AGNESE, santa
santa La più celebre e popolare delle martiri romane. Il suo nome Hagne (Agne, Agnes, Agna), trascrizione latina dell'aggettivo greco ἁγνή, significa "pura, casta". Confessò la fede, giovanissima, forse appena dodicenne, un 21 gennaio, e fu sepolta presso il secondo miglio della via Nomentana. Nulla si sa della sua famiglia né del tempo della sua morte.
I più degli storici la noverano fra le vittime della grande persecuzione di Diocleziano (304), ma il modo onde ne parla s. Damaso suggerisce di ascriverla piuttosto ad una delle persecuzioni precedenti, a quella di Decio (250-251) o, con maggiore probabilità, a quella di Valeriano (258-260). Così si spiega come nel IV secolo i particolari del suo martirio non fossero più conosciuti. Ai giorni del papa Damaso (366-384) si diceva in Roma che la santa giovinetta fosse fuggita di casa per andare a presentarsi al persecutore; che con coraggio eroico avesse affrontato il supplizio del fuoco, unicamente sollecita, in quei supremi istanti, di lasciar cadere giù la lunga e folta chioma, per celare agli sguardi degli assistenti le sue membra denudate. Vale la pena di riferire per intero il testo della celebre epigrafe damasiana, conservata tuttora nella basilica di S. Agnese fuori le mura in Roma:
Fama refert sanctos dudum retulisse parentes
Agnen, cum lugubres cantus tuba concrepuisset,
Nutricis gremium subito liquisse puellam,
Sponte trucis calcasse minas rabiemq(ue) tyranni.
Urere cum flammis voluisset nobile corpus,
Virib(us) inmensum parvis superasse timorem
Nudaque profusum crinem per membra dedisse,
Ne Domini templum facies peritura videret.
O veneranda mihi, sanctum decus, alma, pudoris,
Ut Damasi precib(us) faveas, precor, inclyta martyr.
Un inno attribuito a S. Ambrogio (374-397), secondo alcuni con validi argomenti, ma contestato da altri, accenna pur esso alla fuga della fanciulla, ma la fa morire iugulata, non arsa sul rogo: cadendo al suolo, ella si avvolge tutta nella veste, non nei capelli, e si copre il volto con la mano. Secondo il De virginibus dello stesso Ambrogio, essa sarebbe stata decapitata e avrebbe rifiutato una richiesta di matrimonio. Nell'inno XIV del Peristephanon di Prudenzio, Agnese, prima di essere decapitata, viene esposta, per ordine del giudice, in un luogo infame, uscendone miracolosamente incontaminata. Al principio del secolo V un agiografo, sotto il mentito nome di Ambrogio, fuse insieme le varie versioni in un racconto romantico, ricco di particolari prodigiosi, il quale incontrò ovunque il più grande favore. Quasi subito se ne fece un compendio greco assai libero, che venne anche tradotto in siriaco. Più tardi fu tradotto in greco l'intero testo latino. Il nome di Agnese si legge, con pochi altri, nel cronografo dell'anno 354, nel Martirologio Geronimiano, nel calendario della chiesa di Cartagine del secolo VI: di lei parlano, oltre gli autori citati, anche S. Girolamo, S. Agostino, Sulpicio Severo, S. Massimo di Torino, per tacere di altri posteriori. La sua immagine (ideale, s'intende) è scolpita in una transenna del IV secolo; nei vetri ornati con figure in oro, tutti press'a poco della stessa età, essa ricorre più frequentemente degli altri martiri romani, tranne soltanto i principi degli apostoli e S. Lorenzo.
Costantina, figlia di Costantino Magno e moglie, prima del Cesare Gallo, poi del re Annibaliano, edificò sulla tomba di S. Agnese (dove giaceva un cimitero cristiano che risale in parte al II secolo [v. catacombe]), una ricca basilica, ed ivi presso volle esser sepolta (354), nel superbo mausoleo tuttora esistente, che accolse anche le spoglie di Elena moglie di Giuliano l'Apostata (360). La basilica, accanto alla quale sorse uno dei primi monasteri romani di vergini consacrate, fu, in progresso di tempo, abbellita e restaurata da varî pontefici, Liberio (352-366), Simmaco (498-514), Onorio I (625-638). Nel Medioevo le reliquie di S. Agnese non cessarono mai di essere venerate dai pellegrini sulla via Nomentana, come dimostrano gl'itinerarî. Onorio III (1216-1227) ripose la sacra testa in un cofano d'argento e la trasportò al Sancta Sanctorum del Laterano, dove fu custodita sino ai giorni nostri: oggi si conserva nella chiesa della santa in piazza Navona; il cofano è nel museo cristiano della Biblioteca Vaticana. Il resto del corpo, la cui autenticità peraltro non è pienamente provata, riposa nella basilica extra muros, entro un'urna argentea fatta eseguire dal papa Paolo V. Oltre la basilica extra muros e la chiesa nell'antico stadio di Domiziano, ricordata fin dal sec. VIII, la martire ebbe in Roma una chiesa ad duo furna, della quale si fa memoria già nei primi anni di quel secolo. È commemorata ai 21 gennaio.
Bibl.: Acta Sanctorum Januarii, III, pp. 350-363; Bibliotheca hagiographica lat., I, Bruxelles 1898, p. 27 seg. e suppl., ibid. 1911, p. 9; A. Dufourcq, Études sur les Gesta Martyrum romains, I, Parigi 1900, pp. 214-217; P. Allard, in Dict. d'archéol. chrét. et de liturgie, I, i, col. 905; C. Weyman, Vier Epigramme des hl. Papstes Damasus, Monaco 1905, I, pp. 28-40; P. Franchi de' Cavalieri, S. Agnese nella tradizione e nella leggenda, Roma 1899; id., Hagiographica, Roma 1908, pp. 141-164; F. A. Ferretti, S. Agnese nel culto, in Bessarione, s. 3ª, VIII (1911), p. 218 segg.; H. Delehaye, Les origines du culte des martyrs, Bruxelles 1912, p. 315 seg.; A. Monaci, Per la data del martirio di S. A., in Nuovo Bull. d'archeol. crist., XXVIII (1922), p. 33 segg.; Ph. Schmitz, La première communauté de vierges à Rome, in Revue Bénédictine, XXXVIII (1926), pp. 189-195. Per il cimitero di S. Agnese, v. H. Leclerq, in Dictionnaire d'arhcéol. chrét. cit., I, i, coll. 918-965.