SANAHIN
Grande monastero dell’Armenia settentrionale, che sorge a breve distanza della cittadina industriale di Alaverdi (prov. Tumanyan), nella regione storica del Lori, in una zona montuosa e ricca di boschi.
Della vasta struttura, un tempo necessariamente dotata di altri edifici indispensabili alla vita della comunità e in seguito perduti, chiusa entro un muro di cinta, resta un insieme di elementi architettonici monumentali, tutti connessi tra loro, estremamente vari per tipologia, costruiti dal 10° al 13° secolo. Altre costruzioni di dimensioni minori si trovano nelle immediate vicinanze.
La compattezza dell’insieme - non estranea, peraltro, ad altri monasteri più o meno coevi (il vicino Haùbat, il meno complesso Saùmosavank, Goèavank) - si rivela in questo caso assoluta, ricercata e aumentata con la gemmazione di edifici rinserrati tra loro, costruiti nel corso dei secoli secondo una maglia strutturale tridimensionale di estremo rigore. Proprio i valori tridimensionali dell’insieme vanno considerati come i più carichi di significato, così come l’evidente organizzazione gerarchica degli spazi - la chiesa ha sempre l’altezza maggiore -, la semplificazione volumetrica dell’ester no non disgiunta da una monumentalità geometrica, volta alla creazione di uno spazio plastico.
L’accuratissima tessitura muraria, esaltata dalla uniformità della materia - la grigia pietra locale - e dalla essenziale, ridotta decorazione esterna, costituisce un elemento unificante delle pur diverse strutture.
La chiesa principale, Surb Amenaprkiã (S. Salvatore), costruita tra il 966 e il 972, del tipo planimetrico ‘a sala’ cupolata con cappelle angolari absidate, rappresenta un esempio della c.d. croce armena. Infatti, più ancora che nella pianta, la volumetria esterna rivela chiaramente la forma di una croce, spesso ricercata dagli architetti di quel paese quale messaggio di straordinaria pregnanza iconica e simbolica.
Anteposto alla chiesa, e con essa comunicante, sorge un ambiente, costruito nel 1181, dalle funzioni non completamente precisabili - che fungeva comunque da atrio, strettamente connesso con l’ambiente sacro -, noto con il nome generico di gavit^ o ûamatun, in questo caso a pianta quadrata, con copertura a volta su quattro colonne libere, con basi e capitelli decorati da sculture di animali.
La chiesa di Surb Astvacacin (S. Madre di Dio), del 934, restaurata già nel 1184, minore per dimensioni della precedente, ma simile per l’impostazione planimetrica, è anch’essa preceduta da un ampio gavit^del 1211, che si apre verso l’esterno con un inconsueto porticato, unica sorgente di luce. La struttura, caso praticamente unico nell’architettura di questo tipo di edifici, è a tre navate di dimensioni quasi uguali, coperte con volte a botte e divise da due muri paralleli, aperti ognuno da quattro grandi arcate a tutto sesto. L’esterno, con triplice facciata a capanna, evidenzia, in modo tanto inequivocabile quanto raro, la struttura interna.
La navata meridionale dà accesso a un ambiente noto come accademia di Grigor Magistros, costruito, forse in due tempi, a colmare il ristretto spazio tra le due chiese. Massicci pilastri addossati, otto per parte, reggono i costoloni fortemente sporgenti della volta a botte, creando un accentuato effetto di chiaroscuro, anche per la luce radente che penetra in abbondanza dall’ampia apertura a E.
Il campanile, del 1221-1225, paragonabile a quello di Haùbat, che però è isolato, completa verso N la quinta monumentale della facciata, qualificando l’insieme con un elemento non tradizionale dell’architettura armena dell’epoca. Si tratta di una torre austera, che non denuncia all’esterno i due piani e ostenta pareti animate da una serie di motivi decorativi in apparente dissimetria: portale, grande croce scolpita, finestre diverse per forma e dimensione, xaã^k^ar (‘croce in pietra’).
A N del complesso si erge la c.d. biblioteca (armeno matenadaran), del 1063, nota anche come reliquario, edificio di grande originalità nella concezione architettonica, nonché rara testimonianza di una tipologia funzionale non sopravvissuta. L’unico vano quadrato - dalla insolita copertura a quattro arcate a tutto sesto, impostate in diagonale sulle pareti perimetrali, rette da robusti pilastri dagli elaborati capitelli - prende luce esclusivamente dal grande occhio alla sommità della cupola a padiglione, che risulta così mozza all’esterno. Nel sec. 13° un porticato addossato al lato meridionale costituì l’elemento di unione con la piccola chiesa di Surb Grigor (S. Gregorio), del 1061, a pianta quadriconca inscritta in un cerchio, con nicchie diedriche scavate all’esterno della superficie del cilindro inferiore.
Tra gli altri edifici vanno menzionati mausolei di ridotte dimensioni, varie chiese e cappelle, tra cui Surb Hakob (S. Giacomo), del tipo a croce absidata cupolata, e Surb Harut^yun (Santa Pasqua), dalla inconsueta pianta a due absidi. Va ricollegata al monastero anche la fontana monumentale del villaggio vicino, con la facciata aperta da due ampie arcate. Un ponte del sec. 13°, dalla raffinata decorazione costituita da animali in pietra, adagiati sulle spallette, costituiva fino a qualche decennio fa l’unico collegamento con i paesi circostanti.
L’intero complesso è ancora interessato da lavori di scavo e restauro, che seguono quelli condotti a partire dagli anni Trenta e poi proseguiti in misura notevole tra il 1953 e il 1961.
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