SAMPIERO da Bastelica (Sampiero Corso)
Nacque a Bastelica (Corsica), da umile famiglia, il 23 maggio 1498. Recatosi giovanissimo a Roma, entrò nelle truppe mercenarie di Giovanni de' Medici e partecipò alla guerra del ducato di Urbino e alle imprese contro città e signori delle Marche e della Romagna. Nella giornata della Bicocca, si trovò nelle Bande Nere che resero possibile la ritirata al Lautrec e, dopo la sconfitta del Bonnivet, partecipò alla difesa di Marsiglia. Morto Giovanni de' Medici, le Bande Nere furono impiegate da Firenze in soccorso dei Francesi in Lombardia e nel Napoletano. Ma poi S., nelle file degl'imperiali, si batté contro Firenze. Passato a Roma, divenne amico del cardinale Ippolito de' Medici. A Roma la sua francofilia si accentuò; egli era disposto a uccidere Carlo V inorgoglito dalla spedizione di Tunisi. Pochi mesi dopo la morte del cardinale Ippolito, entrò nell'esercito francese, distinguendosi alla difesa di Fossano, una seconda volta, a quella di Marsiglia e nell'assedio di Perpignano (1542), nella battaglia di Ceresole (1544) e nella giornata di Vitry. Finite le campagne, S. tornò in Corsica e sposò Vannina, figlia di Francesco, signore d'Ornano (1545). Era così colonnello del re di Francia ed erede della signoria d'Ornano. Costretto in seguito a un duello a recarsi prima in Italia, fu incaricato da Enrico II di alimentare l'odio di papa Paolo III per gli Spagnoli dopo l'uccisione di Pier Luigi Farnese (1547). Lo sedusse l'idea di diventare generale di Santa Chiesa, ma il papa non gli volle conferire questa carica. Tornò in Corsica. Ma fu chiuso nella prigione di Bastia, sotto l'accusa di aver tramato contro il Banco di San Giorgio. Liberato per intercessione di Enrico II, se ne partì per la Francia, col proposito di liberare l'isola dal dominio genovese. Apertesi le ostilità tra Enrico II e Carlo V, S. consigliò al re l'impresa di Corsica. Il 20 agosto 1553, l'armata gallo-turca iniziò l'offensiva. S. sbaragliò i Genovesi sul Golo. Ma dopo essere stato autore di tutti i successi, nell'ottobre 1554 venne richiamato alla corte. Era l'epilogo del dissidio tra lui e il maresciallo di Thermes. Con la sua partenza la situazione dei Francesi divenne critica. Allora il re gli ordinò di tornare nell'isola (1555). Sgombrata la Corsica dai Francesi in seguito al trattato di Cateau-Cambrésis, per quanto la signoria di Genova si mostrasse accomodante con S., questi si ritirò in Francia. Per consiglio della corte, si recò a Costantinopoli e ad Algeri a chiedere aiuti, ma non ottenne che promesse. Dopo avere strozzato la moglie, che si accingeva a recarsi a Genova, tornò alla corte francese. La repubblica, nel maggio 1563, dopo regolare processo, dichiarò S. e i suoi amici ribelli e ne confiscò i beni. Il 19 giugno 1564 S. sbarcò nel Golfo di Valinco con Guasconi e Provenzali, riuscendo a spingere alla rivolta anche gl'incerti e i timidi. Ma disperando di poter cacciare da solo i Genovesi, offrì contemporaneamente la sovranità dell'isola al papa e a Cosimo I de' Medici. Ma Ia situazione era quanto mai critica. La corte francese, pregata da S., offrì la sua mediazione per la pacificazione. Ma la repubblica respinse la proposta. Un complotto fu organizzato e il 17 gennaio 1567 S. fu ucciso. Uomo dotato di grandi virtù militari, nella lotta contro Genova S. fu dominato dal desiderio di vendetta e dall'ambizione. Pur di cacciare i Genovesi avrebbe asservito la patria al re di Francia, al granduca di Toscana, al papa, anche al sultano. In realtà aprì l'isola all'influenza francese.
R. Russo, La ribellione di S. C., Livorno 1932 (cfr., inoltre, la polemica fra il Russo e I. Rinieri, in Archivio storico di Corsica, 1933).