SALVACOSSA
– Casata campana, fiorita dalla fine del Duecento ai primi del Quattrocento, affermatasi durante la prima età angioina.
Preliminare al disegno di un profilo dei Salvacossa è la distinzione tra essi e i Cossa, forse un ramo che se ne distaccò in epoca imprecisata: distinzione resa difficile dalla scarsità della documentazione a noi tràdita. La questione fu dibattuta già nei secoli passati dai genealogisti senza che si riuscisse a giungere a una conclusione univoca e chiarificatrice (Scipione Ammirato, Carlo Borrelli, Carlo De Lellis, Sigismondo Sicola). Anche uno studioso autorevole come Ammirato, pur riscontrando una distinzione tra i due cognomi durante l’intero periodo dal regno di Carlo I d’Angiò a quello di Carlo III di Durazzo, esprime le proprie perplessità sui tempi e modi della differenziazione cognominale (Ammirato, 1651, p. 85). È noto comunque che i Cossa tennero per un secolo (tra il 1339 e il 1440) la signoria dell’isola di Procida; alcuni loro esponenti svolsero l’attività di comiti affidati a Ischia nei primi anni Quaranta del Trecento (tra il 1341 e il 1342 Nicola, tra il 1342 e il 1343 Vito e Lorenzo). Ai Cossa signori di Procida appartenne Baldassarre, il futuro antipapa Giovanni XXIII (v. la voce in questo Dizionario).
Nonostante le informazioni siano disorganiche e discontinue, la base della fortuna della famiglia Salvacossa fu data, probabilmente e in fase iniziale, dalla pirateria, dall’attività di costruzione di navi per la Corte regia, oppure dall’affitto di navigli propri a essa, e dalla titolarità di uffici marittimi nel regno. Tutte le informazioni, seppur frammentarie a causa della dispersione della documentazione angioina, confermano quanto affermato dai genealogisti, cioè che tra Due e Trecento i Salvacossa si radicarono fortemente a Ischia in contemporanea all’accrescimento della loro competenza nel settore navale, anche con ruoli di comando, sia come proprietari di navi sia come imprenditori, attività che spesso svolsero in collaborazione con i sovrani angioini.
La nota e irreparabile perdita della documentazione cancelleresca angioina napoletana obbliga a servirsi di annotazioni e di rapidi regesti che per la loro stessa natura possono creare delle incertezze interpretative: sicché non è di chiara comprensione se gli ordini regi di costruzione di navi siano attribuiti ai Salvacossa (oppure ai Cossa) in quanto proprietari di navigli o responsabili di uffici marittimi.
La svolta nelle fortune e nell’ascesa sociale dei Salvacossa fu data dal conflitto tra Angioini e Aragonesi, durante il quale le loro prestazioni finanziarie si rivelarono molto importanti per sostenere l’uno o l’altro degli schieramenti in campo. La carica di protontino (cioè responsabili di uno o più porti) di Ischia fu in pratica monopolizzata da esponenti della famiglia Salvacossa, confermando così le osservazioni di Joachim Göbbels sulla trasmissione degli assegni all’interno delle discendenze oppure dei gruppi parentali (infatti, in origine, ai comiti lo stipendio veniva pagato con assegni su redditi annuali provenienti da beni feudali o demaniali e questo sistema di remunerazione era generalizzato a tutti gli officiales, mentre successivamente questi assegni da vitalizi si trasformarono in ereditari, modificando così l’originaria natura): la cronotassi (Vitale, 2003) mostra infatti come la carica sia stata appannaggio dei Salvacossa con Stefano (1269-74), Matteo (1274-75) e Pietro (1283-84).
Di queste opportunità offerte dal conflitto si avvantaggiò in particolare quest’ultimo, che fu uno degli esponenti più importanti della famiglia e accrebbe le fortune alternando l’adesione ai due schieramenti opposti e sfruttando a vantaggio suo e della propria famiglia – proprio in un momento nel quale la guerra navale aveva assunto un peso rilevante nel contesto bellico – sia il controllo del castello e dell’isola d’Ischia (che per la loro posizione rappresentavano una base importante dal punto di vista strategico-militare) sia la competenza nautica e cantieristica; e soprattutto, la disponibilità di mezzi finanziari cospicui da fornire, in cambio di un adeguato riconoscimento sociale, politico ed economico.
Così, ad esempio, avvenne nel 1296, quando – durante un tentativo angioino di riprendere il controllo di Ischia – Pietro appoggiò le pretese di re Federico III d’Aragona e il 20 ottobre sconfisse le forze angioine, catturando navi e prigionieri, e imponendo pesanti dazi sull’esportazione del pregiato vino ischitano.
Dopo la battaglia di Capo d’Orlando (3-4 luglio 1299), che segnò una disfatta per Federico III d’Aragona con numerose defezioni e cambi di campo da parte di numerosi nobili che passarono con gli Angioini, Pietro Salvacossa si alleò con re Carlo II e ottenne una serie di compensi, come la concessione di terre in Sicilia: la terra di Castronovo in Val di Mazzara, e tre casali in Val di Noto (Palagonia, Calaciura e Calatalfati). Secondo l’Ammirato, Pietro Salvacossa fu creato da Carlo II vice admiratus, «essendo huomo valoroso et intendente» (Ammirato, 1651, p. 86) delle cose marittime. La partecipazione di Pietro Salvacossa al conflitto tra Angioini e Aragonesi procurò, inoltre, una serie di ulteriori ingenti vantaggi, come lo ius aluminis et sulphuris di Ischia, proventi confermati anche al figlio infante Petruccio; da Federico III d’Aragona, Pietro aveva, invece, ottenuto 1000 once annue e il permesso di estrazione di 1800 salme di frumento.
Nel dicembre del 1299, durante la battaglia di Falconara, in Sicilia, essendo passato in campo angioino dopo la disfatta di Capo d’Orlando, Pietro fu catturato e giustiziato come traditore per ordine di Federico III, pur essendosi offerto di pagare un’ingente somma per il proprio riscatto (Di Costanzo, 1769, p. 126; Thomae Fazelli, 1579, p. 590).
Figli di Pietro furono Blasio, anch’egli protontino, che nel 1298-99 era miles et familiaris, capitaneus di Nola e magister tarsionarius a Napoli, mentre nel 1307-08 deteneva la bagliva d’Ischia; e Pietro (Petruccio), che alla morte del fratello, sebbene «in infantili etate» (C. De Lellis, Notamenta ex registris Caroli II..., IV/II, p. 594) ebbe la carica di protontino di Ischia, anche se l’ufficio sarebbe stato poi effettivamente esercitato da Stefano, figlio di Matteo, anch’egli protontino, e consanguineo di Petruccio, che mantenne la carica di viceprotontino sino al 1313-14 e assommò nel 1303-04 la carica di magister tarsionarius a Napoli.
Figli di Stefano furono Marino, Giovanni e Pietro, che alla morte del padre nel 1324/1325 subentrarono nel godimento di un assegno annuo e ricevettero l’aumento a 25 once annue dell’assegno di 6 once concesso al padre (S. Sicola, Repertorium quartum..., p. 1174). Marino si ritagliò un suo spazio negli ulteriori conflitti tra Angioini e Aragonesi, e si distinse per alcune operazioni di pirateria nel 1335 durante la battaglia di Gerba (nell’odierno golfo di Gabès in Tunisia) nella quale napoletani e genovesi sconfissero le navi che Federico III aveva inviato, al comando di Raimondo Peralta, per difendere gli interessi aragonesi. Questa sconfitta determinò di fatto la perdita, da parte siciliana, delle isole del golfo di Gabès, rioccupate dai tunisini. Marino nel 1340 acquistò, inoltre, la signoria di Procida da Adinolfo di Procida.
Altri Salvacossa, probabilmente membri di rami collaterali, furono Giovanni, figlio di Pietro, e Bonavita, figlio di Giovanni, attestati come notai nel 1308, ma la documentazione al riguardo è estremamente lacunosa e frammentaria. Numerosi altri membri della famiglia Salvacossa, durante il Trecento, furono comiti affidati a Ischia. Un esponente della famiglia del quale ignoriamo il nome fu castellano e gli subentrò il figlio Giovanni, mentre tra il 1335-36 a un Nicola subentrò il figlio Giovanni proprio come comitus affidatus; tra il 1336-37 un altro Salvacossa, di cui ignoriamo il nome, è nominato comitus con 10 once di stipendio.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Napoli, C. Borrelli, Repertorium universale familiarum et terrarum existentium in registris realis archivi M.R. Curiae Syclae Neapolis, I, p. 225; II, pp. 396, 398-400, 402, 412, 419, 424, 458, 459, 466, 469, 483; C. De Lellis, Notamenta ex registris Caroli II, Roberti et Caroli ducis Calabriae, III/II, pp. 1670, 1674, 1677, 1681, 1691, 1790, 1793; Id., Notamenta ex registris Caroli II, Roberti et Caroli ducis Calabriae, IV/II, pp. 336, 344, 594 s., 1280; Id., Notamenta ex registris Caroli II, Roberti et Caroli ducis Calabriae, IV bis, pp. 528, 602, 686, 691, 903, 1454; S. Sicola, Repertorium tertium regis Caroli secundi, pp. 111, 158, 415, 880; Id., Repertorium quartum regis Roberti, pp. 8, 19, 332, 1174, 1316; Id., Repertorium octavum regis Ladislai; Id., Repertorium decimum ex registris omissis in aliis prioribus novem repertoriis prius confectis ex realis archivis, p. 71; Id., Primus elenchus nonnullarum illustrium familiarum, p. 636; Id., Supplementum ad repertorium Caroli I et II, 1, pp. 211 s.; Id., Repertorium secundum regis Caroli primi, pp. 2, 4, 18, 38, 57, 305, 307; I Registri della Cancelleria Angioina ricostruiti da Riccardo Filangieri con la collaborazione degli archivisti napoletani, Napoli, II, 1951, pp. 168 s., X, 1957, p. 37, XVI, 1962, p. 94.
F. Thomae Fazelli, De rebus Siculis decades duae [...], sumptibus Petri Vander Aa, II. Decad. L. IX, cap. III, Lugduni Batavorum 1579, pp. 580, 590; S. Ammirato, Della famiglia Coscia, in Delle famiglie nobili napoletane, II, Firenze 1651 (rist. anast. Bologna 1973), pp. 85-97; A. Di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, in Raccolta di tutti i più rinomati scrittori dell’istoria generale del Regno di Napoli, III, Napoli 1769, pp. 126, 129; F. Savini, Le famiglie del Teramano, Roma 1927, p. 225; J. Göbbels, Das Militärwesen im Königreich Sizilien zur Zeit Karls I. von Anjou, 1265-1285, Stuttgart 1984, pp. 243 ss.; G. Vitale, Nobiltà napoletana dell’età durazzesca, in La noblesse dans les territoires angevins à la fin du Moyen Âge, Actes..., réunis par N. Coulet - J. M. Matz, Rome 2000, pp. 363-421; Ead., Élite burocratica e famiglia. Dinamiche nobiliari e processi di costruzione statale nella Napoli angioino-aragonese, Napoli 2003, pp. 68-71, 120-124; B. Casale, Ischia, Procida, Capri. Le vicende, in Napoli nel Medioevo. Territorio e isole, a cura di A. Feniello, II, Galatina 2009, pp. 125-141 (in partic. pp. 126 s.); J.-M. Martin, Da Ponza alle isole Sirenuse. Le isole dei ducati tirrenici nell’alto Medioevo, ibid., pp. 109-124 (in partic. pp. 122 s.); G. Matarese, I Salvacossa-Cossa ed il loro contributo nella guerra definita del Vespro (1287-1299), in La rassegna d’Ischia, VI (2015), pp. 12-17; S. Morelli, «Il furioso contagio delle genealogie». Spunti di storia politica e amministrativa per lo studio dei grandi ufficiali del regno, in Les grands officiers dans les territoires angevins - I grandi ufficiali nei territori angioini, a cura di R. Rao, Roma 2016, p. 39, consultabile all’url http://books. openedition.org/efr/3053 (21 marzo 2017).