SANGINETO
– I Sangineto sono presenti sin dalla seconda metà del XIII secolo nello scacchiere estremamente parcellizzato della feudalità della Calabria Citra.
La famiglia era forse originaria di Parma, ma Paul Durrieu (1886) propende per un’origine francese. Dalla città emiliana risulta provenire un Gerardo Sangineto che, come si ricava dai registri della cancelleria angioina, è attestato presso la Magna Curia di Napoli nel 1289-90 (come giudice delle appellazioni). Secondo Mario Pellicano Castagna, Gerardo è forse identificabile con il signore di Arena, al quale sarà imposta la restituzione del feudo di Arena a Riccardo Conclublet nel 1297.
Ruggiero, verosimilmente figlio di Gerardo, ricoprì l’incarico di giustiziere di Terra di Lavoro e del Contado di Molise già nel 1283-84 («Rogerius de Sangineto miles, capitaneus et iustitiarius Valle Gratis», RCA, L, 1267-95, n. 1260; Morelli, 2012, pp. 87 n. 61, 289) e, nello stesso anno 1284, il 12 aprile fu inviato all’assedio di Scalea (che in caso di riconquista avrebbe dovuto munire e custodire) come capitano delle truppe angioine contro quelle aragonesi. Con Ruggiero, signore di Sangineto e di Belvedere, iniziò dunque l’ascesa dei Sangineto, che in breve tempo videro accrescersi i propri possedimenti grazie ai meriti militari e alle accorte scelte matrimoniali. Ruggiero sposò Giacoma di Lauria, nipote del grande ammiraglio Ruggiero di Lauria, e si imparentò con Angelo di Marra, maestro razionale della Magna Curia, una figlia del quale sposò «primogenitum Rengerii de Sancineto militis tenentis feudalia in Calabria» (RCA, XXVI, 1282-83, p. 216). Ruggiero e Giacoma ebbero cinque figli: Francesco, Gerardo, Filippo, Costanza e Stefania. I tre maschi di questa generazione ebbero tutti ruoli politico-militari significativi.
Morto Francesco durante l’assedio di Belvedere nel 1289, il feudo di Corigliano venne trasmesso al secondogenito Gerardo, che nel 1309, anno della morte del padre, era per l’appunto ricordato come conte di Corigliano.
Gerardo, capitano generale e giustiziere di Calabria, morì durante una spedizione militare a Trapani tra il 1314 e il 1317, dopo essersi sposato con Elisabetta Ruffo e aver avuto tre figli: Pietro (che premorì al padre), Ruggiero II e Bionda.
Ma fu Filippo che, seguendo le orme paterne, accrebbe al massimo grado le glorie della famiglia.
Si distinse innanzitutto come capitano delle truppe angioine in Calabria nel 1316 e in Piemonte nel 1317. Ricoprì più volte la carica di giustiziere della Terra di Lavoro e del Comitato di Molise, e partecipò a numerose spedizioni militari contro le truppe aragonesi.
In quel torno d’anni, si consolidò anche la sua posizione in quanto signore territoriale. Nel 1319, in un atto dell’8 agosto, è definito infatti «nobilis vir Philippus de Sangineto, Brahallae et Bollitae dominus» (F. Russo, Regesto vaticano..., 1974-1995, n. 2510), come riportato da Francesco Russo nei regesti vaticani. Diversa datazione sull’assegnazione del feudo forniscono Ferrante della Marra e Pellicano Castagna, i quali la postdatano al 1337; un atto di quell’anno, riportato da Matteo Camera e in origine conservato nell’Archivio di Stato di Napoli, attestava a ogni buon conto che «nobilis Philippus de Sanguineto miles consiliarius, familiaris insignitus titulo comitatus terrae suae Bracallae, quae secundum interpretationem eiusdem vocabuli Altum Flumen comperitur nuncupari, et mutato in decorem vocabuli terrae nomine Altifluminis comitatem jussimus buccinari» (Camera, 1841, p. 142); e il toponimo di Altofiume in effetti si consolidò dal 1337, per poi definitivamente diventare Altomonte dal 1343. L’assegnazione del feudo risale con tutta probabilità al matrimonio contratto nel 1315 con Margherita d’Aquino, vedova di Guglielmuccio Pallotta, che nel 1302 è documentato come signore di Brahalla. Questo territorio, trasformato in contea solo intorno al 1342 e concesso – come già detto – verso il 1315, quando Filippo era ancora uomo d’arme, si sommava a pochi altri territori come Tarsia, San Marco, Bollita (odierna Novi Siri), pervenuti a Filippo per via ereditaria e in precedenza trasmessi dal padre Ruggiero al primogenito Gerardo.
La carriera militare di Filippo proseguì negli anni Venti. Nel 1326 fu al seguito di Carlo, duca di Calabria, ove rimase come suo vicario almeno sino al 1329, quando portò a termine la presa di Pistoia, roccaforte ghibellina di Castruccio Castracani. Quanto alla sua posizione nel Regno, nel 1325, sempre da Russo, è qualificato come miles S. Marci dioc. (odierna San Marco Argentano; F. Russo, Regesto vaticano..., cit., n. 6287).
In prosieguo di tempo Filippo divenne invece un alto funzionario del Regno, all’interno della corte di re Roberto. Tra il 1330 e il 1331 fu nominato siniscalco di Provenza e Forcalquier: con lettera del 26 gennaio, re Roberto ordinò a tutti i prelati, nobili e baroni di Provenza di prestargli omaggio e giuramento di fedeltà in quanto rappresentante di Giovanna e Maria, figlie del defunto Carlo, duca di Calabria. Operò nella regione per un decennio circa e fu tra l’altro impegnato in numerose missioni diplomatiche, in particolare presso la Curia avignonese. In Provenza furono redatti i due testamenti: nel primo (Nizza 1336) si qualificò come «miles regius, Comitatuum Provinciae et Forcalquerii Senescalcus» (De Franco, 1990-1991, p. 12) e nello stesso anno re Roberto gli confermò la signoria di San Marco; nel secondo (Aix-en-Provence 1340) è qualificato come «miles baroniarum Tarsiae et Brahallae dominus et regius Comitatuum Provinciae et Forcalquerii senescalcus» (p. 19).
Negli anni successivi insorsero all’interno del clan dei Sangineto dei contrasti, che ebbero ripercussioni sull’esercizio dell’autorità signorile. Nel 1342 vennero stipulati (con l’assenso di re Roberto, 30 luglio) dei patti tra Filippo (citato come conte di Altofiume) e il nipote Ruggiero II (figlio di Gerardo II), conte di Corigliano, che prevedevano l’assegnazione della baronia di Sangineto a Filippo e della contea di Corigliano e del castello di Regina a Bionda (sorella di Gerardo II). A seguito della morte senza eredi, tra il 1343 e il 1345, di Ruggiero II, sospettato anche della morte del vescovo di Bisignano (il quale esercitava la giurisdizione su territori contesi tra i Sangineto e la diocesi di Bisignano), Filippo rimase l’unico dei Sangineto. La contea di Corigliano passò nelle mani di Roberto Sanseverino, conte di Terlizzi, che aveva sposato in seconde nozze Bionda Sangineto; ma Filippo stipulò con il re un accordo in base al quale quel territorio sarebbe passato nelle sue mani in caso di morte senza eredi del Sanseverino. L’accordo fu successivamente ratificato anche in un breve dato ad Avignone il 20 dicembre 1346.
Nel 1343 Filippo aveva concluso il primo mandato come siniscalco di Provenza, e nello stesso anno comparve a Napoli come membro del consiglio di reggenza (è menzionato infatti nel testamento di re Roberto), con il compito di supportare la regina Giovanna nel governo. I rapporti tra i due, però, furono difficili, se nel 1346 Sangineto fu nuovamente nominato siniscalco di Provenza e de facto allontanato dal Regno. Solo l’intervento di papa Clemente VI, che scrisse alla regina perorando la causa di Filippo (6 settembre 1347), riuscì a far ritornare l’ormai anziano siniscalco ad Altomonte probabilmente nel 1348 (il 16 febbraio 1348 una nuova lettera del papa sollecitò la regina per la restituzione dei beni depredati dai pirati alle navi dei Sangineto, durante il viaggio da Napoli alla Calabria). Ad Altomonte Filippo Sangineto morì tra il 1348 e il 1349, facendosi tumulare nella chiesa di S. Maria della Consolazione (già destinataria nel testamento del 1336 e nel successivo di ingenti lasciti per il completamento dell’edificio, che reca non a caso tracce di un sincretismo architettonico calabrese e provenzale a un tempo).
Alla morte di Filippo, nel feudo di Altomonte subentrò il nipote Filippo II, già designato a partire dal 1336, anno in cui il padre Ruggiero era già defunto. Da Ilaria Sanseverino, figlia di Ruggiero Sanseverino conte di Mileto, Filippo II ebbe due figli: Giovanni, detto Giovannello, e Margherita. A differenza dell’omonimo predecessore e dell’avo, egli si dedicò quasi esclusivamente all’accrescimento del patrimonio familiare e al contenzioso scoppiato con Giovanna Sanseverino, figlia di Roberto, per il possesso della contea di Corigliano. Filippo II morì l’8 dicembre 1377, e con la morte nel 1380 di Giovannello si estinse il ramo maschile dei Sangineto.
A seguito di ciò, i feudi di Altomonte e Corigliano passarono a diversi rami dei Sanseverino e dopo il 1382, a causa della confisca del feudo di Corigliano da parte di re Carlo III a Giovanna Sanseverino, il feudo passò ad Antonio Ruffo e poi alla figlia Covella. Solo un’accorta politica matrimoniale portò a riunificare i feudi di Altomonte e Corigliano nelle mani di Ruggiero Sanseverino, figlio di Venceslao e Margherita Sangineto, grazie al matrimonio con Covella Ruffo nel 1394. Con il figlio Antonio, che avrebbe ereditato nel 1430 l’ingente patrimonio e assunto i titoli di conte di Chiaromonte, Tricarico, Altomonte, Corigliano e duca di San Marco, questi territori dei Sangineto entreranno a fare parte di uno dei feudi più potenti del regno, il principato di Bisignano.
La memoria dei Sangineto e le loro vicende storiche ebbero una qualche eco nella tradizione culturale dei secoli successivi; la figura di Ruggiero ispirò un dramma teatrale in tre atti di Carlo Tito Dalbono, Ruggiero di Sangineto, ovvero gli Angioini e gli Aragonesi, rappresentato a Napoli nel 1844.
Fonti e Bibl.: Archives départimentales des Bouches-du-Rhône, Marseille, B 2, cc. 178-179; P. Durrieu, Les archives angevines de Naples. Étude sur les registres du roi Charles Ier (1265-1285), I-II, Paris 1886, II, pp. 201, 223 s.; L. Bertano, Serie dei Siniscalchi della Provenza dal 1259 al 1389, in Bollettino storico-bibliografico subalpino, I (1899), 1-2, pp. 62 s.; I Registri della Cancelleria Angioina ricostruiti da R. Filangieri con la collaborazione degli Archivisti napoletani (= RCA), Napoli 1950-2010, XXVI, 1979, p. 216, XXVII, 1979, 1, pp. 59 s., XXXI, 1980, n. 60, XXXII, 1982, n. 89; L, 2010, n. 1260; Fonti Aragonesi, a cura degli archivisti napoletani, I, Napoli 1957, p. 98; Clément VI (1342-1352), lettres [...] se rapportant à la France, a cura di E. Déprez - J. Glénnison - G. Mollat, Paris 1958, II-IV, nn. 3434, 3736, 3737; Archivio Sanseverino di Bisignano, a cura di J. Donsì Gentile, in Archivio di Stato di Napoli, Archivi privati, Inventario Sommario, I, Roma 1967, nn. 9, 10, 11, 26, 27, 31, 38, 44, 55, 59, 60, 61, 62, 65, 66, 67, 71, 1292; F. Russo, Regesto vaticano per la Calabria, Roma 1974-1995, I, nn. 2510, 6287, 6476, 6549, 6596, 6710, 6711, 6820, 6947, 6953, 6954, 6991, 7014, 7015; II, nn. 8037, 8218.
S. Ammirato, Delle famiglie nobili napoletane, I, Firenze 1580 (rist. anast. Bologna 1973), p. 38; F. della Marra, Discorsi delle famiglie estinte, forastiere e non comprese ne’ seggi di Napoli, imparentate colla casa della Marra, Napoli 1641 (rist. anast. Bologna 1985), pp. 353-364; M. Camera, Annali delle Due Sicilie, I, Napoli 1841, p. 192; R. Caggese, Roberto d’Angiò e i suoi tempi, I, Firenze 1922, pp. 664 s.; II, 1930, pp. 110 s.; G. Azzara, I Sanseverino. Rami Martirano, Sambiase, Caserta, Lauro, Corigliano, in Studi meridionali, VI (1973), 1, pp. 8-21; 2-3, pp. 135-145; 4, pp. 323, 336, VII (1974), pp. 8-22; M. Pellicano Castagna, Storia dei feudi e dei titoli e dei titoli nobiliari della Calabria, I-IV, Chiaravalle Centrale 1984-2003, I, pp. 64-68; II, pp. 145, 147; L. De Franco, Una pagina di vita medievale: i due testamenti di Filippo di Sangineto, signore di Altomonte, in Calabria nobilissima, XLII-XLIII (1990-1991), pp. 11-32; R. Fuda, Un rapporto definito: Filippo di Sangineto e il San Ladislao di Simone Martini, in Rivista d’arte. Studi documentari per la storia delle arti in Toscana, XLIII (1991), pp. 3-17; S. Pollastri, Une famille de l’aristocratie napolitaine sous le souverains angevins: les Sanseverino (1270-1420), in Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge, CIII (1991), 1, pp. 253 s.; A. Savaglio, I Sanseverino e il feudo di Terranova: la Platea di Sebastiano della Valle del 1544, Cosenza 1992; S. Morelli, Giustizieri e distretti fiscali nel regno di Napoli durante la prima età angioina, in Medioevo Mezzogiorno Mediterraneo. Studi in onore di Mario Del Treppo, Napoli 2000, pp. 301-323; A. Campolongo - G. Celico, I Sanseverino conti di Lauria, signori di Laino e duchi di Scalea. Regesto dal sec. XII al sec. XVI, Soveria Mannelli 2001; S. Fodale, La Calabria angioino-aragonese, in Storia della Calabria Medievale. I quadri generali, a cura di A. Placanica, Roma 2001, pp. 183-262; S. Pollastri, Les Ruffo di Calabrie sous les Angevins: le contrôle lignager (1268-1435), in Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge, CXIII (2001), 1, pp. 543-577; Ead., Le Liber Donationum et la conquête angevine du Royaume de Sicile (1268-1281), ibid., CXVI (2004), 2, pp. 657-727; S. Morelli, Per conservare la pace. I Giustizieri del regno di Sicilia da Carlo I a Carlo II d’Angiò, Napoli 2012, p. 84, n. 81; S. Pollastri, L’aristocratie comtale sous les Angevines (1268-1435), in Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge, CXXV (2013), 1, http://mefrm. revues. org/1110 (6 giugno 2017); S. Paone, Santa Maria della Consolazione ad Altomonte. Un cantiere gotico in Calabria, Roma 2014, pp. 11-17; N. Provenzano, I Sanseverino. Conti di Altomonte, Tricase 2014; S. Morelli, «Il furioso contagio delle genealogie». Spunti di storia politica e amministrativa per lo studio dei grandi ufficiali del regno, in Les grands officiers dans les territoires angevins. I grandi ufficiali nei territori angioini, Roma 2016, pp. 1-27.