sampogna
Etimologicamente, lo strumento musicale di questo nome è una corruzione del classico symphonia: termine quanto mai generico, e che tuttavia i musicografi medievali impiegano comunemente per indicare " collatio et concordia quorumcumque sonorum ", e, per metonimia, lo strumento in grado di emettere simultaneamente suoni gravi e acuti. I commentatori antichi (Benvenuto e altri) spiegano puntualmente s. con symphonia; il Buti attesta senza incertezze che l'emissione del suono si ottiene " soffiando con bocca o gonfiando lo cuoio " (l'otre di pelle di cui la s. è dotata). Dal punto di vista lessicografico, quindi, è inutile voler sottilizzare (almeno per quanto riguarda il Medioevo) fra s. e cornamusa, denominando s. la canna semplice, insuffiata direttamente dall'esecutore, e cornamusa il sacco di pelle in grado di emettere suoni continuati attraverso una serie di canne o zampogne, alcune a suono fisso (i bordoni), altre con frequenza regolabile mediante fori.
Non c'è dubbio che col termine s., adoperato una sola volta nella Commedia, D. volesse alludere proprio allo strumento polifonico sul tipo della cornamusa: non solo perché la canna singola è designata altrimenti (v. CENNAMELLA), ma anche perché s. forma tutt'uno con un altro strumento musicale, pur esso polifonico, la cetra (v.): entrambi i termini devono essere semanticamente affini, per imprescindibili necessità di coerenza narrativa.
Nel cielo di Giove già D. aveva sottolineato il prodigio del rostro che suona ne la voce e " io " e " mio ", / quand'era nel concetto e ‛ noi ' e ‛ nostro ' (Pd XIX 11-12): nel canto XX l'immagine è ripresa, con più discrezione, ma con più forte intensità espressiva, mediante la doppia similitudine della cetra e della sampogna. La sensazione, vaghissima e misteriosa, di un'immensa pluralità di anime che cantano e parlano al singolare è espressa, assai meglio che non con la precedente dichiarazione di novità già mai compresa per fantasia, attraverso il riferimento musicale, in cui è del tutto spontaneo e immediato il senso delle più voci fuse insieme in una compattezza ove quasi riesce difficile individuare, di tale insieme, le singole componenti. La proprietà dell'immagine dantesca si apprezza ancor meglio se si tengano presenti entrambi i termini della similitudine (Pd XX 24 sì com'al pertugio / de la sampogna vento che penètra). Il mormorar dell'aquila può essere meglio valutato nella sua ineffabilità proprio grazie al tipico timbro del bordone di cui la s. era già dotata al tempo di Dante. Il codice Escorial j b 2 (sec. XIII) della biblioteca Nazionale di Madrid contiene una miniatura (riprodotta in G. Reese, Music in the Middle Ages, New York 1940, 222) illustrante un suonatore che regge fra le braccia un grosso otre di pelle da cui escono tre coppie di canne sonore: una coppia che l'esecutore regge con le due mani perpendicolarmente alle labbra, destinata alla melodia principale e insuffiata direttamente; un'altra coppia, più lunga della precedente, che passa sotto il braccio destro del suonatore, e una terza, la più lunga di tutte, poggiante sulla spalla destra del suonatore medesimo: queste ultime due coppie sono destinate ai bordoni, ossia a suoni di frequenza fissa e la cui durata può essere tenuta a piacere, per essere alimentati dalla riserva d'aria contenuta nell'otre. Il bordone della s., non diversamente dal bordone (v.) della viella, dà l'armonia basilare che fa da sottofondo: in tal modo il mormorare dell'aquila acquista un respiro e una completezza che il lettore rischia altrimenti di perdere.
Bibl. - C. Sachs, Reallexicon der Musikinstrumente, Berlino 1913; ID., The History of musical Instruments, New York 1940, 281-284; F. Harrison-J. Rimmer, European musical Instruments, Londra 1964; Harvard Dictionary of Music, Cambridge, Massachusetts, 1969², sub v. Bagpipe.