CAMERINI, Salomone (Eugenio)
Nato ad Ancona il 13 luglio 1811 da Isacco e da Fortunata Levi, vi compì gli studi letterari sotto la guida di Ciriaco Pio Marini e di Pietro Orlandi; nel 1830-33 fu tra Napoli (ove entrò in rapporti con B. Puoti) e Pisa, sembra per studiarvi legge. Gli anni fino al 1848 il C. li trascorse ad Ancona, con qualche breve permanenza a Firenze nel 1834-39. Insieme con un filantropico insegnamento privato, aveva iniziato l'attività letteraria con un breve saggio di commento a rime del Petrarca (Esposizione..., Pisa 1837), e l'aveva proseguita con alcune riedizioni di minori cinquecenteschi. La interruppe allorché, per la morte successiva di due suoi fratelli, dové assumere la direzione della impresa commerciale del padre. Ma nonostante i sacrifici - svendette anche la cospicua biblioteca che era riuscito a costituire -, non fu in grado di impedirne il dissesto. Nel corso del 1847 il C. dava di nuovo conto dei suoi interessi letterari, riproponendo altri esemplari dei suoi prediletti poligrafi del Cinquecento; ed esordiva nel giornalismo con scritti anche politici, di iniziale ispirazione giobertiana, sull'anconitano Piceno.
Abbandonata la città natale nel 1848, per la definitiva rovina dell'azienda, si trasferì a Firenze, dove aveva precedentemente contratto numerose relazioni e amicizie, e visse di collaborazioni giornalistiche, in particolare al Nazionale. Andò quindi esule a Torino, restandovi dal 1850 al '59. Assunto nel frattempo il nome di Eugenio, il C. aveva inoltre cominciato a usare numerosi pseudonimi e sigle (Carlo Téoli, Cesare Bini, "X", ecc.). Allorché si fu rapidamente inserito nell'ambiente politico-culturale torinese che faceva capo all'Azeglio - di cui traccerà un utile e completo profilo (Massimo D'Azeglio, 16º vol. de Icontemporanei italiani. Galleria nazionale del sec. XIX, Torino 1861) -, ebbe modo di pubblicare articoli via via meno episodici ed eterogenei. Ma più che ai giornali e alle riviste di Torino, dall'Unione al Cimento, alla Rivista contemporanea, le sue cose migliori le dette al Crepuscolo di C. Tenca, nella rubrica Corrispondenze letterarie dal Piemonte, con una collaborazione che durò fino alla cessazione del settimanale (1859).
A differenza di quanto gli accadrà nelle opere di maggiore impegno, qui prestava attenzione ai vari aspetti della vita culturale: ad esempio, accanto alle più disparate novità librarie, dava notizia - ma senza simpatia - delle lezioni dantesche del De Sanctis (20 marzo e 4 maggio 1854), oppure discuteva della vacanza di una cattedra universitaria e dei vari candidati in lizza (1º apr. 1857). In una così lunga collaborazione non mancarono dissensi critici col Tenca; quello più significativo riguardò la poesia del Prati, con la quale il C. poté esplicitamente consentire solo nella prefazione a G. Prati, Opere varie, Milano 1865.
Dal 1860 al '64 il C., ormai a Milano, fu il redattore letterario della Perseveranza. Trascorso un brevissimo periodo a Pavia come bibliotecario - un posto ottenuto grazie alla protezione del Mamiani, - riuscì a divenire segretario dell'Accademia milanese di scienze e lettere. Poté quindi affrontare la prima delle due imprese editoriali cui principalmente si lega il suo nome: dal 1862 al '65 la cura per l'editore G. Daelli della Biblioteca rara, una collana di classici desueti, in prevalenza cinquecenteschi (ne uscirono sessanta titoli). Iniziata e conclusa nel 1867 l'esperienza di un suo mensile di informazione letteraria (raccolto in volume e pubblicato a Milano l'anno seguente col titolo Rivista critica di libri antichi e nuovi), il C. nel '70 pubblicò presso l'editore Barbera una larga scelta dei suoi scritti giornalistici, recenti e non - stava allora collaborando, tra gli altri, al Secolo, alla Nuova Antologia -, e delle sue varie prefazioni (Profili letterari, Firenze 1870). Del 1872 è il volume I precursori del Goldoni (Milano), una raccolta di saggi e articoli già editi - i maggiori sono su G. B. Della Porta e G. M. Cecchi - che saranno poi quasi tutti ristampati nell'ampia silloge Nuovi profili letterari (4 voll., Milano 1875-76), di cui due postumi, che rappresentano l'estremo tentativo del C. di riordinare la sua produzione.
Non fu soltanto una palese attitudine divulgativa che lo spinse all'eccessiva proliferazione degli scritti (postumo apparve Donne illustri, biografie, Milano s.d. [ma 1877], un'antologia di articoli pubblicati nel '71). Nel '73, in conflitto col nuovo, direttore dell'Accademia, G. I. Ascoli, fu costretto a dimettersi da segretario: la sua principale occupazione divenne allora la Biblioteca classica economica, affidatagli dall'editore Sonzogno nello stesso anno.
Un successo inusitato, protrattosi ancora molti anni dopo la morte del C., arrise a quest'ultima iniziativa, che assicurò con un puntuale ritmo mensile e con un prezzo modico (1 lira al volume) la più larga circolazione a moltissimi classici, italiani in prevalenza - la maggiore notorietà l'ebbe forse l'edizione della Divina Commedia - ma anche latini e greci. Meno significativa fu invece l'incidenza del C. come critico militante. Non si può dire infatti che la ininterrotta ostilità al realismo contemporaneo - "Questa tendenza al vero ha abbassato il romanzo e la poesia al realismo di Flaubert e di Baudelaire" (Profili lett., p. 468) - si traducesse poi in una organica poetica alternativa, giacché oltre che della ricchezza d'immagini del Prati egli si mostrava paladino dell'estemporaneità classicistica di G. Regaldi (Poesie scelte, a cura di E. Camerini, Firenze 1874).E così anche l'attenzione prestata a La scapigliatura e il 6 febbraio di C. Arrighi (in La Perseveranza, 26 genn. 1862), più che una sua lettura simpatetica, sembra piuttosto implicare un riverbero del suo vivo e costante interesse per gli irregolari del Cinquecento, sulla scia appunto della vicenda storica del termine "scapigliato". Del tutto alieno invece da ogni aspetto di casualità è il suo notevolissimo impegno a favore delle letterature straniere, che si esplicò in una nutrita serie di articoli - parecchi furono poi ospitati nel I volume dei Nuovi profili - e in alcune traduzioni (La strega del Michelet, L'uomo che ride di V. Hugo, ecc.). Spiccano gli scritti dedicati ad autori dell'Ottocento inglese e americano; e in particolare, quelli su Dickens (in Nuovi profili letterari, I, pp. 129-54)e su Poe (Profili letterari, pp. 199-209) - notevolequest'ultimo anche per la data di pubblicazione, 1856 - cheforniscono altresì la più nitida testimonianza della sua propensione a una letteratura non libera, a differenza del prediletto realismo cinquecentesco, da preoccupazioni morali e insieme aperta, ma senza la consapevolezza "decadente" che qualche critico vi ha scorto alle più ambigue suggestioni.
L'ultimo periodo della sua vita il C. lo trascorse in condizioni economiche e di salute assai precaria. Morì a Milano il 1º marzo 1875.
Fonti e Bibl.: Lettere di E. C. (1830-1875), a cura di C. Rosa, Ancona 1882; T. Massarani, E. C. I suoi studi e i suoi tempi, Firenze 1877; G. Gentile, La cultura piemontese, in La Critica, XXI (1923), pp. 10-27; A. Zoncada, S. E. C. (Studio critico-biografico), Pesaro 1927 (con bibl.); G. Laini, I secoli della lett. ital., nelle ricerche e nei giudizi di E. C., Friburgo 1933; G. Mariani, Storia della scapigliatura, Caltanisetta-Roma 1967, pp. 22-27, 700-701; G. Marzot, La critica letteraria fra Settecento e Ottocento. Linee, motivi, figure, in Letteratura italiana. I critici, Milano 1969, I, pp. 151-55; I. De Luca, Scheda per la scapigliatura. E. C., in Critica e storia letteraria. Studi offerti a M. Fubini, Padova 1970, I, pp. 749-774.