SANDAS-SANDON (Σάνδας, Σάνδης, Σάνδων, Δισανδάς; Sandas, Sandon, Desandas)
Divinità onginaria dell'Asia Minore, che fu venerata, secondo le notizie tramandate dagli scrittori antichi (v. elenco in Roscher ed in Pauly-Wissowa), come fondatore di centri urbani e dio protettore della vegetazione.
I luoghi del suo culto sono la Lidia, la Cappadocia, la Fenicia, la Siria, forse anche la Persia e l'Assiria; la venerazione di questa divinità, assimilata ad altre del pantheon occidentale, continua ad essere attestata fin nel sec. IV d. C. I Greci ebbero la tendenza a riconoscervi i caratteri di Zeus, o meglio quelli di Eracle, con il quale S. aveva in comune il rituale della pira e del fuoco. D'altra parte, nella sua qualità di divinità depositaria delle forze sconvolgenti della natura, dio della tempesta e della folgore, presentava caratteri che lo assimilavano a Zeus. Pochi documenti ne conservano l'iconografia. Numerose tavolette di terracotta (di Tarso), frammentarie e repliche tutte di uno stesso esemplare, presentano una costruzione a timpano alla sommità della quale, al di sopra di un animale, torreggia una figura virile in lungo abito orientale, con attributi varî, e non sempre ben identificabili, in mano. La costante presenza della pira lo avvicina all'Eracle dei Greci.
L'epoca cui risalgono queste tavolette è il sec. III a. C. Quasi contemporanee a queste raffigurazioni, sono le monete di Tarso, sulle quali il dio è individuato da didascalia. Le serie più antiche (sec. IV, emissioni dei satrapi Datames e Mazaios) lo presentano seduto in trono, con scettro ed aquila, grappolo d'uva od altri frutti, presso un incensiere; le più recenti recano l'immagine della divinità in piedi, sopra un leone, e l'elemento pira è quello che più di frequente si ripete sul rovescio delle monete ora in esame o su altre contemporanee.
Anche le monete di Filadelfia in Lidia presentano analoghe iconografie. Il rilievo di Ivriz, infine, che è il più famoso e più antico e completo dei monumenti che conservano l'immagine della divinità (databile al VII-VI sec. a. C.), raffigura S. in abito orientale, cinto di spada e con tiara, mentre reca nella destra un grappolo d'uva e solleva la mano sinistra verso un bastone, sormontato da spighe di grano. Bisogna osservare che l'opinione di alcuni studiosi recenti contrasta con la identificazione tradizionale della divinità raffigurata in questo rilievo con S.; si tende piuttosto a vedervi un Tarhun. Simile iconografia appare nel rilievo di Yazilikaya e, se è vero che anche in questo caso si tratta di questa divinità, in quello di Malatya.
Bibl.: W. Ramsay, The Religion of Tharsus, Londra 1907, p. 143; A. B. Cook, Zeus, vol. I, Cambridge 1914, p. 593 ss., figg. relative; O. Höfer, in Roscher, IV, 1909-1915, c. 319 ss., s. v.; Philipp, in Pauly-Wissowa, II A i, 1923, c. 2263 ss., s. v. Sandon (e bibl. precedente); H. Gressmann, Die orientalischen Religionen, Berlino-Lipsia 1930, p. 104 ss.; G. Furlani, La religione degli Ittiti, Bologna 1936, p. 45; 62-63; C. G. v. Brandenstein, Hettitische Götter, in Mitteilungen d. Vorderasiatisch-Aegyptischen Gesellschaft, XLVI, 1943; H. S. Güterbock, Heititische Götterdarstellungen, in Belleten, VII, 1943; H. Goldman, Sandon a. Herakles, in Studies Presented to Th. L. Shear, Hesperia, Suppl. VII, 1949, p. 164-174; tav. 18; id., The Sandon Monument of Tarsus, in Journal of the American Oriental Society, LX, 1940, pp. 544 ss.; id., Excavations at Gözlü Kulé, Tarsus, vol. I, Hellen. a. Roman Periods, Princeton 1950, pp. 48, 49, 60 ss.; 337 s., fig. 231. Rilievo di Ivriz: H. Th. Bossert, in Oriens Antiquus (Analecta Biblica, XII), Roma 1959, pp. 1-5; M. Riemschneider, Die Welt der Hethiter, Stoccarda 1954, p. 24; M. Viejra, Hittite Art, 2300-750 B. C., Londra 1955, n. 70; E.A.A., IV, 1961, fig. 63, s. v. Hittita, Arte.