SALUZZO DI CORIGLIANO, Filippo
– Nacque presumibilmente a Corigliano o a Napoli il 3 luglio 1783, secondogenito di Agostino, duca di Corigliano e principe di Santo Mauro, e di Chiara de Marinis dei marchesi di Genzano, dama di corte della regina di Napoli Maria Carolina, moglie di Ferdinando IV.
Anche se padre Giuseppe Antonio Borghi avrebbe fatto discendere i Saluzzo di Corigliano da un ramo dei marchesi di Saluzzo (Borghi, 1845, pp. 142 s.), pare che avessero in comune con questi ultimi soltanto l’omonimia e che fossero invece originari di Bonassola (attualmente provincia di La Spezia). In ogni caso diventarono cittadini e poi patrizi di Genova rispettivamente dopo la metà del XV secolo e nel 1528. Tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo un ramo dei Saluzzo di Genova si stabilì nel Regno di Napoli, dove fondò una banca. Giacomo Saluzzo divenne barone di Corigliano nel 1619 e suo figlio Agostino, che fu doge di Genova, primo duca di Corigliano nel 1649. Nel 1781 i Saluzzo di Corigliano furono ascritti al patriziato napoletano (sedile di Nido).
Filippo fu «ornato dei più leggiadri e utili studi» (Celano, 1858, p. 498). Ancorché «consacrato dalla infanzia alla carriera militare» (Borghi, 1845, p. 152), dal 1793 al 1796 studiò in casa avendo quale istitutore Luigi Rossi, un massone che inclinava al ‘giacobinismo’: avrebbe composto i versi dell’inno patriottico della Repubblica Napoletana e sarebbe morto sul patibolo nel 1799. Ma Saluzzo non fu contagiato in alcun modo dalle idee avanzate del suo insegnante. Iniziò la carriera militare nelle guardie del corpo del re. Grazie anche all’influenza e alla fedeltà ai Borbone della sua casata si affermò rapidamente a corte (nel 1802 fu nominato maggiordomo di settimana e gentiluomo di camera) e nell’esercito.
Come avrebbe riassunto Borghi (1845), insistendo su una sequenza retorica che appare parzialmente affidabile quanto alle date effettive delle promozioni, la carriera di Saluzzo fu travolgente: «Uffiziale Superiore a venti anni, Colonnello a’ venticinque, Maresciallo di Campo a’ trenta» (p. 154). Di certo nel dicembre 1805 fu promosso tenente colonnello e incluso nello stato maggiore dell’esercito, che l’anno successivo fronteggiò – malamente – l’invasione francese del regno.
Saluzzo prese parte alle «giornate di Castelluccio, Lauria e Campotenese» (Celano, 1858, p. 499) e, dopo le sconfitte subite dall’esercito borbonico, «seguì le bandiere di S[ua] M[aestà] in Sicilia, dove arrivato non perdè tempo a completare la sua istituzione facendo sotto la direzione del chiaro abate [Domenico] Scinà, emerito scrittore di fisiche discipline e professore della Università di Palermo, il corso delle scienze naturali» (Borghi, 1845, p. 152).
Nel 1809 partecipò quale colonnello e alla testa di truppe inglesi alla campagna nel golfo di Napoli diretta dal generale Robert Henry MacFarlane, contribuendo, in giugno, alla presa del castello d’Ischia. Nel 1810 il re Ferdinando IV lo inviò in Spagna quale aiutante di campo di Luigi Filippo d’Orléans, che l’anno precedente era diventato suo genero e al quale era stato offerto un comando generale in Catalogna nella guerra contro i francesi. Ma, quando il duca d’Orléans fu rispedito dagli inglesi in Sicilia senza che avesse potuto partecipare alla guerra, Saluzzo rimase a combattere per alcuni mesi in Spagna: «invitto usciva da nocentissimi e sanguinosi guerregiari di Tortosa, Lerida, Mequinenza e Tarragona» (Celano, 1858, p. 499).
Ritornato in Sicilia, fu nominato colonnello effettivo di un reggimento di fanteria. Nel 1815 Ferdinando IV ricuperò la parte continentale del suo regno e Saluzzo fu promosso maresciallo di campo: con questo grado comandò diverse brigate di fanteria in Abruzzo e a Capua. Nel 1819 divenne cavaliere commendatore dell’appena istituito ordine di San Giorgio: aveva già ricevuto due decorazioni cavalleresche in Spagna e alla morte ne avrebbe esibite più di una dozzina. La rivoluzione del 1820 vide Saluzzo schierato su posizioni reazionarie: nel 1821 al ripristino del potere assoluto del re divenne comandante del deposito generale della fanteria e poi commissario per la provincia di Napoli e dei principati Ultra e Citra. L’anno successivo fu trasferito al governo delle province di Terra di Lavoro, Molise e i tre Abruzzi. Nel 1826, quando era ispettore generale della fanteria, fu «graduato di tenente generale» (Giornale del Regno delle Due Sicilie, I, 1828, p. 552) e divenne aiutante generale del re Francesco I. L’anno successivo il sovrano lo destinò alla ‘immediazione’ – vale a dire lo designò quale una sorta di tutore – del figlio diciassettenne Ferdinando, il nuovo comandante generale dell’esercito: non si sa in quale misura abbia influito sulle riforme militari promosse da Ferdinando. Quando quest’ultimo successe al padre, Saluzzo fu promosso tenente generale proprietario e consigliere di Stato: Ferdinando II si dichiarò «pienamente soddisfatt[o] tanto dei servizi da lui resi durante il tempo che fu alla Nostra immediazione, quanto per l’interina carica esercitata di Comandante Generale del Real Esercito, che onorevolmente adempì con zelo, saggezza, e militare intelligenza» (Giornale del Regno delle Due Sicilie, 11 gennaio 1831, p. 28).
Uomo di fiducia di Ferdinando II, nel 1832 fu inviato a Torino a chiedere la mano di Maria Cristina di Savoia, una delle figlie di Vittorio Emanuele I: Saluzzo, «nato da stirpe ligure, ricco di belle doti personali ed onorato dell’amicizia di un re ch’egli serviva con fede ed amava più che amico, venne degnamente accolto nella reggia Subalpina» (De Cesare, 1863, p. 107). Sempre nel 1832 fu incluso in una giunta di generali, che presentò al re un rapporto sulla riorganizzazione dell’esercito. Negli anni seguenti Saluzzo conquistò di fatto una posizione apicale nell’armata borbonica: nel 1846 occupava il secondo posto, alle spalle di un principe, Lodovico di Borbone, nei Ruoli de’ generali ed uffiziali attivi e sedentari del reale esercito e dell’armata di mare di Sua Maestà il Re del Regno delle Due Sicilie per l’anno 1846 (Napoli 1846, p. 1).
In quello stesso anno Saluzzo fece sistemare due cappelle di S. Domenico maggiore di Napoli, quelle di S. Martino e di S. Raimondo di Pennafort, dall’architetto Pietro Bianchi e dallo scultore Giuseppe Vaccà in modo che ospitassero, rispettivamente, i monumenti funebri suo e dello zio cardinale Ferdinando Maria. Quando, nel gennaio del 1848, scoppiò la rivoluzione, Saluzzo «fu il solo [...] a dire al re: resistete, non date la costituzione» (D’Ayala, 1856, p. 55). Saluzzo fu nominato il 26 giugno 1848 pari del regno, una carica dalla quale preferì dimettersi due giorni dopo allegando motivi di salute. Prese parte, nelle retrovie, alle campagne borboniche del 1849 per la riconquista della Sicilia e contro la Repubblica Romana (ne ricavò, da parte del papa, una gran croce dell’ordine Piano).
Morì celibe a Bagnoli il 9 gennaio 1852.
Non fu sepolto nel monumento funebre che si era preparato, ma nella cappella di un suo podere a Bagnoli.
Fonti e Bibl.: L’archivio dei Saluzzo duchi di Corigliano è conservato presso l’Archivio di Stato di Cosenza; su di esso si rimanda ad Archivio Saluzzo duchi di Corigliano. Inventario, a cura di L.F. Leo, Corigliano Calabro 1990. Inoltre: G.A. Borghi, Cenno storico-cronologico de’ Saluzzo duchi di Corigliano nel Regno di Napoli, in G. Baraldi, Notizia biografica sul cardinale Ferdinando Maria Saluzzo, Napoli 1845, pp. 140-158; M. D’Ayala, Vita del re di Napoli [Ferdinando II], Torino 1856, passim; C. Celano, Notizie del bello dell’antico e del curioso della città di Napoli, con aggiunzioni per cura di G.B. Chiarini, III, Napoli 1858, passim; G. De Cesare, Vita della venerabile serva di Dio Maria Cristina, Roma 1863.