SANGIOVANNARA
(Marianna De Crescenzo). – Nacque il 13 aprile 1817 a Napoli da Vincenzo, fruttivendolo, e da Maria Angela Feroce.
Secondo alcune fonti apparteneva al quartiere di pescatori – ma anche di prime industrie – di San Giovanni a Teduccio e per questo motivo divenne nota come la Sangiovannara: in realtà era nata in via Pignasecca 23, nel cuore della città partenopea. La sua figura emerse negli anni durante i quali, tra il 1848 e il 1860, la camorra a Napoli si politicizzò, consolidando la rete di poteri territoriali nei quartieri e allargando così il raggio d’azione al di fuori delle carceri, in cui il fenomeno camorrista si attestava già da secoli.
Marianna De Crescenzo si distinse durante il moto costituzionale del 1848, quando guidò molte manifestazioni popolari con la fascia tricolore sul petto nel quadro della partecipazione di una parte della camorra al movimento liberale. In particolare, ella capeggiò con Michele Viscusi, già capopopolo e divulgatore di catechismi politici, le manifestazioni avvenute dopo la concessione della carta costituzionale nel gennaio 1848 e con il gruppo della Pignasecca aderì alla fazione dei ‘baracchisti’, cioè di quei camorristi che erano passati alla rivoluzione liberale e si opponevano ai ‘luciani’, gli abitanti del quartiere intorno alla chiesa di S. Lucia, popolato da pescatori fedeli ai Borbone.
Bastava un suo segnale, lanciato dalla locanda che gestiva nei quartieri spagnoli, e la famosa via Toledo si trasformava in una bolgia: donne strepitanti scendevano dai vicoli. In questo modo, assecondava i progetti di quanti tramavano nell’oscurità per la causa costituzionale e italiana: costoro individuarono nella Sangiovannara una collaboratrice molto efficiente in quanto era pronta ad aiutare i disertori o a fissare riunioni in posti segreti e sicuri. Fu il tramite di cui si servirono spesso i prigionieri politici per le loro comunicazioni, e si diceva che conoscesse «assai dappresso l’illustre Carlo Poerio» (Corrispondenza di Napoli. Al signor direttore della Rivista contemporanea. Napoli, 20 agosto 1860, in Rivista contemporanea, 1860, vol. 22, p. 467).
La Sangiovannara, vedova di un soldato borbonico, Gennaro Gioia, e risposatasi con Luigi Montella, coordinò molte attività cospirative all’interno della sua taverna, covo dei liberali, diventando fra l’estate e l’autunno del 1860 un’autentica celebrità mediatica per la stampa internazionale.
Nell’autunno del 1860, gli interni della sua osteria venivano descritti così dal corrispondente del principale periodico illustrato francese: «A côté de la porte fait sentinelle un Christ énorme entouré de fleurs et cierges, devant lequel deux ou trois douzaines de jeunes filles prient, avec une voix étrangement criarde, pour leurs parents ou pour leurs amants qui se battent avec Garibaldi. [...] Les murs du cabaret sont tatués de saints habillés de draperies tricolores écloirés par des lampes à l’huile. Par-ce par-là des tables horribilment sales, comme tout le reste du cabaret, rarement chômant de consommateurs, dans tout ce bouge, plus de fumé que de lumière» (A. Kbolesan, Marianna la Sangiovannara, in L’Illustration. Journal universel, 20 ottobre 1860, pp. 12 s.). Come un oracolo, o meglio, come figura provvidenziale per la popolazione del quartiere, la Sangiovannara «distribue des secours et donne des nouvelles, éclarait des doutes, explique la situation, fait la carte du jour aux mouvements populaires, indique au peuple son rôle, lui détaille ses intérèts et les raisons par lesquelles il lui convient de quitter les Bourbons et de suivre les signori: un re galantomme et Garibaldi» (p. 12).
Il suo appoggio alla causa liberale si connetteva altresì alla parentela con il famoso Salvatore De Crescenzo, del quale era cugina: il primo capintesta della camorra espresso non dalla densa delinquenza della Vicaria, ma dai quartieri di mercato.
‘Tore ‘e Criscienzo’ fu nominato tra altri capisquadra della guardia cittadina nell’estate del 1860 da Liborio Romano, che così avrebbe spiegato a posteriori questa sua mossa politica: «Or come salvare la città in mezzo a tanti elementi di disordine e d’imminenti pericoli? Fra tutti gli espedienti che si offrivano alla mia mente agitata per la gravezza del caso, un solo parvemi, se non di certa, almeno di probabile riuscita, e lo tentai. Pensai di prevenire le triste opere de’ camorristi, offrendo a’ più influenti loro capi un mezzo di riabilitarsi; e così parvemi toglierli al partito del disordine, o almeno paralizzarne le tristi tendenze in quel momento in cui mancavami ogni forza, non che a reprimerle, a contenerle. Laonde, fatto venire in casa mia il più rinomato fra essi [...] e gli dissi che era venuto per esso e pe’ suoi amici il momento di riabilitarsi dalla falsa posizione cui aveali sospinti, non già la loro buona indole popolana, ma l’imprevidenza del governo, [...]. Che era mia intenzione tirare un velo sul loro passato, e chiamare i migliori fra essi a far parte della novella forza di polizia [...]. Improvvisai allora, ed armai, senza por tempo in mezzo, una specie di guardia di pubblica sicurezza, come meglio mi riuscì raggranellarla fra la gente più fedele e devota ai nuovi principii ed all’ordine; frammischiai fra questi l’elemento camorrista in proporzione che, anche volendolo, non potea nuocere; disposi che si organizzasse in compagnie; posi a capo di essi coloro che ispiravano maggior fiducia; ed ordinai che, divisi in pattuglie, scorressero immantinente tutti i quartieri della città» (Romano, 1873, pp. 19 s.).
Nel 1860 la Sangiovannara convogliò popolani negli assalti ai commissariati di polizia dopo il richiamo in vigore, il 1° luglio 1860, della Costituzione del 1848. Aderì al garibaldinismo e fu attivissima nell’accoglienza al generale. Guidò le feste seguite all’arrivo a Napoli dell’eroe dei due mondi avvenuto il 7 settembre e fu lei ad accompagnarlo nella visita alla Madonna di Piedigrotta.
Descritta dai media del tempo – che focalizzarono, soprattutto nel 1860, la loro attenzione su di lei – come forte, animosa e laconica, ella indossava senza alcuna eleganza abiti scuri e portava alla cintola due rivoltelle e un pugnale (Garibaldi and the strong woman, in Harper’s Weekly, 24 novembre 1860). Le armi che recava con sé furono perciò testimoniate da fotografie, ritratti litografici e resoconti del tempo. Il funzionario borbonico, poi storico reazionario, Giacinto De’ Sivo se le vide puntare contro il 15 settembre 1860 nella prefettura di polizia di Napoli: arrestato perché si era «negato all’invito d’andare a Napoli a inchinare Garibaldi», venne scambiato per «lo esoso commissario Campagna» (De’ Sivo, 1867, p. 99), famoso poliziotto borbonico, e si trovò schierati di fronte centinaia di camorristi, tra i quali la Sangiovannara che gli rivolse contro le pistole fino in prigione. La sua figura finì per evocare una rappresentazione virilizzante dell’amazzone guerriera che suonava perturbante per l’immaginario maschile del tempo, come testimoniato anche dalla descrizione negativa e offensiva – non solo per ragioni politiche – che le avrebbe dedicato lo stesso De’ Sivo: «Corso il motto, si radunarono in piazza, anche con loro donne e bagasce. Capitanava le femmine una Marianna de Crescenzo, tavernaia, detta la Sangiovannara, addobbata alla brigantesca; la quale, tutta di D. Liborio, da invito co’ denari della setta aveva abbeverato di vino e carboneria quella ladronaia: ella con altre andava avanti come a trionfo, quasi ebbre, piene di fasce e colori e bandiere e pistole e coltelli» (De’ Sivo, 1865, p. 273).
Il 21 ottobre 1860 si recò in compagnia dei patrioti Silvio Spaventa e Filippo Cappelli al padiglione elettorale predisposto all’aperto nel rione di Monte Calvario per il plebiscito di annessione delle Province napoletane al nascente Regno d’Italia e le fu concesso eccezionalmente per meriti patriottici, in deroga alla normativa elettorale che prevedeva il suffragio universale esclusivamente maschile, di deporre la scheda con il ‘sì’ nell’urna tra gli applausi della folla e lo sventolio di striscioni tricolori (Voting for annexation at Naples, in The London Illustrated News, 10 novembre 1860).
Per il suo contributo alla causa liberale e nazionale Marianna vide riconoscersi dal governo prodittatoriale garibaldino una pensione, come altre patriote che avevano militato accanto ai loro compagni e mariti. Il decreto di concessione del 26 ottobre 1860 esaltava la Sangiovannara e «Antonietta Pace, Carmela Furitano, Costanza Leipnecher e Pasquarella Proto» per essere state «in tempi di teneborsa tirannide» un «esempio imitabile di coraggio civile e di costanza nel propugnare la causa della libertà» (Atti governativi per le Provincie napoletane. 1860, 25 giugno a 31 dicembre, raccolti dall’avv. Giuseppe d’Ettore, Napoli 1861, p. 263)
Non si hanno notizie di un suo coinvolgimento negli arresti in massa dei camorristi avvenuti nel 1862 per ordine dello stesso Spaventa, ministro di Polizia della Luogotenenza napoletana, che colpirono invece il cugino Salvatore, costretto al domicilio coatto tra il 1862 e il 1867 e poi alla prigione fino al 1879. Nel 1862 suo nipote Francesco De Crescenzo, figlio di un fratello di ‘Tore’, esercitava a ventisei anni atti di camorra sulle carni porcine e sulla frutta al mercato della Pignasecca, ma soprattutto si pavoneggiava di essere nipote della Sangiovannara in modo da praticare prepotenze tra i popolani del quartiere senza subire denunce.
Marianna De Crescenzo morì a Napoli il 19 maggio 1869, in una casa al numero 22 del Grottone di Palazzo, l’attuale via Gennaro Serra.
Esaltata dagli scrittori di parte democratica e condannata da quelli borbonici, la sua biografia rimase a lungo avvolta dal mistero: mitizzata nel periodo dell’Unità d’Italia, scivolò poi nell’oblio.
Fonti e Bibl.: M. Monnier, Garibaldi. Histoire de la conquête des Deux Siciles. Notes prises sur place au jour le jour, Paris 1861, passim; Id., La camorra. Notizie storiche, Firenze 1862, passim; G. De’ Sivo, Storia delle due Sicilie dal 1847 al 1861, III, Verona 1865, passim; Id., Storia delle due Sicilie dal 1847 al 1861, IV, Viterbo 1867, passim; L. Romano, Memorie politiche, Napoli 1873, passim; N. Nisco, Storia del Reame di Napoli dal 1824 al 1860, Napoli 1908, passim; G. Doria, La S. Contributo all’iconografia napoletana, Napoli 1956; M. Marmo, Quale ordine pubblico. Notizie e opinioni a Napoli tra il luglio ’60 e la legge Pica, in Quando crolla lo Stato. Studi sull’Italia preunitaria, a cura di P. Macry, Napoli 2003, pp. 179-227; C. Di Somma del Colle, Album della fine di un regno, Napoli 2006, pp. 266, 361; G.L. Fruci, Cittadine senza cittadinanza. La mobilitazione femminile nei plebisciti del Risorgimento (1848-1870), in Genesis. Rivista della Società delle storiche, V (2006), 2, pp. 21-55; Id., Il sacramento dell’unità nazionale. Linguaggi, iconografia e pratiche dei plebisciti risorgimentali (1848-1870), in Storia d’Italia, Annali 22, Il Risorgimento, a cura di A.M. Banti - P. Ginsborg, Torino 2007, pp. 567-605; M. Marmo, Il coltello e il mercato. La camorra prima e dopo l’unità d’Italia, Napoli-Roma 2011, pp. 75, 80, 210, 268, 272, 317; A. Fiore, La politicizzazione della camorra. Le fonti di polizia a Napoli (1848-60), in Meridiana. Rivista di storia e scienze sociali, 2013, vol. 78, pp. 95-117; J. Dickie, Onorate società. L’ascesa della mafia, della camorra e della ’ndrangheta, Roma-Bari 2014, ad indicem.