ARLANZA, San Pedro de
Monastero situato nella valle dell'Arlanza, nella comarca di Lara (Burgos), le cui origini leggendarie sono legate alla figura di Fernán González (920-970), primo conte indipendente di Castiglia. Fu molto caro a Ferdinando I il Grande, re di Castiglia e di León, che volle esservi sepolto e lo dotò delle reliquie dei ss. Vincenzo, Sabina e Cristeta, i cui nomi si unirono alla dedicazione dell'edificio dal 1062. Secondo testimonianze epigrafiche, la chiesa attuale venne iniziata nel 1080 e i suoi costruttori furono Guillelme e suo padre Osten (forse Etostem), a giudicare dai nomi, oriundi della Francia sudoccidentale; in un'altra epigrafe, forse un epitaffio, sembra sia scritta la data 1097. Nel 1081 Alfonso VI confermò ad A. alcune rendite per l'illuminazione del tempio. Le sue rovine rappresentano una delle prime testimonianze del Romanico castigliano, in cui viene introdotta la pianta basilicale a tre navate con absidi semicircolari, comunicanti tra loro attraverso archi, senza transetto sporgente e con portico occidentale aperto a N. L'abside centrale si articola in arcate cieche su semicolonne e gli archi principali poggiano su pilastri con semicolonne accoppiate, presenti anche in Santo Domingo de Silos, nei transetti di San Martín di Frómista e della cattedrale di Jaca. Nelle absidi laterali le coppie di colonne si interrompono all'imposta, al di sopra dei due terzi dell'altezza del pilastro, dando luogo a un solo grosso sostegno su cui poggia l'arco. La volta primitiva è conservata soltanto nelle absidi laterali, con muratura apparecchiata secondo la tecnica propria del laterizio. L'abside centrale venne rialzata nel sec. 15° e coperta a crociera, come anche le quattro campate del corpo longitudinale, quadrate nella navata centrale e oblunghe in quelle laterali. La ricostruzione della primitiva copertura è problematica in quanto mancano rispondenze murali, nonostante la presenza di pilastri compositi con semicolonne su plinti circolari e di contrafforti esterni, due per ogni campata. I contrafforti erano rinforzati da semicolonne che si prolungavano oltre una cornice di archetti pensili fino alla gronda, guarnita di modiglioni. Le aperture sono ridotte e prive di modanature.Le concordanze che San Pedro presenta con l'architettura sviluppatasi sul camino de Santiago de Compostela, non hanno piena corrispondenza nella decorazione plastica, di una sobrietà estranea e sicuramente precedente alle novità figurative registrate a Frómista, Jaca, León e Compostela. Sulle imposte si trovano motivi a billettes di tradizione preromanica e cornici floreali estremamente stilizzate; si sviluppa un capitello di tipo corinzio, con rosette sporgenti e ampie foglie lisce terminanti a crochet, documentato anche nei resti della cattedrale di Burgos (1079) e, in forme più evolute, a San Isidro a Dueñas e a Frómista. La decorazione figurativa è limitata a rozzi animali affrontati, con due corpi e una sola testa, su capitelli che riassumono la loro struttura in una drastica sgrossatura dai vigorosi accenti angolari. Il ricorso a un repertorio quasi esclusivamente astratto, reso con una tecnica tanto rigorosa quanto disadorna, persiste nella facciata principale (Madrid, Mus. Arqueológico Nac.), nonostante la grande ricchezza decorativa.Analogo è il c.d. sepolcro di Mudarra, trasferito nel chiostro della cattedrale di Burgos e datato 1105; la sua elaborata struttura ad archi lobati su capitelli pensili, senza confronti nella regione per tutto il sec. 12°, e la profilatura delle basi suggeriscono, comunque, una data più recente di quella del suo epitaffio, che potrebbe essergli estraneo. La leggendaria attribuzione di questo sepolcro a un eroe dell'epopea castigliana diviene significativa per la presenza ad A. dei sarcofagi del conte Fernán González e di sua moglie Sancia (oggi nella collegiata di Covarrubias), protagonisti anche di una vicenda che assurse a forma letteraria nello stesso monastero. L'importanza assegnata alla figura della contessa si rivela nell'iconografia del suo sepolcro, un sarcofago marmoreo romano del sec. 4°, collocato su leoni eseguiti nel 1200 ca., come quello del conte, che tuttavia è privo di decorazioni.L'egemonia che la Castiglia raggiunse all'epoca sulla penisola generò ad A. una sorta di culto per il suo fondatore, con l'effetto di far risaltare il vincolo tra il monastero e le leggendarie origini del regno, stimolando la realizzazione di nuove opere, come la torre addossata al lato nord della chiesa e il singolare ciclo di affreschi (oggi diviso tra Barcellona, Mus. d'Art de Catalunya; New York, Metropolitan Mus. of Art, The Cloisters; Harvard, MA, Fogg Art Mus.; coll. privata) che decorava un ambiente, di incerta funzione, annesso all'abside meridionale. Su tre delle pareti si spiegava un ampio fregio con figure di animali affrontati (un uccello, un grifone e un serpente alato, un leone e un altro quadrupede), alternati ad alberi, castelli, forse di natura araldica, e architetture di gusto orientale. In un registro più stretto, al di sotto del precedente, il repertorio animalistico assumeva carattere sia decorativo sia didascalico, attraverso l'inserimento di figure umane in favole di tipo realistico.L'attività ad A. di un pittore chiamato Gudesteo, registrata, verso il 1138, in una cronaca tarda, può essere difficilmente collegata, se non congetturando un errore nella data, a questi dipinti, nei quali si sono riconosciute concordanze con quelli di Sigena, riconducibili a una comune filiazione inglese. Questa si concretizza, per A., in una tematica e in una stilizzazione animale derivanti da bestiari del 1180-1200, che si ritrovano anche in un cartulario di Santiago de Compostela (Bibl., Tumbo A, del 1212 ca.) e nel codice di Beato proveniente da Las Huelgas (New York, Pierp. Morgan Lib., M. 429, del 1220). L'influenza dell'arte inglese su quella castigliana si spiega anche con il matrimonio di Alfonso VIII con Eleonora d'Inghilterra, figlia di Enrico II Plantageneto.
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