MARCOVALDI, Sandro
– Nacque a Prato il 4 sett. 1379, figlio di Marco di Sandro e di Antonia di Meo. Il M. stesso accenna a un suo secondo nome, Domenico, in un ricordo del padre (Arch. di Stato di Prato, Ospedale della Misericordia, 804, c. 6v) e in un brevissimo frammento autografo della sua Cronaca (Prato Biblioteca Roncioniana, Carte C. Guasti, 60, f. 8).
I Marcovaldi erano originari delle ville di Santa Lucia e di Cerreto e si erano inurbati alla fine del XIII secolo. Dal 1285 appartenevano all’arte della lana e alla «massa dei guelfi». Dal 1363 iniziano a comparire nella documentazione anche nelle vesti di ufficiali comunali. Il padre del M. esercitava la professione di farsettaio ed esiste testimonianza storica della sua bottega per il periodo tra il 1377 e il 1388 (Il carteggio Marcovaldi, s.v.).
Il M. ebbe cinque fratelli: Bartolomeo nato l’8 ott. 1380, Nicolò nato il 6 dic. 1384, Stefano nato il 26 genn. 1386, Giuliano nato il 28 febbr. 1386 e Mattea nata il 24 febbr. 1389; essi rimasero orfani del padre già nel 1390, anno in cui divennero i pupilli del nonno materno Meo di Francesco e dello zio paterno Giovannino di Sandro. In quanto primogenito il M. fu ben presto costretto a occuparsi della casa e dei fratelli, tra i quali Nicolò avrebbe intrapreso la carriera ecclesiastica, Giuliano sarebbe divenuto mercante e rigattiere e Mattea avrebbe sposato Francesco Ammannati. Il M., raggiunta la maggiore età, andò ad abitare in una casa presso Porta Tiezi. Una lettera indirizzatagli da Gino di Nofri il 29 marzo 1404 lo qualifica come «vergheggino», ovvero lavorante dell’arte minore della lana, ma si tratta dell’unica attestazione del genere (Arch. di Stato di Prato, Ospedale, 2467 ter, n. 742), perché egli dedicò la maggior parte della propria esistenza a gestire i beni di famiglia, compresi quelli del fratello Giuliano, che per molti anni, dal gennaio del 1420, risiedé a Ragusa in Dalmazia esercitando la funzione di fattore per l’azienda commerciale del cugino Michele di Giovannino.
Il M. ricoprì importanti incarichi pubblici nel Comune di Prato. Già nel 1407 compare come revisore dei libri del camarlengo delle «pignora»; nel 1412 gli fu affidato l’incarico di trovare un maestro per la scuola di grammatica; nel 1413 fu nominato provveditore della Camera del Comune, ufficio che gli impose numerose ambascerie alla Signoria di Firenze o di fronte agli Ufficiali del distretto; nel 1415 fu camarlengo del Ceppo dei poveri (l’ospedale fondato da Francesco Datini nel 1410); tra 1420 e 1424 fu maestro della Gabella del vino; nel 1423 provveditore della Camera del Comune; nel 1425 sindaco di Porta Tiezi; divenne provveditore dell’Opera del Sacro Cingolo nel 1428, quando fu commissionata la realizzazione del pergamo antistante il duomo a Donatello e Michelozzo. Ancora nel 1428 fu nominato anche sindaco delle ville e membro degli Otto difensori per il quartiere di S. Trinita. In veste di difensore fu ambasciatore del Comune di Prato per chiedere ai Dieci di balia di Firenze che la sua città non patisse più le «gravezze» imposte dalla guerra contro Pisa.
Nel corso degli anni Venti del Quattrocento la sua situazione economica non doveva essere brillante. Il 25 febbr. 1424 il M. scriveva al fratello Giuliano: «Noi siamo in grande tribulazione e sanza ghuadagnio, e che de’ ffati de l’estimo non si faccia richordo per te. A questo io ch’affare le portate della mia portta insieme chon altri non ne faremo menzione di te se non che tu t’eri itto chon Dio, e credo che grande duolo saranno anche a noi abandonare le nostre patrie» (Cronaca, p. 53). All’epoca il M. si occupava della bottega di panni che aveva a Prato. Dalla portata al Catasto fiorentino del 1427, risulta che la casa del M. a Porta Tiezi era valutata intorno a 45 fiorini, che il M. era sposato dal 1420 con Nette di Falconieri degli Angiolini, vedova di Bartolomeo di ser Pagno, e che non aveva figli. Con la coppia abitava il nipote Adriano, un bambino di cinque anni figlio di Giuliano e della serva dalmata di questo, di nome Stanisava. Qualche anno più tardi dagli zii si sarebbe trasferito anche il secondo figlio di Giuliano e Stanisava, Giovanni. Dalla portata al Catasto del 7 ag. 1428 risulta inoltre che il M. vantava un credito di 25 fiorini con l’ospedale della Misericordia, mentre sua moglie aveva prestato al medesimo ente ben 200 fiorini. In entrambi i casi si trattava di un prestito a interesse.
Nel decennio successivo le finanze del M. andarono assestandosi grazie anche ai successi economici del fratello Giuliano, che era diventato un punto di riferimento importante per i numerosi mercanti pratesi, fiorentini e anche pugliesi attivi in Dalmazia.
Nel 1431 il M. fu provveditore della Comunità di Prato e nel 1437 fu eletto deputato per la costruzione della campana della chiesa di S. Agostino, dov’erano seppelliti i suoi avi. Dalla portata al Catasto del 1435 si evince che il M., ormai gottoso, aveva acquistato una bella casa con orto presso porta Travaglio, in «luogho deto nel Serraglio», un terreno lavorativo di 14 staiora a Tobbiana e un altro terreno di 8 staiora presso porta Travaglio (cfr. Il carteggio Marcovaldi, ad ind.). La casa grande doveva servire per accogliere anche il fratello Giuliano – che a tale scopo gli aveva trasferito tutti i suoi averi (Pinelli, Giuliano…, p. 8) –, cui lo legava un intenso affetto testimoniato da un ricco carteggio, e che era in procinto di tornare definitivamente a Prato e sposarsi.
Il M. unì all’impegno nella vita politica e civile di Prato l’amore per le belle lettere: il suo nome è principalmente legato alla Cronaca, pervenuta da una copia eseguita in età moderna (Prato, Biblioteca Roncioniana, Mss., 74) ed edita da R. Nuti (La cronaca di Sandro Marcovaldi, in Arch. stor. pratese, XVIII [1940], pp. 56-69).
La Cronaca tratta degli avvenimenti nella città di Prato e in Toscana negli anni tra il 1381 e il 1418 e conserva pure qualche sparuto ricordo personale. Il più significativo è relativo al 1399: parlando della celebre processione dei bianchi, il M. lascia intendere che si unì ai fedeli in cammino, dirigendosi da Prato a Firenze (porta S. Gallo), poi a Rovezzano, a Tartagliese, a San Giovanni, a Montevarchi dove «noi riscevemo grandissime cortesie più che ‘n altro dove noi fussimo stati» (p. 63), a San Donato in Collina, di nuovo a Firenze e finalmente a Prato.
Oltre alla Cronaca, secondo l’erudito pratese Cesare Guasti egli sarebbe stato l’autore di un breve poemetto sulla storia di Prato e del Sacro Cingolo che Guasti riproduce in copia (Prato, Biblioteca Roncioniana, Carte C. Guasti, 60, inserto 8).
Dalle lettere del M. resta memoria anche di un altro evento religioso riguardante la predicazione pratese di Bernardino da Siena (1424): la presenza del predicatore in città suggerì infatti al M. la redazione di una missiva al fratello Giuliano (cfr. Livi).
Il M. fu anche appassionato collezionista di manoscritti. La ricostruzione del suo fondo librario è ancora lontana dal compimento, tuttavia è noto con certezza che nel 1405 egli aveva commissionato all’abate Donato d’Oppieta, in S. Giuliano di Bologna, un esemplare dei Salmi penitenziali e che gli apparteneva il bel codice della Leggenda della Cintola, relativo al più importante santuario cittadino, splendidamente illustrato (Prato, Biblioteca Roncioniana, Mss., 85 [Q.II.7]).
Il M. risiedé continuativamente a Prato effettuando spostamenti di modesta entità per onorare gli incarichi pubblici. Dovette affrontare il viaggio più lungo della propria vita per recarsi a Ragusa nel 1434, all’indomani della prematura scomparsa del fratello Giuliano, morto in seguito a gravi percosse subite nel 1433 in Puglia, allorché fu derubato e selvaggiamente picchiato durante un viaggio d’affari.
Il M. morì alla fine di maggio del 1438 presumibilmente a Prato, lasciando erede universale l’ospedale della Misericordia, che ne celebrò le esequie con gran solennità.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Prato, Comune, 534 (847): Famiglie ammesse alla nobiltà della città di Prato…; ibid., Miscellanea, I, 18: Memorie storiche di Prato e di famiglie pratesi; ibid., 5, f. 2-3; 8, f. 3: Libro di Giovannino di Sandro e di Meo di Francesco, tutori di alcuni dei Marcovaldi (1390-1396); Ospedale della Misericordia, bb. 806, c. 55r; 2467, 2467 bis; Arch. di Stato di Firenze, Catasto, 137, cc. 555 s.; Diplomatico, 23 nov. 1391; Prato, Biblioteca Roncioniana, Mss., 105: Spogli di famiglie pratesi, cc. 196-201; Q.III.35: G.M. Casotti, Miscellanea; Lettere di un notaro [ser Lapo Mazzei] a un mercante del secolo XIV…, a cura di C. Guasti, Firenze 1880, I, pp. 77, 89; II, pp. 157, 358; R. Livi, S. Bernardino e le sue prediche secondo un suo ascoltatore pratese del 1424, in Bull. senese di storia patria, XX (1913), pp. 458-469; R. Nuti, Mercanti e lanaioli pratesi, in Arch. stor. pratese, XIV (1938), pp. 169-179; Id., in La Cronaca di Sandro Marcovaldi, cit., pp. 49-55; E. Fiumi, Demografia movimento urbanistico e classi sociali a Prato dall’età comunale ai tempi moderni, Firenze 1968, pp. 418-420; P. Pinelli, Giuliano di Marco da Prato, fattore a Ragusa: il carteggio, in Atti e memorie della Soc. dalmata di storia patria, XXVI (2004), pp. 5-15; Il carteggio Marcovaldi (1401-1437) nell’Archivio di Stato di Prato. Inventario, a cura di P. Pinelli, Roma 2006, ad indicem.