SAMARCANDA (A. T., 93-94)
Città della repubblica federata uzbeka nella Russia asiatica. Situata lungo le rive dello Zerafšan all'aprirsi della fertilissima vallata irrigata da questo fiume, è stata ed è tuttora una delle città più interessanti dell'Asia Centrale, sia per la sua storia, sia per l'importanza dei suoi monumenti. Essa consta di due parti distinte: la città medievale e la città moderna. Centro della prima, dalle vie strette e tortuose e con tre o quattro grandi arterie, percorse da canali, è il Rigistan, o piazza centrale, su tre lati della quale prospettano magnifiche moschee. Fuori della città indigena, al suo estremo NE., sorge la Shāh-Zindeh, attorno alla quale si raggruppa una necropoli dei tempi di Tamerlano (Tīmūr). Dalla tomba di Ciōbān-ata, sita sopra una piccola altura, si gode una splendida veduta della città, dominata dalle cupole, simili per il colore a colossali turchesi, e dagli esili minareti, mentre tutto d'intorno si estendono giardini verdeggianti, oltre i quali risplendono, sotto il sole, i meandri dello Zerafšan e da lungi sorgono le catene montuose, che circondano la vallata della Fergana. La città moderna, che contrasta con quella antica per le vie ampie, ben alberate con acacie, pioppi, olmi, e regolarmente costruite, alcune con disposizione radiale e altre concentrica, sicché la pianta generale può essere raffigurata a un ventaglio aperto, si trova a occidente della vecchia Samarcanda; fra le due città sorge la fortezza, terminata nel 1882. Nella città nuova sono gl'istituti di istruzione, e, fra gli altri, la scuola di magistero uzbeka, circoli, teatri, cinematografi, oltre a una biblioteca e a un museo locale. Recentemente è stata riorganizzata l'industria della seta, usando macchinarî perfezionati, e dal 1930 è stato derivato dallo Zerafšan un nuovo canale irrigatorio, che ha permesso di aumentare la superficie coltivata dell'oasi, già famosa per l'esportazione della frutta la coltura delle uve da tavola e del riso. Buona parte delle pellicce, note come pelli di Astrachan o di persiano, provengono da Samarcanda, dove si trova la maggiore fattoria statale per l'allevamento delle pecore. Samarcanda è collegata per ferrovia a Buchara e Taškent. La popolazione della città contava 154.600 ab. nel 1934 contro 62.000 ab. della fine del secolo XIX.
Monumenti. - Nulla si è conservato, dei palazzi fatti costruire da Tamerlano né della grande moschea del venerdì, che, come risulta da descrizioni, s'innalzava su colonne di pietra con quattro minareti agli angoli. Rimangono soltanto rovine della madrasah Bībī Khāṅum, fatta costruire da Tamerlano (1399). La pianta fino allora in uso per simili costruzioni di collegi, vi appare modificata, composta di un rettangolo formato da file di celle con sale a cupola e archi enormi e profondi aprentisi nel mezzo di ogni lato; serviva, contemporaneamente, come moschea. Una delle necropoli più singolari del mondo è la strada dei sepolcri Shāh-Zindeh eretta a Samarcanda dallo stesso Tamerlano per i membri della sua famiglia. Vi si succedono su un terreno in salita i mausolei a cupola della sua balia Ūlgia-Aim, delle sue sorelle Čogiuq Biqa (1371) e Shīrīn Biqa (1385), nonché del cugino Qāsim. Architettonicamente essi vengono però superati dall'imponente mausoleo del conquistatore stesso, detto Gūr-i Amīr, eretto tra il 1490 e il 1504 e discosto dalla suddetta necropoli. Ha la forma d'una torre massiccia, con basamento ottagonale, tamburo alto e cilindrico, e cupola scanalata che rammenta ancora la forma della tenda (v. islamismo, XIX, tav. CX). Degli altri edifici dovuti ai successori di Tamerlano vanno ricordate le tre madrasah attorno alla piazza Rigistan: quella di Ulūgh Beg (1447-1449), con quattro minareti e un'enorme porta d'ingresso, quella di Shīr Dār (1610) e l'altra, all'incirca coeva, di Tilla Kari, munite di torri angolari cilindriche e altri archi di porte, tenacemente fedeli alle forme tradizionali. La famosa specola di Ulūgh Beg non è più conservata.
La bellezza degli edifici di Samarcanda è data non tanto dalla loro struttura architettonica, quanto dalla loro decorazione in ceramica, a musaico maiolicato variopinto, a mattonelle prevalentemente di colore verde turchese, e animate da forti incavi e rilievi, il tutto d'un effetto grandioso non inferiore ai più begli edifici persiani dell'epoca mongola.
Storia. - La città, sotto il nome di Μαράκανδα, compare per la prima volta menzionata da Arriano quale capitale della Sogdiana, nel racconto della spedizione di Alessandro, che la conquistò al satrapo Spitamene. Dopo il Macedone, appartenne, con tutta la Sogdiana, alla satrapia di Battriana, e quindi venne presto a staccarsi dall'impero seleucidico, e a far parte del regno grecoscitico di Battriana. Da allora, essa esce dall'orbita iranica, e gravita piuttosto verso l'Asia centrale e la Cina, tanto che le poche notizie che abbiamo di essa tra l'epoca del regno battrico e la conquista musulmana ci provengono quasi tutte da fonti storiche e itinerarie cinesi. Sommersa nei primi secoli d. C., come tutta la Transoxiana, dalle invasioni eftalite, essa si trovò alla vigilia dell'invasione araba sotto una delle varie dinastie locali di principi turchi, che si erano sovrapposte all'elemento iranico indigeno. Contro questa dinastia locale, che le fonti arabe chiamano Ṭarkhūn (nome proprio o più probabilmente titolo), venne a urtare ai primi anni del sec. VIII d. C. il conquistatore arabo Qutaibah ibn Muslim che, varcato l'Oxo, andava sottomettendo in nome dei califfi omayyadi di Damasco la Transoxiana. Dopo lunghe trattative, durante le quali il Ṭarkhūn fu rovesciato dai suoi stessi sudditi, il suo successore Ghūrak ottenne (712) di conservare una parvenza di sovranità sotto l'occupazione militare e il controllo amministrativo musulmano. Questo regime si mantenne per qualche tempo, con fluttuazioni, nelle movimentate vicende della Transoxiana per tutta la prima metà del sec. VIII, nei ripetuti tentativi che essa fece, con l'aiuto dei Turchi (Tu-Kiu d'Occidente), per scuotere il giogo arabo-musulmano. Ma nella seconda meta dello stesso secolo, sotto i primi califfi ‛abbāsidi, la diarchia è sparita, e la città e la regione, ormai quasi completamente islamizzatesi, si avviano piuttosto a formare un'unità politica marginale, praticamente indipendente, nell'orbita del califfato di Baghdād. Fino dall'809 il califfo al-Ma'mūn investì del governo di Samarcanda Nūh ibn Asad, di quella famiglia iranica dei Sāmānidi (v.) che doveva per quasi due secoli detenervi il potere estendendolo nel sec. X a tutta la Transoxiana e al Khorasān, e dando alla regione un rigoglioso sviluppo economico e culturale. Benché la capitale del principato sāmānide sia stata la vicina Buchara, Samarcanda ebbe una funzione di primo piano, come città di scienza e d'arte, in questo primo brillante periodo della sua storia.
Nel 999 la dinastia sāmānide era soppiantata dai Qarakhānidi o lk Khān e subì poi successivamente il dominio dei Ghaznevidi, dei Selgiuchidi e dei Khuwārizm Shāh, sotto i quali si trovava al tempo dell'invasione mongola (sec. XIII). Dopo avere appartenuto al dominio della linea di Ciaghatāy, essa ebbe un secondo periodo di splendore quando fu conquistata da Tamerlano, che ne fece la capitale del suo stato, la abbellì magnificamente, e ivi morì e fu sepolto (1405). Suo nipote Ulūgh Beg vi fondava il celebre osservatorio astronomico; per tutto il sec. XV il dominio tīmūride ne fece un tale centro artistico e culturale che la sua fama si diffuse sino in Europa (cfr. la relazione di viaggio dell'inviato spagnolo Clavijo, e, da parte orientale, la descrizione che ne dà nelle sue memorie il sovrano mongolo Bābur). Contesa per qualche tempo da Bābur, sui primi del sec. XVI, agli Uzbeki Shaibānidi, che l'avevano strappata con tutta la Transoxiana agli ultimi Tīmūridi, restò definitivamente nelle mani degli Uzbeki, e andò decadendo per i secoli XVI-XX, praticamente soppiantata da Buchara come capitale dell'emirato omonimo sino all'occupazione russa. Questa, iniziatasi nel 1868, diede un notevole impulso economico, demografico ed edilizio all'antica città. Con la rivoluzione, essa divenne capitale della repubblica sovietica dell'Uzbekistan; nel 1930 ha passato tale grado a Taškent, ma ha conservato sempre la sua importanza di capitale culturale della Sogdiana.
H. H. Schaeder, in Encyclopédie de l'Islām, IV, 1925, pp. 134-136; per la topografia e descrizione medievali, G. Le Strange, The lands of the Eastern Caliphate, Londra 1905, p. 463 segg. Per i monumenti cfr. Schubert v. Soldern, Die Baudenkmale von Samarkand, Vienna 1898-99; Commiss. imp. archeol. russa Les mosquées de Samarcande, I: Le Gour-Émir, Pietroburgo 1905; E. Cohn-Wiener, Turan, Berlino 1930.