BATILDE, Santa
Regina dei Merovingi, conosciuta nella tradizione storica attraverso la Vita Bathildis (MGH. SS rer. Mer., II, 1888, pp.475-508). Giunta come schiava anglosassone nella Neustria e quindi alla corte di Erchinoaldo, nel 641 B. andò in sposa a Clodoveo II (632-656); alla morte del sovrano divenne reggente, tra il 657 e il 664-665, in nome dei suoi tre figli Clotario III, Childerico II e Teodorico III, i primi 'reombra' merovingi. Tra i consiglieri della regina va menzionato soprattutto s. Eligio di Noyon, del quale si ricorda anche l'attività di orafo.Tra il 658 e il 661 B. fondò l' abbazia di Corbie e promosse il restauro del monastero di Chelles, nella diocesi di Parigi, edificato da Clotilde (m. nel 545), moglie di Clodoveo I (466 ca.-511), ove si ritirò nel 665 e finì i propri giorni nel 680-681. Nell'833, in occasione della traslazione, voluta da Ludovico il Pio, del corpo della badessa Gisella, figlia di Carlo Magno, le spoglie di B. furono trasferite dalla chiesa della Santa Croce in quella dedicata alla Vergine.Tra le reliquie della santa venne conservato anche un panno di lino con ricami colorati, denominato nella tradizione orale 'camicia di B.' (Chelles, Mus. Mun. Alfred Bonno), in origine certamente non un vero e proprio capo di vestiario - né una pianeta, come è stato altre volte considerato - ma piuttosto una sorta di pettorina che si legava intorno al collo. Di forma rettangolare (cm.11784) ha al centro una apertura per il collo e presenta, ricamata in rosso, blu, giallo e verde, una decorazione che imita preziosi gioielli femminili: un piccolo collier, una collana con croce pettorale e pendenti e infine una grande collana con almeno nove medaglioni, ornati per lo più da figurazioni.Nella Vita Bathildis si narra che B., in occasione della fondazione dell'abbazia di Corbie, oltre a proprietà terriere e denaro, donò anche la propria cintura regale, in accordo con una precisa scelta personale di spoliazione e di povertà. Si può di conseguenza supporre che l'imitazione di gioielli sulla 'camicia di B.' valesse a sostituire lo sfoggio di gioielli effettivamente tali, sfoggio al quale la regina non poteva probabilmente rinunciare per motivi di rango. La foggia della c.d. camicia, in verità poco adatta a essere indossata, induce a ritenerla un indumento funebre. In questo caso, nella sua unicità, si renderebbe plausibile anche un'altra ipotesi: nell'ambito della pratica funeraria della sepoltura completa di corredo (che scomparve peraltro nel corso del sec. 7°), l'imitazione di gioielli autentici poté forse rappresentare sia il segno della regalità della defunta sia la prova della sua vita di ascesi monastica. I ricchi gioielli raffigurati, imitanti caratteristiche decorazioni in oro, perle e pietre preziose, non lasciano dubbi sul fatto che colei che li indossava fosse di rango reale.I loro modelli non sono ravvisabili tanto nell'oreficeria merovingia quanto in quella bizantina, essendo di fatto individuabili, per es., in opere come il mosaico di S. Vitale a Ravenna (sec. 6°), ove l'imperatrice Teodora indossa una collana con pendenti e un collier di tipo analogo, mentre altre due dame sfoggiano lo stesso genere di gioielli, sia pure realizzati in una variante semplificata. Del tesoro rinvenuto ad Asyūṭ in Egitto fa parte una collana simile a quella della 'camicia di B.', confrontabile anche con la croce pettorale di Agilulfo (Monza, Mus. del Duomo).In ogni caso tutti i dati di cui si dispone inducono a ritenere che la 'camicia di B.' sia effettivamente appartenuta alla regina merovingia: eseguita nel periodo in cui B. era regina, essa si conserva dalla metà del sec. 7° a Chelles, dove la sovrana era stata originariamente sepolta (un dato che ulteriormente avvalora l'ipotesi che si tratti di un indumento funebre); essa inoltre presenta affinità stilistiche con le opere attribuite a s. Eligio di Noyon.Sotto il profilo tecnico questo esempio di oreficeria 'imitata' documenta - ammessa un'antitesi tra cultura di corte e cultura popolare - una produzione artigianale altamente specializzata e destinata, su committenza regia, all'uso specifico della corte. Dal punto di vista storico-culturale il confronto con i modelli di ambito imperiale bizantino conferma l'ipotesi secondo cui il fenomeno della imitatio imperii, diffuso nel Medioevo, sarebbe comparso in quanto canone di espressione della sovranità non solo nell'età di Carlo Magno e dei suoi successori, bensì anche precedentemente, sin dal tempo del c.d. piccolo impero dei Merovingi. Si chiarisce inoltre in tal modo il ruolo della corte merovingia quale tramite per la diffusione nel Nord di modelli di ambito mediterraneo; i pectoralia composti da più fili di perle, comuni in Svezia nella fase di Vendel, sono infatti caratterizzati da pendenti in ametista, un'imitazione di colliers che si ritrova di frequente anche in tombe anglosassoni. L'origine di B. e i rapporti particolarmente stretti che intercorrevano tra Chelles e le abbazie anglosassoni suggeriscono che anche la produzione artistica dei monasteri fosse tramite di influssi innovatori nei centri legati alla corte franca.
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