BOTTICELLI, Sandro (Sandro di Mariano Filipepi, detto Botticelli)
Nacque nel 1445 a Firenze. La prima notizia della sua attività risale al 1470, in cui fece, per il tribunale della Mercanzia, la Fortezza, una delle Virtù che erano state allogate a Pietro del Pollaiolo. Discepolo di fra' Filippo Lippi, ne tenne l'anno 1472 nel proprio studio il figliuolo Filippino. Dipinse nel 1473, in Santa Maria Maggiore di Firenze, il San Sebastiano, ora nella galleria statale di Berlino; nel 1475, in Duomo a Pisa, l'Assunta, per saggio di pittura all'Opera della cattedrale, che intendeva di farlo lavorare in Camposanto, essendole piaciuto il saggio stesso; nel 1478, sulla facciata del Bargello, l'effigie dei congiurati contro i Medici: i Pazzi, i Salviati, Bernardo Bandini impiccati per la gola, Napoleone Franzesi impiccato per un piede. In concorrenza con Domenico Ghirlandaio, che frescò in Ognissanti un San Girolamo (1480), colorì un Sant'Agostino, dal quale risultò a un contemporaneo la differenza fra i due maestri: il B. aveva aria virile... "optima ragione et integra proportione"; il Ghirlandaio era "homo expeditivo e che conduce assai lavoro". Chi faceva arte, e chi figure; dell'uno si ammirava la ragione, il valore intellettuale, dell'altro il valore manuale. Anche il Vasari, discorrendo della pittura del Ghirlandaio, disse che questi "intorno vi fece una infinità di strumenti e di libri da persone studiose", e trattando poi dell'altra del B. scorse nella testa di Sant'Agostino la dimostrazione di quella profonda "cogitatione et acutissima sottigliezza, che suole essere nelle persone sensate ed astratte continuamente nella investigazione di cose altissime e molto difficili". In fondo, anche nel Vasari, la distinzione era chiara tra il molto lavoro, l'addensarsi dei minuti particolari in Ghirlandaio e l'intellettualismo botticelliano. Così intorno al 1480 Sandro Botticelli era stimato tra i primi pittori di Firenze. Caro ai Medici, egli assimilò le tendenze umanistiche dei suoi mecenati, fece echeggiare le ottave del Poliziano nei suoi dipinti, interpretò i testi classici che taluno degli umanisti gli tradusse e spiegò. A tredici anni non si dava ancora alla pittura: imparava a leggere, e appariva malaticcio, com'è detto da una portata al catasto di suo padre conciatore di cuoi. Non sembra che a lungo attendesse a coltivarsi, ma quantunque poco sapesse di lettere, portò amore alla Divina Commedia, ed ebbe, come il Signorelli, come Michelangelo, Dante a fondamento delle proprie invenzioni. Lo interpretò con le figure che un intagliatore, Baccio Baldini, mise, sui suoi disegni, a illustrazione della Divina Commedia commentata da Cristoforo Landino e pubblicata, l'anno 1481, per i tipi di Niccolò di Lorenzo della Magna in Firenze. Non solo contribuì alla preziosa prima edizione fiorentina del poema, ma per Lorenzo di Pier Francesco de' Medici "dipinse e storiò un Dante in cartapecora che è tenuto cosa meravigliosa". Tanto afferma l'Anonimo Gaddiano riferendosi al codice, che è in gran parte nel Gabinetto di stampe e disegni a Berlino, e in piccola nella Biblioteca Vaticana. E in tutta l'opera è l'impronta della poetica fantasia di Sandro B., la cui mano rapida fissò sulla tavola la visione che egli, cantore della Firenze medicea e delle allegorie di Angelo Poliziano, si era formata di Dante: l'acuta impressionabilità, la onnipotente facoltà espressiva della linea è la forza maggiore dei commenti botticelliani alla Divina Commedia.
I Medici, per i quali il B. illustrò la Divina Comedia "in carta pecora", sentirono com'egli desse figura alle loro idealità artistiche, soddisfacesse al loro "appetito di bellezza"; e a lui ricorsero per ritratti, per quadri sacri e profani, per cartoni d'arazzo, destinati a ornamento delle aule superbe dei loro palazzi. Sin dal 1475, per la celebre giostra del 25 gennaio, apprestò lo stendardo, che un cavaliere portava davanti a Giuliano de' Medici, con un sole fissato da Pallade coperta d'aurea veste, munita di lancia e dello scudo di Medusa; con un tronco d'ulivo al quale era legato Cupido. E così il B. diviene il pittore più rappresentativo della vita artistica fiorentina nei giorni della magnificenza medicea, il più fiorito, il più ricco di immagini ondeggianti come nelle ottave del Poliziano. E quando Lorenzo il Magnifico muore, e Lorenzo di Pier Francesco abbandona Firenze, e l'odio si scatena contro gli antichi signori, il B. sembra preso da terrori apocalittici, come se il mondo precipitasse alla fine.
Nel 1481, il 27 ottobre, insieme con Cosimo Rosselli, Domenico Ghirlandaio e Pietro Perugino, ricevette l'allogazione di alcuni campi ad affresco nella cappella Sistina in Vaticano, e si obbligò a finirli il 15 marzo dell'anno seguente. Vi compì tre grandi affreschi: il Sacrificio del lebbroso; Episodî della vita di Mosè; la Punizione di Corah, Datan e Abiron; e diede disegni o cartoni per molti ritratti di pontefici, stabilendo, in tutta la serie delle immagini papali, il criterio architettonico degli sfondi a nicchia. Non è noto se compisse il suo lavoro nel breve termine richiesto, ma a sei mesi all'incirca dalla scadenza determinata, il B., Domenico Ghirlandaio e il Perugino s'accordarono a Firenze, con l'Opera del Palazzo della Signoria, per la decorazione delle sale; e nel 1483 dipinse allo Spedaletto, presso Volterra, affreschi per Lorenzo de' Medici il Vecchio, avendo a compagni i maestri che "hanno facto prova di loro ne la capella di papa Syxto", il Perugino e Domenico Ghirlandaio, e inoltre Filippino Lippi.
Nel 1485 fece la tavola in Santo Spirito per la cappella de' Bardi; e l'anno dopo affrescò la villa a Chiasso Macerelli, apprestandola per le nozze di Lorenzo Tornabuoni con Giovanna Albizzi avvenute il 15 giugno di quell'anno. Per la Sala dell'Udienza, in Palazzo Vecchio, del magistrato de' Massai della Camera, compose nel 1487 un tondo, probabilmente la Madonna della Melagrana, ora agli Uffizî; l'anno seguente, per la cappella di Porta Santa Maria, colori la Incoronazione, pure in quella galleria, e per l'altra cappella fondata da Ser Giovanni Guardi, la tavola dell'Annunziata, ora nel monastero di Santa Maria Maddalena de' Pazzi.
Il B. fu chiamato a partecipare coi maggiori artisti di Firenze all'esame di undici disegni o modelli della facciata di Santa Maria del Fiore, essendosi ripresa l'idea del suo compimento nel 1491, e per l'opera della Cattedrale disegnò "opera de musaico" da farsi nella cappella di San Zenobi (1491-92). Di altri lavori del maestro si hanno notizie, anche a Castello, villa di Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, con cui ebbe continui rapporti tanto che Michelangelo il 2 luglio 1496, scrivendo a questo signore una lettera, la indirizzò al B. perché, in quei giorni di opposizione contro i Medici, la facesse sicuramente recapitare al destinatario.
Contrariamente a quanto asserisce il Vasari, Sandro non era caduto in bisogno al declinar della vita, ché anzi aveva acquistato a enfiteusi perpetua un podere con villino e campi coltivati a vigne, a ulivi, a frutta; e anche da vecchio, era in grande stima e sempre operoso. L'oratore dei Gonzaga a Firenze lo presentava così in una lettera del 1502 a Isabella d'Este Gonzaga: "uno altro Alexandro Botechiella molto m'è stato laudato et per optimo depintore, et per homo che serve volontera, et non ha del velupo come li soprascripti (Perugino e Filippino), al quale io ho facto parlare, et questo tal dice chel toria lo asumpto et serviria di bona voglia la S. V.". Il pittore che era pronto a servire Isabella d'Este, ed era conosciuto per maestro che serviva volentieri, non poteva essere il disordinato, il neghittoso, l'ozioso vecchio inventato dal Vasari. E non fu piagnone, o partigiano del Savonarola, tanto è vero che Dosso Spini, capo e guida dei Compagnacci, usava molto nella sua bottega, come non avrebbe usato con un settario avverso. Neppure fu eretico, come il Vasari lo rappresentò, attribuendogli la pittura dell'Assunzione, eseguita, non da lui proprio, per Matteo Palmieri, autore del poema Città di Vita.
Il Cinquecento aveva apportato a Firenze tanti rivolgimenti politici e morali da far ben presto scendere sul passato, sul glorioso Quattrocento, come un gran sipario d'ombre. Anche Alessandro Filipepi si perdette in quel turbine, con gli echi del mondo risonante di canzoni di festa, delle quintane corse dai Medici, dei versi del Poliziano, degli amori di Simonetta, delle dipinte Veneri messe a fuoco sulla pubblica piazza per obbedienza al Savonarola. Fu una crisi-violenta degli spiriti, della politica, della religione, dell'arte, che Firenze ebbe a sofrire al principio del nuovo secolo. E in giorni di crisi, sia nell'individuo, sia nella società, si smarrisce la memoria, e molte cose si perdono come in un naufragio. Così il B., "uno dei buoni pittori che abbia avuto a questi tempi la nostra città", come scriveva il fratello Simone, morì il 17 maggio 1510, dimenticato.
Le notizie della vita qui accennate in ordine cronologico dànno punti di partenza per la ricostruzione della ricchissima opera pittorica del Botticelli. La più antica di esse, l'Adorazione dei Magi nella collezione Cook a Richmond, dimostra la verità della tradizione che vuole Filippo Lippi maestro di Sandro, ma reca anche tracce evidenti del pittore che aveva portato in Firenze la linea energetica alla sua massima violenza: Antonio Pollaiolo. A questo pittore maggiormente s'approssimano la Fortezza della Galleria degli Uffizî, per la forma nervosamente articolata alla maniera pollaiolesca; il Ritorno di Giuditta dal campo nemico, il Ritrovamento del cadavere di Oloferne, pure agli Uffizî, e il San Sebastiano della Galleria statale di Berlino, per il crudo angoloso taglio delle forme, che pur serbano, nella loro affilatezza, indolente grazia, botticelliano languore. Anche nella Adorazione dei Magi della Nationai Gallery a Londra, si vedono gruppi nel primo piano coi poderosi pollaioleschi cavalli e le fluenti scorrevoli pieghe dei panneggi, e da per tutto il Botticelli primitivo si dimostra impressionato da Antonio Pollaiolo più ancora che da Filippo Lippi. La Madonna Chigi, ora Gardner a Boston, rivela qualche affinità con la maniera del Verrocchio, ma attenuata dalla risolutezza pollaiolesca della forma e dagl'incisivi contorni, quasi fili all'agemina; ma i più delicati colori temperano la severità della composizione. Capolavoro del periodo pollaiolesco è il ritratto di uomo con medaglia di Cosimo dei Medici agli Uffizî, che supera per energia tutte le antecedenti opere del maestro.
La personalità del B. è vivacemente espressa dall'agile linea nella Adorazione de' Magi agli Uffizî, calmo e fastoso scenario popolato da magnati fiorentini, dai Medici, da giovani eleganti, tutti raccolti per la cerimonia solenne, sull'incantevole sfondo ove si lanciano arcate alabastrine. Ormai lo stile botticelliano si è formato: la Primavera ne segna il trionfo: la leggerezza alata della poesia polizianesca, l'agilità della linea botticelliana si sono unite per darci l'immagine viva della Firenze elegante, raffinata del '400. Fino alla pittura di quel quadro, il rilievo pollaiolesco aveva tolto alquanto al fluire della linea nei contorni: ora il rilievo si assopisce; il distacco delle figure dal fondo appare tenue, insensibile; la linea, divenuta più sottile e incisa, permette un'esatta nervosa determinazione dei contorni in movimento.
Circa il tempo in cui eseguì la Primavera, il B. attese con ogni probabilità al ritratto di Giuliano de' Medici, ora nella collezione Otto Kahn in America, definito con un segno incisivo nei contorni del profilo aguzzo, con una crudezza che accosta lo stile di Sandro a quello robusto e aspro di Andrea del Castagno: accostamento che più si avverte nel Sant'Agostino della chiesa d'Ognissanti, per il disegno schematico di sottigliezza tagliente e metallica, la nervosità esasperata della forma, la raffinata gamma dei colori.
A Roma, negli affreschi della Sistina, il B. ingrandisce lo spazio, slarga il modellato, collega più rapidamente gli episodî, avviva l'azione, dà slancio alle forme, ora compone le linee in giro blando di curve con languore di canne palustri, con ritmo melodico d'incomparabile grazia, come nelle Figlie di Jetro; ora con ritmo di vorticose curve, con linee di tempesta, infonde elettrica istantaneità, irresistibile veemenza d'azione, violenza drammatica al Castigo del fuoco celeste, ove i due gruppi laterali dell'affresco sembrano formati dal contraccolpo dello scoppio di folgore che disperde le figure intorno all'ara.
Agli affreschi della Sistina si collegano, per larghezza compositiva, slancio fervido di figure, sfavillio fosforico di luci, l'Adorazione dei Magi a Leningrado, nell'Ermitage; il San Tommaso d'Aquino, già nella collezione Holford, per la precisione e la vitalità del segno come per l'ampiezza del modellato; il ritratto di un giovane nella Galleria nazionale di Londra, per la mobilità dei lineamenti arcuati, l'intreccio libero delle ciocche a spira, l'agile grazia del portamento.
La gentilezza languida delle Figlie di Ietro negli affreschi della Sistina veste il tipo opulento della Vergine nel tondo del Magnificat agli Uffizî, ove i contornì del gruppo di Maria e degli Angeli sono naturale derivazione dal cerchio, e il morbido volto di Pallade vincitrice dei Centauro, nell'allegoria del quadro alla galleria degli Uffizî. L'arte botticelliana è giunta alla piena fioritura con la gran pala di San Barnaba agli Uffizî, la cui predella segna uno sviluppo delle qualità raggiunte dal B. a Roma, e col ritratto di un giovanetto nella collezione Hamilton a New York, fiore della luminosa fantasia che, in tempo prossimo, fece sorgere dal nicchio Venere Anadiomene (Uffizî); nella gloria dei cieli, la Madonna di San Barnaba; tra due quinte di boschetti di mirto e d'alloro stendersi Venere e Marte con uno stuolo di satiretti (Nat. Gallery a Londra); entro il cerchio svolgersi la ghirlanda d'angeli e rose della Madonna con la melagrana (Uffizî); fiorire, nel viridario. Giovanna Tornabuoni e le Virtù dei più freschi colori di primavera, e, nel bosco. Lorenzo Tornabuoni presentarsi al consesso delle Arti Liberali (Museo del Louvre); gli Angeli intrecciare farandole intorno a Maria Incoronata (Uffizî), dando, con inarrivabile potenza, l'impressione della gamma dei suoni nella melodia.
Un crescente tremolio dei contorni, e un più complesso ritmo di curve distinguono l'opera del B. circa il 1490, tanto nella Comunione di San Girolamo, già presso i marchesi Farinola, quanto nell'Annunciazione del monastero di S. Maria di Cestello, ora agli Uffizî, e nella Vergine del Latte all'Ambrosiana. Si approssima l'ultimo periodo dell'arte botticelliana: l'effetto di movimento si esaspera, il ritmo quasi raggiunge la nervosa rapidita delle più tarde opere, nella Calunnia (Uffizî); nella Derelitta di casa Pallavicini in Roma, dramma d'inarrivata potenza nell'arte; nella Annunciazione del museo Kestner di Hannover: nel piccolo Sant'Agostino in cella (Uffizî), sorprendente per la febbrile spezzatura della linea.
Contemporanea a quest'ultimo ciclo di opere è l'illustrazione della Divina Commedia, ove la fine indagine del commentatore e la virtù del suo segno raggiungono spesso sorprendenti finezze d'interpretazione.
L'elaborato schema delle illustrazioni dantesche, la ricerca sottile di forme atte a fissare le immagini trascendentali del Purgatorio e del Paradiso, lasciano tracce in tutta una serie di pitture: la Giuditta della collezione Kaufmann, la Storia di Vìrginia nella raccolta Morelli a Bergamo, la Storia di Lucrezia nel museo Gardner a Boston, il Presepe della National Gallery di Londra, canto di Natale composto sopra un veloce immaginoso schema di ghirlande. Il B. vi scrisse in lettere greche: "questa pittura, alla fine dell'anno 1500, durante i torbidi d'Italia, io, Alessandro, dipinsi nel mezzo anno dopo il primo anno degli anni tre e mezzo della liberazione dal demonio, secondo il compimento della visione di San Giovanni nell'XI capitolo dell'Apocalisse: il demonio sarà incatenato, e si vedrà, come in questa pittura, gettato in giù, avverandosi il detto dell'Evangelista nel capitolo XII".
L'esaltazione fantastica della Natività di Londra si trova in un'altra allegoria religiosa, la Crocifissione Aynard, ora nel museo Fogg a Cambridge: il crocefisso s'innalza su Firenze dalle slanciate cupole, e verso la città imperversa l'uragano che s'aggira attorno la croce, mentre dal cielo, ove appare l'Eterno, cadono piccoli scudi crocesegnati in rosso, e appié della croce, in una sintetica obliqua, si tende nel grido Maddalena. Il movimento giunge al parossismo, la danza lineare diviene ridda di ghirigori turbinanti nelle tre tavolette con istorie di San Zanobi: due nella Galleria nazionale di Londra, una nella galleria metropolitana di New York, una nella galleria statale a Dresda.
Pittore della linea in movimento, Sandro B. conchiude le ricerche dei maestri fiorentini, da Donatello al Pollaiolo, verso la risoluzione della forma in arabesco di correnti vive, continue o interrotte, blande o tempestose, idilliche od orgiastiche, sempre e sempre più ritmiche.
Nessun artista rappresenta la Firenze di Lorenzo il Magnifico quanto Sandro B. Tradizione vuole che egli fosse "molto piacevole et faceto"; ma gaiezza non si sprigiona mai dalle sue pitture, neppure da quelle che cantavano la primavera, la festa fiorentina del maggio. Un sottile fascino di malinconia scaturisce dai suoi ritmi di linee, dai magnifici scenarî, dalle danze d'angeli e di rose, dalle immagini alate, interpreti di umanistici sogni. Una febbre di godimento e di vita, che cela un pensiero amaro, si riflette nelle forme agili, nervose, nei subiti languori del più sottile creatore d'immagini che la pittura fiorentina e italiana abbia avuto, del più raffinato poeta del Quattrocento toscano. Il mondo incantato dell'arte di Sandro, con lo splendore dei suoi apparati di velluto, d'oro e di fiori, col singolare nostalgico fascino dei suoi tipi umani e dei suoi ritmi di linee, chiude in sé i sogni di Firenze sul tramonto del Quattrocento, nella vigilia splendida di giorni di passione, del secolo di Michelangelo.
V. tavv. CXVII a CXXVI e tavv. a colori.
Bibl.: Delle numerose monografie su S. B. citiamo: P. H. Horne, Alessandro Filipepi called S. B., painter of Florence, Londra 1908; W. Bode, Sandro Botticelli, Berlino 1921; A. Schmarsow, Sandro del Botticello, Dresda 1923; A. Venturi, Botticelli, Roma 1925; Y. Yashiro, Sandro Botticelli, Londra-Boston 1925, voll. 3; id., S.B. and the Florentine Renaissance, Londra 1923. Per la rimanente copiosissima bibl. v. l'indice bibl. di L. Schudt, in E. Steinmann, Botticelli, 4ª ed., Bielefeld e Lipsia 1925, e inoltre F. Tietze-Conrat, B. end the Antique, in The Burl. Mag., XLVII (1925), pp. 124-129.