dei rapporti commerciali intercorsi tra Greci ed Etruschi. Di singolare interesse sono i corredi delle tombe enotrio-ausoniche (IX-VIII sec. a. C.), d'inumati e cremati, con oggetti ornamentali in bronzo e vasellame d'impasto a decorazione geometrica, del tipo cosiddetto villanoviano, nonché le successive (VII-VI sec. a. C.), di fase cosiddetta orientalizzante, con originali esemplari di ceramica dipinta, prevalentemente a motivi geometrici.
Al piano superiore - reso insigne da un bel loggiato rinascimentale, prospiciente la chiesa di S. Benedetto - sono presentate con esemplari di ceramica greca figurata, di vasellame in bronzo e di terrecotte architettoniche e votive, le raccolte testimonianti l'importanza commerciale del centro etrusco-campano, forse Irna, che precedette la romana Salernum, nonché una significativa serie di ceramica campana, sannitica e lucana, figurata, d'età ellenistica. Fra le terrecotte architettoniche, spicca un bel kalyptèr hegemòn terminale con base di statua acroteriale e con clipeo frontonale figurato con la rappresentazione a rilievo di Eracle, inginocchiato, in lotta col leone (seconda metà del IV sec. a. C.).
In questa importantissima sezione del museo, in cui figurano originali esemplari d'arte italica preromana, risalta, in preminente esposizione, la testa di Apollo, bronzo italico della prima metà del I sec. a. C., tratta dalle acque del mare salernitano nel dicembre 1930.
I materiali archeologici non esposti nelle gallerie superiori sono disposti in bell'ordine nei magazzini, apprestati nel trinceramento della fortificazione militare longobarda.
Bibl.: Apollo. - Bollettino dei Musei Provinciali del Salernitano, da luglio 1961.