SAMARRA
Città dell'Iraq, posta sulle rive orientali del Tigri, a km 120 a N di Baghdad.Il sito di S. fu abitato sin dall'età preistorica, ma soltanto in epoca islamica, più precisamente nel sec. 9°, sotto la dinastia abbaside (750-1258), la città raggiunse il massimo splendore, divenendo capitale del califfato dall'836 all'892. I suoi monumenti rappresentano l'arte imperiale abbaside nel momento più alto, comunemente indicato proprio come 'arte di S.'.Come nel caso di Baghdad, l'area della nuova capitale era in precedenza occupata da altri insediamenti e la stessa denominazione popolare araba surra man ra'a ('si rallegra chi l'ha vista') sembrerebbe derivare da un toponimo locale. Le ragioni che portarono gli Abbasidi (v.) a trasferire la capitale da Baghdad a S. non sono chiare: la motivazione più diffusa viene individuata nell'avvento di mercenari turchi che avrebbero creato turbolenze politiche nella capitale e avrebbero spinto la corte a spostarsi verso un sito difeso naturalmente, in quanto circondato da una rete di canali che si diramavano dal Tigri.Al fondatore al-Mu῾ṭaṣim (833-842) si devono la prima Grande moschea e il palazzo califfale, noto sotto varie denominazioni (Dār al-khilāfa, Dār al-khalīfa, Dār al-sulṭān) e costituito dalla Dār al-῾āmma, riservata all'udienza, e dal Jawsaq al-khāqānī, la residenza vera e propria. Questo complesso, insieme ai giardini che ne facevano parte, aveva un'estensione di ca. ha 150. Il successore di al-Mu῾ṭasim, al-Wāthiq (842-847), costruì il palazzo al-Hārūn e promosse lo sviluppo economico della città, che tuttavia continuò a svolgere un ruolo secondario rispetto a Baghdad.Al califfo al-Mutawakkil (847-861) si devono diversi edifici: la vastissima Grande moschea, sopravissuta fino ai giorni nostri e oggetto di ripetuti restauri, e ca. venti palazzi, tra cui quello molto noto di Balkuwārā; al-Mutawakkil costruì inoltre la città gemella di Abū Dulaf, nota anche come al-J̌a῾fariyya o al-Mutawakkiliyya, della quale è rimasta la Grande moschea. Si tratta di un edificio di un certo interesse, che presenta due navate parallele al muro della qibla, che, insieme alla navata centrale, creano un dispositivo a forma di T.Sul piano urbanistico spicca nella città di S. la grande arteria centrale, la Shāri᾽ al-a῾ẓam, che sembra costituisse il tratto urbano della grande strada che collegava Baghdad e Mossul. Parallela al corso del Tigri si trovava la Shāri᾽ al-khalj, collegata al porto fluviale.Il Jawsaq al-khāqānī, solo parzialmente scavato, si presenta come un complesso di edifici, non lontani dal Tigri e preceduti da un'ampia spianata, verosimilmente adibita a giardino, che evocano l'architettura sasanide. Al palazzo era annesso un parco di caccia; la parte centrale era occupata dalla sala d'udienza a pianta cruciforme con al centro una cupola, secondo lo schema della Dār al-imāra di Merv, ma anche secondo tradizioni locali, comunemente fatte risalire al palazzo partico di Assur (Iraq) e riscontrabili nell'architettura di altri edifici preislamici. Del complesso facevano parte due sirdāb (cavità scavate nella roccia con vani annessi) e un lago, alimentato dalle acque del Tigri. Il complesso di Balkuwārā riflette le linee essenziali del Jawsaq al-khāqānī, ma le unità abitative e la sala del trono sono più raccolte e costituiscono un insieme unitario. La sala del trono è a pianta cruciforme.Incerta è l'attribuzione del Qaṣr al-Jaṣṣ, un palazzo residenziale non meglio identificato: la pianta quadrangolare è inserita in un quadrangolo maggiore, come nel palazzo di Ukhayḍi̧r (Iraq); dalla sala centrale, probabilmente ricoperta da una cupola, si diramavano quattro unità, precedute da un cortile; di particolare interesse è il lato meridionale, che comprende un gruppo di bagni e di appartamenti. Quanto al palazzo di al-Iṣṭablāt, sulla riva occidentale del Tigri, si tratta di tre caserme quadrangolari, forse appartenenti a un insediamento a esclusivo carattere militare, poste lungo un asse viario che terminava in un ambiente cruciforme, che ricorda le sale del trono del Jawsaq al-khāqānī e del palazzo di Balkuwārā.Il Qaṣr al-῾ashīq, comunemente attribuito al califfo al-Mu῾tamid (869-892), è un edificio rettangolare preceduto da un corpo d'ingresso, diviso in cinque vani paralleli: sull'asse centrale si trova l'ambiente riservato all'udienza; è da rilevare che la sala del trono, anziché cruciforme, è a forma di T, secondo un dispositivo più funzionale che si andava diffondendo anche nella planimetria delle moschee.S. è nota soprattutto per la Grande moschea di al-Mutawakkil, che, con i suoi m 240 × 156, è la più vasta del mondo. Il suo minareto a spirale costituì per un certo tempo un modello e fu imitato nella vicina moschea di Abū Dulaf e in quella di Ibn Ṭūlūn al Cairo (876-879); sebbene alcuni studiosi abbiano messo in rilievo i legami con le torri cinesi thai, si ritiene che esso derivi piuttosto dalle ziggurat assiro-babilonesi. La pianta della moschea era quadrangolare con le mura perimetrali rinforzate da bastioni semicircolari, tra i quali si aprivano numerose porte e finestre culminanti in archi polilobati. La sala di preghiera è costituita da venticinque navate, tra le quali quella mediana è leggermente più ampia delle altre. I pilastri erano ottagonali, con colonnine addossate di marmo, e non sembra che reggessero degli archi: il soffitto era dunque del tipo presente nella apadana, modello attestato nell'architettura achemenide. Il miḥrāb, come altrove nell'arte islamica della Mesopotamia, era a pianta rettangolare. L'edificio era dotato anche di un ampio cortile.La Qubbat al-ṣulaybiyya, un mausoleo la cui costruzione viene attribuita al califfo al-Muntaṣir (861-862), rappresenta uno dei più antichi edifici sepolcrali islamici pervenuti: è una costruzione a pianta ottagonale, che racchiude all'interno un nucleo a pianta quadrangolare che sosteneva una cupola.La vastissima area archeologica di S. è stata scavata solo in parte. Poco note sono in particolare le unità abitative, che sembrano comunque seguire uno schema fisso: sul fondo di un cortile si trovava un ambiente a forma di T con a fianco due vani minori.I ritrovamenti di S. offrono diversi esempi dell'evoluzione della decorazione islamica in epoca abbaside: da uno stile relativamente realistico, simile a quello presente nel periodo tardo-omayyade, si giunge a forme completamente astratte. La decorazione prevalente è in stucco e ne sono stati individuati tre stili: il più tardo appare realizzato con una tecnica particolare in cui il motivo non è ricavato attraverso un intaglio verticale, ma piuttosto ricurvo (c.d. rilievo smussato). Si ritiene che tale tecnica provenga dall'Asia centrale. Inoltre nel Jawsaq al-khāqānī sono stati rinvenuti affreschi che dimostrano la continuità con l'arte omayyade, anche se i temi trattati se ne distanziano nettamente. Nella decorazione della maggior parte del palazzo intervennero certamente maestranze provenienti da varie parti dell'impero, come dimostrano alcuni graffiti in greco e siriaco. Nella moschea di al-Mutawakkil sono state inoltre ritrovate tracce di decorazioni a mosaico che confermano l'eterogeneità delle maestranze e, ancora una volta, i collegamenti con l'arte omayyade. Il principale materiale da costruzione utilizzato fu il mattone, cotto o crudo.I monumenti di S. segnano l'apogeo dell'arte abbaside. Se vi si possono ravvisare influssi persiani, più cospicui sembrano gli apporti dell'antica arte mesopotamica, evidenti nel minareto a spirale e nella Grande moschea, che riflette la pianta del c.d. tempio a corte larga. Entro certi limiti si può dunque parlare di una rinascenza dell'antica arte della Mesopotamia. Benché alla lunga siano prevalse le scuole locali, l'arte di S. venne considerata un modello sia nell'Oriente sia nell'Occidente islamico: il dispositivo a forma di T della moschea di Abū Dulaf fu ripetutamente imitato nell'Africa settentrionale.Altrettanto si può dire per la decorazione, come dimostrano gli stucchi nella moschea di Balkh (Afghanistan) e nella moschea di Ibn Ṭūlūn al Cairo, nonché alcune opere in legno (Cairo, Mus. of Islamic Art). Inoltre a S. sono stati rinvenuti numerosi oggetti in ceramica decorata a lustro metallico, che ebbero ampia diffusione nel mondo islamico, lasciando così supporre che in questa città si collocassero alcune delle officine di produzione.È tuttavia necessario ricordare che i caratteri innovativi dell'arte islamica comunemente attribuiti a S. dipendevano piuttosto da Baghdad, della quale praticamente nulla è sopravvissuto a causa della devastante invasione mongola del 1258. Per ciò che concerne la decorazione parietale e la ceramica, diversi motivi e tecniche forse si devono all'importazione da altre regioni dell'impero o anche dalla Cina, come confermano i ritrovamenti di porcellane cinesi e le loro imitazioni nella produzione locale.Nel complesso, l'arte di S. ben si inserisce nel percorso di quella islamica, non solo per ciò che attiene alla decorazione, ma per l'architettura, nella quale prevale l'accostamento degli edifici, piuttosto che un organico schema programmatico. S. è importante anche per la presenza di costruzioni legate al mondo sciita. Vi furono sepolti due importanti imām sciiti, ῾Alī al-Hadī (m. nell'868) e Ḥasan al-῾Askarī (m. nell'874), e sul luogo della presunta sepoltura di quest'ultimo venne innalzato un santuario, ripetutamente restaurato e ricostruito.
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