Sans toit ni loi
(Francia, 1985, Senza tetto né legge, colore, 100m); regia: Agnès Varda; produzione: Ciné-Tamaris/FilmA2; sceneggiatura: Agnès Varda; fotografia: Patrick Blossier; montaggio: Agnès Varda, Patricia Mazuy; musica: Joanna Bruzdowicz.
Un arabo che lavora in una fattoria nel sud della Francia trova in un campo il cadavere di una ragazza. La polizia si limita a constatare che il cadavere è privo di documenti e che la causa della morte è da attribuirsi al gelo. Una ragazza sulla riva del mare si sta rivestendo, mentre la voce over della regista asserisce di non sapere molte cose di lei, solamente che si chiamava Mona Bergeron, e di essere riuscita a ricostruire le poche settimane del suo ultimo inverno grazie alle testimonianze di coloro che l'hanno incontrata, ai quali peraltro non è stato detto della sua morte. Vediamo quindi la ragazza vagare per strade di campagna, viaggiare nella cabina di un camion su cui ha avuto un passaggio, chiedere dell'acqua in una casa colonica, arrotolarsi con difficoltà una sigaretta, cercare invano di mangiare del pane ormai troppo raffermo, farsi offrire un panino da un ragazzo in un bar, fare l'amore con il figlio di un benzinaio, soffiarsi il naso nelle dita, e poi camminare, camminare. Di particolare rilievo, in questo suo vagabondare, è l'incontro con David, un ex sessantottino che si è ritirato in campagna con la moglie e il figlioletto a vivere di pastorizia e di ortaggi. David propone a Mona di coltivare un campo di patate e di aiutarlo nella vendita dei formaggi. Ma la ragazza, dopo pochi giorni, abbandona quella vita e riprende il suo cammino. Si imbatte quindi nella signora Landier, una botanica esperta nelle malattie dei platani, che le si affeziona e la tiene per qualche tempo con sé, ma che finisce per abbandonarla quando diventa troppo difficile accettare le componenti oscure e inaccessibili del suo carattere. Ripresasi da una violenza subita in un bosco, Mona ricomincia a girovagare per le strade di campagna del Midi, attorno a Nîmes. Le procura lavoro in un vigneto un tunisino, con il quale resta finché non ritornano dal loro paese gli altri lavoranti, che non la vogliono con loro. Trova quindi rifugio in una enorme villa in decadenza abitata solo dalla vecchia proprietaria e dalla sua giovane governante. Dopo avere passato un pomeriggio in allegria con l'anziana signora a bere cognac, Mona viene cacciata dalla governante, timorosa di sue possibili ingerenze. Ubriaca e coperta delle vinacce che le hanno gettato addosso due strani esseri travestiti da albero nel corso di una festa paesana, Mona, stremata, si rimette in cammino per i sentieri della campagna, sempre più faticosamente, finché non cade in un fosso ai bordi di un campo e muore assiderata nella notte.
In diverse interviste dell'epoca, Sandrine Bonnaire, allora quasi agli esordi come attrice, racconta che alle riprese di Sans toit ni loi aveva assistito una giovane vagabonda, di nome Settina, a cui Agnès Varda aveva dato un giorno un passaggio e che era stata l'ispiratrice del film. Ricorda ancora la Bonnaire che Settina sembrava infischiarsene di tutto, e che restava incomprensibilmente indifferente a ciò che vedeva accadere sul set, fosse pure la propria morte. La stessa Varda aveva intitolato provvisoriamente il film: A saisir, cioè 'da capire', con esplicita allusione al personaggio di Mona, impenetrabile e inafferrabile. In effetti la domanda che percorre il film da cima a fondo e che lo spettatore non cessa di porsi è proprio: 'perché?' Quali sono gli eventi, i motivi psicologici che spingono Mona a vagabondare senza meta per le campagne? Che cosa vuole? Da che cosa fugge? Non ne sappiamo niente, e non ne sapremo di più nemmeno dopo le indagini della polizia o le interviste che la regista effettua con coloro che hanno avuto modo di passare qualche ora con la ragazza. La struttura del film è concepita come quella di un documentario, o di un'inchiesta, dove i vari personaggi raccontano, sguardo in macchina, il loro incontro con Mona. Ma più aumentano i punti di vista e i dettagli, più si fa oscura la sua identità profonda. Tutto ciò che riusciamo a sapere di lei sono poche cose che non ci aiutano a uscire dal labirinto: la ragazza conosce l'inglese e ha il diploma di segretaria d'azienda, le piace la musica soprattutto perché le permette di stare in silenzio in auto. Quando madame Landier le chiede: "Perché ha abbandonato tutto?", Mona si cela dietro un enigmatico e sorridente "Meglio la strada e lo champagne", alludendo alla coppa offertale dalla donna che le ha donato provvisoria ospitalità. L'ex sessantottino le dice: "Tu non sei un'emarginata, tu sei fuori, non esisti", e più tardi all'intervistatrice: "È senza progetti, senza desideri, senza ambizioni. È inutile, è un essere inutile". Ma non è questa la verità di Mona.
Lo spazio di Mona non è quello del margine né della contestazione né della rivolta. Mona costituisce il rifiuto radicale del mondo, è il rifiuto del sociale e del naturale, la negazione totale di ogni metafisica e di ogni legge, l'intollerabilità di ogni compromesso. Diceva Agnès Varda di avere voluto stimolare, con questo film, una riflessione sull'idea di libertà: quella di Mona allora si configura come la ricerca della libertà assoluta, senza confini e senza padroni. Ma questa libertà coincide con l'idea di morte, poiché la stessa idea di esistenza presuppone il compromesso. Il film sottrae allo spettatore ogni ipotesi o appiglio consolatori. Anche il linguaggio del cinema, che fino a pochi anni prima era stato "verità ventiquattro volte al secondo" (nelle parole di Jean-Luc Godard), ora non riesce a fare a altro che descrivere senza più potere interpretare il mondo o indicare strade o mostrare il vero volto delle cose. Come disse il presidente della Mostra del Cinema di Venezia al momento della consegna del Leone d'oro al film (che si conquistò anche, in patria, quattro César): "Con l'opera della Varda la Nouvelle vague è proprio finita". Il film è dedicato a Nathalie Sarraute.
Interpreti e personaggi: Sandrine Bonnaire (Simone 'Mona' Bergeron), Macha Méril (madame Landier), Stéphane Freiss (Jean-Pierre), Yolande Moreau (Yolande), Joel Fosse (Paulo, amante di Yolande), Patrick Lepczynski (David), Yahiaou Assouna (Assoun), Marthe Jarniais (zia Lydie).
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