Sangue
Il sangue è un liquido di colore rosso che circola in un sistema chiuso di canali formato da cuore, arterie, capillari e vene, portando nutrimento e ossigeno a tutti i tessuti del corpo; può esso stesso essere considerato un tessuto, costituito da cellule (parte corpuscolata o figurata) che si trovano libere nella parte liquida, detta plasma. Le cellule del sangue sono di tre tipi: i globuli rossi (detti anche emazie o eritrociti), i globuli bianchi, o leucociti, e le piastrine (v. circolatorio, apparato). Nell'uomo adulto si trovano circa 5-6 l di sangue: di questi il 45% circa è costituito dalla parte cellulare e il restante 55% dal plasma. Se sangue trattato con anticoagulanti viene posto in una colonnina trasparente, dopo un certo periodo di tempo esso si disporrà in tre strati: uno strato profondo, di colore rosso, costituito da globuli rossi, detto ematocrito (44% circa del volume totale); un piccolo strato intermedio, detto buffy coat, di colore biancastro, costituito da globuli bianchi e piastrine (circa l'1% del volume totale); e infine uno strato superficiale, di colore giallo, costituito dal plasma.
Filogenesi
Tutti gli organismi per sopravvivere hanno bisogno sia di un continuo rifornimento di sostanze nutritive e di energia per lo svolgimento dei processi metabolici, sia di espellere i prodotti di rifiuto di tali processi. Negli organismi più semplici, come per es. i Poriferi, i Celenterati e i Platelminti, non è presente un fluido circolante, mentre nei gruppi più evoluti composti con ruolo nutritivo, gas respiratori, prodotti del metabolismo e sostanze di scarto vengono veicolati tramite un apposito sistema circolatorio, utilizzando come mezzo di trasporto un complesso eterogeneo di consistenza liquida. Nei Vertebrati questo vettore viene definito sangue, negli Invertebrati emolinfa. Dato che l'ossigeno è relativamente poco solubile nel plasma sanguigno, negli animali a più complessa organizzazione il suo trasporto dalla superficie alle varie parti del corpo necessita di speciali molecole proteiche trasportatrici, i pigmenti respiratori, che, legando reversibilmente l'ossigeno, sono in grado di aumentare notevolmente la capacità del fluido di trasportarlo (v. anche respirazione). A causa della loro alta affinità per l'ossigeno, i pigmenti di molti Invertebrati (per es. alcuni vermi che vivono in zone di marea) non vengono deossigenati nei tessuti quando in questi vi è un contenuto di ossigeno sufficiente, ma servono invece come riserva in caso di carenza. Inoltre, nella maggior parte degli Invertebrati i pigmenti sono disciolti nel plasma e non raccolti in elementi figurati, i globuli rossi, come avviene negli Echinodermi e nei Vertebrati. Nei Molluschi e negli Artropodi il trasportatore di ossigeno è una proteina di colore azzurro, l'emocianina, contenente rame; il ferro si trova invece nell'emeritrina, riscontrabile nei Brachiopodi e nei Priapulidi. Il principale pigmento respiratorio è comunque l'emoglobina: onnipresente nei Vertebrati, si ritrova in diversi Invertebrati, nei Protozoi, nelle piante e perfino in qualche batterio. La struttura base del gruppo eme della molecola dell'emoglobina è universalmente presente nelle piante e negli animali. Varianti biochimiche secondarie di materiale grezzo hanno portato alla formazione di un pigmento del tipo emoglobina, in grado di assicurare la liberazione dell'ossigeno, e tale mutazione ha assunto un aspetto permanente per il grande vantaggio evolutivo che essa ha rappresentato. Una volta affermatasi la sintesi di questa molecola, un ulteriore miglioramento è stata l'evoluzione di un liquido di trasporto e di un sistema circolatorio capace di muovere tale fluido in tutto l'organismo. Certo la formazione di un sistema circolatorio completo ha richiesto complesse variazioni morfologiche e fisiologiche dell'intero organismo, che difficilmente potevano essere raggiunte in poche tappe. La presenza di emoglobina fin dagli inizi della scala evolutiva ha comunque dato all'organismo la possibilità di una diffusione facilitata; successivamente la sua entrata in un sistema circolatorio ha aumentato ancora la liberazione di ossigeno. La discontinuità dell'emoglobina tra gli organismi è da attribuire all'universale presenza di composti ferro-porfirinici, mentre il suo mantenimento nel corso dell'evoluzione è motivato dal processo di diffusione facilitata.
Dal momento che le curve di assunzione e cessione dell'ossigeno molecolare sono in funzione della pressione parziale dell'ossigeno e della temperatura alla quale hanno luogo gli scambi gassosi, tra gli animali è riscontrabile una grande variabilità funzionale dell'emoglobina. I Mammiferi amnioti, per es., che durante la vita embrionale sono soggetti a penuria di ossigeno, possiedono un'emoglobina, chiamata appunto emoglobina fetale, capace di assumere ossigeno a tensioni più basse di quella dell'adulto. Il lama, che vive nelle regioni delle Ande ad altitudini elevate, ha un'emoglobina con curva di dissociazione simile a quella fetale umana. I Mammiferi di piccola taglia hanno, rispetto ai più grossi, un metabolismo più attivo e quindi un'emoglobina con minore affinità per l'ossigeno, che viene così ceduto più facilmente ai tessuti. Dato che un innalzamento della temperatura indebolisce il legame tra l'emoglobina e l'ossigeno, rendendone più facile la dissociazione, l'emoglobina dei Pesci ha un comportamento diverso da quella degli omeotermi di fronte alla temperatura, che nell'acqua è sempre inferiore a quella degli animali a sangue caldo; inoltre il pigmento respiratorio nei Pesci deve avere una maggiore affinità per l'ossigeno, la cui tensione parziale è decisamente minore nell'acqua che nell'aria. Un altro parametro che influenza la curva di dissociazione è l'acidità del plasma sanguigno: a un aumento della concentrazione dell'anidride carbonica o di altri acidi corrisponde una maggiore liberazione di ossigeno. Nei Pesci, in cui tale effetto è più marcato che nei Mammiferi, sono presenti due tipi di emoglobina, una molto sensibile all'acidità, l'altra poco o niente. Ciò avviene perché, quando un pesce durante il nuoto compie uno sforzo massimale, produce enormi quantità di acido lattico. Se l'aumento di questo acido nel sangue rendesse l'emoglobina incapace di legare l'ossigeno, l'animale morirebbe per asfissia. La presenza di un'emoglobina non sensibile all'acidità evita però questo pericolo. Nei Vertebrati il numero e la grandezza degli eritrociti variano molto da gruppo a gruppo; essi diventano più numerosi e più piccoli mano a mano che si sale la scala sistematica; a parità di volume di sangue, quanto più gli eritrociti sono numerosi e piccoli, tanto più aumenta la loro superficie respiratoria. Nei Pesci sono presenti poche centinaia di migliaia di globuli rossi per millimetro cubico di sangue; tra i Mammiferi, in cui queste cellule hanno la forma di dischi rotondeggianti leggermente concavi (tranne che nei Camelidi, in cui si presentano ovali) e privi di nucleo, se ne possono trovare circa 5 milioni nell'uomo e da 9 a 18 milioni nel gatto e nello stambecco. Gli Uccel-li, pur avendo esigenze respiratorie maggiori dei Mammiferi, soprattutto durante il volo a grandi altezze, hanno solo qualche milione di globuli rossi ma con un contenuto maggiore di emoglobina e di mioglobina, un pigmento presente nei muscoli e in grado di legare l'ossigeno, fungendo da riserva. Gli unici Vertebrati a essere privi sia di emoglobina sia di eritrociti sono alcuni Pesci antartici che presentano il sangue totalmente incolore. Per il metabolismo di questi animali, che hanno una taglia notevole e vivono in acque freddissime, sono sufficienti gli scambi gassosi attraverso il plasma sanguigno. Anche il numero dei globuli bianchi varia a seconda del gruppo animale; essi sono comunque assai meno numerosi dei globuli rossi: nei Pesci possono raggiungere e superare il 10% delle cellule sanguigne, mentre negli Amnioti non superano mai l'1%. I linfociti, il cui nome deriva dal fatto che nei Mammiferi abbondano nella linfa (v.), sono presenti in tutte le classi di Vertebrati, specialmente in quelle meno evolute.
Emopoiesi (Red.)
L'emopoiesi è il processo di produzione delle cellule del sangue. Nelle prime fasi dello sviluppo embrionale, prima ancora della formazione del fegato, all'emopoiesi provvedono particolari cellule mesenchimali delle pareti vascolari. In un secondo tempo vi partecipa anche il fegato, la cui attività emopoietica va poi decrescendo dopo il 2° mese di vita intrauterina, quando interviene gradatamente il midollo osseo. Durante la vita extrauterina, all'emopoiesi è preposto fondamentalmente il midollo rosso delle ossa; in minore misura il tessuto linfoide e, secondo alcuni, il tessuto reticoloendoteliale, distribuito in tutto l'organismo. L'emopoiesi midollare provvede alla formazione degli elementi della serie rossa, delle piastrine, dei granulociti, dei linfociti, dei monociti e dei precursori. Le ipotesi sull'origine delle cellule ematiche sono state dibattute per lungo tempo tra i sostenitori dell'esistenza di un unico elemento staminale capostipite (teoria unitarista) e i fautori di teorie dualistiche (o trialistiche) che ammettevano più elementi capostipiti. Esiste una larga concordanza nell'accettare un'unica cellula (cellula staminale pluripotente, in inglese stem cell) quale elemento progenitore comune di tutte le altre cellule del sangue. Un elemento primordiale è stato storicamente definito da A. Ferrata come emoistioblasto: cellula mesenchimale indifferenziata totipotente. Attualmente il problema dell'origine delle cellule ematiche viene affrontato su basi non solo morfologiche ma anche funzionali (in modo particolare correlato al ruolo svolto da influenze esterne sulla capacità delle cellule staminali di proliferare o differenziarsi). Le cellule staminali pluripotenti, originariamente poco rappresentate, vanno incontro a uno sviluppo selettivo che porta alla comparsa di progenitori committed (commissionati od orientati) verso la produzione di precursori differenziati dei vari tipi di cellule ematiche. Le cellule staminali, situate nel midollo osseo dove hanno luogo gli eventi dell'emopoiesi, possono autoreplicarsi o entrare in una fase di sviluppo che le porterà a differenziarsi completamente. La prima tappa di biforcazione delinea i precursori delle cellule linfatiche da quelli delle altre linee. Nella fase preliminare di differenziazione, la morfologia della cellula appare sostanzialmente invariata, mentre durante le fasi successive i caratteri di riconoscibilità morfologica sono gradualmente meglio delineati. La cellula staminale mieloide, secondo ramo della biforcazione originaria della cellula staminale, dà luogo a diverse linee cellulari, che portano alla formazione di eritrociti, granulociti, monociti e piastrine. Ricerche recenti hanno dimostrato che esistono fattori di accrescimento proteici (veri e propri ormoni ematopoietici) in grado di regolare la produzione di linee specifiche di cellule ematiche. Le sostanze in grado di stimolare la replicazione e di far maturare le cellule del sangue (essenzialmente i globuli bianchi) sono dette Colony stimulating factors (CSF). L'ormone proteico che induce la proliferazione e la maturazione dei precursori della serie rossa, l'eritropoietina, è prodotto e liberato da alcune cellule del rene, in risposta a variazioni del contenuto di ossigeno del sangue. Il passaggio in circolo delle cellule a maturazione avvenuta è regolato da influenze vitaminiche, enzimatiche e ormoniche. Il processo di formazione degli elementi cellulari della serie rossa del sangue è detto eritropoiesi. In condizioni normali tali elementi derivano dal proeritroblasto (generato a sua volta dall'emocitoblasto), caratterizzato da un grande nucleo, nucleoli e citoplasma intensamente basofilo. Esso si trasforma successivamente in eritroblasto basofilo (privo di nucleoli), in eritroblasto policromatofilo (il cui citoplasma è in parte basofilo e in parte acidofilo), in eritroblasto ortocromatico (citoplasma acidofilo, nucleo piccolo) e finalmente in eritrocito o normocito (privo di nucleo). Giunti a questo stadio evolutivo, i globuli rossi abbandonano il midollo e passano in circolo. La formazione delle piastrine (piastrinogenesi o trombocitopoiesi) prende avvio dal megacarioblasto, cellula capostipite la quale, attraverso diverse fasi, passa allo stadio di megacariocito e infine a quello di piastrina, unico elemento della serie che in condizioni normali entra in circolo. Nella leucopoiesi, processo di formazione dei leucociti, in relazione alla morfologia delle cellule, si distinguono una granulocitopoiesi, una linfocitopoiesi e una monocitopoiesi. La granulocitopoiesi si suddivide, in base al colore delle granulazioni citoplasmatiche, in tre sezioni (neutrofila, eosinofila, basofila) che passano attraverso i medesimi stadi maturativi. La presenza, esclusiva oppure prevalente, di note di immaturità (essenzialmente nucleo nucleolato, citoplasma basofilo con granulazioni aspecifiche, debole positività delle reazioni citochimiche come quelle per i lipidi e per le perossidasi) o di maturità (nucleo anucleolato, citoplasma acidofilo per scomparsa dell'acido ribonucleico, intensa positività delle reazioni citochimiche) fa suddividere gli elementi in immaturi e maturi, distinzione importante perché la comparsa in circolo dei primi caratterizza i processi leucemici o pseudoleucemici, quella dei secondi, anche se abnorme, non è di per sé segno di emopatia, potendo rappresentare soltanto una vivace risposta midollare a particolari stimoli (infezioni, gravidanza ecc.). Cellule immature sono il mieloblasto, capostipite della serie, e il promielocito; cellule mature tutte le altre. La maturazione della serie linfocitaria (linfocitopoiesi) deriva da un unico precursore staminale indifferenziato che, in funzione del microambiente nel quale risiede o migra, segue due diverse vie: formazione dei linfociti B (midollo osseo) e dei linfociti T (timo). Gli studi di immunologia hanno chiarito come la popolazione linfocitaria matura, circolante nel sangue periferico, sia caratterizzata da varie sottopopolazioni in grado di svolgere specifiche funzioni. Quindi, nel caso dei linfociti, a una sostanziale uniformità morfologica si affianca una specifica diversità funzionale. Per la monocitopoiesi si ammette che il capostipite si trasformi direttamente nell'elemento maturo osservabile in circolo, o monocito. Questa trasformazione è graduale ma priva di caratteristiche morfologiche che consentano di stabilire con sicurezza lo stadio di promonocito.
l. Anatomia
a) Plasma. Il plasma è un fluido omogeneo di colore giallo chiaro, costituito per il 90% da acqua e per il 10% da sostanze solide. La sua densità specifica è compresa tra 1,052 e 1,064. I costituenti del plasma sono numerosissimi e rispecchiano parte delle molteplici funzioni che il sangue assolve; tra i più importanti ricordiamo le proteine, i lipidi, i glucidi o zuccheri, alcuni minerali come il sodio, il potassio, il calcio ecc. Le proteine sono i costituenti principali del plasma in termini sia quantitativi sia qualitativi. Sono normalmente circa 7500 mg/dl e, a seconda del loro peso molecolare e della loro conformazione, si dividono in albumine e globuline. Le albumine hanno peso molecolare 69.000 e vengono prodotte dal fegato, le globuline hanno peso molecolare maggiore. Le funzioni delle proteine sono numerosissime: mantengono la pressione oncotica opponendosi alla fuoriuscita dai capillari dei liquidi circolanti (soprattutto le albumine), sono vettrici di sostanze o assolvono precise funzioni, per es. di difesa (anticorpi) o nei processi coagulativi (fattori della coagulazione). Le immunoglobuline (Ig) o anticorpi sono una classe molto eterogenea di proteine deputate alla difesa dell'organismo; sono sintetizzate dai linfociti in risposta a uno stimolo antigenico estraneo all'organismo (v. immunità). La concentrazione sierica delle IgG, gli anticorpi che si sviluppano come risposta secondaria agli antigeni e hanno la proprietà di passare la placenta proteggendo il feto e il neonato, varia tra 800 e 1600 mg/dl nell'adulto. La concentrazione sierica normale delle IgM, gli anticorpi prodotti per primi nella risposta immune tanto che la loro presenza è spesso segno di un'infezione recente, è di 80-300 mg/dl. Le IgA, che si possono dividere in due categorie (quelle circolanti e presenti nelle secrezioni interne: umore acqueo, liquor ecc.; quelle presenti nelle secrezioni esterne: saliva, bile ecc.), sono capaci di bloccare l'adesione alle mucose di virus e batteri, soprattutto delle vie respiratorie e dell'apparato gastrointestinale, e sono presenti nel siero a una concentrazione di 200-300 mg/dl. Le IgD, immunoglobuline sulle quali poco è noto, sono presenti a basse concentrazioni nel siero (0,3-40 mg/dl). Le IgE, gli anticorpi della risposta immediata, qualche volta anche pericolosa per la vita (per es. nell'anafilassi), sono normalmente contenute a basse concentrazioni nel siero (0,01-0,07 mg/dl) e tipicamente aumentano nei soggetti affetti da asma, febbre da fieno ecc. Altre proteine plasmatiche che rivestono un ruolo importante sono i fattori della coagulazione. Nei processi di coagulazione (v.), infatti, queste proteine hanno la capacità di attivarsi con un meccanismo 'a cascata', modificando la loro struttura per arrivare a formare il coagulo. Tappa finale di questa attivazione è la trasformazione del fibrinogeno in fibrina. Il fibrinogeno è una grossa proteina prodotta dal fegato, normalmente presente nel plasma in una concentrazione di 200-400 mg/dl. L'attivazione dei vari fenomeni che portano alla formazione del coagulo può schematicamente avvenire in due modi: attraverso una via detta intrinseca o una via detta estrinseca. La via intrinseca è iniziata dal contatto con superfici estranee, come quelle che si scoprono quando viene leso un vaso arterioso o venoso; la via estrinseca è attivata dalla liberazione di sostanze endogene (fattori tessutali). Una volta innescato il meccanismo di attivazione dei vari fattori della coagulazione, questo porta alla formazione di trombina, un enzima che ha un'altissima affinità per il suo substrato, il fibrinogeno, causandone il distacco di due piccole porzioni e trasformandolo così in fibrina. Le varie unità di fibrina si uniscono fra di loro polimerizzando e precipitando, venendo così a formare il coagulo. Un metodo molto usato per lo studio delle proteine plasmatiche è l'elettroforesi. Se una corrente elettrica continua viene fatta passare nel mezzo che le contiene, le proteine migreranno dal polo negativo verso il polo positivo. A seconda del tipo di proteina, la migrazione avverrà più o meno velocemente, distribuendosi nelle frazioni del tracciato elettroforetico. La prima frazione è data dalle albumine, che costituiscono circa il 55-56% delle proteine totali: nel tracciato sono riconoscibili per la cuspide più alta; seguono poi le α1-globuline (3-3,5%), le α2-globuline (8-8,5%), le β-globuline, che sono normalmente circa il 12-15%, e le γ-globuline. Queste ultime sono rappresentate perlopiù dagli anticorpi e sono in una concentrazione tra il 16 e il 18%. I lipidi o grassi, presenti in concentrazione variabile tra 700 e 1000 mg/dl, rappresentano altri costituenti importanti del plasma. Comprendono i trigliceridi, il colesterolo e piccole quantità di acidi grassi liberi. Sono veicolati nel sangue da proteine a formare complessi lipoproteici (v. lipoproteine). Sottoponendo il plasma a ultracentrifugazione è possibile suddividere questi complessi, a seconda della densità, in: chilomicroni, a più bassa densità, composti per il 90% da trigliceridi con l'1% di proteine; lipoproteine a bassissima densità (VLDL, Very low density lipoproteins), che trasportano i trigliceridi sintetizzati dal fegato; lipoproteine a bassa densità (LDL, Low density lipoproteins), deputate al trasporto di colesterolo; lipoproteine ad alta densità (HDL, High density lipoproteins), che trasportano un quarto del colesterolo totale e sono ricche in protidi e fosfolipidi. Sembra che il colesterolo contenuto in quest'ultima frazione abbia un ruolo protettivo nei confronti dell'aterosclerosi. Quando queste lipoproteine vengono poste a migrare in un campo elettroforetico, si separano in tre frazioni: le α-lipoproteine corrispondenti alle HDL, le pre-β-lipoproteine riconoscibili nelle VLDL e le β-lipoproteine nelle LDL. I chilomicroni non migrano dalla linea di partenza.
b) Parte corpuscolata. La parte corpuscolata del sangue è costituita da tre tipi cellulari: i globuli rossi (detti anche eritrociti o emazie), i globuli bianchi e le piastrine. Queste cellule hanno origine nel midollo osseo dove, da una cellula primordiale totipotente (cellula staminale), per successiva differenziazione, originano le cellule progenitrici di ciascuna linea (v. sopra). I globuli rossi sono cellule prive di nucleo, di forma biconcava, del diametro di circa 7-7,5 μm. Il loro numero normale è variabile nell'uomo adulto tra 4.500.000 e 6.000.000/mm3 e nella donna tra i 4.000.000 e i 5.000.000/mm3. I globuli rossi contengono emoglobina, una proteina complessa, deputata al trasporto di ossigeno (v. sopra). Con le normali colorazioni gli eritrociti appaiono come elementi rotondeggianti di colore rosa, con una zona più chiara al centro. La struttura dei globuli rossi, i quali presentano notevoli capacità di deformabilità, è adattissima alle funzioni che ricoprono. Infatti l'alto rapporto superficie/volume facilita il passaggio dei gas e la deformabilità permette alle emazie di passare senza danno nei capillari più piccoli. I globuli rossi, come le altre cellule del sangue, vengono ormai perlopiù contati mediante contaglobuli automatici che forniscono anche altri parametri importantissimi: l'emoglobina e l'ematocrito (v. Le analisi di laboratorio). I globuli bianchi sono cellule nucleate che si trovano nel sangue in condizioni normali in numero tra 4000 e 10.000/mm3. Si differenziano in granulociti, linfociti e monociti. I granulociti sono così chiamati perché nel citoplasma contengono delle granulazioni; vengono inoltre chiamati polimorfonucleati perché il nucleo si può presentare di forma variabile. A seconda del tipo di granuli che presentano, si distinguono in neutrofili, basofili ed eosinofili. I granulociti neutrofili rappresentano la maggior parte dei globuli bianchi, essendo in condizioni normali circa il 50-70% di tutti i leucociti. Il nucleo è multilobulato e il citoplasma presenta fini granulazioni specifiche: questi granuli contengono numerosi enzimi, quali fosfatasi alcalina, perossidasi, esterasi ecc.: sono sostanze che intervengono nella funzione primaria dei granulociti neutrofili, quella di difesa. È importante ricordare che queste cellule sono capaci di movimenti attivi: oltre la quota circolante esiste anche una quota di neutrofili, detta marginata, sulle pareti vascolari. In seguito a uno stimolo infettivo i neutrofili convergono verso il focolaio di infezione per attaccare, fagocitandoli, gli agenti responsabili dell'infezione che vengono distrutti con l'ausilio degli enzimi contenuti nei granuli citoplasmatici. È quindi comprensibile come, in caso di infezione in atto, si osservi una grande quantità di neutrofili nella sede del processo e, in genere, un aumento della quota circolante. I granulociti eosinofili sono cellule che presentano un nucleo meno segmentato e caratteristici granuli citoplasmatici, che con le normali colorazioni assumono una tonalità rosso-arancio; anche questi granuli contengono enzimi, che però differiscono da quelli dei neutrofili. Gli eosinofili sono pure dotati di attività fagocitaria che si esplica in genere nei confronti dei complessi antigene-anticorpo; aumentano in soggetti sensibilizzati per un determinato antigene e che presentano una reazione allergica verso esso. Sono inoltre coinvolti in maniera determinante nella difesa da infezioni parassitarie. I granulociti basofili, presenti in numero ridottissimo nel sangue, sono cellule costituite da un nucleo bi- o trilobato e granulazioni citoplasmatiche grossolane di colore viola scuro. I basofili possiedono movimenti lenti, sono in grado di fagocitare, ma non sembra questa la loro principale funzione. In seguito a uno stimolo liberano istamina, un enzima responsabile dei fenomeni allergici, compresi quelli di una certa gravità. I linfociti sono cellule mononucleate di diametro intorno ai 10 μm, rotondeggianti, con un nucleo ovalare che occupa gran parte della cellula; qualche volta sono di dimensioni maggiori, con piccoli granuli citoplasmatici; nel sangue periferico rappresentano il 20-45% dei leucociti. Sono differenziabili, tramite tecniche particolari, in varie classi che assolvono funzioni diverse. Queste cellule, prodotte nel midollo osseo, migrano verso gli organi dove avvengono le prime modificazioni funzionali. Alcuni linfociti migrano nel timo (v.) dove acquistano capacità particolari, come quelle di regolazione dell'immunità e di cellule effettrici dell'immunità cellulare: sono i cosiddetti linfociti T. Dal timo i linfociti T passano negli organi linfatici (linfoghiandole, milza, tessuti linfoidi dell'apparato gastroenterico). I linfociti B, invece, sono così chiamati perché negli Uccelli acquisiscono le loro caratteristiche in un organo detto borsa di Fabrizio; nell'uomo non è ancora chiarito quali possano essere gli organi equivalenti, ma si pensa siano il midollo osseo e alcuni organi linfatici quali, per es., le tonsille e l'appendice. I linfociti B producono gli anticorpi attraverso vari processi maturativi che li conducono alla loro forma terminale, le plasmacellule; hanno la capacità di rispondere a un singolo antigene in maniera specifica e di proliferare in seguito a stimolazione di questo, possono sopravvivere a lungo e sono dotati di memoria; ciò fa sì che possano rispondere prontamente in seguito a nuova stimolazione antigenica, ricircolando fra i tessuti e il sangue periferico. I monociti sono cellule piuttosto grandi, del diametro di 15-20 μm, normalmente si trovano nel sangue periferico in quantità variabile tra il 2 e il 7% di tutti i globuli bianchi. Il monocita circolante è caratterizzato da un nucleo a forma di ferro di cavallo e un citoplasma di colore bluastro, talvolta con fini granulazioni. È una cellula di passaggio, in quanto transita nel sangue per poco tempo per poi raggiungere i tessuti, trasformandosi in macrofago, cellula funzionalmente attiva, che varia nella forma e nelle funzioni a seconda del tessuto in cui si trova (polmone, fegato, midollo osseo ecc.) e viene considerata lo 'spazzino' dell'organismo, in quanto è capace di inglobare qualsiasi detrito, sia organico sia inorganico. I monociti-macrofagi svolgono un ruolo importantissimo nei meccanismi di difesa, sia mediante un'attività fagocitaria diretta, sia per la loro capacità di riconoscere l'antigene, sia per la possibilità di interferire nella produzione di anticorpi. Le piastrine sono piccoli elementi privi di nucleo, di forma ellittica o rotondeggiante, che si trovano nel sangue periferico in numero di 150.000-400.000/mm3. Rivestono un ruolo primario nei processi dell'emostasi (v. oltre), mediante la loro complessa struttura. La membrana è dotata di fosfolipidi e proteine necessari per i processi di coagulazione; all'interno si trovano filamenti e microtubuli che contribuiscono alle modificazioni di forma che precedono l'aggregazione delle piastrine, e numerosi granuli contenenti alcuni fattori della coagulazione, enzimi, calcio, serotonina. Queste sostanze, liberate nel corso di processi di aggregazione, la favoriscono scatenando un meccanismo irreversibile che porta alla formazione di un agglomerato di piastrine, detto trombo.
c) Gruppi sanguigni. Ogni individuo possiede caratteristiche proprie determinate geneticamente, derivate cioè dall'unione di alcuni caratteri materni con alcuni caratteri paterni. Il gruppo sanguigno è costituito dall'insieme di antigeni presenti sulla superficie dei globuli rossi e deriva dal corredo materno e paterno. Sono noti numerosi antigeni che corrispondono ad altrettanti gruppi sanguigni. I sistemi più conosciuti e quelli di importanza pratica maggiore sono i sistemi AB0 e Rh. Gli antigeni AB0 si ereditano come semplici caratteri e determinano i gruppi sanguigni di tipo A, B, AB e 0: ogni individuo possiede nel proprio corredo genetico due geni corrispondenti a due di questi antigeni, uno di derivazione paterna e uno di derivazione materna, che si combinano tra di loro a formare le varie possibilità. Inoltre nel siero di ogni persona si ritrova l'anticorpo corrispondente all'antigene mancante nelle emazie: per es. un individuo di gruppo A avrà nel siero un anticorpo anti-B, uno di gruppo B un anticorpo anti-A. Il sistema Rh è più complesso di quello AB0 e comprende tre coppie di geni strettamente collegati, Cc, Dd, Ee, variamente combinati fra di loro. Vengono chiamati soggetti Rh positivi tutti quelli che portano sulle emazie l'antigene D ed Rh negativi tutti quelli che mancano di questo antigene. I soggetti Rh negativi presentano nel siero un anticorpo anti-D. In caso di trasfusione AB0 o Rh incompatibile, gli anticorpi relativi al sistema AB0 e Rh scatenano reazioni trasfusionali anche molto gravi.
2.
Le funzioni che vengono assolte dal sangue, sia dalla componente cellulare sia da quella plasmatica, sono numerosissime. Ricordiamo qui le più importanti: trasporto, difesa ed emostasi.
a) Trasporto. Il sangue trasporta una moltitudine di componenti (sostanze nutritive come le proteine, i lipidi, gli zuccheri ecc.) che vengono assorbiti nel tratto gastroenterico e trasferiti ai vari organi, principalmente al fegato dove vengono metabolizzati e si ridistribuiscono a tutto l'organismo. È inoltre specializzato nel trasporto di un elemento indispensabile per la vita: l'ossigeno (v. sopra). Questo si lega all'emoglobina contenuta nei globuli rossi nel passaggio del sangue attraverso i polmoni. Dai polmoni, una volta ossigenato, il sangue attraverso il circolo arterioso si distribuisce a tutti i tessuti cedendo ossigeno e acquistando anidride carbonica. Tale scambio avviene a livello dei più piccoli capillari periferici: da questi, tramite il circolo venoso, il sangue ritorna ai polmoni per rifornirsi nuovamente di ossigeno. È mediante questa serie di processi che tutti i tessuti, e quindi tutte le cellule del corpo, acquistano l'ossigeno necessario per i fenomeni di combustione essenziali per la vita (v. circolazione).
b) Difesa. La difesa dell'organismo è un meccanismo complesso, assolto da diversi tipi di cellule, la maggior parte delle quali sono circolanti nel sangue. È infatti il risultato della cooperazione tra le varie classi linfocitarie, il sistema monocito-macrofagico, i granulociti. I meccanismi di difesa si distinguono in umorali e cellulari. L'immunità umorale è costituita dalla produzione di sostanze attive contro gli organismi estranei (virus, batteri, funghi ecc.), prime fra queste gli anticorpi prodotti dalle plasmacellule in risposta a un preciso stimolo antigenico. La presenza di un antigene già noto all'organismo determina la rapida proliferazione di un clone linfocitario specifico e la conseguente produzione di anticorpi diretti verso quell'antigene. Gli anticorpi possono neutralizzare direttamente l'antigene oppure facilitare la sua eliminazione da parte di cellule, quali, per es., i macrofagi. Nell'immunità cellulare sono le cellule ad agire direttamente contro gli antigeni estranei. I linfociti T rappresentano la risposta specifica verso alcuni antigeni da parte dell'organismo, non solo intervenendo direttamente nei processi di difesa ma anche producendo fattori che attivano il sistema macrofagico. La produzione di anticorpi è, inoltre, il risultato della cooperazione tra linfociti B e T. Infine i granulociti neutrofili hanno un ruolo importante nella difesa contro le infezioni: fanno parte dell'immunità aspecifica e, come già detto, sono capaci di accorrere verso il focolaio infettivo e di fagocitare l'agente causa dell'infezione (v. immunità).
c) Emostasi. L'emostasi comprende una serie di complesse reazioni biochimiche volte a impedire fuoriuscite del sangue dai vasi. Quando si crea una lesione in una vena o un'arteria, intervengono tre tipi di processi: 1) un processo immediato, che consiste in una rapida costrizione del vaso leso e nell'adesione delle piastrine alla lesione; 2) un processo intermedio, in cui le piastrine si modificano di forma e si aggregano irreversibilmente a costituire il trombo piastrinico; contemporaneamente vengono attivati quei processi di coagulazione che portano alla formazione del coagulo di fibrina; 3) processi tardivi, che consistono nella lisi del coagulo da parte di alcune proteine plasmatiche addette ai fenomeni di fibrinolisi e nella riparazione del vaso. È comprensibile come questa serie di meccanismi sia molto efficiente per lesioni di vene o arterie di piccole dimensioni o comunque per lesioni di non grave entità. Nelle rotture di grossi vasi, sia spontanee sia traumatiche, i meccanismi fisiologici dell'emostasi non sono sufficienti e l'emorragia deve essere arrestata chirurgicamente (v. emorragia).
3.
Le malattie del sangue, o emopatie, comprendono una serie di affezioni congenite o acquisite che riguardano le cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) o i loro precursori midollari. Vengono compresi nelle emopatie anche i disordini della coagulazione, di tipo sia emorragico sia trombotico. I globuli rossi possono essere in numero inferiore alla norma (v. anemia) o superiore (poliglobulie). Le poliglobulie sono caratterizzate da un aumento della massa eritrocitaria circolante. Possono essere secondarie a condizioni di diminuzione dell'ossigenazione tessutale, a malattie neoplastiche o renali, oppure primitive. La sintomatologia è legata all'aumento del volume e della viscosità del sangue ed è contraddistinta da cefalea, vertigini, parestesie, possibilità di trombosi arteriose o venose, incluso l'infarto del miocardio; caratteristico è il colore rosso acceso della cute e delle mucose. Le cause più frequenti di poliglobulia secondaria sono le malattie dell'apparato respiratorio (per es., insufficienza respiratoria cronica, alcune cardiopatie, permanenza prolungata a basse pressioni di ossigeno, come si può verificare in alta montagna). Inoltre, una poliglobulia può accompagnare alcune malattie renali per un aumento della produzione, che avviene in questa sede, di eritropoietina, l'ormone che stimola normalmente la produzione dei globuli rossi. Esiste inoltre una forma di poliglobulia primitiva, detta policitemia vera o malattia di Vaquez, in cui l'incremento dei globuli rossi può accompagnarsi a quello dei globuli bianchi e delle piastrine. Si tratta di una malattia del midollo osseo, nel quale i precursori delle cellule circolanti proliferano senza causa apparente. Quando la massa eritrocitaria aumenta in maniera notevole si impone un trattamento che può essere effettuato con periodici salassi o con l'impiego di farmaci che riducono la proliferazione cellulare. Delle malattie dei globuli bianchi quelle più note e più studiate sono senz'altro le leucemie. La leucemia è una malattia sistemica dovuta alla proliferazione midollare incontrollata di un tipo cellulare (clone) che ha subito un blocco maturativo e che, oltre a ritrovarsi nel sangue periferico, può invadere praticamente tutti gli organi. È possibile classificare le leucemie in diversi modi, in riferimento alle loro caratteristiche biologiche, immunologiche o cliniche. Una classificazione grossolana le divide in due grandi gruppi, molto differenti tra loro per andamento clinico e prognosi: forme acute e forme croniche. Le leucemie acute sono caratterizzate da un andamento rapido, fatalmente progressivo e, se non trattate tempestivamente, da una prognosi infausta. L'esordio della malattia è in genere brusco, con sintomatologia generale caratterizzata da astenia importante, febbre o febbricola, dimagrimento, emorragie. Possono essere presenti tutti questi sintomi o qualcuno soltanto. All'esame del sangue periferico spesso si può riscontrare anemia, o piastrinopenia. Il numero dei globuli bianchi può essere aumentato, diminuito o normale, con la frequente presenza di elementi leucemici in circolo. L'esame diagnostico è quello dell'ago aspirato midollare, nel quale si osserva una sostituzione, in genere pressoché completa, delle normali serie cellulari da parte di cellule leucemiche. Nelle leucemie acute le cellule leucemiche sono cellule immature, che possono presentare però alcune caratteristiche proprie della linea linfopoietica (leucemia acuta linfoide) o emopoietica (leucemia acuta mieloide o non linfoide).
L'eziologia della malattia è ancora sconosciuta, anche se sono stati individuati dei fattori favorenti quali per es.: radiazioni ionizzanti, sostanze chimiche, alterazioni immunitarie, agenti virali, fattori costituzionali. Le leucemie acute linfoidi sono più frequenti nell'età infantile; dal punto di vista immunologico possono essere distinte in B e T, in diverse fasi maturative. La prognosi di queste forme è diversa a seconda dell'età di insorgenza: nei bambini, con le attuali strategie terapeutiche, si è raggiunto il 60-70% circa di soggetti a lunga sopravvivenza che possono a ragione considerarsi guariti; negli adulti questa percentuale è notevolmente inferiore. La leucemia acuta non linfoide è una malattia più frequente nell'età adulta e negli anziani; la classificazione di queste forme tiene conto delle caratteristiche degli elementi leucemici che possono essere molto immaturi o più differenziati nelle varie linee emopoietiche come i monociti, gli eritroblasti e i megacarioblasti. La prognosi varia a seconda dell'età di insorgenza, del tipo cellulare e delle modalità di presentazione della malattia. La terapia delle leucemie acute deve essere attuata in centri specializzati, che siano in grado di garantire al malato un'assistenza continua e qualificata. Attualmente vengono impiegati schemi di polichemioterapia che differiscono tra loro in relazione al tipo di leucemia e a una serie di fattori prognostici. Il trapianto di midollo osseo allogenico è una procedura che oggi trova la sua applicazione nelle leucemie acute ad alto rischio, quelle forme cioè che hanno una cattiva prognosi con la sola chemioterapia e che richiedono un trattamento più intensivo. Infatti il trapianto, per l'alto costo e l'alta tossicità, è attualmente riservato a pazienti selezionati. Le leucemie croniche differiscono sostanzialmente dalle acute per modalità di presentazione della malattia, andamento, terapia e prognosi. In generale l'esordio è piuttosto lento, insidioso, tanto che spesso la diagnosi viene fatta occasionalmente in seguito a esami di controllo. La sintomatologia può essere caratterizzata da astenia, febbricola o infezioni recidivanti, dimagrimento, sensazione di ingombro addominale dovuta al frequente riscontro di una milza notevolmente aumentata di volume, comparsa di tumefazioni linfonodali. Possono inoltre coesistere i sintomi legati all'anemia e alla piastrinopenia quando queste siano presenti. Le cellule leucemiche sono ad abito più maturo che nelle leucemie acute e nella stragrande maggioranza l'età di insorgenza è quella adulta-anziana. Le forme più comuni sono rappresentate dalla leucemia mieloide cronica, dalla leucemia linfatica cronica e dalla leucemia a tricoleucociti. La leucemia mieloide cronica è una malattia in cui la cellula bersaglio è quella staminale, capace di un'espansione progressiva e incontrollata, soprattutto verso la linea granulocitaria. Spesso si presenta con un alto numero di globuli bianchi (leucocitosi), che possono arrivare a 500.000-1.000.000/mm3, e notevole splenomegalia. Questa malattia è caratterizzata dall'osservazione di un cromosoma anomalo, detto cromosoma Philadelphia, la cui presenza, insieme con le altre caratteristiche, rende possibile porre diagnosi di certezza. La prognosi è infausta, in quanto nella totalità dei casi dopo un certo periodo di tempo si assiste a una trasformazione in leucemia acuta, detta crisi blastica. La terapia si attua con farmaci in grado di controllare il numero dei globuli bianchi; di questi l'interferone, una sostanza prodotta naturalmente dall'organismo e con molteplici proprietà, fornisce buone risposte, anche se per il momento nessuna terapia riesce a evitare la crisi blastica. In casi selezionati è possibile porre l'indicazione al trapianto di midollo che attualmente è l'unica possibilità di guarigione per questi pazienti. La leucemia linfatica cronica è una malattia caratterizzata dalla proliferazione di linfociti maturi quasi sempre di tipo B. I pazienti presentano un aumento dei linfociti nel sangue periferico e, spesso, un aumento di volume dei linfonodi, della milza e del fegato. Una diminuzione dell'immunità cellulare e umorale comporta il rischio di infezioni ripetute. Il decorso di questa malattia può essere molto lungo, con sopravvivenze superiori a 10-20 anni, oppure può presentare un'evoluzione molto più rapida. Non sempre si rende necessario un trattamento; nei casi in cui si verifica tale necessità, si ricorre ad associazioni di cortisonici con farmaci alchilanti. La leucemia a tricoleucociti, o hairy cell leukemia, è una malattia in cui il clone leucemico è costituito da linfociti con caratteristiche sfrangiature citoplasmatiche, somiglianti a capelli. All'esordio i pazienti presentano anemia, piastrinopenia e leucopenia, con aumento di volume, anche notevole, del fegato e della milza. La prognosi di questa patologia è notevolmente migliorata con l'impiego nella terapia dell'interferone e di farmaci di sintesi, i quali permettono lunghe sopravvivenze. Da ciò che si è detto è comprensibile come un aumento del numero dei globuli bianchi non è sinonimo di leucemia e viceversa. Una leucocitosi può essere la norma in caso di infezione o anche in corso di eventi fisiologici quali, per es., la gravidanza. Può presentare qualche difficoltà di diagnosi differenziale la comparsa di una cosiddetta reazione leucemoide, evento del tutto benigno e autolimitantesi nel tempo, da una forma leucemica vera e propria. La reazione leucemoide è un evento reattivo contraddistinto dalla presenza in circolo di un elevato numero di leucociti (anche 30-50.000/mm3), talvolta con forme immature, tanto da poter essere scambiato per un quadro tipico di leucemia mieloide cronica. La patologia di base (un'infezione oppure una neoplasia) e l'assenza dell'aumento della milza e del cromosoma Philadelphia orienteranno verso la diagnosi corretta. Le malattie emorragiche possono coinvolgere uno qualsiasi dei meccanismi che fanno parte dei processi di emostasi. Possono quindi essere causate da alterazioni dei vasi, delle piastrine o di uno dei fattori della coagulazione. La malattia di Rendu-Osler rappresenta un raro disordine ereditario nel quale tanto i capillari quanto le arteriole presentano un'alterazione di struttura che li porta a dilatarsi; la sintomatologia emorragica, caratterizzata in genere da emorragie della bocca (gengivorragie) e del naso (epistassi), è dovuta alla rottura di piccoli vasi. Alterazioni dei vasi acquisite possono riscontrarsi in corso di infezioni, nelle persone anziane e in seguito a prolungata assunzione di corticosteroidi. Le alterazioni a carico delle piastrine, di tipo sia quantitativo sia qualitativo, sono caratterizzate da sintomatologia emorragica a carico della cute (petecchie, ecchimosi) o delle mucose (epistassi, gengivorragia, ematuria ecc.). La diminuzione del numero delle piastrine (piastrinopenia) rappresenta l'evenienza più frequente. Si tratta di patologie nella grande maggioranza acquisite che possono insorgere in tutte le età, primitive o secondarie all'assunzione di farmaci, a infezioni spesso di natura virale, a epatopatie o a malattie neoplastiche. Le forme primitive riconoscono un'origine autoimmune (porpora trombocitopenica autoimmune), sono causate cioè da anticorpi diretti contro le piastrine stesse che così vengono precocemente distrutte da organi come la milza e il fegato; possono essere acute, di breve durata, o croniche; in genere è acuta la piastrinopenia del bambino, spesso secondaria a un'infezione e rapidamente rispondente alla terapia, mentre nell'adulto prevalgono le forme croniche. Normalmente solo un grave decremento delle piastrine è sintomatico (〈 30.000-20.000/mm3), mentre piastrinopenie di lieve entità danno raramente sintomatologia emorragica spontanea. Attualmente si tende quindi a trattare solo le forme gravi; la terapia di prima scelta è con cortisonici ed eventualmente, nelle forme croniche, la splenectomia. Più rare sono le alterazioni qualitative delle piastrine (piastrinopatie); si tratta di forme acquisite o congenite, dove l'alterazione di un costituente delle piastrine ne determina il malfunzionamento. Tra queste vi è la tromboastenia di Glanzmann, una malattia grave e rara nella quale l'alterazione è a carico di alcune glicoproteine di membrana e che può causare importante sindrome emorragica; l'unica terapia efficace in caso di emorragia è la trasfusione di concentrati piastrinici. Le piastrinopatie acquisite possono riscontrarsi in corso di malattie mieloproliferative, come la leucemia mieloide cronica, oppure epatiche; più frequenti le piastrinopatie secondarie all'assunzione di aspirina o altri farmaci antinfiammatori: in questi casi l'alterazione è reversibile. La carenza totale o parziale di uno o più fattori della coagulazione rappresenta un'altra causa di sintomatologia emorragica. Può essere acquisita, come spesso succede nelle epatopatie gravi, o congenita, come nell'emofilia.
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