Francesco d'Assisi, san
Il santo dell'amore per il prossimo e per la natura
Francesco d'Assisi, vissuto nel 13° secolo voleva ripercorrere la vita povera di Cristo e degli apostoli e, come loro, amare e capire la sofferenza dei miseri. Cercò di mettere in pratica i precetti del Vangelo e volle predicare l'amore per il prossimo. Fu subito seguito da molti compagni, insieme ai quali percorreva instancabilmente villaggi e città, diffondendo il messaggio di pace e di carità annunciato da Cristo
Francesco, nato nel 1182, era il figlio di un ricco mercante, ma non intendeva maneggiare stoffe in uno stanzone polveroso e pensare solo al guadagno. Le sue ambizioni erano diventare un cavaliere, dimostrare il suo valore in battaglia e sposare una giovane nobile. Ma qualcosa accadde nel suo animo: una crisi religiosa lo portò alla conversione e, in seguito, alla decisione di vendere tutto e distribuire il ricavato ai poveri. La Chiesa, nella sua storia plurisecolare, aveva sempre aiutato i poveri, senza abbandonare però privilegi e ricchezze. Francesco volle farsi povero egli stesso e volle che da poveri vivessero i suoi compagni: essi dormivano dove capitava, si vestivano con stoffe povere e rattoppate e camminavano a piedi nudi d'estate e d'inverno. In segno di umiltà decisero di chiamarsi frati minori. Francesco servì per molti anni insieme ai suoi compagni nei lebbrosari, assistendo in condizioni difficilissime gli infermi pieni di piaghe. Proibì ai compagni di chiedere denaro in elemosina, perché così facendo ‒ diceva ‒ si rubava la parte che spettava ai poveri. Tutti i frati dovevano mantenersi lavorando con le proprie mani, aiutando i contadini nei campi, oppure accettando qualsiasi lavoro, purché onesto. In cambio potevano accettare soltanto un po' di cibo.
Ai tempi di Francesco la Chiesa era sempre in armi: promuoveva crociate per il recupero della Terrasanta, ma anche crociate contro i suoi nemici politici, contro gli eretici (eresia) in generale e in particolare contro i catari, che furono repressi nel sangue. I catari (dal greco catharòs "puro") erano diffusi soprattutto nella Francia meridionale, ma anche nell'Italia settentrionale e centrale. Vivevano in modo semplice e povero: erano vegetariani e contrari alla guerra, in quanto avversi a ogni forma di violenza. Pensavano che esistessero due divinità sempre in lotta fra loro: il Dio del bene, autore di tutto quello che è spirituale, e il Dio del male, autore della materia e di tutte le cose create. Ai catari Francesco rispose con il bellissimo Canto di frate Sole in lode di tutte le creature, a cominciare dal Sole raggiante che scalda, illumina e porta gioia.
Francesco non si mise mai in urto con la Chiesa. Piuttosto che condannare, preferì agire con la forza trascinante del suo esempio. I frati dovevano cercare di conquistare e persuadere con la parola e con le buone opere, senza discutere con gli eretici o dichiarare colpevoli i preti indegni. Se non fossero riusciti a convincere, dovevano essere pronti alla sconfitta e a sopportare tutto, fino alla morte se necessario. Francesco andò addirittura in Egitto, durante la quinta crociata, per persuadere i crociati a non uccidere, proprio perché erano cristiani. Ma non fu ascoltato. Si recò allora nel campo nemico e rimase diversi mesi fra gli 'infedeli' a predicare, e fu trattato con molto onore dal sultano.
Tornato in patria dall'Egitto, nella notte di Natale del 1224 Francesco fece celebrare in cima alla montagna di Greccio (in provincia di Rieti), all'aperto, la Messa alla presenza del bue e dell'asino davanti alla greppia piena di fieno (presepe). Predicò con grande dolcezza sulla nascita del 'bimbo di Betlemme', povero e nudo, venuto a soffrire sulla terra per gli uomini peccatori. Francesco, con la sua rappresentazione, voleva far capire che non era necessario andare fino in Terrasanta, massacrare e rapinare, pur di toccare i luoghi di Cristo. Betlemme era dovunque, anche a Greccio, perché i cristiani dovevano ritrovare dentro il loro cuore Betlemme e il messaggio di amore di Cristo, che avevano dimenticato.
Francesco passò la vita a predicare. A tutti portava un saluto di pace, cosa che allora era sentita come estremamente insolita, perché la violenza e le guerre facevano parte della realtà di ogni giorno. Francesco ripeteva le parole di Cristo ed esortava a volersi bene. Sapeva trovare il tono giusto per raggiungere il cuore degli ascoltatori e cambiava il modo di parlare a seconda di chi aveva davanti: come disse un contemporaneo, era una sorta di bravissimo avvocato, capace di catturare l'attenzione di qualsiasi persona. Riuscì perfino a farsi ascoltare dagli uccelli: è un miracolo famoso, molte volte rappresentato nelle immagini, che fa capire come i fedeli pensassero che per Francesco niente fosse impossibile, se anche gli animali potevano capire le sue parole.
Durante la vita Francesco mantenne un ostinato silenzio sull'origine delle piaghe che lo facevano soffrire alle mani, ai piedi e al costato; nessuno dei compagni poté vederle. Di questo miracolo parlarono i biografi, ma con molte contraddizioni. Per Tommaso da Celano (13° secolo), il primo biografo di Francesco, le sofferenze del 'poverello d'Assisi' e la sua identificazione con Cristo furono di natura spirituale. Per s. Bonaventura (13° secolo) ‒ autore di una Vita di s. Francesco che divenne, a partire dal 1266, l'unica permessa ‒ Francesco patì le sofferenze di Cristo in croce e ciò lo rese simile a lui: di qui la presenza nella sua carne dei segni della Passione.
Descrivendo in questo modo il miracolo delle stimmate, Bonaventura rese la santità di Francesco irraggiungibile: i frati dovevano venerare il loro santo perché portava impresse le ferite del Salvatore, ma proprio per questo motivo non erano obbligati a imitarlo o a rimanere fedeli al suo scomodo progetto di vita cristiana. Bonaventura in questo modo voleva fare cessare le discordie fra i francescani, ma mutò profondamente l'eredità spirituale di Francesco.
Molti frati infatti non accettavano di vivere secondo le idee di Francesco, che imponevano la durezza della povertà integrale. Mentre era ancora in vita il santo, fra i compagni nacquero problemi e contrasti. Francesco preferì rinunciare alla guida dell'ordine, rimanendo tuttavia un punto di riferimento per i compagni, con la forza del suo esempio.
Morto Francesco nel 1226, il disaccordo divenne più acuto. Molti frati, pur restando personalmente poveri, volevano accettare le donazioni di case, denaro e terre che molti devoti lasciavano in eredità all'ordine. Inoltre non volevano più lavorare manualmente. Il loro lavoro era studiare e predicare: per questo ‒ dicevano ‒ era giusto che i cittadini mantenessero i frati con le loro elemosine. Anche i francescani divennero dunque un ordine mendicante, come quello fondato da s. Domenico.
Circa trent'anni dopo la morte del santo i francescani si divisero fra i conventuali, che interpretavano in maniera più morbida il modo di vivere del fondatore, e i minori, che preferivano seguire le norme di Francesco più da vicino. Questa divisione dura anche oggi. I francescani hanno inoltre un secondo ordine ‒ di monache di clausura: la loro grande santa è Chiara d'Assisi ‒ e un terzo ordine ‒ di laici e laiche. Nel Cinquecento alcuni francescani che volevano seguire ancora più rigidamente l'esempio di s. Francesco diedero vita a un nuovo ramo dell'albero francescano: si chiamarono (e si chiamano) frati cappuccini.