Beckett, Samuel (propr. Samuel Barclay)
Scrittore, drammaturgo e sceneggiatore irlandese, nato a Foxrock (Dublino) il 13 aprile 1906 e morto a Parigi il 23 dicembre 1989. Fu uno degli autori più significativi del 'teatro dell'assurdo' e uno degli scrittori esemplari del Novecento, premio Nobel per la letteratura nel 1969. Risale a un nodo filosofico (il 'limite', la soglia e l'insufficienza del linguaggio) il tratto che stringe in maniera coerente il lavoro del B. maggiore (teatro e narrativa) alla sua esperienza di cinema, ossia la volontà di muoversi oltre il linguaggio, in direzione di un'immagine senza parole.B. giunse tardi al cinema. Negli anni Trenta e Quaranta il suo interesse si rivolse essenzialmente a lavori narrativi e drammatici. Dopo la laurea al Trinity Col- lege di Dublino (1927), un primo soggiorno a Parigi (1928-1931), il ritorno a Dublino (1931-32) e quattro anni di vita errabonda a Londra, si stabilì (1937) a Parigi, scrivendo ormai in inglese e in francese. Vennero gli anni dei romanzi Murphy (1938) e Watt (1944), della trilogia Molloy (1951), Malone meurt (1951), L'innommable (1953) e soprattutto del suo grande teatro: fra le opere più significative si ricordano En attendant Godot (1952), Fin de partie (1957), Acte sans paroles I (1957) e Acte sans paroles II (1960). Due sono i modi in cui B. esplorò la condizione umana. Da una parte, attraverso l'incessante flusso verbale del monologo interiore, che è il modo dominante nella trilogia narrativa. Dall'altra, c'è l'immagine: sono proprio le immagini, sempre più compresse, a dominare nelle sue opere, in direzione di una poetica di liriche visive. E fu proprio tale qualità 'imagista' (di eredità e di matrice radicalmente novecentesca) a diventare via via più forte fino all'esito cinematografico di Film (1965). La sceneggiatura di Film fu scritta nella primavera del 1963. Le riprese ebbero luogo a New York nel 1964, con la regia di Alan Schneider. B. era presente. A parte l'iniziale "ssh!", il film è muto. Buster Keaton è l'unico attore. L'angoscia, il sentimento dominante. La durata, venti minuti. Già il teatro di B. rifiutava la dimensione narrativa, l'intrigo, la trama, concentrandosi su metafore poetiche con una forte sottolineatura dell'aspetto non verbale, puramente visuale dell'immagine (la stanza circolare in Fin de partie, il buco nero alla sommità del monticello in Happy days, 1961, la bocca in Not I, 1973). In Acte sans paroles I e II l'immagine è infatti ridotta al solo elemento visivo, come se si assistesse ormai a drammi muti, stretti in un dialogo sostanzialmente gestuale. Diviene un fatto consequenziale il suo crescente coinvolgimento come regista, inteso a controllare il preciso impatto visivo che le parole devono avere. Quando ne ebbe l'occasione, B. abbracciò con entusiasmo i media del cinema e della televisione, affascinato dall'idea di un mezzo espressivo che gli permettesse di fissare la sua visione in modo permanente, una volta per tutte. Come sempre nel suo estremismo radicale, di fronte al linguaggio che dovrebbe permettergli di esprimere quello che cerca di esprimere, B. pensa invece soltanto a una modalità di sovvertimento. La posizione della cinepresa diviene il tema centrale e la materia dell'opera. Film è un'esperienza dell'occhio, una serie di scambi oculari tra l'occhio e la macchina. L'affermazione, in epigrafe, del filosofo irlandese del Settecento G. Berkeley (esse est percipi) costituisce lo sfondo filosofico di una storia di persecuzione, dove il percepito coincide con il perseguitato e il percipiente con il persecutore. C'è qualcosa di insopportabile nell'essere percepiti; il che, dal punto di vista di Berkeley, adottato da B., equivale a dire che c'è qualcosa di insopportabile nel vivere. Messaggio che in più occasioni e in più modi B. volle ripetere. Del 1966 è Eh Joe! di Alan Gibson, un film per la televisione. Undici anni dopo fu la volta del dramma televisivo Ghost trio; del 1982 Quad (noto anche con il titolo Quadrat 1+2), lavoro televisivo per quattro mimi. Del 1983 Nacht und Träume diretto da Alfred Behrens e Michael Kuball: un teledramma, nel corso del quale vengono canticchiate sette battute di un Lied di Schubert (op. 43, nr. 2), basato su un poema di H.J. von Collin. Si assiste alle forme estreme della battaglia contro quella parola che, da sempre, lo scrittore combatte. E si intuiscono le vittorie parziali del processo di autoisolamento e di autopercezione: quello stato irreale, vero e impossibile, che da sempre B. ha corteggiato.Nel 1987 Manoel de Oliveira ha inserito un testo di B. nel suo film O meu caso. Nel 2000 la Raidio Teilifis Eireann (RTE), rete televisiva irlandese, ha prodotto una serie di film tratti da varie opere di B., affidandoli a registi come, tra gli altri, Anthony Minghella (Play), David Mamet (Catastrophe) e Atom Egoyan (Krapp's last tape).