Randone, Salvo (propr. Salvatore)
Attore teatrale e cinematografico, nato a Siracusa il 25 settembre 1906 e morto a Roma il 6 marzo 1991. Della sua arte recitativa resta l'abilità nel rendere le ambigue sfaccettature psicologiche o l'inquietante tormento dei personaggi interpretati, testimonianza di un'acuta intelligenza d'attore risolta tanto nella secchezza del gesto e del tratto mimico, quanto nell'espressività di un volto tagliato come una maschera antica, ma dove lampeggiava il segno tutto moderno, 'pirandelliano', della condizione umana. Tra i più grandi e schivi attori del teatro italiano, R. univa asciutezza e rigore alla ricchezza, anche barocca, di un mestiere appreso alla scuola di grandi maestri quali Ermete Zacconi e Ruggero Ruggeri. Nel cinema la sua raffinatezza di attore è emersa soprattutto in I giorni contati (1962) e in La classe operaia va in Paradiso (1971), entrambi di Elio Petri. Per quest'ultimo film ha ottenuto, nel 1972, il Nastro d'argento come migliore attore non protagonista.
Dopo la maturità classica conseguita a Catania, R. iniziò la sua lunga esperienza teatrale, lasciando interpretazioni memorabili come per es. Malvolio nella shakeaspeariana Dodicesima notte diretta da O. Costa, il padre in Come le foglie di G. Giacosa per la regia di Luchino Visconti, e l'Enrico IV, forse la più emozionante delle sue molte interpretazioni pirandelliane, che avrebbe ripreso più volte dalla prima edizione nel 1959 per il Teatro Stabile di Napoli con la regia di Costa.
Il primo approccio con il cinema avvenne nel 1943, quando (accanto ad attori come Paolo Stoppa, Camillo Pilotto e Ruggero Ruggeri) R. figurò nel cast di Sant'Elena, piccola isola di Renato Simoni; in seguito partecipò a Il bigamo (1955) di Luciano Emmer e a Vento del Sud (1960) di Enzo Provenzale. Ma fu solo negli anni Sessanta che si intensificò il suo apporto al cinema, quando si avviò un sodalizio con Petri, a partire da L'assassino (1961), con il ruolo di un commissario cui R. conferì tratti dostoevskiani e kafkiani nel paternalismo mellifluo e sottilmente crudele con cui viene condotta l'indagine sull'indiziato e che gli valse nel 1962 un Nastro d'argento come miglior attore non protagonista. Fu quindi l'interprete principale di I giorni contati, dove attribuisce una febbrile autenticità alla dolente figura di Cesare, l'anziano idraulico attanagliato dal pensiero della morte. Con Petri lavorò poi in La decima vittima (1965) e in A ciascuno il suo (1967), dove nell'enigmatico ruolo dell'oculista cieco si colgono echi metafisici, dietro una 'sicilianità' metaforica secondo il dettato di L. Sciascia; in Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970), dove R. ritorna a giocare sui toni di una stralunata inadeguatezza impersonando l'uomo della strada; e infine in La classe operaia va in Paradiso nella figura-simbolo del comunista eretico finito in manicomio, cui l'attore dona una filosofica visionarietà.
Nel corso degli anni Sessanta R. costruì una notevole galleria di personaggi con toni sempre diversi e incisivi: dalla malinconia čechoviana del maggiordomo di una casa nobile che fa da padrino al giovane Lorenzo in Cronaca familiare (1962) di Valerio Zurlini, al machiavellismo trasformista e ipocrita del politico democristiano in Le mani sulla città (1963) di Francesco Rosi (per cui aveva anche interpretato con asciuttezza il presidente della corte di Assise di Viterbo in Salvatore Giuliano, 1962), passando per il medico antifascista immerso nell'atmosfera gogoliana di Anni ruggenti (1962) di Luigi Zampa, o per le figure untuose e infide del trombettista-impiegato e del pedinatore-ragioniere, rispettivamente in La parmigiana (1963) e Il magnifico cornuto (1964), entrambi di Antonio Pietrangeli.
Nel 1969 Federico Fellini lo diresse nel Fellini Satyricon, dove R. tratteggiò un Eumolpo diviso tra ironico scetticismo e isteria rancorosa, mentre un anno prima (nell'episodio Toby Dammit del film collettivo Histoires extraordinaires o Tre passi nel delirio) lo aveva scelto per incarnare, dietro il volto impenetrabile di un prete che accoglie all'aeroporto un divo americano alcolizzato, l'arcana doppiezza di una Roma crudele e sorniona, non lontana da atmosfere gotiche e macabre, cui la maschera sarcastica di R. bene si prestava, come è dimostrato anche da Danza macabra (1964) di Antonio Margheriti, dal singolare La donna del lago (1965) di Luigi Bazzoni e Franco Rossellini, o dall'ultimo film interpretato nel 1977, In nome del Papa Re di Luigi Magni, in cui l'attore dà corpo e viso all'oscuro potere del 'papa nero'.
Nel 1957 R. aveva cominciato a lavorare in alcuni sceneggiati televisivi, e memorabili restano le sue interpretazioni dell'Innominato in I promessi sposi (1967) e del padre dei Karamazov in I fratelli Karamazov (1969), entrambi per la regia di Sandro Bolchi. Nella vecchiaia, rattristata da ristrettezze economiche e dalle precarie condizioni di salute della moglie, l'attrice Neda Naldi, l'attore calcò ancora i palcoscenici con una maschera i cui tipici tratti, convulsi e amari, assunsero una nota di tragica verità. In suo nome nel 1993 è stato istituito il premio teatrale 'Salvo Randone'.
E. Miscia, Trent'anni a teatro con Salvo Randone, Roma 1957.