GIULIANA Falconieri (Giuliana da Firenze), santa
La sua presunta nascita è stata posta a Firenze intorno al 1271; e G. è stata detta "capo", o anche fondatrice, delle suore serve di S. Maria collaterali ai frati dello stesso Ordine. L'unica notizia certa che la riguarda è la sua canonizzazione, avvenuta solo il 12 giugno 1737 a opera del papa fiorentino Clemente XII.
Le iniziali e fondanti notizie che la riguardano sono dovute, dopo più di un secolo dalla supposta morte (1341), a Paolo Attavanti, dei servi, che ne offrì tra il 1465 e il 1467 una breve e generica notizia nel suo Dialogus de origine Ordinis servorum ad Petrum Cosmae e poi, a distanza di quasi trent'anni, rientrato tra i servi dopo esser rimasto tra gli ospedalieri di S. Spirito dal 1473 al 1485, un'altra più circostanziata nel Quadragesimale seuPaulina praedicabilis, stampato a Siena nel 1494 e dedicato al generale dell'Ordine Antonio Alabanti da Bologna.
Nel Dialogus, supposta conversazione tra Piero de' Medici (m. 1469) e Mariano Salvini, già priore del convento fiorentino e allora vescovo di Cortona, in risposta alla domanda del primo sull'esistenza di una qualche vergine del Terz'Ordine dei servi notevole per santità, si afferma senza riferimenti cronologici che a Firenze era vissuta G., specchio di verginità e memorabile decoro delle donne, divenuta celebre non perché ornata da vani splendori o per progenie illustre o particolare bellezza, ma per gloria di virtù e comprovata sequela di predicazioni che, assunto tra altre l'abito della "viduità" della Madre divina, ottenne una sede immortale nei cieli.
Presentazione questa di una "suora d'abito" dei servi, unica o preminente in Firenze, non appartenente a ceto nobiliare o illustre, frequentatrice di sante predicazioni (pubbliche), le virtù della quale, esercitate sembra in un genere di vita non claustrale, possono considerarsi ornamento di tutte le donne e non di suore o monache in particolare. Da notare che nella stessa opera, parlando di fra Alessio (il futuro santo, m. 1310) come uno dei sette fondatori dell'Ordine, non se ne indica la famiglia di appartenenza.
Ben diversi i tratti evidenziati dalla Paulina praedicabilis, edita nel 1494 ma in preparazione da alcuni anni, nell'exemplum addotto nel sermone sul giudizio divino: G. vi è detta ora "nobile, bellissima e ricchissima" appartenente alla famiglia senatoria dei Falconieri; sarebbe stata indotta ad assumere l'abito della "viduità" e la religione della Vergine dei servi ascoltando, quindicenne e seguace di sante predicazioni (elemento comune, insieme con quello dell'assunzione dell'abito, con il testo precedente), una predica sul giudizio divino tenuta dallo zio paterno (patruus) fra Alessio, uno - si nota seguendo parzialmente la narrazione della Legenda de origine Ordinis nella sua redazione trecentesca - dei fondatori dei servi nella cui morte erano apparsi quali uccelli candidissimi gli angeli a cantare su di lui, quasi canonizzandolo, una celeste melodia, e che G. aveva visto "sul pulpito" splendente come un serafino; era divenuta così, come per l'Ordine "serafico" l'assisiense Chiara e per quello "cherubico" la senese Caterina, il "grande primo capo" per suore e monache "mariali". Nobile per sangue, appartenendo a una famiglia tra le prime in Firenze, per il fluire in lei di arte e natura, lo fu ancor più quale "milite fedele" di Gesù e della Vergine gloriosa vincendo carne, mondo e demonio, sempre imitando "con animo virile" lo zio Alessio e divenendo, lei fanciulla, luce di virtù anche per gli uomini. Segni e miracoli ne avevano manifestato infine la nobiltà "teologica", in particolare quello avvenuto nel suo transito quando, estenuata da austerità e veglie, non potendo ritenere niente nello stomaco e desiderando ardentemente il Corpo di Cristo, aveva chiesto che le venisse deposto sul petto, coperto di candido velo: bella come un angelo, sarebbe passata allora all'altra vita quasi disciolta per troppa dolcezza mentre l'ostia, per inaudito miracolo, non sarebbe stata più ritrovata.
Quest'ultimo testo - che non può essere stato tratto, come si è supposto, da una legenda anteriore che sarebbe da collocarsi tra il Dialogus e il 1490 circa - lascia intravedere gli intenti dell'autore o delle sue fonti di ispirazione: offrire in G., diversamente da quanto fatto nel Dialogus, un unico "capo" o punto di riferimento per suore e monache dei servi (non si parla neppure ora di fondatrice e la si ritiene associata all'Ordine con modalità già in uso), equiparandone il ruolo a quello della monaca Chiara (m. 1255) per il ramo femminile francescano e della mantellata Caterina (m. 1380), non certo fondatrice, per quello domenicano, analogamente all'accostamento operato agli inizi del Trecento dalla Legenda de origine tra i fondatori dei servi e i beati Domenico e Francesco; ricollegare questo primum caput alle origini dell'Ordine e alla famiglia Falconieri legata ai servi di Firenze fin quasi dagli inizi attraverso la figura di Alessio; centrare infine la pietà delle suore dell'Ordine sulla presenza eucaristica che, già affermatasi tra i secoli XIII e XIV, aveva preso allora nuovo vigore in particolare presso le suore suddette.
I dati biografici sopra rilevati rimarranno basilari nella successiva agiografia servitana su G. e a essi ben poco aggiungeranno cronisti posteriori, quali in particolare i fiorentini fra Cosimo dei servi nella sua Operetta del 1521 che ne riferisce l'epitaffio, fra Michele Poccianti nel suo Chronicon del 1567 e fra Arcangelo Giani a più riprese e poi, definitivamente, nei suoi Annales dei servi del 1618 ammettendo chiaramente non doversi ritenere G. fondatrice delle suore dei servi e di non avere "incontrato […] cosa veruna" su di lei dal 1280 al 1435 nei registri conventuali di Firenze o alcuna "scrittura […] antica, né moderna" prima dell'Attavanti.
Se ne fisserà comunque la data di morte al 19 giugno 1341.
La sua figura, oltre che con fra Alessio, ritenuto fratello di Chiarissimo indicato come padre di G., verrà anche ricollegata con Filippo Benizi, il futuro santo, detto imprecisamente ma intenzionalmente primo generale dell'Ordine (1267-85), che ne avrebbe ricevuto la professione di terziaria e l'avrebbe coadiuvata nel dare unità alle altre sorelle del Terz'Ordine; l'episodio miracoloso legato al momento della morte sarà arricchito dal fatto che l'ostia le avrebbe lasciato sul petto l'immagine del Crocifisso, la cui devozione, insieme con quella dei dolori di Maria (elemento seicentesco), diverrà caratteristica della sua pietà.
Circa tale strutturazione sono state avanzate, specialmente dai bollandisti, non poche riserve riguardanti: l'appartenenza di Alessio alla famiglia Falconieri, affermata per la prima volta e mai rilevata nei numerosi dati archivistici del Due-Trecento che lo riguardano; ancor più il dirlo zio paterno di G. quale fratello di Chiarissimo Falconieri, benefattore del convento fiorentino dal 1264, e questo dopo il lodo del gennaio 1455 dell'arcivescovo di Firenze Antonino Pierozzi circa eventuali diritti giuspatronali di quella famiglia sulla chiesa dei servi; la predicazione sul giudizio tenuta "dal pulpito" dallo stesso Alessio, mentre egli risulta frate laico e non si hanno testimonianze allora di un'attività di predicazione degli stessi frati sacerdoti dell'Ordine; il carattere "virile" della spiritualità di G. e il suo esser luce per gli stessi uomini che sembrano meglio rispondere a canoni di agiografia femminile dei secoli XIV-XV; la professione di terziaria dei servi emessa da G., impensabile per i secoli XIII-XIV quando si hanno solo dal 1278 casi numerosi di oblate o converse mentre vere formule di professione di donne o comunità femminili del Terz'Ordine sono riscontrabili agli inizi del XV, poco prima della conferma della regola per il "consorzio" dei servi a opera di Martino V nel 1424; il miracolo eucaristico a favore di G. che sembra evocare un'altra santa dello stesso nome, Giuliana di Cornillon (1192 circa - 1255 circa), promotrice della festa del Corpus Domini istituita per primo da Urbano IV nel 1264.
Unico riscontro positivo, che non riguarda però direttamente G., è il testamento del 20 luglio 1327 di Gherardo del fu Migliore Guadagni del "popolo" di S. Michele in Visdomini di Firenze che prevede, nel caso in cui l'erede designato muoia in minore età o senza figli, che i suoi beni siano utilizzati per fare un monastero di vergini dell'Ordine di S. Maria che sia sotto la protezione dei frati dei servi di Firenze, o, se ciò non fosse possibile, devoluti alla società di S. Michele: si tratta di un vero monastero che non sembra sia stato realizzato, mentre G. non è stata mai presentata come monaca.
Le reticenze sono corroborate da una serie di dati. Proprio negli anni in cui sarebbe morta G. il registro di entrata e uscita del convento di Firenze del 1338-42 annota tra marzo e novembre 1340 una serie di entrate per sepolture di donne dei Falconieri tra le quali non si trova alcuna Giuliana. Emerge invece una Guiduccia, figlia di un Chiarissimo, cui il generale fra Pietro da Todi concede nel maggio 1323, quale benefattrice del convento (tale risulta poi nel 1331 e 1339), la partecipazione ai beni spirituali dell'Ordine: vedova almeno dal 1337, morirà e verrà sepolta presso i servi il 23 marzo 1340 (G. la si fa morire nel 1341) con offerte di ceri e di un drappo per coprirne il corpo.
Sul piano della venerazione risulta invece in evidenza presso i servi, prima e oltre i due testi dell'Attavanti, come figura ufficialmente rappresentativa, una beata Giovanna da Firenze che solo in seguito verrà giustapposta o subordinata a Giuliana.
Quando infatti nell'aprile 1445, vent'anni prima del Dialogus, il generale Nicolò da Perugia concede la partecipazione dei beni spirituali al marchese di Mantova Ludovico III Gonzaga (che dal 1453 sovvenzionerà la costruzione della tribuna dell'Alberti nella chiesa dei servi di Firenze) fa porre in calce alla lettera una miniatura in cui, a presentare alla Madonna con Bambino il marchese con il figlio e la marchesa con la figlia, sono collocati sulla destra della Vergine il "beatus Philippus primus generalis" e sulla sinistra la "beata Ioanna" ammantellata di nero e con velo e soggolo bianchi. In tale contesto risulta probabile che la beata, con suore e altre donne, parallela al beato Filippo e ambedue senza nome e con aureola, della Madonna del manto di Giovanni di Paolo a Siena del 1431 e del gonfalone dell'Annunziata di Nicolò Liberatore detto l'Alunno a Perugia del 1466, sia da identificarsi con la stessa Giovanna. Successivamente, già dopo la prima testimonianza dell'Attavanti che non deve aver goduto di grande considerazione, tra i nielli che ornano la preziosa rilegatura del Mare magnum di tutti i pri vilegi concesso ai servi da Innocenzo VIII nel maggio 1487 a istanza del generale Alabanti, conservata proprio nel convento di Firenze, le otto piastre cantonali (le due centrali portano l'Annunciazione e lo stemma dell'Ordine) raffigurano otto beati probabilmente considerati, anche per suggerimento dello stesso Alabanti, i più significativi e venerati. Si tratta dei beati: Buonfigliolo da Firenze, primo dei fondatori, e Pellegrino da Forlì (m. 1345), Giacomo Filippo da Faenza, morto da poco (1483), e Riccadonna da Cremona (m. 1451), legata all'Osservanza dei servi, Manetto da Firenze, il generale anteriore a Filippo, e Francesco da Siena (m. 1328), Filippo "de Beniti" (m. 1285), quinto generale, e Gianna da Firenze; Riccadonna porta in mano una corona e sul petto un sole con al centro una testa di bambino contornata da raggi suddivisi da otto elementi acuminati, e Gianna, raffrontata a Filippo, porta come lui un giglio nella destra e un libro nella sinistra a significare purezza e forse un ruolo di carattere legislativo.
Il nome della "beata Iohanna" è ancora indicato poco dopo il secondo testo dell'Attavanti nella prima parte dei Triumphi, sonetti, canzon et laude de la gloriosa Vergine Maria scritta tra il 1483 e il 1490 da fra Gasparino Borro dell'Osservanza dei servi, opera stampata postuma in Brescia nell'ottobre 1498, in margine a tre terzine che la dicono venerabile nel suo corpo, consorte al "padre" che deve essere Filippo, e "madre tanto diva, che tante seguitaro il suo vestigio". Inoltre nell'Opuscolum del 1497 per fratelli e sorelle della Fraternità dei servi, fra Nicolò di Manetto da Pistoia (m. 1499), animatore solerte di detta fraternità, indica nel 1318, quale dato rilevante non pistoiese, la "beata Giana de Macigni [cognome che renderebbe difficile farne una Falconieri] nostra suora d'abito", mentre più tardi Cosimo Favilla, nel De origine Ordinis del 1511, pone ancora come prima tra le donne in fama di santità "Ioanna Florentina" che per la sua purezza "dicitur principatum tenuisse", e dopo di lei Riccadonna da Cremona.
Di questa situazione di transizione causata dall'Attavanti si trovano chiari riscontri nei Catalogi dei beati dei servi: nel più antico conosciuto, databile 1491-94, prima tra le beate è posta "Joanna de Florentia, cuius corpus est Florentie", seconda ancora "Richadonna de Cremona, cuius corpus est Cremone", poi altre quattro: Bartolomea da Siena, Elisabetta da Mantova (m. 1468), Beatrice da Cremona, Bionda da Verucchio; una mano del secolo XVI aggiunge a tale lista: "beata Iuliana de Florentia, cuius corpus est Florentie". In un successivo catalogo di fine secolo XV o inizio XVI (non oltre il 1512), è invece indicata per prima, in sostituzione di Giovanna, la "beata Jiuliana, vergine nobile de Falconieri, da Fiorenza", senza parlare di sepoltura, poi Riccadonna e altre tre: Elisabetta, Bartolomea e per ultima Maria da Genova (m. verso il 1484). Si arriva così a un catalogo del 1515 circa che congloba il tutto ponendo all'inizio "Giuliana dei Falconieri da Firenze" e subito dopo Giovanna affermando che i corpi di ambedue si conservano a Firenze, e poi le altre sei da Riccadonna a Maria da Genova. G. sarà ormai sempre la prima e Giovanna verrà detta sua discepola e morta nel 1367. Da notare che di fatto a Firenze non è mai esistito che un solo corpo di beata dei servi distinto dalla sepoltura comune. La difficoltà di mettere insieme le due beate si trascina fino al De viris illustribus Ordinis servorum b. M. V. di fra Raffaello Maffei del 1557, che distingue G. da Giovanna ma attribuisce a quest'ultima la lode riservata a G. nel Dialogus dell'Attavanti.
Circa l'identificazione della beata Giovanna si può pensare a una "Giovannina", nubile, famula per alcuni anni di monna Tessa degli Alluodi, che appare dai registri del convento di Firenze in stretto e benefico rapporto dal 1288 con quella comunità aiutandola con prestiti anche notevoli, l'ultimo dei quali le viene restituito dal 1300, quando intraprende un pellegrinaggio a Roma in occasione dell'anno santo, fino al 1310; morirà e sarà sepolta nella chiesa dei servi il 13 sett. 1317. Potrebbe così identificarsi con la "beata Gianna dei Macigni da Firenze" indicata all'anno 1318 (ancora un solo anno di differenza) nell'Opusculum di Nicolò da Pistoia. Nel suo primo testo su G. l'Attavanti potrebbe riferirsi in definitiva alla stessa Gianna (l'autore non è sempre ineccepibile in fatto di nomi), nel secondo, dopo che nel 1487 aveva curato un'esposizione della regola di Martino V per terziari del 1424, può aver voluto presentare, partendo da una G. assai generica e da figure di donne dei Falconieri legate ai servi tra cui in particolare Guiduccia, una nuova immagine femminile, di nobili natali (anche per Nicolò di Manetto da Pistoia la terza dignità delle suore d'abito stava nella "nobiltà di parentadi"), decorata in morte da un miracolo eucaristico e perciò exemplum ben più circostanziato e significativo. A questo può essere anche stato indotto da alcuni fatti: la presenza del 1477 a Firenze, secondo il Giani, di una comunità di terziarie guidate da una nuova suor Giuliana, dedite a opere di carità e devozione a imitazione dell'antica G.; il capitolo generale di Bologna del 1488, tenuto sotto l'Alabanti, dove aveva assunto rilievo, accanto a numerosissimi frati, la presenza di ottantotto suore, presso le quali in quegli anni era intenso il culto dell'Eucarestia (lo dimostra un intervento del marzo 1447 di Nicolò V) e che risultano governate da provinciali locali e da una generalessa comune.
In campo iconografico, solo nel 1543 nella S. Anna e Madonna col Bambino di Donnino Mazzieri alla Ss. Annunziata di Firenze, G. verrà posta con Filippo ai lati dell'immagine centrale. Una precedente opera di anonimo (databile 1491-1521?), conservata nella chiesa dei servi di Verona, ridipinta a più riprese, che raffigura senza titolo una santa con l'abito dell'Ordine, il giglio nella sinistra e nella destra un cuore sormontato da ostia, appare di difficile identificazione: il cuore, secondo un'indicazione del Giani, ci riporterebbe alla beata Riccadonna, l'ostia, che potrebbe essere stata poi sovrapposta, alla beata Giuliana.
Sugli sviluppi del culto di G. influirà la fondazione a Innsbruck nel 1612 di un monastero di suore dei servi, da cui prenderà inizio l'Osservanza germanica dell'Ordine ispirata alla Congregazione eremitica stabilita sul Monte Senario dal 1594, da parte della vedova dell'arciduca d'Austria Tirolo Ferdinando, Anna Caterina Gonzaga, e della figlia Maria che assumeranno i nomi di Anna Giuliana e Anna Caterina. Dietro loro istanza, un primo tentativo di processo canonico adombrato nel 1614-15 non ebbe seguito anche a causa d'insufficienza documentaria. Difficoltà analoghe si frapposero nel processo di beatificazione del 1668-78 in cui è già evidente l'influsso dei Falconieri e dove non fu possibile addurre documenti anteriori all'Attavanti, e anche in quello di canonizzazione iniziato nel 1694 e condotto a termine nel 1737 solo presentando documenti risultati poi falsi: una Memoria sul transito di G. accompagnato dal miracolo dell'ostia che si stimò allora essere stato redatto nel luglio 1341 subito dopo la sua morte, e un Giornale e ricordi attribuito a un fra Nicolò da Pistoia detto Mati, anteriore all'autore dell'Opusculum e datato 1384, che offriva nuove informazioni sulla vita mortificata e piena di virtù di "santa Giuliana". Come tale sarà rappresentata nel 1738 in S. Pietro di Roma con statua propria tra i fondatori di istituzioni religiose.
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