SAM'AL
Fu il nome semitico di un piccolo stato ai piedi dell'Amano nella Siria settentrionale, con la capitale omonima, che deve esser esistito già in tempi molto antichi, in origine con popolazione non semitica, ma probabilmente hurrita, poi entrato nel campo d'azione della politica e civiltà hittita, e infine, dopo qualche secolo di indipendenza e libertà, al tempo della massima potenza degli stati aramei della Mesopotamia e Siria settentrionali, passato a far parte, sotto la reggenza dei suoi principi indigeni, dell'impero degli Assiri. Siamo male informati sulla storia di Sam'al, poiché conosciamo soltanto poche iscrizioni dei suoi re, scritte quasi tutte in lingua aramaica, e rare volte vi accennano i re assiri, ma le rovine della capitale, in vicinanza dell'odierno villaggio di Zincirli, ci rivelano lati interessanti della civiltà della città, segnatamente della sua architettura e della sua scultura e indirettamente ci fanno intravvedere nei tratti più generali la sua storia. Siamo in grado di ricostituire per qualche secolo la lista dei principi che ressero la città. Il re, per ora più antico, del quale abbiamo notizia era Gabbar. I suoi successori furono Bama, Ḥayān che regnò attorno all'anno 855 a. C., il quale fu seguito da Sh.'l e da Kalamu (questi fu re circa nell'800). Pervenne poi al trono Panammu I, che ebbe per successori BarŞur, Azriyāu fino al 740, indi Panammu II, dal 740 al 732, che fu seguito sul trono da Bar-rekub, sembra fino all'anno 725. Nelle loro iscrizioni i re del paese si dicono re di Ya'udi, mentre sono soltanto i re assiri e un re di Ḥamāt a chiamarli "re di Sam'al". Il re Ḥayān dovette pagare tributo al re assiro Salmanassar negli anni 858 e 853. Il re Kalamu si vanta nella sua iscrizione di aver procurato al suo paese grande prosperità, mentre i suoi predecessori non avrebbero fatto nulla per il regno. Anche Panammu I si vanta in una sua iscrizione del benessere che sotto il suo regno gli dei concessero alla popolazione. Ai tempi di re Barṣur l'usurpatore Azriyāu s'impossessò violentemente dello stato, ma fu poi debellato da Tiglatpileser III d'Assiria, il quale pose sul trono suo figlio Panammu II. Questi fu un fedele vassallo del re di Assiria e morì nel 732 durante la campagna contro Damasco, al seguito di Tiglatpileser. A suo successore questi scelse suo figlio Bar-rekub. Il nuovo re regnò felicemente sul suo popolo sotto la protezione assira e poté costruire nuovi palazzi. Ma più tardi la dinastia indigena sparì e Sam'al divenne una provincia assira.
La città di Sam'al era circondata da una cerchia di due mura parallele, uno subito dietro l'altro. Le mura formavano un grande cerchio perfetto. Nel centro della città si ergeva l'acropoli col castello, la quale comprendeva oltre alle opere strettamente militari e fortificatorie, i palazzi reali, costruiti in varî periodi, e i santuarî. Le mura esterne avevano tre porte, di costruzione alquanto elaborata e pianta complicata, come usava nell'Asia occidentale antica. Tutta l'acropoli era contornata da un muro, ma era divisa anche nel suo interno da altri muri, tutti tagliati da porte fiancheggiate da torri, con locali tra vano e vano della porta e con ortostati o lastre che adornavano lo zoccolo delle porte e delle torri. Ai due lati delle porte stavano grandi leoni intagliati in parte nelle lastre e in parte sporgenti col loro petto dai blocchi di pietra. Tutte queste opere d'arte, alle quali vanno aggiunte ancora alcune statue di divinità e di re, risalgono ai diversi periodi della storia della città, e mentre le più antiche dimostrano chiaramente accanto al loro carattere fondamentale hurrita grande parentela con l'arte hittita dell'interno dell'Asia Minore, le più recenti stanno del tutto sotto l'azione dell'arte assira, pur divergendo da quella di Assur o Ninive per il loro carattere ancor sempre, quantunque leggermente oramai, hurrita. L'arte di Sam'al rivela chiaramente la mescolanza dei varî elementi che concorsero alla sua formazione: quello hurrita, che è il più antico, l'elemento hittita, per i suoi stretti rapporti per parecchi secoli con gli Hittiti, quello dell'arte degli Aramei, come si era sviluppata nella Siria settentrionale, l'azione dell'arte egiziana per i continui rapporti dell'Egitto con la Siria, e infine l'influsso preponderante dell'arte degli Assiri, la quale si può dire che ridusse Sam al a una provincia dell'arte imperiale assira.
I soggetti trattati dagli artisti di Sam'al erano molto varî e il loro repertorio combinava nei suoi tratti generali con quello dell'arte hurrita e dell'arte hittita. Abbiamo già accennato ai leoni, custodi delle porte d'ingresso, raffigurati con le bocche bene spalancate, con la lingua pendente. Numerose erano pure le sfingi, con corpo di leone e testa di donna. Qualcuna porta la testa di donna sopra quella di leone, e perciò è stata avanzata l'ipotesi che la sfinge sia originaria della Siria del noord e non dell'Egitto. Erano comuni poi le scene cinegetiche, quelle di canto e musica, le raffigurazioni di combattimenti e di scene di caccia in carro. Non erano ignote neppure le scene conviviali, che qualcuno ha voluto interpretare in senso puramente funerario. Ricorrono inoltre raffigurazioni di animali, le quali eccellono per il loro realismo, nonché quelle di principi e divinità. Una statua di un re poggia sopra un piedestallo che si erge sopra le schiene di due leoni tenuti per la criniera da un piccolo cosiddetto Gilgames, ritratto di fronte. La statua arieggia molto davvicino la forma di un cilindro. Il dio della tempesta, che nel periodo hittita della città era il dio principale del pantheon, mentre più tardi questo era costituito da divinità semitiche e segnatamente assieme gli scultori di Sam'al solevano ritrarre con la folgore nella sinistra e l'ascia brandita nella destra, con le punte delle scarpe rialzate secondo la foggia hittita e la spada infilata nella cintura.
E. Meyer, Geschichte des Altertums, II, ii, Stoccarda e Berlino 1931, pp. 425-36; Ausgrabungen in Sendchirli, Berlino, I-IV; Gartstaing, The Hittite Empire, Londra 1929, pp. 236-62; G. Contenau, Manuel d'archéologie orientale, II, Parigi 1931, pp. 983-994; A. T. Olmstead, History of Palestine and Syria to the macedonian conquest, New York-Londra 1931, pp. 250-257, e passim.