SANGALLO (da Sangallo), Bastiano, detto Aristotile
SANGALLO (da Sangallo), Bastiano, detto Aristotile. – Nacque a Firenze nel 1481 da Lorenzo di Antonio di Andrea farsettaio e da Maddalena Giamberti (Vasari, 1568, 1906, IV, p. 292, VI, p. 449).
Pittore, scenografo, architetto, nipote per parte di madre di Giuliano e di Antonio (il Vecchio) da Sangallo. Allievo di Pietro Perugino, lo aiutò nel dipingere la tavola della Deposizione sull’altare maggiore della chiesa della Ss. Annunziata in Firenze, che il maestro umbro terminò tra il 5 agosto 1505 e l’ottobre del 1507. Nello stesso periodo, eseguì una copia del cartone disegnato da Michelangelo per l’affresco della Battaglia di Cascina in palazzo della Signoria, dalla quale, molti anni più tardi (1542) e su consiglio di Giorgio Vasari – suo amico, tanto che l’ampia biografia che ne scrisse rappresenta la principale fonte delle sue notizie –, ricavò un dipinto a olio che inviò in dono al re di Francia, Francesco I (oggi a Holkham Hall, collezione Conte di Leicester); e divenne amico anche di Raffaello nel corso del suo primo soggiorno a Firenze, tra il 1504 e il 1507.
Nell’estate del 1508 fu chiamato da Michelangelo tra i sei pittori che lo avrebbero aiutato, a quanto sembra, nei lavori alla volta della cappella Sistina fino alla fine dell’anno seguente. Bastiano, che era il più giovane, avrebbe poi sempre mantenuto buoni rapporti con Buonarroti. Negli anni seguenti, sempre a Roma, eseguì disegni in prospettiva per conto di Bramante e, tramite Giannozzo Pandolfini, vescovo di Troia, riprese i rapporti con Raffaello frequentandone la casa e facendo una copia della Madonna del velo, o di Loreto, dipinta da Sanzio tra il 1511 e il 1513 per la chiesa di S. Maria del Popolo.
Tornato a Firenze, nel novembre del 1515, in occasione della solenne entrata di papa Leone X e in collaborazione con Baccio da Montelupo e Iacopo da Pontormo, Sangallo realizzò un arco quadrifronte a carattere effimero dedicato alla virtù teologale della Fede ideato da Francesco Granacci, e dipinse in prospettiva una rappresentazione assai realistica della porta di Badia. Fece parte, in questi anni, della Compagnia del Paiolo, un’allegra brigata formata da artisti fiorentini (Vasari, 1568, 1906, VI, p. 609). Entro il 1519, dipinse alcuni ritratti, presumibilmente di notabili fiorentini, numerose rappresentazioni della Madonna e copie di opere di Raffaello – come il ritratto di Lorenzo duca, cioè di Lorenzo de’ Medici duca di Urbino, terminato entro il 5 febbraio 1518 e copiato da Bastiano forse intorno al settembre dello stesso anno. Eseguì anche copie di Michelangelo, tra le quali due grandi tele raffiguranti Il peccato originale e La cacciata dal Paradiso Terrestre tratte dall’ultima fase degli affreschi della volta Sistina. Molti di questi dipinti furono inviati in Inghilterra, ma a Firenze il successo dovette essere scarso, e pertanto Bastiano preferì dedicarsi agli allestimenti scenici e all’architettura. Nel 1518, in palazzo Medici, in collaborazione con Ridolfo Ghirlandaio e con il Franciabigio, curò gli apparati e le scene per le rappresentazioni teatrali allestite in occasione delle nozze del duca di Urbino, che dovevano includere probabilmente una prospettiva raffigurante Firenze destinata alla prima rappresentazione della Mandragola di Niccolò Machiavelli.
Nel 1520 Bastiano era membro della Compagnia di s. Luca, corporazione che riuniva i pittori fiorentini (Geronimus - Waldman, 2003, p. 127), e, il 12 ottobre, fu testimone all’atto di acquisto di un lotto di terreno da parte di Andrea del Sarto confinante con suoli di sua proprietà che egli aveva acquistati in precedenza allo scopo di costruirvi una casa e di prender moglie. Entrambe queste intenzioni trovarono consistenza in un’epoca imprecisata, essendo noto soltanto che egli sposò Maria da Castello, dalla quale ebbe una figlia di nome Laudomia, sposata poi con Francesco de Callainis, e premortagli forse nel 1546 (Archivio di Stato di Firenze [ASF], Notarile antecosimiano, 17165), e che la loro abitazione si trovava nell’attuale via Gino Capponi.
Con lo stesso Andrea del Sarto, Bastiano eseguì nel 1525 la prospettiva teatrale per la Mandragola, rappresentata dalla compagnia della Cazzuola, di cui entrambi facevano parte, in una casa privata, e nel periodo di carnevale dell’anno seguente, da solo, quella per la Clizia di Machiavelli, anch’essa allestita in una casa privata dalla stessa compagnia.
All’incirca negli stessi giorni, tornato a Roma, Bastiano iniziò a prestare un aiuto saltuario nella fabbrica di S. Pietro, dove il fratello Giovan Francesco, oltre a essere soprastante ai lavori, forniva materiali da costruzione.
Lì Bastiano ricevette il 22 gennaio 1526 un pagamento per il magazzino di Ripa (Frey, 1916, p. 75), mentre, in un documento che attesta una stima del 28 maggio eseguita insieme a Baldassarre Peruzzi, è definito «substituto di maestro Giovanfrancesco, suo fratello mensuratore» (p. 79), poiché questi era impegnato in quei mesi (marzo-giugno del 1526) in un sopralluogo alle fortezze pontificie in Romagna, e dall’agosto del 1527 si trasferì a Firenze. Pertanto Bastiano, almeno fino alla fine di aprile del 1528, gli subentrò anche nella ricca gestione della fornitura dei materiali per la fabbrica di S. Pietro (p. 85).
Ma, dopo il sacco di Roma, il cantiere della nuova basilica procedeva a rilento, e questo dovette convincere anche Bastiano a rientrare a sua volta a Firenze, dove, dopo la morte del fratello Giovan Francesco (1530), che ne era stato direttore dei lavori, subentrò nel ruolo per il completamento del palazzo progettato da Raffaello per Giannozzo Pandolfini e iniziato dieci anni prima.
Non è facile determinare l’apporto di Bastiano in questa opera, alla quale si lavorava ancora nel 1536; sembra tuttavia probabile che il suo intervento non si allontanasse dal progetto raffaellesco e che riguardasse il completamento delle facciate con la trabeazione di coronamento e l’iscrizione dedicatoria, in cui la data 1520 sarebbe in riferimento all’inizio dei lavori (Ruschi, 1984, pp. 36-38; Pagliara, 2004, p. 261).
Nel dicembre del 1531, Bastiano veniva citato in un documento concernente l’eredità del fratello Giovan Francesco e risultava tutore dei figli di questi, Paolo e Lorenzo (ASF, Notarile antecosimiano, 6440). In questo e negli anni seguenti, egli continuò anche l’attività di scenografo, allestendo forse nel 1531 la scena per La violazione di Tamar, tragicommedia di Giovan Maria Primerani allestita dalla compagnia de’ Fanciulli della Purificazione «dirimpetto a San Marco» (Vasari, 1568, 1906, VI, p. 438), e, nel 1533, l’apparato per il Giuseppe accusato, dello stesso autore, rappresentata per il duca Alessandro nella loggia del giardino mediceo di S. Marco: una scena arricchita da colonnati, nicchie, statue, tale da suggerire un’interpretazione della columnatio descritta da Vitruvio (Zorzi, 1975, p. 28).
Forse sin dal mese di luglio dell’anno successivo, e certamente nel gennaio-febbraio del 1536, Bastiano si occupò della costruzione della Fortezza da Basso, facendo da tramite tra il cugino Antonio Cordini (noto come Antonio da Sangallo il Giovane), che risiedeva a Roma e gli inviava disegni di progetto, e l’architetto Nanni Unghero, direttore dei lavori, e discutendo anche con il duca Alessandro de’ Medici della realizzazione dell’opera (Bottari, 1822, pp. 329 e 337). Nello stesso 1536, Bastiano eseguì le scene per l’Aridosia di Lorenzino de’ Medici, che venne rappresentata in via S. Gallo presso la compagnia dei Tessitori il 13 giugno.
In questa occasione, grazie anche a un intervento di Vasari, venne sventato un attentato ordito ai danni del duca Alessandro de’ Medici, che avrebbe dovuto restar vittima del crollo del troppo precario apparato scenico che pretendeva Lorenzino. Fu qui che per la prima volta, come novità introdotta da Bastiano, la sede per i musici venne disposta davanti al palcoscenico anziché nel retropalco.
Nel 1538, per il Commodo di Antonio Landi, rappresentato il 9 luglio nel secondo cortile del palazzo Medici in occasione delle feste per le nozze del duca Cosimo con Eleonora di Toledo, Bastiano curò l’allestimento del luogo teatrale.
Dipinti di diversi artisti allusivi alle gesta medicee erano disposti su tre lati, una copertura di strisce di stoffa proteggeva i posti a sedere e una suggestiva scena raffigurava Pisa con strade in prospettiva e, riconoscibili tra i caseggiati, la torre pendente, la cupola del duomo e il battistero. Precedeva il palcoscenico la riproduzione di un canale che richiamava l’Arno, mentre un meccanismo permetteva a una sfera di cristallo luminosa, contenente due torce, di muoversi lungo il profilo di un arco nascosto, simulando il sole e il trascorrere delle ore di una giornata. In tal modo veniva suggerito il conformarsi della recitazione alla regola dell’unità di tempo raccomandata da Aristotele (Zorzi, 1975, p. 29), con un probabile autoironico rinvio al soprannome di Bastiano.
Dal 1540, Bastiano tornò a occuparsi di architettura, aiutando ancora Antonio il Giovane a Perugia – dove dal mese di giugno e per i tre anni successivi fu secondo architetto al cantiere della rocca Paolina, dimostrandosi attento esecutore delle direttive del cugino – e a Castro, forse dal mese di giugno del 1543, per la costruzione della cinta muraria della nuova città voluta da Pier Luigi Farnese e dove, forse in quello stesso mese, ebbe modo di realizzare in pochi giorni anche una complessa scenografia, molto probabilmente per la commedia L’Altilia di Anton Francesco Raineri.
La scena iniziale rappresentava la città di Napoli, ma la novità introdotta da Bastiano furono i periatti, descritti da Vitruvio e sino a quel momento mai sperimentati in età moderna: una serie di cinque prismi a base triangolare che, ruotando su perni metallici azionati dal sottopalco, consentivano di mutare due volte il fondale scenico e le quinte.
Il 27 giugno dello stesso 1543, Claudio Tolomei scriveva a Raineri, poeta e segretario di Pier Luigi Farnese, chiedendogli di fare in modo che fosse Bastiano a subentrare al defunto Giovanni Mangone nell’incarico di esecutore di stime di lavori per conto della Camera apostolica, lavoro di cui l’abile scenografo aveva già esperienza. Bastiano ottenne infatti l’incarico e, tra il luglio del 1543 e il gennaio del 1547, stimò tra l’altro una parte imprecisata dei lavori compiuti in uno dei palazzi apostolici di Roma e opere di muratura e legname per la sistemazione dell’appartamento di papa Paolo III in Castel Sant’Angelo, e seguì lo stato di avanzamento del cantiere della rocca di Civitavecchia.
Nel frattempo a Roma, nel 1546, realizzò in un palazzo appartenente a Roberto Strozzi una scena provvisoria nel periodo di carnevale e, tra il luglio e il 13 novembre, fece una scena fissa per il cardinale Alessandro Farnese in una delle sale del palazzo della Cancelleria. Il successivo 20 novembre, a Firenze, venne nominato tutore dei pronipoti Giovan Francesco e Michele, figli del nipote Paolo, deceduto forse nello stesso anno (ASF, Notarile antecosimiano, 17165, c. 226rv).
Dovrebbe riferirsi al 1547 la notizia che Michelangelo lo avrebbe voluto come collaboratore nella sistemazione del Campidoglio, forse per dirigere i lavori della scala del palazzo senatorio. In quell’anno, però, Bastiano risiedeva, ormai definitivamente, a Firenze, dove, come ingegnere addetto all’ufficio dei Capitani di parte, un incarico pubblico che lo vide probabilmente impegnato con Niccolò Tribolo nei lavori per la villa medicea di Castello, visse gli ultimi anni della sua vita. Il 21 marzo 1551 fece testamento e morì il 31 maggio dello stesso anno (cc. 238r-239r; Vasari, 1568, 1906, VI, pp. 449 s.).
Afferma Vasari (p. 434) che Bastiano ebbe il soprannome di Aristotile per la sua serietà nel conversare e per una certa somiglianza con un antico ritratto scultoreo del filosofo. Claudio Tolomei lo stimava come diligente, pratico e buono. Spostandosi tra Firenze e Roma, e facendo parte della famiglia dei Sangallo, Bastiano poté godere dell’amicizia e della stima dei più grandi artisti del suo tempo, rimanendo al corrente delle principali novità nel campo artistico.
Nonostante la testimonianza di Vasari, a parte forse la copia del cartone della Battaglia di Cascina, non sono state identificate con certezza altre sue opere di pittura, tanto che Federico Zeri (1962) includeva Bastiano tra i «nomi senza quadri» ricordati nelle Vite (p. 324); dei numerosi disegni un tempo a lui attribuiti (soprattutto a Firenze, Uffizi; Lille, Musée des beaux-arts, collezione Wicar; Monaco, Staatliche graphische Sammlung), soltanto pochi possono riconoscersi come effettivamente di sua mano. Come architetto non è stata completamente chiarita la portata dei contributi forniti alle opere già ricordate, specie a quelle del cugino Antonio, che lo trattò sempre con distacco e alterigia. Il suo merito maggiore resta pertanto legato all’inventiva e alla capacità tecnica dimostrate nella creazione degli apparati da festa e, soprattutto, nelle scenografie, in cui introdusse per la prima volta in età moderna scene mutevoli mediante l’uso dei periatti e un palco per l’orchestra distinto da quello dell’azione teatrale.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Notarile antecosimiano, 6440, cc. 17r-18v, 17165, cc. 225v-226v, 238r-239r.
C. Tolomei, De le lettere libri sette, Venezia, Gabriel Giolito de’ Ferrari, 1547, cc. 136v-137r; G. Vasari, Le vite (1568), a cura di G. Milanesi, IV, Firenze 1906, p. 292, VI, 1906, pp. 433-456, 609; I. Barozzi da Vignola, Le due regole della prospettiva pratica. Con i comentarij del r.p.m. Egnatio Danti, Roma, Francesco Zannetti, 1583, pp. 91 s.; G. Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura..., a cura di S. Ticozzi, III, Milano 1822, pp. 329 s., 337; G. Clausse, Les San Gallo, architectes, peintres, sculpteurs, médailleurs, XVe et XVIe siècles, III, Paris 1902, pp. 103-117; K. Frey, Zur Baugeschichte des St. Peter..., in Jahrbuch der Königlich Preussischen Kunstsammlungen, 1916, n. 37, suppl., pp. 75, 79, 85; E. Povoledo, S., Bastiano da, in Enciclopedia dello spettacolo, VIII, Roma 1961, coll. 1476-1478; F. Zeri, Eccentrici fiorentini – II, in Bollettino d’arte, s. 4, XLVII (1962), pp. 314-326; L. Zorzi, Introduzione, in Il luogo teatrale a Firenze. Brunelleschi, Vasari, Buontalenti, Parigi (catal., Firenze), a cura di M. Fabbri - E. Garbero Zorzi - A.M. Petrioli Tofani, Milano 1975, pp. 9-51; Id., Il teatro e la città. Saggi sulla scena italiana, Torino 1977, pp. 53, 86, 88, 92-94, 96, 98, 104 s., 172, 189, 191, 193-196, 213; P. Ruschi, Vicende costruttive del palazzo Pandolfini nell’arco del Cinquecento. Documenti e ipotesi, in Raffaello e l’architettura a Firenze nella prima metà del Cinquecento (catal.), Firenze 1984, pp. 27-64; W.E. Wallace, Michelangelo’s assistants in the Sistine Chapel, in Gazette des beaux-arts, s. 4, CX (1987), pp. 203-216; I. Ciseri, L’ingresso trionfale di Leone X in Firenze nel 1515, Firenze 1990; A. Ghisetti Giavarina, Aristotile da Sangallo. Architettura, scenografia e pittura tra Roma e Firenze nella prima metà del Cinquecento, Roma 1990; Id., B. [Aristotile] da S., in The Dictionary of art, a cura di J. Turner, XXVII, London-New York 1996, pp. 740 s.; D.V. Geronimus - L.A. Waldman, Children of Mercury. New light on the members of the Florentine Company of St. Luke (c. 1475-c. 1525), in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, 2003, n. 47, pp. 127 s., 139, 155 s., nn. 112-113; P.N. Pagliara, Palazzo Pandolfini, Raffaello e Giovan Francesco da Sangallo, in Per Franco Barbieri. Studi di storia dell’arte e dell’architettura, a cura di E. Avagnina - G. Beltramini, Venezia 2004, pp. 241-267; P. Placentino, Il ‘taccuino di Michelangelo’ a Lille, tesi di dottorato di ricerca in storia dell’architettura e dell’urbanistica, XXII ciclo (relatori A. Bedon - A. Nesselrath), IUAV, Venezia 2011, pp. 36-45.