salire [salavam, ind. imperf. I plur.: cfr. Petrocchi, Introduzione 429-430;. sarria, cond. pres. III singol., per sincope e assimilazione da ‛ saliria ': cfr. Petrocchi, ad l.; saglia, cong. pres. III singol.]
Con il valore assoluto di " ascendere ", " andare verso l'alto " è attestato in If XXVI 39 vedesse... la fiamma sola ... / in sù salire; XXXIV 80, e 136 salimmo sù, el primo e io secondo, dove l'integrazione dell'avverbio concorre a significare l'ansia dell'ascesa (v. 135). Nel Purgatorio l'atto del s. costituisce un motivo dominante (le occorrenze di questa cantica hanno una prevalenza statistica molto evidente), da Pg III 54 sì che possa salir chi va sanz'ala, dove si tratta della prima (vv. 46-47) e massima difficoltà di affrontare la salita del monte; a VII 50 " Chi volesse / salir di notte, fora elli impedito / d'altrui, o non sarria ché non potesse? ", dove si pone la significativa limitazione per l'ascendere senza la presenza della luce-verità.
Ancora con il medesimo valore ricorre in Pg IV 53 e 136 (innanzi mi saliva), XII 93 (impersonale), XIII 103 per salir ti dome (dove non si riferisce all'ascendere penitenziale ma alla salita liberatrice al Paradiso); XV 30 messo è che viene ad invitar ch'om saglia (è la salita, già meno faticosa, al terzo girone); XVII 62, XXI 60 si mova / per salir sù (l'avverbio sottolinea l'idea del movimento, e nello stesso tempo fa riferimento alla meta del s., che è prima, in cima alla montagna, il Paradiso terrestre, e poi l'Empireo); Pd XVIII 104 e XXI 9; Detto 423 Se sai giucar di lancia / prendila... / e corri e sali e salta, probabilmente nel senso di " balzare "; Cv III IX 12 Transmutasi anche questo mezzo di sottile in grosso... per li vapori de la terra che continuamente salgono, e IV IX 6. In II XV 9 se bene si guarda chi discende e chi sale, esprime con valore traslato, in correlazione con un discendere-decadere, l'affermarsi, il pervenire al dominio dell'anima, del nuovo amore per la donna-Filosofia.
Nell'ambito astronomico il verbo è chiamato a significare il moto degli astri riferito all'orizzonte terrestre, come in If VII 98 ogne stella cade che saliva, e Pg VIII 93; Pg IV 15 cinquanta gradi salito era / lo sole; per il rapporto delle fasi del giorno con i moti degli astri, s. si fa felicemente predicato della notte che, immaginata in moto opposto a quello del sole (II 4), ascende verso lo zenit (la notte, de' passi con che sale, / fatti avea due, IX 7; e cfr. al salir di prima sera / comincian per lo ciel nove parvenze, Pd XIV 70).
Ancora nel significato di " ascendere ", ma con un'esplicita indicazione del luogo cui il moto è diretto, è attestato in If I 121 A le quai [beate genti] poi se tu vorrai salire: la proposizione del poema si completa, per bocca di Virgilio, con questa ipotesi dell'ascendere al regno dei beati, che diventa la speranza vivificante del secondo regno / dove l'umano spirito... / di salire al ciel diventa degno (Pg I 6), e che in fondo alla cantica del Purgatorio sigilla la rinascita dell'uomo puro e disposto a salire a le stelle (XXXIII 145).
Con l'indicazione del luogo ricorre anche in Pg V 111, VII 5, XII 100, Pd VIII 13, XXV 128; Vn XXXIV 11 14 oggi fa l'anno che nel ciel salisti. In Pd XIX 104 A questo regno / non salì mai chi non credette 'n Cristo, la duplice negazione tende da una parte alla denunzia delle apparenze sotto le quali si nascondono i dispregi (vv. 114 ss.) e dall'altra al suo capovolgimento nella misteriosa predestinazione al salire (vv. 82 ss.): si tratta, in fondo, di un'illustrazione dell'autenticità della fede, realizzata con il negativo della professione formale priva di contenuto (i principi, nei quali la pratica della giustizia sarebbe obbligatoria e vorrebbe esser confortata dalla luce della trascendenza), e con il positivo dell'attualità, che può giungere fino a una sorta d'individuale invenzione della verità, per il superlativo incontro della virtù con la grazia (Rifeo, che muove dalla giustizia, e di grazia in grazia perviene alla fede implicita). In Rime XC 30 li raggi tuoi [dell'Amore] / ... saliron tutti su ne gli occhi suoi, più che il movimento dal basso in alto si esprime il concetto del " raccogliersi " dei raggi d'Amore negli occhi della giovane.
In Pg XVIII 29 per la sua [del fuoco] forma ch'è nata a salire / là dove più in sua matera dura, si esprime quel concetto della forma o natura essenziale del fuoco, che tende a s. " ad locum connaturalem et proprium... in concavo lunae " (Alb. Magno Nat. locorum I 3) che non è solo un fatto naturale chiamato a significare come sia necessario il moto spiritale del desiderio amoroso, ma è esso stesso amore naturato, com'è detto in Cv III III 2 lo fuoco ha [amore a] la circunferenza di sopra, lungo lo cielo de la luna, e però sempre sale a quello (e così anche in V 5 'l fuoco, quando parea salire, secondo lo vero al mezzo discendea); l'origine di siffatto speziale amore che è in ciascuna cosa è nella partecipazione, in forme maggiori e minori, della creatura alla natura del creatore; ma la ragione metafisica felicemente illumina la cosmogonia dantesca quando il moto ascensionale del fuoco è cantato come espressione dell'istinto che guida, nell'ordine universale, le creature verso i vari gradi del ritorno-amore al creatore (Pd I 103-115).
L'atto dell'ascendere si determina talvolta con l'indicazione del luogo attraversato, come in Pg IV 22 la calla onde salìne / lo duca mio, e 31 Noi salavam per entro 'l sasso rotto (l'arcaismo si ripete in X 7); XIII 3 lo monte che salendo altrui dismala (il gerundio, con valore di participio presente, va unito ad altrui: il monte purifica chi lo ascende); Pd XX 26 quel mormorar de l'aguglia salissi / su per lo collo (in forma pronominale).
Nella forma transitiva è attestato in If I 77 non sali il dilettoso monte: a questo non s. corrisponderà la lunga discesa nell'Inferno, e la salita del Purgatorio (Più lunga scala convien che si saglia, If XXIV 55; ma per il Porena la lunga scala indica il percorso dal centro della terra all'isola del Purgatorio; il Torraca aveva inteso, in generale, " il cammino... che i poeti dovranno ancora percorrere "); XVIII 70, Pg XI 51 il passo / possibile a salir persona viva (tale che persona viva possa salirlo); XXIII 125, Pd XXII 73, Cv II I 5 Cristo salio lo monte.
Significa propriamente " montare sopra ", in If XVII 79 il duca mio... era salito / già su la groppa del fiero animale: il fatto che Virgilio sia già sulla groppa di Gerione non ha tanto rapporto con la successione dei tempi (vv. 76-78) quanto con l'opportunità ch'egli dia al discepolo l'esempio oltre che l'esortazione di essere forte e ardito; e in Fiore CCXVIII 2 Venusso ben mattin v'è su salita (Venere sale sul suo carro tirato da cinque colombi, CCXVII 9-11).
Il verbo è disponibile per vari usi estensivi, come l' " andar su " della scala (Pg XVII 76 eravam dove più non saliva / la scala sù), o della via (XXVII 64 salia la via per entro 'l sasso), o del raggio riflesso, il cui angolo, rispetto alla superficie dell'acqua, è uguale a quello del raggio incidente (XV 18 salendo su per lo modo parecchio / a quel che scende), o della nuvola di fiori che accompagna l'apparizione di Beatrice nel Paradiso terrestre (XXX 29 una nuvola di fiori / ... saliva / e ricadeva in giù). In contesto figurato, in Cv IV V 6 fiore de la sua radice salirà (con riferimento alla Vergine), che traduce Is. 11, 1. In XXIV 5 la nostra natura si studia di salire, si riferisce al corso parabolico della vita umana, il nostro arco (§ 3): nella fase di ascesa la natura si studia o affretta, in quella di discesa raffrena.
Il medesimo senso figurato vale a significare l'altezza in Pg IV 86 e 87 'l poggio sale / più che salir non posson li occhi miei, da rapportare al precedente Lo sommo er'alto che vincea la vista (v. 40); e così XXVIII 101, XXIX 112 Tanto salivan [le ali del grifone] che non eran viste (nel significato allegorico queste ali si elevano tanto nel mistero divino da riuscire irraggiungibili dall'intelletto umano); oppure significa la verticalità, come in X 23 l'alta ripa che pur sale, da collegare al problematico v. 30. Vale " progredire ", " innalzarsi ", in If XXVI 6 tu in grande orranza non ne sali (l'espressione ha numerosi precedenti classici, specie in Cicerone); Pg XIX 110 né più salir potiesi in quella vita (essendo sommo pontefice, Adriano V non avrebbe potuto ambire di ascendere a più alta dignità nel mondo), e Cv IV VII 8 lo suo errore e lo suo difetto non può salire: la responsabilità di colui che, avendo la guida dell'esempio avito, non procede per la giusta via, raggiunge il limite massimo, non può essere più alta. Significa l'elevarsi del pensiero alla contemplazione della beatitudine (Cv II VII 6 là su [al regno dei beati] io saliva pensando, e 8 quello che salia a vedere quella beata) e della gloria di Beatrice (Vn XLI 6 lo mio pensero sale ne la qualitade di costei in grado che lo mio intelletto no lo puote comprendere), o alla perfetta intelligenza delle sostanze separate: Cv III IV 9 nostro intelletto... non puote a certe cose salire. In Pg XXX 127 Quando di carne a spirto era salita / ... fu' io a lui men cara, pur con vaga allusione al salire al cielo, esprime il perfezionamento della bellezza dalle misure materiali e terrestri a quelle celesti (si ricordi il passo di Vn XXXIII 8 20 'l piacere de la sua bieltate, / partendo sé da la nostra veduta, / divenne spirital bellezza grande). In III XIV 15 Per le quali tre virtudi si sale a filosofare a quelle Atene celestiali, vale a significare il " progredire " della conoscenza: la sapienza sollecita alle virtù teologali, e queste conducono alla contemplazione divina. Significa infine la gradualità o gerarchia delle nature nell'ordine intellettuale, in III VII 6 ne l'ordine intellettuale de l'universo si sale e discende per gradi quasi continui.
Ha valore sostantivo in Pg II 66 lo salire omai ne parrà gioco (rispetto alla via aspra e forte dell'Inferno, l'ascesa del Purgatorio appare facile, ma rivelerà presto, tuttavia, le sue difficoltà); XXII 96, XXV 1, XXVII 75; Pd I 137 Non dei più ammirar... / lo tuo salir (da riferire alla richiesta di D. ai vv. 98-99); X 34 del salire / non m'accors'io (" in essa spera del sole era venuto, ma non se n'accorse del venire, sì fu in prima giunto ", Ottimo); XVII 60 lo scendere e 'l salir per l'altrui scale (" e ogni giorno discendere da quelle scale con la speranza di non risalirle mai più, e doverle ogni giorno risalire ", Momigliano).
Ancora con valore di sostantivo è attestato in Cv II V 6 prima quanto al nostro salire a loro altezza, dove significa che la numerazione degli ordini angelici è fatta procedendo dalla condizione umana, cioè dal basso verso l'alto; e in IV XXIII 8 parve volere che la nostra vita non fosse altro che uno salire e uno scendere, dove si riferisce all'immagine dell'arco della vita, dei paragrafi precedenti.
Al plurale, in Pg XXII 117 liberi da saliri, e in XIX 78 drizzate noi verso li alti saliri (in rima con soffriri, VII, v. 76), dove si tratta propriamente dei " gradini " della scala che porta alla sesta cornice del Purgatorio.
Infine è da segnalare la variante salse in luogo di pianse (Pd XI 72 ella [la Povertà] con Cristo salse in su la croce), presente fin dall'Aldina e dalla Crusca, e in tempi recenti nell'Auerbach, nel Chimenz e nel Pézard; per tutta la questione cfr. Petrocchi, ad locum.