DE ANTONIO, Salvo (Giovanni Salvo)
Figlio di Giordano, fratello di Antonello da Messina, nacque verosimilmente dopo il matrimonio del padre, avvenuto tra il gennaio e il luglio 1461, come attesta indirettamente il contratto con cui Giordano veniva assunto da Antonello quale apprendista (Perroni Grande, 1923) là probabile che si sia formato nella bottega lasciata in eredità dallo zio al figlio Iacobello. Nella stessa bottega operavano i cugini Antonello e Pietro de Saliba (o Risaliba), rispetto ai quali però il D. emerse per un livello di aggiornata cultura e per qualità di risultati che già meravigliavano il settecentesco Susinno quando confrontava la scarsa fama del pittore con la Dormitio Virmis del duomo di Messina, tavola firmata, allora unica opera del D.
Non si hanno notizie del D. fino al 1493 quando, già "discretus magister", ricevette la commissione di un S. Antonto e storie della sua vita per Tortorici (Messina). Altri contratti - ritrovati dal La Corte Cailler (1903) e dal Di Marzo (1903) - ne segnalano poi l'attività a Messina: tra questi trovano ancora riscontro in opere superstiti quello relativo alla Croce della chiesa di S. Filippo a Calatabiano che era stata commissionata nel 1502, parzialmente quello del 1505 per un polittico richiesto dalle monache benedettine della chiesa di S. Pietro a Malta, da cui proviene la predella con l'Apostolato del museo della cattedrale maltese, firmata e datata 1510, e forse un S. Pietro dello stesso museo; infine, particolarmente importante, quello del 1509 per la Dormitio Virginis rimasta fino al 1908 nel duomo di Messina e della quale resta, dopo il terremoto, solo un frammento con la firma (Messina, Museo regionale, Depositi) oltre a una. discreta fotografia (Brogi, scattata poco prima del terremoto).
Soprattutto quest'ultima opera, la cui alta qualità, evidente anche attraverso la riproduzione fotografica, giustifica l'apprezzamento quasi sorpreso del Susinno (1724) e quello dell'attento Di Marzo (1903), ha posto il problema di questa personalità poco nota e tuttavia di cultura aperta e aggiornata, che sembra aver arricchito l'alta lezione dell'ultimo Antonello, forse anche attraverso un contatto con l'ambiente melozzesco-berruguetiano di Urbino, per muovere poi dalle novità portate nell'Italia meridionale dallo Scacco verso un respiro spaziale e una monumentalità bramantesca. Ne deriva in primo luogo la necessità di prendere le distanze da opere di tenuta modesta come la Croce di Calatabiano o la stessa predella firmata di Malta dove è evidente un'utilizzazione sbrigativa in bottega, per committenti secondari, di modelli già pronti lasciati in mano agli aiuti (si confronti il ripetersi dei S. Pietro nella predella, nel citato pannello e nel pannello destro della Madonna del soccorso nello stesso museo, quest'ultima probabilmente frutto della collaborazione con lo scadente Giovannello da Itala). In secondo luogo si impone il problema della precedente attività autografa del D. che non può celarsi che fra opere adeguate al livello della Dormitio messinese.
La ricerca cominciata già dal Bologna (1977) non ha mancato di dare frutti, dalla individuazione della partecipazione del D. alla bella ma guastissima serie di tredici tavole dell'Apostolato del duomo di Siracusa, dove almeno l'impianto imponente sull'orizzonte basso della figura di S. Giovanni evangelista, lo squadro largo e sintetico del panneggio, l'articolato gioco prospettico delle manii la lucida densità del colore sono le degne premesse, ancora fortemente tinte di antonellismo, della tavola del duomo messinese. Da questo presupposto - che apre a sua volta la delicata questione dei rapporto con la bottega di Antonello del siracusano Marco Costanzo, autore, perquanto è possibile intravedere tra i guasti, di gran parte delle altre tavole della serie (ma almeno il Cristo sembra convenire piuttosto a Iacobello, che avrebbe in questo caso dato inizio all'impresa) - il passaggio è piano verso la Madonna con Bambino della collezione Arezzo di Ragusa (Cicala Campagna, 1979) proveniente da un polittico già nella chiesa di Gesù l'Inferiore dove sia Antonello sia la sua vedova diedero disposizione testamentaria di essere sepolti. Ed è sulla base di questa apertura che appare finalmente spiegabile l'opera più solenne dell'immediato "dopo Antonello", la Madonna del Rosario del museo di Messina - già attribuita ad Antonello, a Iacobello, ad Antonio Solario e perfino ad un pittore iberico - che una antica iscrizione diceva collocata nel 1489 nella chiesa di S. Benedetto e che dieci anni dopo Antonello de Saliba era richiesto di prendere a modello per un'analoga tavola, oggi perduta, della chiesa di S. Domenico a Taormina.
Disastrata dal terremoto e dalle ridipinture - specie nella parte bassa dove appariva, inquadrata da due angeli reggenti il cartiglio con l'invocazione alla Vergine protettrice, un'ampia veduta di Messina presa dal mare che, insieme ai due gruppi di devoti religiosi e laici disposti sui fianchi in file parallele, richiama la grande composizione dell'Incoronazione della Vergine di Quarton a Villeneuve-lès-Avignon- l'opera si impone soprattutto per una serie di ritratti di impressionante acutezza, degno seguito delle conquiste in questo campo di Antonello. Nello stesso tempo così forte è l'impronta della lucidità forxiale del D., che non è difficile riconoscerne le tracce sotto le ridipinture degli angeli, specie nelle teste e nelle mani, per non dire del Bambino in posizione diritta, poggiato sulle ginocchia della Vergine che porge il rosario al - pontefice Sisto IV.
La data di quest'opera aggiunta alla notizia della morte precoce di Iacobello (Molonia, 1979), pone il D. in primo piano nell'ambiente messinese e ne fa il vero protagonista della situazione di fine secolo, non limitato come i cugini de Saliba ad un modesto echeggiamento dei celebri lavori dello zio, anzi pienamente inserito nell'ampio circuito mediterraneo che conta il Berruguete, il Quartararo, lo Scacco, il Pagano. La sua conoscenza delle opere veneziane di Antonello (ancora l'anziano s. Pietro che legge l'ufficio funebre nella Dormitio Virginis è un chiaro omaggio allo splendido s. Nicola della pala di S. Cassiano oggi a Vienna, Kunsthistorisches Museum), l'eco belliniana del gruppo della Madonna con il Bambino nella tavola del Rosario, le tangenze urbinati dei ritratti, confermano un apprendistato ricco di esperienze fuori dall'isola, forse interrotto proprio dalla morte di Iacobello e dalla conseguente necessità di prendere in mano le redini della bottega (né di opere di Antonello de Saliba né dei fratello Pietro c'è invece ricordo alcuno nei documenti isolani fino al 1497). Al D. sembra da ricondurre anche quel foglio di disegni del British Museum, attribuito ad Antonello (Fiocco, 1951; Bottari, 1954; Longhi, 1953) in cui sono appuntati sul diritto e sul verso motivi evidentemente antonelliani passati al filtro di una cultura di tempi un poco più avanzati e non vi manca neppure il disegno di un cavallo di cui già il Longhi vedeva il rapporto con quello che compare nella vallata sotto la Madonna del Rosario. Del più antico avvicinarsi del D. ai celebrati esemplari veneziani di Antonello potrebbe essere anche testimonianza la Pietà di palazzo ducale a Venezia derivata da quella del museo Correr di Antonello con una libertà che mal si addice al de Saliba cui viene riferita per quell'"Antonius mesaniensis" che vi compare in un cartellino e che potrebbe, come in altri casi, non indicare il de Saliba né celare un tentativo di inganno, ma costituire soltanto una sorta di attestazione della paternità del prototipo.
Dopo la Madonna del Rosario ilD. maturò una sua personale adesione alla cultura diffusa nel Meridione dallo Scacco nell'ultimo decennio del secolo, da cui deriva la tavoletta a doppia faccia con la Morte della Vergine e leAnime purganti della collezione Barabino a Palermo e quell'eccentrica rievocazione della Madonna della tavola veneziana di Antonello per S. Cassiano che è la Madonna con il Bambino e quattro angeli pubblicata dal Previtali (1983-84). Di qui egli si avvia verso la più articolata e moderna larghezza di forme che, senza mai lasciare cadere del tutto le memorie di un patrimonio di immagini familiari, si afferma nella S. Lucia (Previtali, 1983-84) e nella citata Dormitio Virginis. Né il D. si peritò di affrontare anche in seguito quella radicale novità che furono a Messina le opere eseguite da Cesare da Sesto poco dopo la metà del secondo decennio. Ma fu impresa impossibile da reggere con il piglio del passato, troppo diversa ed estranea essendo la radice culturale di quel trapianto cui solo il più giovane Alibrandi riuscirà a tenere dietro. La Madonna con il Bambino della chiesa di S. Francesco a Stilo (Di Dario Guida, 1976), esemplata sul gruppo centrale della Adorazione dei magi dipinta da Cesare per l'oratorio messinese di S. Nicola dei gentiluomini, è precisa conferma di questo impasse finale; solo il ritrattino grifagno del committente sta a ricordare la serie memorabile della Madonna del Rosario.
Nel 1522 una carta notarile relativa alla cessione di una casa per debiti ricorda il D. ancora vivo; un'altra carta del 1526 lo indica come già defunto (cfr. Di Dario Guida, 1976).
Bibl.: F. Susinno, Le vite dei pittori messinesi [1724], a cura di V. Martinelli, Firenze 1960, pp. 29-32; J. A. Crowe-G. B. Cavalcaselle, AHistory of Painting in North Italy, II,London 1871, p. 83; G. Di Marzo, DiAntonello da Messina e dei suoi congiunti, Palermo 1903, passim; G. La Corte Cailler, Antonello da Messina. in Arch. stor. messinese, IV (1903), pp. 428-33; L. Perroni Grande, in E. Mauceri-L. Perroni Grande, Antonello, fasc. a cura del Circolo artistico, Messina 1923, pp. 9-12; R. Van Marle, The development of the Italian schools of painting, XV,The Hague 1934, pp. 575-77; G. Fiocco, Idisegni di Antonello, in Arte veneta, V (1951), pp. 52-54; G. Vigni-G. Carandente, Antonello da Messina e la pittura del Quattrocento in Sicilia, Messina 1953, pp. 90 s.; F. Bologna, Les primitifs méditerr., in Paragone, IV (1953), 37, pp. 40 s., 44; R. Longhi, Frammento sicil., ibid., IV (1953), 47, p. 55; S. Bottari, La pittura del Quattrocento in Sicilia, Messina-Firenze 1954, pp. 71 ss.; F. Bologna, Opere d'arte nel Salernitano dal XII al XVIII sec., Napoli 1955, pp. 45, 50; M. P. Di Dario Guida, Arte in Calabria (catal.), Cosenza 1976, pp. 75-79; F. Bologna, Napoli e le rotte mediterranee della pittura, Napoli 1977, pp. 213 s.; F. Cicala Campagna, Opere d'arte restaurate nel Messinese, Messina 1979, pp. 37-40; M. G. Paolini, Antonello e la sua scuola, in Storia della Sicilia, V, Napoli 1979, pp. 324 s.; G. Molonia, Gaetano La Corte Cailler-Gioacchino di Marzo: una polemica su Antonello, in Arch. stor. messinese, s. 3, XXX (1979), p. 201; G. Barbera, in Antonello da Messina (catal.), Roma 1981, pp. 223s. (v. anche Indice, s. v. Salvo D'Antonio); A. Luttrell, The Madonna del Soccorso at Medina, in Heritage, XLVII 1983), pp. 927-32; G. Previtali, Alcune opere di S. d'Antonio da ritrovare, in Prospettiva, 1983-84, 33-36, pp. 124-34; Opere d'arte restaurate (catal.), Messina 1986, pp. 37-41, 43; F. Sricchia Santoro, Antonello e l'Europa, Milano 1986, pp. 137-50; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXIX, p. 368 (sub voce Salvo di Antonio).