CASSETTA (Casseta, Caseta), Salvo
Nato a Palermo nel 1413. entrò nell'Ordine domenicano intorno al 1430, ricevendo l'abito dalle mani del priore del locale convento di S. Domenico. Secondo alcuni biografi, egli avrebbe invece fatto parte in questo periodo del convento osservante di S. Zita, e avrebbe ricevuto l'abito dalle mani del beato Pietro Geremia, guida spirituale della riforma domenicana in Sicilia. Sia che questi contatti con il rigido convento di S. Zita siano stati puramente episodici, sia che il C. abbia veramente fatto parte - ma è improbabile - del convento del beato Geremia, egli comunque abbandonò ancora giovane questo ambiente, e passò al convento di S. Maria Novella a Firenze, dedicandosi agli studi e poi all'insegnamento: nel 1445, vi prendeva infatti il grado di baccelliere e nel 1448 quello di dottore in teologia.
Tornato a Palermo verso il 1450, acquistò larghissima fama grazie al suo insegnamento presso il convento di S. Domenico, dove era stato aperto uno Studio pubblico di teologia, filosofia e altre scienze.
Raccontano i suoi primi biografi che la affluenza alle sue lezioni era così grande, che il C. era costretto a leggere nella piazza. Fu anche illustre matematico, dedicandosi non solo allo studio di Euclide, ma anche a quello di Archimede, e sembra che lasciasse un abbozzo di Elementa mathesis e volesse fare istituire un cattedra di matematica nel convento di Palermo. Fu inoltre architetto, ed è probabilmente Aentificabile con lui il frate Cacepta, che, secondo una lapide ora scomparsa, progettò nel 1457 l'ampliamento della chiesa di S. Domenico a Palermo.
Nel 1462, sotto il pontificato di Pio II, il C. fu nominato procuratore generale dell'Ordine e definitore per la sua provincia al capitolo di Siena dello stesso anno. Già intorno al 1460 era divenuto provinciale, e forse risale al 1448 il suo incarico di inquisitore, anche se con giurisdizione limitata alla diocesi di Palermo. Nel 1462, Pio II ordinò al capitolo di Siena la deposizione del generale dell'Ordine, Marziale Auribelli, che si era dimostrato ostile allo sviluppo dei conventi riformati. Controversa è la posizione che di fronte a questa spinosa questione assunse il C., che in questo capitolo rappresentava appunto l'intera provincia siciliana. Quel che è certo è che il nuovo generale dell'Ordine, Corrado d'Asti, lo sostituì con un altro procuratore generale, appartenente alla provincia lombarda, e che solo nel 1465, al capitolo di Novara, con la reintegrazione dell'Auribelli nella carica di generale dell'Ordine voluta da Paolo II, il C. ritornò in auge. Il 1° febbr. 1466 fu infatti nominato da Paolo II inquisitore generale di Sicilia, al posto di Gregorio Presbiteromarco.
L'Inquisizione restò nelle sue mani fino al 1476, poi, in seguito alla sua rinunzia del 20 febbraio di quell'anno, passò a frate Filippo de Barberiis, con riserva al C. di percepire la colletta ordinaria degli ebrei finché la S. Sede non gli avesse conferito qualche altra dignità. Lo stesso C., quando già era generale dell'Ordine, nel 1481-1482, fece incarcerare questo suo successore all'Inquisizione di Sicilia, sotto l'accusa di aver scritto un libello diffamatorio contro Sisto IV, e nel periodo del suo incarceramento designò come vicario dell'Inquisizione siciliana il proprio nipote Onofrio Cassetta, anchegli domenicano del convento di S. Domenico, emulando così il nepotismo del suo alto protettore.
L'occasione presentatasi al C. per uscire dalla vita siciliana fu la minaccia di una carestia a Roma nel 1474: Sisto IV 10 incaricò infatti di adoperarsi in tutti i modi per ottenere dal viceré di Sicilia l'invio di grano a Roma. Nello stesso anno il C. lasciava Palermo, insignito dell'alta carica di maestro del Palazzo apostolico, grazie anche all'appoggio del suo predecessore nella carica, Leonardo Mansueto, eletto generale dell'Ordine. In questa carica, il C. esaminò, tra l'altro, nel 1479, la dottrina del teologo spagnolo Pietro d'Osma sulla penitenza, confermando la condanna espressa dall'arcivescovo di Toledo, e determinando così la definitiva condanna romana.
A Roma, il C. entrò nelle grazie di Sisto IV, divenendone amico e confidente, e assumendo a corte una grandissima influenza. Grazie appunto al favore del pontefice, la carriera del C. subiva una brusca accelerazione: nel 1481, alla morte del generale dell'Ordine, Leonardo Mansueto, il pontefice lo nominava vicario generale dell'Ordine, senza attendere le decisioni del capitolo. Subito dopo, il 9 giugno, dietro le vivaci pressioni di Sisto IV, il C. fu eletto generale.
Secondo le fonti, Sisto IV avrebbe promesso al capitolo che, se questo avesse creato il C. generale, egli, a sua volta, lo avrebbe fatto cardinale, onore grandissimo per tutto quanto l'Ordine. In realtà, la sua elezione avvenne in modo piuttosto irregolare, cioè per acclamazione e non in seguito a scrutinio. Spinto dal timore che ciò potesse in seguito suscitargli qualche difficoltà, il C. chiese a Sisto IV una conferma della sua elezione, che ottenne con una bolla del 21 genn. 1482, in cui il pontefice affermava che questa era avvenuta senza suffragio per comune ispirazione dello Spirito Santo ("per viam Spiritus Saneti et communem ispirationem"). Con l'elezione del C. a generale dell'Ordine, il pontefice concesse ai domenicani una vasta serie di poteri e di privilegi, in accordo del resto con la sua politica di favore verso gli Ordini mendicanti, che contribuirono fortemente alla crescente mondanizzazione dell'Ordine stesso. Come generale, il C. non celebrò capitoli, e fu il primo ad ordinare che si celebrasse nell'Ordine la festa della Vergine l'8 dicembre; eresse inoltre separatamente la provincia di Scozia. Un altro fatto importante del suo generalato è che egli fu il primo a ricorrere all'istituzione del cardinale protettore come vicario dell'Ordine in caso di assenza del generale stesso. Prima di partire, infatti, nel 1482, come legato pontificio in Germania, egli nominò suo vicario il cardinale protettore dell'Ordine, Oliviero Carafa. Era la prima volta che una funzione così importante veniva esercitata da una personalità estranea all'Ordine, e l'esempio sarà in seguito largamente seguito.
Il 1° ag. 1482 il C. partiva da Roma, apparentemente per visitare i conventi domenicani in Germania, in realtà incaricato da Sisto IV di una delicata missione diplomatica. Si trattava, infatti, di ricondurre all'obbedienza verso la S. Sede la città di Basilea, che era stata colpita da interdetto in quanto proteggeva attivamente il tentativo conciliaristico ed antiromano del domenicano Andrea Zamometić, arcivescovo di Krajina. La missione del C. si risolse abbastanza felicemente, anche perché ad isolare il frate ribelle sopraggiunse la posizione negativa dell'imperatore Federico III, che all'inizio lo aveva appoggiato e che il pontefice aveva tentato lungamente di staccare dalla causa dello Zamometić. Il C. poté quindi lasciare Basilea sottomessa alla S. Sede.
Il C. esplicò anche un'attività notevole nell'ambito del culto delle reliquie e dei santi: a Colonia, nel gennaio 1483, durante il suo viaggio in Germania, il C. fece traslare il corpo di s. Alberto Magno e ne prese il braccio destro come reliquia per portarlo in dono a Sisto IV. Già precedentemente, nel febbraio del 1482, aveva chiesto e ottenuto l'approvazione del culto ecclesiastico di Matteo Carrerì dì Mantova, e ne aveva fatto traslare il corpo.
Il C. morì improvvisamente poco dopo il suo ritorno a Roma, il 15 sett. 1483, a settant'anni. Fu sepolto a Roma nel chiostro di S. Maria sopra Minerva.
Nonostante la sua fama di studioso, del C. sono rimaste soltanto numerose lettere (cfr. il Registrwn litterarum Salvi Cassettae, a cura di B. M. Reichert, Leipzig 1912); abbiamo inoltre notizia di una sua Vita del beato Vincenzo Ferreri, scritta in latino forse nel 1471, rimasta manoscritta e andata però smarrita. Del suo interesse per questo importante predicatore millenaristico, canonizzato nel 1455, e che ebbe contatti con il beato Geremia, è prova anche il fatto che fu proprio il C. a ordinare che si facesse a Palermo una copia degli atti del processo di canonizzazione del Ferreri, unica rimasta dopo che quella romana andò distrutta durante il sacco di Roma.
Fonti e Bibl.: Acta capitulorum generalium Ordinis Praedicatorum, a cura di B. M. Reichert, III, Romae 1900, ad Indicem;V. Forcella, Iscriz. delle chiese... di Roma, I, Roma 1869, p. 423; T. Schifaldo, De viris illustr. Ord. Praed., a cura di G. B. Cozzueli, in Documenti per servire alla storia di Sicilia, s. 4, VI, Palermo 1897, pp. 68 s.; V. M. Fontana, Sacrum theatrum dominicanum..., Romae 1666, pp. 358, 441, 610; G. Ragusa, Siciliae Bibliotheca vetus..., Roma 1700, pp. 241 s.; J. Quétif-J. Echard, Scriptores Ord. Praed., I, 2, Lutetiae Parisiorum 1719, pp. 859 s.; L. G. Cerracchini, Fasti teologali..., Firenze 1738, pp. 132 s.; A. Touron, Histoire des hommes illustres de l'Ordre de St. Dominique..., III, Paris 1746, pp. 516-522; V. E. Ortolani, Biogr. degli uomini illustri della Sicilia..., IV, Napoli 1821, pp. 86-89; L. Sampolo, La R. Accademia degli studi di Palermo, Palermo 1888, pp. 12 ss.; J. Schlecht, Andrea Zamometič und der Basler Konzilversuch (1482), Paderborn 1903, ad Indicem;H. D. Fages, Notes et documents de l'histoire de saint Vincent Ferrier, Louvain-Paris 1905, pp. IX s.; D. A. Mortier, Histoire des Maitres généraux de l'Ordre des frères Précheurs, IV, Paris 1909, pp. 542-569; Esposiz. e documentazione stor. del culto tributato lungo il corso dei secoli al beato Alberto Magno, Roma 1930, ad Indicem;M. A. Coniglione, La provincia domenicana di Sicilia, Catania 1937, ad Indicem;A. Walz, Compendium historiae Ordinis Praedicatorum, Romae 1948, ad Indicem; Dict. d'Hist. et de Géogr. Eccl., II, coll. 1718-1721 (s. v. André Zamometić); XI, col. 1312 (s. v. Casseta, Salvo).