SALÎ (Salii)
Si designava con questo nome uno dei più antichi e importanti sodalizî sacerdotali romani. Per l'importanza delle funzioni ad essi commesse nel culto pubblico, venivano i Salî secondi soltanto ai Feziali (v.); la loro antichità poi è dimostrata non solo dal fatto che essi si trovavano in rapporto con alcune cerimonie sacre connesse al più vetusto rituale (la cosiddetta "religione di Numa"), ma soprattutto dalla loro suddivisione in due collegi, detti dei Salii Palatini e dei Salii Collini (o Agonenses), i quali forse non erano, in origine, altro che due distinti sacerdozî, appartenenti l'uno alla comunità del Palatino, l'altro a quella del Quirinale (Agonus sarebbe stato, secondo Festo, l'antico nome del Quirinale), prima che questi due villaggi fossero riuniti, insieme con gli altri finitimi, a costituire una sola città. Ciò trova riscontro nel fatto che la presenza di sacerdoti Salî è testimoniata per parecchie altre città latine; come per Alba, Lavinio, Tuscolo, Ariccia, Tivoli.
Il nome di Salii derivò ad essi ab salitando, come dice Varrone (De ling. lat., V, 85): quod facere in certis sacris quotannis et solent et debent. Infatti il loro ufficio principale consisteva nel compiere, in determinate ricorrenze dell'anno, certe danze sacre, di carattere guerresco, del genere di quelle che, nell'antichità, erano in uso nei culti di Samotracia o presso gli Etruschi e che tuttora praticano varî popoli primitivi.
Il sodalizio numerava in tutto 24 membri (12 Palatini e 12 Collini), presieduti probabilmente da due magistri, ed era consacrato al culto del dio della guerra, Marte, e della divinità ad esso parallela, Quirino. Che i Salî fossero sacerdoti di carattere guerresco, si rileva appunto, oltre che dalla natura delle loro danze, anche dall'abbigliamento di cerimonia che essi indossavano in determinate occasioni e che evidentemente non era altro se non l'armamento pesante romano dei tempi più antichi. Era questo composto di una sottoveste colorata e di una trabea, ossia di un manto militare rosso: l'armatura consisteva di una cintura e di una corazza di bronzo, della spada che portavano appesa al fianco, e di una specie di alto elmo, a forma di cono.
Le cerimonie alle quali i Salî erano chiamati a partecipare, si svolgevano nei mesi di marzo e di ottobre, e cioè al principio e alla fine della stagione di guerra, del tempo, cioè, in cui si svolgevano le campagne militari: si chiamava Quinquatrus la festa del 19 marzo, Armilustrium quella del 19 ottobre. Nel Quinquatrus culminavano le feste guerresche del marzo: al primo di questo mese, i Salî prendevano in consegna le armi sacre, che ordinariamente si custodivano nella Regia (v. ancili), e cominciavano a portarle in processione attraverso la città, percorrendo, ogni giorno, un itinerario determinato: le feste dell'ottobre culminavano nell'Armilustrium, quando si riponevano, con cerimoniale simile, le armi di Marte, dopo averle purificate. In questi due giorni, la processione armata assumeva speciale solennità: alla presenza di tutti i sacerdoti dello stato e accompagnati dal suono delle trombe di guerra, i Salî eseguivano, in onore di Marte, la loro caratteristica danza armata, mentre, contemporaneamente, i giovani cavalieri romani, sotto la direzione del tribunus celerum, eseguivano volteggi a cavallo. Il rito, nel mese di marzo, si compieva nel Comizio, nell'ottobre, invece, sull'Aventino. I Salî dovevano poi partecipare anche al rito di purificazione delle trombe di guerra, del 23 marzo e 23 maggio (Tubilustrium).
In tutte queste cerimonie, il rituale dei Salî era rigorosamente fissato: essi dovevano percorrere determinate vie, fermarsi a determinate "stazioni", ed eseguirvi, a gruppi o tutti insieme, le loro danze, battendo le lance sugli scudi e cantando il loro antichissimo inno sacro (carmen saliare), una specie di litania, il cui senso riusciva ormai oscuro in età storica. Alla fine di ogni giorno di processione, si fermavano a banchetto nel tempio più vicino al luogo di sosta, o mansio, di quella giornata.
L'ammissione nel sodalizio dei Sali era riservata ai patrizî, che vi venivano assunti solo in età giovanile: al tempo dell'impero, fu stabilito che essi dovessero essere di rango senatoriale. La loro carica non era cumulabile con alcun altro ufficio religioso.
W. Helbig, Sur les attributs des Salies, in Mém. de l'académie des inscript., XXXVII, ii (1905), p. 205 segg.; J. Marquardt, Römische Staatsverwaltung, III, 2ª ed., Lipsia 1885, p. 427 segg.; G. Wissowa, Religion und Kultus der Römer, 2ª ed., Monaco 1912, pp. 554 segg., 479 segg.; W. Warde Fowler, Religious experience of the Roman people, Londra 1911; id., The Roman Festivals of the period of the Republic, ivi 1916, p. 35 segg.; J. A., Hild, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités, VIII, p. 1014 segg.; Rappaport, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I A, coll. 1874 segg.