SAN MARTINO DI PARELLA, Carlo Ludovico Emilio
SAN MARTINO DI PARELLA, Carlo Ludovico Emilio. – Nacque a Torino il 20 febbraio 1639, figlio del marchese Alessio Maurizio, cavaliere della Ss. Annunziata, ambasciatore sabaudo in Francia e Inghilterra, governatore di Aosta e Ivrea, e di Margherita, figlia del marchese e generale di cavalleria Guido Villa.
Appartenente a una delle più ragguardevoli famiglie della nobiltà piemontese, di lontana origine medievale, sposò Cristina Eleonora Felicia Isnardi, marchesa della Montà, dalla quale ebbe Irene nel 1670, Carlo Tommaso nel 1673 e Ghiron Silla nel 1674; quest’ultimo sarebbe morto nel 1719 combattendo gli spagnoli in Sicilia per Vittorio Amedeo II di Savoia.
In giovane età, Carlo Ludovico Emilio fu educato nelle scuole gesuitiche, dove apprese la filosofia; l’inclinazione per il diritto convinse il padre per il proseguimento negli studi giuridici. Ma i suoi interessi si volsero presto all’esercizio delle armi, grazie all’influenza del nonno materno: nel 1658 ebbe il grado di capitano tenente nel reggimento comandato da Ghiron Francesco Villa suo zio, mentre sette anni dopo fu promosso colonnello del reggimento Guardie del duca di Savoia, dopo aver combattuto contro i valdesi della valle di Luserna. Nel 1672 partecipò alla guerra contro la Repubblica di Genova, entrando in contrasto con il comandante della spedizione, Catalano Alfieri, insieme al quale fu accerchiato a Castelvecchio. Fallito il tentativo di spezzare l’assedio, San Martino venne fatto prigioniero, quindi incarcerato a Genova. Stipulata l’anno seguente la pace tra i due Stati, fu rilasciato.
Nel 1678 è documentato come governatore di Vercelli. La sua carriera subì una battuta d’arresto nel 1682, quando fu tra i promotori di una congiura aristocratica contro Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours, reggente del Ducato di Savoia per il giovane principe Vittorio Amedeo II; con l’appoggio dell’inviato veneziano a Milano pianificò un’azione volta a rovesciare la reggente per portare al potere il principe ereditario, arrivando a costituire nuclei armati nel Canavese, zona di origine del suo casato. Ma nell’agosto il piano fallì: mentre prestava il suo servizio di gentiluomo di camera a Moncalieri, San Martino ricevette l’ordine di arresto, riuscendo a rifugiarsi nella valle di Andorno, grazie al sostegno milanese e alla rete di relazioni locali di cui disponeva. Nel frattempo Maria Giovanna Battista ottenne da Luigi XIV che l’ordine di arresto fosse esteso al Delfinato, al Lionese e alla Provenza. La probabile mediazione della moglie e dell’anziano padre Alessio Maurizio consentirono a San Martino l’esilio a Ferrara.
Nel 1683 Vittorio Amedeo II gli concesse il permesso di combattere i turchi in Ungheria per conto dell’imperatore Leopoldo I. Nella guerra per la liberazione di Vienna ebbe modo di distinguersi in numerosi episodi, estendendo le operazioni militari al comando di volontari da lui arruolati in Bosnia, Croazia e Slovenia. Per le sue imprese ottenne il grado di luogotenente generale imperiale. In seguito tornò in Piemonte, dove operò per il duca di Savoia in diversi teatri di guerra, diventando uno dei principali consiglieri del sovrano sabaudo.
Nel 1686, ricevuto il grado di maresciallo di campo del reggimento Guardie di Vittorio Amedeo II, ebbe l’ordine di condurre operazioni militari nei confronti dei valdesi della valle di Luserna; nel dicembre fu inviato a fronteggiare i ribelli del Monregalese, mentre nella tarda estate del 1689 tornò nella valle di Luserna per contenere i valdesi rientrati dall’esilio in Svizzera, operando insieme alle forze francesi del maresciallo Nicolas de Catinat. Nonostante la spedizione franco-sabauda fosse tenuta assieme dall’obiettivo di debellare le forze protestanti, emersero ben presto reciproche diffidenze tra gli alleati; San Martino fu contestualmente destinatario di istanze di mediazione da parte dei valdesi, i quali il 17 aprile 1690 gli indirizzarono una richiesta, da sottoporre al duca di Savoia, per potersi stabilire pacificamente nelle proprie terre.
Lo scenario era in rapida evoluzione: rotta l’alleanza con la Francia, nella guerra della Lega d’Augusta lo Stato sabaudo si scontrò con le armate comandate da Catinat. Nel giugno del 1690 San Martino presidiò la zona collinare di Torino e il corso del Po per difendere il lato orientale della città. Ricongiuntosi con le truppe spagnole in arrivo dallo Stato di Milano, fronteggiò i francesi a Carignano. Si mosse poi nella valle di Luserna, unendosi alle milizie valdesi – le stesse combattute pochi anni prima – e prese parte alla battaglia di Staffarda del 1690. In una guerra difensiva sul territorio piemontese, l’impresa più importante di San Martino fu costituita dalla conquista di Casteldelfino nel Delfinato francese, avvenuta nel novembre del 1690.
Il 24 maggio 1691, in forza dei suoi legami con l’Impero, ricevette il grado di generale d’artiglieria e nel marzo 1695 fu mandato a Vienna quale inviato sabaudo presso la corte di Leopoldo I. Qui riuscì a mantenere solidi legami, frequentando la casa del conte Ernst Rüdiger di Starhemberg, capo del Consiglio di guerra imperiale. Era difatti suo interesse ottenere dall’imperatore il comando dell’assedio di Casale Monferrato; per questo motivo entrò in contrasto con il tenente maresciallo Johann Martin Gschwind, barone di Pöckstein, protetto del principe Eugenio di Savoia. Il 21 giugno 1695 San Martino ottenne la possibilità di costituire un reggimento per la campagna d’Italia. Al suo ritorno in Piemonte avvenne tuttavia lo scontro con Gschwind, culminato nel duello del 14 settembre al campo di Rivalta: San Martino esigeva il rispetto del suo grado di generale imperiale d’artiglieria, ma gli fu risposto dal nobile austriaco che avrebbe rispettato soltanto i comandi del principe Eugenio.
Una memoria coeva (Archivio di Stato di Torino, Corte, Archivi privati, Archivio San Martino di Parella; Ferrero della Marmora, 1863, pp. 350 s.) evidenzia l’orientamento dell’imperatore sulla questione: nessun generale al servizio di un principe straniero aveva mai ricevuto il comando delle armate imperiali; inoltre, restava la macchia del duello, in virtù della quale nessun avanzamento poteva essere concesso finché non venisse fatta piena luce sui fatti accaduti. Carlo Ludovico Emilio poteva in conclusione prestare servizio per l’imperatore quando lo desiderasse e conformemente al suo grado di anzianità, ma restando suddito e al servizio del duca di Savoia.
Contestualmente Vittorio Amedeo II preparava il suo disimpegno dal fronte italiano della guerra, firmando la pace con la Francia nell’agosto 1695. La situazione personale di San Martino volse in seguito a suo favore: muovendosi tra fedeltà al duca di Savoia e protezione imperiale, ottenne, il 12 maggio 1696, la nomina a feldmaresciallo dell’Impero. L’8 aprile Leopoldo I, scrivendo a Vittorio Amedeo II, aveva confermato la protezione nei confronti di San Martino e l’intenzione di promuoverlo al comando della difesa in Italia in assenza del principe Eugenio. ll 29 dicembre 1696 Carlo Ludovico Emilio ricevette il collare dell’Ordine supremo della Ss. Annunziata.
Tra il 1697 e il 1703 rimase principalmente nel suo castello di Parella e nella valle di Brosso, feudo familiare, spostandosi talvolta a Milano. Continuava però a mantenere i suoi contatti, inviando progetti di campagne militari in Bosnia e Croazia contro i turchi, chiedendo il comando di truppe anche attraverso la sorella Eleonora Delibera, che in seconde nozze aveva sposato Leopoldo Guglielmo di Königseck, cavaliere del Toson d’oro e gran cancelliere dell’Impero. Nel 1698 i rapporti con Vittorio Amedeo II si raffreddarono: il figlio di San Martino, Ghiron Silla, dopo aver chiesto un congedo per motivi di salute, si era messo al servizio dell’Impero senza chiedere il permesso al duca di Savoia. Anche in questa occasione Vittorio Amedeo II, ritenendo che il padre non fosse estraneo all’episodio, ne vietò il ritorno a Torino, in attesa che il figlio abbandonasse il servizio imperiale.
Non durò molto a lungo la sua assenza dai campi di battaglia; lo Stato sabaudo, rinnegata l’alleanza con la Francia, nel 1703 entrò nella guerra di successione spagnola al fianco dell’Impero. San Martino fu impiegato in vari fronti del Piemonte, occupandosi della difesa e organizzando le milizie locali. Sul finire del 1703 egli fu nuovamente mobilitato nella difesa del Piemonte, spostandosi nella valle di Luserna, nel Biellese e nell’Albese. Ai primi di luglio del 1704 fu inviato nella valle di Luserna per ostacolare il progetto di creazione di una repubblica valdese, intenzionata a porsi sotto la protezione francese. Nel 1705 si impegnò nella difesa della zona collinare di Torino. Nel luglio del 1706, durante l’assalto gallo-ispano al sito di Mulassano, fu ferito con un colpo di pistola e una sciabolata al viso, quindi fatto prigioniero con ordine di recarsi ad Alessandria. La sua detenzione non durò molto; durante il viaggio fu liberato a Diano d’Alba da milizie paesane e condotto a Cherasco, da dove continuò a eseguire gli ordini di Vittorio Amedeo II.
Terminata la guerra, ormai sessantasettenne, si congedò dalle imprese militari, tornando a vivere nel suo castello di Parella, dove morì il 16 novembre 1710.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Torino, Corte, Archivi privati, Archivio San Martino di Parella; Corte, Materie politiche per rapporto all’interno, Storia della Real casa, Categoria 3°, m. 20, n. 1; Corte, Materie politiche per rapporto all’interno, Lettere di particolari, S, mm. 35-36; Corte, Materie d’Impero, Investiture, m. 3; Corte, Materie militari, Imprese Militari, mm. 1-11; Corte, Materie militari, Milizie, m. 1 d’addizione; Sezioni Riunite, Camerale Piemonte, Patenti Controllo Finanze, art. 689, vol. 144; Torino, Archivio storico della famiglia Falletti di Barolo e famiglie correlate, sez. III, San Martino di Parella; Torino, Biblioteca reale, Storia Patria, art. 757: La Vertu recompensée. Histoire généalogique, et chronologique de la royale maison de Savoye, des chevaliers et officiers de l’Ordre de l’Annonciade, des grands chanceliers, maréchaux, généraux des galères, grands maitres de l’artillerie, veadors généraux, grands ammoniers, grands maitres, grands escuiers, grands chambellans, grands veneurs, et fauconniers de Savoye, et des grands matres de la garderobbe du roy. Avec les qualitéz, noms, surnoms, et armes de leurs familles, et les statuts de l’Ordre de l’Annonciade. Le tout tiré de plusieurs auteurs, titres originaux & par le P. Michel-Ange Boccard religieux minime à Turin l’an 1740, p. 692; art. 363: Catalogue des chevaliers de l’ordre Suprême de la T. S. Annonciade par Jean Toja, Turin 1783, p. 102; art. 806: Discorsi sopra alcune famiglie nobili del Piemonte di monsignore Francesco Agostino Della Chiesa, vescovo di Saluzzo. Con una giunta composta da uno scrittore incerto dopo la morte del precedente autore (1728), pp. 382-384.
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