SANFEDISTI
. Masse di Santa Fede, e quindi di Sanfedisti, si chiamarono per la prima volta quelle bande armate delle plebi rurali e cittadine, che, in nome della vecchia fede degli avi e degli antichi costumi, si sollevarono contro i Francesi e i patrioti nel regno di Napoli, provocando la sanguinosa reazione del 1799. Il movimento fu così pronto, spontaneo e vivace, che un cardinale di grande energia, F. Ruffo di Bagnara, sbarcato con alcuni uomini in Calabria, e pochi avventurieri còrsi, capitati nelle Puglie, poterono dominarlo e indirizzarlo, senza difficoltà, verso la restaurazione monarchica e la distruzione della Repubblica Napoletana, privata dalla guerra della seconda coalizione dell'ausilio dell'esercito francese di E. A. Macdonald. Ma se la monarchia borbonica seppe sfruttare questo moto popolare, non seppe padroneggiarlo a pieno, come avrebbe voluto il Ruffo, e si lasciò trascinare a quella violenta reazione, che segnò, si può dire, la fine morale della monarchia borbonica di Napoli. Il sanfedismo rivelò, inoltre, la profonda crisi morale e sociale che travagliava il Mezzogiorno: si trovarono di fronte la classe colta e le plebi e v'era tra loro tale abisso, che, come ben vide V. Cuoco, sembravano due popoli diversi per due secoli di tempo e per due gradi di clima. Da storici recenti la classe colta napoletana è stata accusata di non avere capito il popolo che si trovava di fronte, ma il rimprovero è ingiusto, perché quella classe colta capì la profondità del moto, l'ammirò anche per l'energia morale, sia pure male applicata, che aveva rivelato, e continuò a lottare per il trionfo di quelle istituzioni, che sole avrebbero potuto portare il popolo sulle soglie della grande politica. Così pure è da attenuare in certo senso il patriottismo del sanfedismo, perché, sebbene moti analoghi scoppiassero in tutti i territorî dei vecchi stati regionali italiani, non vi fu tra loro alcuna sutura ideale e politica e il patriottismo locale non si trasformò in patriottismo nazionale. L'Italia non ebbe, né poteva avere la bella guerra nazionale contro i Francesi, come la Spagna e la Germania, e il sanfedismo non fu, in fondo, che una Vandea italiana, su uno sfondo sociale più grandioso.
Nella Restaurazione dopo il 1815, sanfedisti si chiamarono anche nello stato pontificio quelle sette reazionarie che si contrapposero alle liberali, ma su esse mancano lavori esaurienti, che permettano di tracciarne con sicurezza i caratteri. Nella Restaurazione poi il termine sanfedista acquistò in Italia un'accezione più lata, e fu dato dai liberali ai partigiani del trono e dell'altare, con un senso d'infamia e di sprezzo in ricordo delle stragi del 1799, onde la qualifica non fu mai accolta in buona pace da coloro che ne erano gratificati. Dopo il 1850 circa, nella polemica liberale il vocabolo sanfedista cedette il posto a quello di clericale, che veniva dalle lotte politico-religiose francesi e che in Italia era stato adoperato solo in senso stretto per designare il governo politico dei preti nello Stato Pontificio.
Un'eccellente bibliografia del movimento sanfedista nel Mezzogiorno è quella di N. Cortese in appendice alla sua edizione del Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799 di V. Cuoco (Firenze 1926, pp. 430-37). Sulla genesi sociale del movimento, cfr. G. Prato, L'evoluzione agricola nel sec. XVIII e le cause economiche dei moti del 1792-98 in Piemonte, in Atti della R. Acc. di scienze di Torino, 1908-09; N. Rodolico, Il popolo agli inizi del Risorgimento nell'Italia meridionale, 1798-1801, Firenze 1925. Sui caratteri, cfr. B. Croce, Storia del regno di Napoli, Bari 1925, pp. 222-228; il cit. Rodolico; G. Lumbroso, I moti popolari contro i Francesi alla fine del sec. XVIII, Firenze 1932. Per le sette sanfediste nello Stato Pontificio, cfr. L. Farini, Lo Stato Romano dall'anno 1815 all'anno 1850, I, Torino 1850: G. Cassi, Il card. Consalvi e i primi anni della restaurazione pontificia, 1815-19, Milano 1931. Sulla parola "clericale", cfr. I Maurain, La politique ecclésiastique du second empire de 1852 à 1869, Parigi 1930, p. 960.