DAINESI (de Daynesiis, de Daynisiis, de Daynixiis, de Dianixiis, de Dionysiis), Sante de
Nacque a Bologna nella prima metà del sec. XIV da Andrea. Il Pasquali Alidosi lo dice già addottorato in diritto civile nel 1358, anno in cui sarebbe stato accolto nel Collegio dei dottori civilisti dello Studio bolognese. Le fonti non consentono di confermare tale notizia dato che la prima citazione del D., a noi nota, risale al 1364: egli risulta, infatti, tra i professori bolognesi di diritto civile dal 18 ottobre di quell'anno al 18 ott. 1365, incaricato della lettura straordinaria del Digestum vetus, nei rotuli pubblicati dal Vancini (Bologna della Chiesa), con lo stipendio annuo di 100 libbre. Secondo il Ghirardacci e il Mazzetti, nel 1365 il D. avrebbe insegnato a Bologna diritto canonico: se la notizia fosse vera, tale insegnamento dovrebbe essere iniziato nell'ottobre di quell'anno.
Negli anni successivi il D. proseguì il suo insegnamento civilistico a Bologna, dove esercitò anche attività professionale e fece parte di collegi arbitrali per la soluzione di vertenze tra privati, come attestano i lodi da lui emessi insieme con altri giuristi il 14 luglio 1365 e il 27 ag. 1375. Nessuna notizia è, invece, giunta a noi di una sua partecipazione alla vita politica comunale fino al 1376, quando egli s'impegnò decisamente nelle vicende bolognesi in una fase particolarmente complicata e tumultuosa della storia cittadina.
All'inizio del 1376 la situazione politica di Bologna era caratterizzata da un canto dal dissidio tra le due fazioni dei Saccheschi e dei Maltraversi, dall'altro dai contrasti tra il governo comunale e il cardinale Guglielmo de Noellet, legato pontificio per la città: quest'ultimo cercava di ampliare l'autorità della Chiesa a Bologna, la cui fedeltà era di particolare importanza nel conflitto che in quel momento opponeva la Santa Sede a Firenze. I contrasti tra i Bolognesi e il legato si acuirono quando il de Noellet, non essendo in grado di versare il soldo pattuito alle truppe mercenarie che si trovavano al suo servizio, cedette loro in pegno i castelli di Bagnocavallo e di Castrocaro, nel contado cittadino. La decisione violava antichi accordi stipulati da Bologna con il Papato e da questo sempre rispettati: i cittadini, allora, misero da parte le discordie interne, si sollevarono contro il cardinale legato e lo cacciarono dal Comune. Bologna si dette una nuova forma di governo e si schierò decisamente dalla parte di Firenze contro la Chiesa.
Il D. risulta tra i protagonisti del nuovo corso. Eletto nel Consiglio dei cinquecento, in rappresentanza del quartiere di S. Procolo, entrò anche a far parte del Magistrato dei XVI gonfalonieri del popolo, cui spettava, nel nuovo regime comunale, il governo della città insieme con i massari delle arti. Le fonti, però, tacciono in merito alla sua partecipazione ai successivi avvenimenti bolognesi; non siamo, pertanto, in grado di sapere quale posizione egli assunse nelle lotte cittadine che si riaccesero nella seconda metà del 1376 e che portarono prima alla cacciata dei Maltraversi. poi alla divisione degli Scacchesi in Raspanti e Pepoleschi, quindi alla vittoria dei primi, che nel dicembre riuscirono ad espellere gli avversari, infine alla rivolta cittadina del marzo 1377 contro i Raspanti e alla loro cacciata da Bologna. Il D. è ricordato di nuovo nelle fonti subito dopo il successo della rivolta del marzo, quando fu incaricato dagli Anziani di recarsi a Ferrara per prendere contatti con il legato pontificio in Italia, il cardinale Roberto di Ginevra, e trattare con lui la fine delle ostilità tra il Comune e la Chiesa, nonché il ritorno di Bologna sotto l'autorità della S. Sede. Nella città estense il D., insieme con Andrea della Ragazza, riuscì in breve a concludere una tregua militare e a ottenere impegni per un accordo definitivo non eccessivamente oneroso per Bologna. Successivamente fece parte dell'ambasceria, composta anche da Giovanni da Legnano, Ugolino Galluzzo e Francesco Foscari, che il governo comunale inviò il 9 maggio a Gregorio XI. Ad Anagni, dove il pontefice si trovava, gli ambasciatori sottoscrissero il 4 luglio l'atto di sottomissione: Bologna chiedeva perdono per essersi ribellata alla Chiesa ed essersi schierata dalla parte di Firenze, si impegnava a versare un tributo annuo di 10.000 fiorini e a fornire - ove fosse stato necessario -, per tre anni, un contingente di 400 lance al papato. Gli ambasciatori, comunque, ottenevano dal pontefice l'istituzione della magistratura del vicario cittadino, un'autorità cui era affidato il ruolo di mediatore tra il Comune e il legato pontificio e il cui titolare era liberamente eletto dai Bolognesi.
Rientrato in città con gli altri ambasciatori nel mese di settembre, il D. venne eletto tra gli Anziani e subito dopo fu incaricato di recarsi di nuovo ad Anagni per consegnare al pontefice il testo dell'atto di sottomissione che era stato approvato dal Consiglio generale di Bologna. Di questa nuova ambasceria facevano parte, insieme con il D., Battista de Bovi e Giovanni Leone. I tre furono accolti ad Anagni con molti onori.
Dopo il ritorno da Anagni (da collocare prima del 23 genn. 1378, quando egli risulta presente al conferimento dei dottorato a due studenti del Collegio gregoriano di Bologna), il D. sembra aver ridotto il suo impegno politico. Un'annotazione dei rotuli dello Studio cittadino per l'anno 1379-1380 ci informa che il 17 nov. 1379 stava per recarsi di nuovo come ambasciatore alla Curia pontificia. Proseguì la sua attività di docente e nel settembre 1380 fu priore del Collegio dei dottori civilisti: nel 1384 gli venne assegnato il cospicuo stipendio annuo di 300 fiorini.
Morì a Bologna il 1° genn. 1386 e fu sepolto nella chiesa di S. Domenico.
Narrano i cronisti che al momento della morte del D., avvenuta all'ora del pranzo, il cielo si oscurò a tal punto che fu necessario accendere le candele come se fosse già scesa la notte: i Bolognesi interpretarono questo fenomeno come un "segno contro lo dicto misser Santo, però ch'era stato uno male homo" (Corpuschronicorum Bortoniènsium, p. 377; in proposito si veda anche Matteo de' Griffoni). Il D. aveva sposato Nobile di Rizardino "de Loglano" - la quale gli aveva portato in dote la somma di 600 lire bolognesi e alcuni immobili "in burgo Planorii" (Piana, 1976) - e aveva avuto tre figli: Bartolomeo, anch'egli giurista, Francesco e Iacopo. Della sua produzione scientifica sembra esser rimasto solo un consilium che il D. sottoscrisse insieme con Giovanni da Legnano, Bartolomeo da Saliceto, Antonio dei Presbiteri, Baldassarre Calderini e Tommaso Angelelli, e che si conserva nel cod. Vat. lat. 10.726, f. 266rv della Bibl. Ap. Vaticana.
Fonti e Bibl.: Corpus chronicorum Bononiensium, t. III, in Rer. Italic. Script., 2 ed., XVIII, I, a cura di A. Sorbelli, III, pp. 338-340, 377; Matthaei de Griffonibus Memoriale historicum..., ibid., XVIII, 2, a cura di L. Frati - A. Sorbelli, p. 80; Cronica cestorum ac factorum memorab. civitatis Bononiae edita a fratre Hyeronimo de Bursellis, ibid., XXIII, 2, a cura di A. Sorbelli, p. 58; I rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese dal 1384 al 1799, a cura di U. Dallari, I, Bologna 1888, p. 4; IV, ibid. 1924, pp. 3-6, 8 s.; O. Vancini, Bologna della Chiesa(1350-1377), in Atti e mem. della R. Deput. di storia Patria per le Provincie di Romagna, s. 3, XXV (1907), p. 41; Chartutarium Studii Bononiensis, I, II, IV, VI. XII, Bologna 1909-1939, ad Indices; Il "Liber secretus iuris cesarei" dell'università di Bologna, a cura di A. Sorbelli, Bologna 1938, ad Indicem; C. Piana, Nuovi docc. sull'univer. di Bologna e sul Collegio di Spagna, Bologna 1976, I, pp. 38, 259-261, 283, 288, 302; G. N. Pasquali Alidosi, Li dottori bolognesi di legge canonica e civile..., Bologna 1620, p. 208; C. Ghirardacci, Della historia di Bologna, II, Bologna 1657, pp. 289, 352, 355, 359, 364. 368, 398, 404; S. Muzzi. Annali della città di Bologna..., III, Bologna 1841, pp. 440-442; S. Mazzetti, Repert. di tutti i professori..., Bologna 1947, p. 105; F. Bosdari, Giovanni da Legnano, canonista e uomo politico del 1300, in Arti e mem. della R. Deputazione di storia patria per le prov. di Romagna, s. 3, XIX (1901). pp. 44 s.; O. Vancini, La rivolta dei Bolognesi al governo dei vicari della Chiesa (1376.1377), Bologna 1906, p. 58; A. Sorbelli, Storia della univers. di Bologna, I, Bologna 1944, p. 100; C. Piana, Nuove ricerche su le univers. di Bologna e di Parma. Quaracchi 1966, p. 42; G. Dolezalek, Verzeichnis der Handschriften zum römischen Recht bis 1600, Frankfurt a. M. 1972, III, sub voce Sanctus de Dionysiis.