ANGELA Merici, santa
Nacque a Desenzano sul Garda in provincia di Brescia, ma diocesi di Verona, il 21 marzo 1474, da modesta famiglia, ultima di sei figli, quattro dei quali morti in tenerissima età. Ricevette dai suoi una assai scarsa formazione intellettuale, ma una solida educazione cristiana.
Nel 1489 perse il padre e l'unica sorella superstite e tre anni dopo anche la madre che prima di morire l'affidò a uno zio di Salò presso il quale A. andò ad abitare. La famiglia dello zio viveva con una certa agiatezza, e questo ebbe l'effetto di accentuare in lei, di modeste esigenze e di grande semplicità, l'inclinazione alla penitenza e il desiderio del chiostro; rimase tuttavia a lungo incerta sulla sua vocazione. Intanto con un cugino, Bartolomeo Biancosi, che avrebbe più tardi fatto parte di una Compagnia del Divino Amore in Salò, prese a frequentare la chiesa e il convento di S. Bernardo dei minori osservanti, facendosi terziaria francescana.
Tornata nel 1500 a Desenzano, ebbe qualche tempo dopo una visione che le permise di risolvere i suoi dubbi tra la contemplazione e la vita attiva; rinunciò al monastero e si diede ad opere di carità assistendo ed aiutando donne e fanciulle della sua città e alleviando i disagi che le guerre arrecavano in quegli anni tristissimi. Nel 1512 A. fu accolta in casa di una nobile famiglia desenzanese, i Patengola, dove pur in mezzo alla vita mondana del Cinquecento erano affiorate esigenze di rinnovamento morale ed esperienze religiose: una giovane che vi aveva prestato servizio per qualche tempo era entrata nel convento di S. Croce in Brescia col nome di suor Candida, mantenendo rapporti spirituali con Caterina Patengola; un figlio di costei, Costanzo, si era fatto terziario benedettino. Nel 1516 A. seguì la Patengola a Brescia e rimase con lei ancora un anno, andando poi ad abitare in una modesta casa, messale a disposizione dal ricco e pio mercante Antonio de' Romani, in contrada S. Agata.
La decadenza religiosa, i costumi corrotti della città, la crisi delle famiglie la confermarono nel proposito di dover fare qualcosa specialmente in favore delle gio vani, alle quali per la penuria degli uomini, a causa della guerra, e la diffusa scostumatezza, era difficile sposarsi e sconsigliabile l'ingresso nei monasteri per la loro quasi generale corruzione. Si prodigava intanto nell'assistenza spirituale, nelle opere di carità, nel consiglio e nell'istruzione religiosa ai poveri.
In un viaggio del 1520 a Salò, dove venne accolta dal cugino Biancosi, la sua personalità religiosa fece talmente impressione da indurre ad una vera e propria conversione un giovane del luogo, Stefano Bertazzoli, il quale poi con Bartolomeo e Giambattista Scaini e col Biancosi stesso formò a Salò un gruppo spirituale che nel 1541 diede vita alla Compagnia del Divino Amore e due anni dopo ad una Confraternita della Carità.
Nel 1521 A. fece un pellegrinaggio a Mantova alla tomba della beata Osanna Andreasi; nel 1524 con Antonio de' Romani e B. Biancosi si recò in Terrasanta: durante il viaggio perse stranamente e improvvisamente la vista che recuperò solo al ritorno. L'anno successivo si recò a Roma per il giubileo indetto da Clemente VII, da cui ricevette l'invito di occuparsi dei luoghi pii della città. A. preferì tornare a Brescia, dove in quegli anni aveva cominciato a realizzare il suo disegno radunando intorno a sé un primo cerchio di amiche e consorelle che da lei, pur rimanendo ciascuna nel proprio ambiente, erano seguite e consigliate: domestiche, giovani della media borghesia e anche signore della nobiltà bresciana, come Ippolita Gallo, sorella del letterato Agostino, Caterina Chizzola, Bianca Porcellaga.
Nel 1529 andò a visitare a Soncino la mistica e stimmatizzata Stefana Quinzani - che aveva creato intorno a sé un centro di spiritualità e di interesse religioso - proseguendo poi per il sacro monte di Varallo. Al ritorno passò da Milano, accolta da Francesco II Sforza, che avendo avuto già un incontro con lei a Brescia l'anno precedente, le rivolse l'invito di fermarsi, invito ripetutole quando poco dopo i due si incontrarono nuovamente a Cremona, dove A. su invito di Agostino Gallo si era rifugiata, per evitare i rischi causati dal passaggio in Brescia delle truppe imperiali.
Tornata a Brescia, abitò per qualche tempo presso i Gallo, stabilendosi poi in una casa vicino alla chiesa di S. Afra officiata dai canonici lateranensi, uno dei quali, p. Serafino da Bologna, diventò suo confessore. Qui nel 1530 A. riunì le prime dodici compagne che secondo le sue intenzioni avrebbero dovuto formare una società religiosa i cui membri, pur attuando una certa vita comune, avrebbero dovuto restare il più possibile in contatto con la società, per operare più attivamente al servizio del prossimo. Con queste stesse dodici si recò nuovamente in pellegrinaggio a Varallo nel 1532 ribadendo il proposito di realizzare l'opera iniziata.
L'anno successivo la Compagnia di S. Orsola - venne chiamata così probabilmente in seguito ad una visione in cui S. Orsola avrebbe assicurato alla fondatrice la sua protezione - si trasferì in un oratorio in piazza del duomo messo a disposizione da Elisabetta de Prato: esso fu sede della Compagnia sino al 1583. La nascita ufficiale della Compagnia è però da porsi al 25 nov. 1535, giorno in cui venne steso il verbale di fondazione; dalle prime dodici sorelle si era già passati a ventotto. L'anno successivo A. dettò al suo segretario e consigliere, don Gabriele Cozzano, la regola della Compagnia.
Essa era una manifesta eco della spiritualità evangelica e della Imitazione; suggeriva di professare nel secolo quelle virtù che invano si cercavano allora nei chiostri; ma unitamente alla perfezione individuale richiamava la necessità dell'esercizio delle virtù pratiche, mediante il lavoro, l'assistenza spirituale e materiale del prossimo, la carità, l'istruzione religiosa del popolo.
La regola, che provvedeva naturalmente anche all'ordinamento interno della Compagnia, venne approvata dal cardinale Cornaro, arcivescovo di Brescia, l'8ag. 1536;quando il cardinale Borromeo nel 1580visitò la diocesi di Brescia vi apportò qualche ritocco, aggiungendovi ad esempio la disposizione che rendeva la Compagnia immediatamente soggetta all'Ordinario.
Il 18 marzo 1537 si tenne il primo capitolo ufficiale della nuova congregazione: le iscritte erano ormai centoventi; A. venne eletta maestra superiora e madre in perpetuo. Poiché solo una volta al mese le sorelle si riunivano nell'oratorio, mentre ordinariamente rimanevano nella propria parrocchia e nel proprio quartiere, si nominarono delle governatrici a cui i singoli gruppi facessero capo. Si estendevano intanto le adesioni al programma di rinnovamento morale e di restaurazione religiosa della Merici. Sacerdoti e uomini di cultura ricorrevano a lei per consigli e suggerimenti spirituali; la Compagnia, anche per la facilità con cui le sorelle potevano raggiungere ogni ceto sociale, diventava sempre più efficace strumento di riforma nella vita cittadina bresciana.
Ammalatasi e sentendo prossima la fine, A. dettò al Cozzano il testamento spirituale e alcuni ricordi destinati alle sue suore. Morì il 27 genn. 1540 e fu sepolta nella chiesa di S. Afra; le sue reliquie, illese nel bombardamento che nel 1945 distrusse la chiesa, sono ora nella cappella della "Casa di S. Angela" in Brescia.
Venerata subito a Brescia, a Salò e a Desenzano, che qualche anno dopo la nominò sua protettrice, nel 1568venne istruito il primo processo informativo. Beatificata da Clemente XIII il 30 apr. 1769,canonizzata da Pio VII il 24maggio 1807, Pio IX l'11 luglio 1861 ne estese il culto alla Chiesa universale.
La Compagnia di S. Orsola, approvata dopo la morte della fondatrice, il 9 giugno 1544d a Paolo III, si diffuse rapidamente in Italia e fuori contribuendo attivamente alla restaurazione morale e religiosa dei mondo cattolico nell'età della Riforma. Divisasi successivamente in varie osservanze, oggi tre istituti ripetono le loro origini da S. Angela Merici: le orsoline ricostituitesi a Brescia nel secolo scorso, dette orsoline secolari o angeline; le orsoline di San Carlo, con casa madre a Milano, viventi in comunità ma senza vincoli di clausura e le cui prime regole furono scritte appunto dal cardinale Borromeo; le claustrali, con casa generalizia a Roma, che hanno origine dalla trasformazione in monastero della primitiva casa delle orsoline di Parigi decretata nel 1612 da Paolo V che annoverò le orsoline fra gli Ordini religiosi.
Fonti e Bibl.: I Ricordi lasciati alle Madri Avvisatrici, il Testamento e la Regola della Compagnia di Sant'Orsola sono stati editi più volte, e da ultimo da A. Cistellini, in Figure della Riforma pretridentina, Brescia 1948, pp. 198 ss. (della Regola solo il Prologo).
La bibl. più completa su A. M. e le orsoline in Beiträge zur Darstellung und zur Geschichte der Ursulinerinnen, VIII, Berlin 1934, e X, ibid 1937. Cfr. inoltre: G. Lombardi, Vita della beata A. M., Venezia 1778; C. Doneda, Vita di s. A. M. di Desenzano, 2 ediz., Brescia 1788; Compendio della vita di sant'A. M. del terzo Ordine di s. Francesto fondatrice della Compagnia di Sant'Orsola in occasione della di lei canonizzazione fatta dalla Santità di N. S. Pio PP. VII, Roma-Milano 1807 (in appendice il Testamento della santa); P. Hélyot, Dict. des ordres religieux, III, Paris 1847, p. 758; E. Girelli, Della Vita di s. A. M., Brescia 1874; V. Postel, Histoire de s. A. M. et de tout l'ordre des Ursulines, 2 voll., Paris 1878; M. V. Neusee, Die heilige A. M.,2 ediz. accresciuta, Freiburg i. B. 1912 (1 ediz. 1893); L. Bouthors, Sainte A. M. et les origines de l'ordre des Ursulines, Abbeville 1904; M. Monica, A. M. and hear teaching Idea, New York 1927; L. v. Pastor, Storia dei Papi, V, Roma 1931, pp. 343 ss.; C. Lubienska Z. S. U., Swieta Aniela Merici i jei Dzielo, Kraków 1935 (opera notevole, ma rimasta interrotta al I vol.); P. Guerrini, S. A. M. e la compagnia di S. Orsola, Brescia 1936; A. Cistellini, Figure della riforma..., cit., pp. 47-55; G. Garioni-Bertolotti, S. A. M. vergine bresciana (1474-1540), Brescia 1950; Dict. D'Hist. et de Géogr. Ecclés., III, coll. 47-50; Encicl. Cattolica, I, coll. 1230S.