Vedi SAMOTRACIA dell'anno: 1965 - 1997
SAMOTRACIA (v. vol. vi, p. 1102)
Il quadro generale del Santuario dei Megàloi Theòi ha registrato sostanziali mutamenti grazie agli scavi condotti dal 1968 dalla Scuola Americana di Studi Classici di Atene sotto la direzione di J. R. McCredie; il Servizio Archeologico Greco ha intrapreso recuperi di antichità e uno scavo sistematico nel sito di Mikrò Vounì, sulla costa meridionale dell'isola (D. Matsas).
Mikrò Vounì è un insediamento cinto di mura, dell'estensione di 10.000 m2, il cui sviluppo si colloca tra il 4000 e il 1500 a.C. circa e che ebbe rapporti con le isole e con le coste dell'Egeo nord-orientale, ma anche con le Cicladi e con Creta. Il formarsi di questo insediamento preurbano, che sembra essere andato distrutto a causa di un incendio, è posto in rapporto con l'introduzione di altre colture oltre quelle tipiche dell'età neolitica.
Al periodo del Tardo Bronzo risale la fondazione degli altri insediamenti preistorici di S. (Kariotes, Prophitis Ilias), mentre i tre monumenti megalitici e il muro si datano all'Età del Ferro.
Architettura. - L'immagine del Santuario dei Megàloi Theòi è cambiata in seguito alle ricerche degli ultimi anni sulle colline orientale e occidentale, nel Pròpylon di Tolemeo II, nella zona tra l'Arsinoèion e VAnàktoron, e in altre aree.
Scavi stratigrafici effettuati nell'area dell'Anàktoron e dell'Arsinoèion dimostrano che la prima costruzione venne eretta nel corso della prima età imperiale a sostituzione di un precedente edificio, il c.d. Protoanàktoron. Quest'ultimo si data nel III sec. a.C. ed è forse contemporaneo all'Arsinoèion e parte del medesimo programma edilizio; venne distrutto da un terremoto, come mostrano alcuni indizi presenti anche in altri edifici del santuario. Del Protoanàktoron, che non differiva molto dall'impianto posteriore per quanto riguarda le dimensioni, la distribuzione degli spazi e la funzione, si conserva solo la sottofondazione (lato occidentale per una lunghezza di 31 m, parte del lato orientale). Il c.d. Edificio dell'Ortostate (Períbolo Doppio), che misura all'incirca 30,5 x 12 m, era internamente suddiviso in tre parti da muri di tramezzo e viene ora datato, in base alle stratigrafie, alla prima metà del IV sec. a.C. Poiché si trova al di sotto dell'Anàktoron, del Protoanàktoron, della Hierà Oikìa e dell'Arsinoèion, e ha la medesima distribuzione degli spazi, sembra che anche questo edificio fosse adibito ai riti d'iniziazione. Al suo interno, lungo il lato orientale, era una piattaforma soprelevata destinata a coloro che seguivano i misteri, simile alle tribune lignee lungo i muri orientale e meridionale dell'Anàktoron di età romana. La successione «Edificio dell'Ortostate», Protoanàktoron, Anàktoron, lascia irrisolto il problema sul luogo dove si svolgeva l'iniziazione prima della fine del V sec. a.C., giacché fonti scritte e offerte votive ne attestano l'esistenza.
L'area dove avveniva l'Aepoptèia, il secondo grado di iniziazione ai misteri di S., vale a dire lo Hieròn, è stato ora definitivamente pubblicato (Ph. W. Lehmann e altri, 1969), e così anche il témenos (Ê. Lehmann, D. Spittle, 1982). Quest'ultimo edificio presenta notevole interesse sia per quanto riguarda il culto, sia per il suo elegante pròpylon ionico (m 12,30 di larghezza X 7 m circa di altezza). Il fregio con fanciulle danzanti, ritenuto il più antico esempio di stile arcaistico nell'arte greca, viene ora posto stilla trabeazione e non nella parte bassa del muro; la trabeazione stessa è ancora il più antico esempio di combinazione di fregio scolpito ed epistilio a fasce (di derivazione dalla Grecia continentale) con geisìpodes (di derivazione dall'Asia Minore), che diviene canonico nella successiva architettura ionica e corinzia. Secondo la Lehmann, sia l'edificio sia la decorazione scultorea sarebbero da attribuirsi a Skopas (v.).
Dell'Arsinoèion (altezza totale m 12,65), si è proposto che l'originaria copertura conica sia andata in rovina a causa di un terremoto nel corso della prima età imperiale. In quel momento venne sostituita la struttura lignea e la copertura prese l'aspetto di una piramide ottagonale coronata da una cimasa marmorea concava, ornata di foglie di alloro a rilievo.
Il pròpylon di Tolemeo II aveva due portici, di ordine ionico sul lato orientale e corinzio (il primo esempio noto di questo stile all'esterno di un edificio) su quello occidentale, verso il santuario, in direzione del quale, durante l'epoca ellenistica, conduceva un ripido terrapieno (se ne conservano le sottofondazioni). Questo venne sostituito da un ponte di legno, quando il fiume cambiò il suo corso in seguito al terremoto del II sec. d.C.
Sulla collina orientale, davanti allo Ptolemàion, è stato scavato un complesso di edifici quali l'area circolare, circondata da una gradinata di cinque gradini, che era aperta verso S. Tale apertura venne chiusa nel corso del IV sec. a.C. e verso O vennero costruiti, in successione, due edifici quadrati, poi sostituiti da una costruzione marmorea di ordine dorico con fronte esastila, dedicata da Filippo III e da Alessandro IV (323-317 a.C.). Una thòlos di ordine dorico (diametro c.a. 4,10 m), divisa in due parti nel senso dell'altezza, con venti semicolonne doriche nel settore superiore, fu costruita verso la fine del IV sec. a.C., più a O rispetto all'edificio dedicato da Filippo e Alessandro; a giudicare dai suoi paralleli microasiatici, ebbe forse una funzione di cenotafio.
La stoà sulla collina occidentale venne eretta nella prima metà del III sec. a.C. Aveva un solo piano e due colonnati, internamente di ordine ionico e all'esterno di ordine dorico. Tra i doni votivi posti dinanzi alla sua facciata vi è anche la base con iscrizione di una statua su colonna di Filippo V (circa 200 a.C.). Sul pendio tra la stoà e il letto del corso d'acqua incassato al centro del santuario furono erette più costruzioni dal IV sec. a.C. in poi, delle quali il più significativo è un edificio per banchetti rituali. Intorno al 200 a.C. fu eretto un muro di terrazzamento davanti al teatro. In quest'area sono stati scavati due vani, di ignota destinazione e una nicchia che ha la forma dell'entrata di una tomba micenea ed è forse il cenotafio di Aetion-Iasios.
A Ν della stoà si trova una struttura di età ellenistica, estesa in lunghezza (29 X 14 m), nella quale era stata esposta una nave da guerra dedicata ai Grandi Dei forse da Antigono Gonata.
Ancora più a Ν l'Edificio A, attualmente al di sotto delle mura della fortezza bizantina, venne iniziato intorno al 400 a.C., ma fu presto abbandonato. I tre piccoli edifici verso occidente ricordano i thesauròi di Delfi e di Olimpia. Infine è stato recentemente pubblicato in dettaglio lo scavo (1923) di un piccolo monumento dinanzi all'edificio (dedicato da Milesia). Oggetto di uno studio particolare è stata anche la fontana della Nike, mentre per la necropoli meridionale possediamo solo relazioni preliminari.
Scultura. - Negli ultimi anni non si sono scoperte, negli scavi del santuario, nuove sculture particolarmente
significative, ma sono proseguiti lo studio e l'interpretazione dei vecchi trovamenti, specialmente da parte di Ph. W. Lehmann. Diverse recenti proposte d'interpretazione, tanto dei frontoni dello Hieròn quanto del pròpylon del témenos, sono state messe in dubbio, sia per aspetti generali sia per elementi di dettaglio. Secondo la Lehmann nel frontone settentrionale dello Hieròn era raffigurata l'infanzia di Aetion, fondatore dei misteri di Samotracia: Dike (o Themis-Eusebeia, VII) conduce il piccolo Aetion dalle Horai (IV-VI) alla presenza delle Charités (o delle Moirai, VIII-X). Da destra seguono l'avvenimento Saon e Saoke (xi-xiii), da sinistra forse Tethis e Okeanos (II-III). Agli angoli del frontone sono state identificate le figure di Harmonía e Dardanos, i piccoli fratelli di Aetion. Tale interpretazione offre una lettura del tema attraverso i miti locali, ma dipende dalla problematica figura centrale (vii), la cui appartenenza al frontone non è sicura.
La Nike, figura acroteriale dello Hieròn (150-125 a.C.), teneva il braccio destro sollevato e versava da una brocca una libagione in una patera sorretta dalla mano sinistra, come è stato dimostrato dopo il ritrovamento di alcuni frammenti delle mani. La statua in questione, che presenta molti restauri, venne poi sostituita da un'altra figura di Nike, ora a Vienna, nel corso della prima età imperiale.
La Lehmann, inoltre, riconosce nelle sculture e nell'architettura del pròpylon del témenos la mano e l'ideazione di Skopas, fondandosi principalmente sullo stile delle teste scolpite sui lacunari del soffitto e sul fatto che la presenza dello scultore parió a S. è tramandata dalle fonti. Da altri studiosi, tuttavia, questi argomenti non sono ritenuti prove sufficienti per un'attribuzione. Si suppone che il lacunare C(v)2 rappresenti Alessandro Magno: quella che era ritenuta la hierogamìa di Cadmo e Harmonía, al centro del fregio delle fanciulle danzanti, è interpretata come rappresentazione allusiva delle nozze di Filippo II con Olimpia; ne deriverebbe di conseguenza, una cronologia al 340-338 a.C.
Arti minori. - La ceramica del santuario ha costituito oggetto di studi, sia nell'ambito della pubblicazione degli edifici, come la ceramica dello Hieròn e del témenos (di questa, particolarmente interessante la c.d. G 2-3 Ware del VII sec. a.C., con i suoi caratteristici kàntharoi), sia nel quadro dei trovamenti dai recenti scavi, come i frammenti di un cratere a figure nere del Pittore del Louvre F6 e di un altro del Pittore di Princeton (iscrizione ΗΕΧΕΛΕΙΔΕ ΕΟΙΕ[Σ]ΕΝ), di un cratere a figure rosse del ceramista Erasinos e di un altro che è attribuito a Hermonax.
L'anfora panatenaica è assegnata al Pittore di Euphiletos (c.a 525 a.C.). Ricchi sono pure i ritrovamenti ceramici dalla necropoli meridionale.
Due anelli in ferro, caratteristici di S., uno dei quali con un ritratto ellenistico in rilievo, provengono dal santuario.
Bibl.: K. Lehmann, Ph. W. Lehmann (ed.), Samothrace. Excavations Conducted by the Institute of Fine Arts, New York University: Ph. W. Lehmann e altri, III, The Hieron, Princeton 1969; K. Lehmann, D. Spittle, IV, The Altar Court, New York 1964; iid., V, The Temenos, Princeton 1982. Relazioni preliminari di scavo: Archaeology, XVII, 1964, p. 185 ss.; XX, 1967, p. 116 ss.; Hesperia, XXXIV, 1965, p. 101 ss.; XXXVII, 1968, p. 200 ss.; XLI, 1972, p. 463 ss.; XLIII, 1974, p. 454 ss.; XLIV, 1975, p. 234 ss.; XLVII, 1978, p. 211 ss.; XLVIII, 1979, p. 1 ss. Si veda inoltre: E. Β. Dusenbery, A Hellenistic Iron Portrait Ring from Samothrace, in Essays in Memory of Karl Lehmann, New York 1964, pp. 97-99; I. C. Love, Kantharos or Karchesion? A Samothracian Contribution, ibid., pp. 204-222; H. Seyrig, Un édifice et un rite de Samothrace, in CRAI, 1965, pp. 105-110; W. B. Dusenbery, Ancient Glass from the Cemeteries of Samothrace, in JGS, IX, 1967, pp. 34-49; D. Lazaridis, Σαοθρακη και η Περαια της (Ancient Greek Cities, 7), Atene 1971; Ph. W. Lehmann, Skopas in Samothrace, Northampton (Mass.) 1973; K. e Ph. W. Lehmann, Samothracian Reflections. Aspects of the Revival of the Antique, Princeton 1973; J. R. McCredie, Recent Investigations in Samothrace, 1965-1974, in U. Jantzen (ed.), Neue Forschungen in griechischen Heiligtümern, Tubinga 1976, pp. 91-102; W. Oberleitner e altri, Funde aus Ephesos und Samothrake, Vienna 1978, pp. 32-35, 42-46, 126 ss.; G. Roux, Samothrace, le sanctuaire des Grands Dieux et ses mystères, in BAssBudé, 1981, pp. 2-23; S. N. Papageorgiou, Σαοθρακη. Ιστορια του νησιου απο τα πρωτα χριστιανικα χρονια ως το 1914, Atene 1982; A. W. Sleeswyk, The Prow of the «Nike of Samothrace» Reconsidered, in IntJNautA, XI, 1982, p. 233 ss.; K. Lehmann, Samothrace. A Guide to the Excavations and the Museum, New York 19835; S. G. Cole, Theoi Megaloi. The Cult of the Great Gods at Samothrake (EPRO, 96), Leida 1984; D. Matsas, Mikro Vouni, Samothrace: A Prehistoric Community in an Island System of the NE Aegean, in Ανθρωπολογικα, VI, 1984, p. 73 ss.; id., Samothrace, in Αρχαιολογία, XIII, 1984, pp. 35-43; H. Ehrhardt, Samothrake, Stoccarda 1985; J. R. Me Credie, A Ship for the Great Gods: Excavations in Samothrace, 1986, in AJA, XCI, 1987, p. 270; J. R. McCredie, Samothrace in the Classical Period, in Πρακτικα του XII Διεθνούς Συνεδριου Κλασικης Αρχαιολογιας, Αθηνα Ι983, Atene 1988, pp. 119-123; D. Matsas, Samothrace and the Northeastern Augean. The Minoan Connection, in StTroica, I, 1991, pp. 159-179.
(P. A. Pantos)