BENETTI, Sante
Originario dei Trevigìano, d'"una onesta famiglia sì, ma di bassa estrazione", com'egli racconta, e nato circa nel 1716, dopo una breve istruzione nei rudimenti del leggere, scrivere e far di conto, era stato obbligato a cercar lavoro per esser di sostegno alla propria famiglia, e aveva scelto "quello di sopraintendere alla coltura della campagna". Abbandonata la casa paterna verso ì vent'armi, aveva trascorso tutto il resto della sua vita ìn questa professione, "servendo in diverse case di cittadini e patrizi veneti, prima come gastaldo, poi per fattore".
Frutto di una varia e larga esperienza del mondo agricolo veneto, resta del B. una piccola raccolta di osservazioni empiriche dietro alle quali s'avverte la quotidiana pratica di un esperto di cose rurali: "Io sono uomo di campagna, - aveva del resto voluto scrivere all'inizio, - e non di lettere; intendo giovarvi solo, non dilettarvi". Questo libretto è L'accorto fattor di villa, o sia osservazioni utili ad un fattore per il governo della campagna e per la sopraintendenza alli coloni, pubblicate a comun vantaggio, uscito in prima edizione a Venezia nell'anno 1760 presso lo Zatta.
Ristampato già nel 1761, a testimonianza di un immediato successo, ebbe altre edizioni, tra le quali merita particolare rìlievo quella veneziana del 1765, nella quale, a metter in luce i pregi, l'utilità e il favore incontrato dall'opera nel mondo agricolo, F. Griselini, pubblicista tra i più operosi sull'argomento nella Venezia dell'epoca e intelligente direttore del Giornale d'Italia, vi riproduceva la sua Nuova maniera di seminare e coltivare il formento. Il B. dal canto suo vi poneva una copiosa aggiunta di otto capitoli (nei quali trattava "la infallibile maniera di preparar le terre, per poi in queste seminar le biade da spiga ed il sorgoturco") e di due altri ancora - tra i più interessanti del volumetto - in cui si dava a sostenere "che li padroni non siano tanto ristretti nell'onorario nell'occasione di prender al suo servizio li fattori o gastaldi", facendosi difensore della necessità di un "congruo salario" per i medesimi. Ove chiaramente risulta l'intento di difendere una categoria di lavoratori alla quale l'autore per tutta la vita aveva appartenuto, e di cyi ancor faceva parte quando scriveva, "agente" qual era - lo apprendiamo dalle sue pagine - "dell'eccelientissima casa Da Mosto in Campo Sampiero", fiorente località della campagna padovana.
Ligio ai diritti del padrone, il B. ci appare dal suo scritto un tipico rappresentante di quella schiera, divenuta peraltro esigua, di servitori leali su cui ancora poteva contare la classe dominante veneziana nella conduzione dei troppo trascurati possedimenti agrari. Il valore pratico del libretto, se si escludono le credule parole sugli influssi lunari e simili radicate convinzioni., veniva in generale riconosciuto assai notevole ancor nell'Ottocento da un intenditore come Filippo Re; e anche la sua importanza documentaria, soprattutto nei capitoli dedicati ai rapporti tra padrone, fattore e agricoltori, rimane oggi notevole.
Bibl.: Quasi tutto ciò che conosciamo della vita del B. risulta dall'"Avvertimento ai lettori" premesso dallo scrittore stesso al fortunato volume, del quale si può vedere una recensione del Griselini nel Giornale d'Italia, Venezia, 23 febbr. 1765, pp. 265-267; pochi cenni su di lui in F. Re, Diz. ragionato di libri d'agricoltura, veterinaria e di altri rami d'economia campestre, I, Venezia 1808, pp. 293 s. e in M. Berengo, La società veneta alla fine del '700, Firenze 1956, pp. 95, 104.