SAN GERMANO (1225), DIETA DI
Dopo il fallimento della quinta crociata (conclusasi con la caduta di Damietta il 7 settembre 1221), Federico II e papa Onorio III si erano accordati, nel marzo 1223 a Ferentino, per una nuova spedizione e avevano fissato un termine ultimo di due anni per la partenza. Tuttavia, allo scadere dei termini, fu evidente a entrambi che l'operazione aveva ancora bisogno di essere pianificata in maniera particolareggiata e che i tempi stabiliti non avrebbero quindi potuto essere rispettati. L'impresa infatti avrebbe dovuto essere finanziata con le risorse del Regno di Sicilia e con contributi straordinari provenienti da tutta Europa, e supportata da contingenti militari regolarmente equipaggiati, forniti dai baroni della Germania e dalle città dell'Italia settentrionale, che però ancora si mostravano riottosi a rispondere alla richiesta d'intervento. La propaganda per la crociata, organizzata dal papa con l'invio di predicatori in tutta Europa e dallo stesso re di Gerusalemme, Giovanni di Brienne, che si era recato presso le corti europee, aveva avuto una risposta deludente, così come i tentativi del Gran Maestro dell'Ordine teutonico, Ermanno di Salza, di ottenere sovvenzioni dai principi tedeschi avevano conseguito un esito del tutto insoddisfacente. Visto che i preparativi prendevano oggettivamente più tempo di quanto fosse stato inizialmente previsto fu lo stesso Ermanno di Salza a convincere Onorio III ad accordare a Federico II un'ulteriore dilazione alla partenza.
Si giunse in questo modo al trattato di San Germano. Il 22 luglio 1225 Federico II, accompagnato da prelati e nobili del Regno e da alcuni principi tedeschi, incontrò a San Germano i legati di Onorio III, i cardinali Pelagio vescovo di Albano e Giacomo Guala del titolo di S. Martino, con i quali raggiunse un'intesa sulle questioni più urgenti che riguardavano la Terrasanta. Venne spostato il termine ultimo per la partenza della crociata all'agosto 1227 e si stabilì che Federico avrebbe assunto su di sé l'onere di finanziarla. Egli si sarebbe mosso con mille cavalieri che avrebbe mantenuto in Terrasanta per due anni e avrebbe inoltre contribuito all'impresa mettendo a disposizione, sempre per un biennio, una flotta di cinquanta galee armate di tutto punto per il trasferimento di altri duemila cavalieri (ciascuno con il proprio seguito ed equipaggiamento). Infine, a garanzia dell'osservanza dei patti, avrebbe sborsato in quattro rate, a scadenze prestabilite, 100.000 once d'oro: 20.000 nell'agosto seguente, altre 20.000 nel marzo 1226, altrettante nell'agosto dello stesso anno e altre 40.000 nei successivi mesi di marzo e agosto 1227. Tale somma sarebbe stata custodita fino alla partenza da Ermanno di Salza insieme al re e al patriarca di Gerusalemme, e gli sarebbe stata restituita al momento della partenza; altrimenti, nel caso egli avesse violato la sua promessa, sarebbe stata destinata alla Chiesa.
Il 25 luglio, nella chiesa di San Germano, Federico II giurò solennemente di osservare quanto era stato concordato, accettando di sottostare alla sentenza di scomunica, nell'eventualità che egli avesse disatteso ai suoi impegni.
L'accordo veniva in qualche modo a completare e perfezionare quanto era stato stabilito a Ferentino due anni prima, allorché tra l'altro si era anche giunti a un'intesa per le nozze tra Federico (ormai vedovo di Costanza d'Aragona da due anni) e la giovanissima figlia di Giovanni di Brienne, Iolanda, erede al trono di Gerusalemme. Per il papa, il matrimonio di Federico rappresentava chiaramente il mezzo per ottenere due scopi: in primo luogo un legame ancora più stretto del sovrano alle sorti della Terrasanta, e di conseguenza un'ulteriore garanzia di un suo effettivo impegno nella crociata, e in secondo luogo la possibilità di un erede maschio al trono di Gerusalemme (erede che Iolanda diede effettivamente a Federico nel 1228, con la nascita di re Corrado). Dal canto suo Federico conferiva all'assunzione della corona di Gerusalemme un rilievo eccezionale, che gli derivava proprio dal prestigio che gli avrebbe procurato il fatto di poter essere il primo imperatore romano a fregiarsi di quel titolo. Gli interessi di Onorio III e di Federico II erano tuttavia sostanzialmente coincidenti e la politica dei due sovrani convergeva realmente nel desiderio di affrontare e risolvere un problema certamente pressante, anche se, come è stato osservato, non altrettanta uniformità di vedute c'era tra i due sui modi per conseguire i rispettivi fini e, soprattutto, nella scelta delle priorità (Abulafia, 1990). Le trattative di San Germano e la promessa di matrimonio con Iolanda consacravano formalmente il ruolo di guida assunto da Federico II nell'organizzazione della crociata ed egli stesso era senza dubbio risoluto nei suoi progetti e desideroso di porsi a capo della riconquista di Gerusalemme e della difesa della Terrasanta, tanto più ora che l'operazione assumeva un significato politico concreto dato che si trattava di conquistare terre che gli appartenevano di diritto. Tuttavia il governo della Germania e la definizione dei rapporti con le città dell'Italia settentrionale rappresentavano un impegno ancor più pressante e gravoso e in questo senso la proroga di due anni strappata a Onorio III a San Germano era per lui di fondamentale importanza.
Le nozze tra l'imperatore e l'erede al trono di Gerusalemme vennero celebrate a breve distanza dagli accordi di San Germano, prima ad Acri (per procura) e poi con grande sfarzo a Brindisi, il 9 novembre del 1225. La partenza per la crociata, invece, fu ritardata da un'epidemia scoppiata a Brindisi (dove nell'agosto 1227 erano attraccate le navi pronte per salpare), che decimò le armate crociate e contagiò lo stesso Federico II. Gregorio IX (che da pochi mesi era salito al soglio pontificio) si rifiutò di prestare ascolto alle giustificazioni addotte dai messaggeri imperiali e, fedele agli accordi stretti a San Germano dal suo predecessore, alla fine di settembre del 1227 scomunicò Federico II per essere venuto meno ai suoi obblighi.
Fonti e Bibl.: Historia diplomatica Friderici secundi, II, 1, pp. 501-503; M.G.H., Leges, Legum sectio IV: Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, II, a cura di L. Weiland, 1896, nrr. 102 s., pp. 129 ss.; Riccardo di San Germano, Chronica, in R.I.S.2, VII, 2, a cura di C.A. Garufi, 1936-1938, pp. 120-126. E. Winkelmann, Jahrbücher der deutschen Geschichte. Kaiser Friedrich II., I, Leipzig 1889, pp. 178 ss., 237 ss.; S. Runciman, Storia delle Crociate, II, Torino 1966, pp. 838 s.; E. Kantorowicz, Federico II, imperatore, Milano 19883, pp. 120 ss., 128, 152, 163; D. Abulafia, Federico II. Un imperatore medievale, Torino 1990, pp. 126, 127, 140.