CASERIO, Sante Ieronimo
Penultimo di otto fratelli, nacque l'8 settembre del 1873 a Motta Visconti, nelle vicinanze di Milano, da Martina Broglia e da Giovanni, che era un contadino e barcaiolo del Ticino. Da giovane il padre del C. era finito al manicomio di Mombello per "demenza incompleta consecutiva a pellagra" su cui, parecchi anni più tardi, ci si sarebbe basati per spiegare la "degenerazione" del figlio Sante.
Di carattere chiuso, ma mite e altruista, il C. nella prima infanzia fu attratto dalle pratiche religiose e vi si dedicò con fervore, esprimendo spesso il desiderio d'entrare in seminario per prepararsi alla missione di apostolo. Frequentò le scuole elementari e a dieci anni cominciò a lavorare come garzone presso il fornaio del suo paese. A quattordici si trasferì da solo a Milano in cerca di un'occupazione e fu assunto al forno delle Tre Marie in via Olgiati. L'amicizia per un compagno di lavoro lo iniziò a diciassette anni all'idea anarchica, poi approfondita con letture, discussioni e contatti politici.
Anche in Italia, come in tutta l'Europa, con l'acuirsi dei conflitti sociali, il pensiero anarchico, programmaticamente avverso alla violenza, faceva però registrare in quegli anni azioni di terrorismo, la cosiddetta "propaganda del fatto", posta in essere per lo più da individui isolati rispetto al movimento, che nell'azione cruenta contro le istituzioni e i loro rappresentanti vedevano l'unico mezzo capace di scuotere la coscienza degli oppressi e di intimidire il potere. Cosicché l'opinione pubblica, generalizzando, collegò subito il concetto di anarchia a quello di attentato sanguinario, anche perché i vari governi tendevano a negare agli adepti ogni qualificazione politica, per poter meglio attribuire a tutti indistintamente l'etichetta di malfattore comune. In Italia il Lombroso teorizzò addirittura l'anarchismo come forma delinquenziale, da ricondursi tra l'altro a particolari anomalie somatiche. E gli anarchici individualisti, fatalmente, ritennero a maggior ragione ineliminabile l'azione dimostrativa della "propaganda del fatto".
Militante in questa frangia estremista, cui si era definitivamente legato nel 1891, nel clima politico dominato dalla svolta autoritaria crispina, il C. divenne uno dei più accesi propugnatori dell'oltranzismo anarchico. Il 1° maggio 1892, fermato con altri anarchici mentre distribuiva volantini di propaganda a Milano, vicino alle caserme di porta Vittoria, fu condannato a otto mesi di reclusione e schedato quale "sovversivo". Per sfuggire alle persecuzioni poliziesche nella primavera del 1893 emigrò in Svizzera e in Francia: alla fine di quell'anno era a Ginevra per prendere parte a numerose conferenze anarchiche. La primavera successiva prese a lavorare come fornaio a Cette (ora Sète, presso Montpellier), membro della società anarchica "Les coeurs de chêne", e qui conobbe dai giornali la notizia della prossima visita del presidente della Repubblica francese Sadi Carnot a Lione. Non si sa se la decisione dell'attentato gli sia venuta improvvisa, ma è certo che l'idea di un gesto clamoroso di ribellione covava in lui già da molto tempo.
Il 24 giugno 1894 il Carnot giunse in visita all'Esposizione di Lione. Mentre questi si recava a teatro in carrozza, il C., fattosi largo tra la folla, saltò sul predellino del landau con atto di presentare una supplica. Sportosi per riceverla, Carnot cadde riverso nella vettura, trafitto dalla pugnalata vibratagli in pieno petto dal giovane: moriva quella notte stessa.
Il tragico attentato produsse enorme impressione in tutto il mondo; in Francia, specie nel Sud del paese, fu occasione e pretesto per una violentissima campagna antitaliana. Non è da escludere che proprio il clima di tensione esistente in quegli anni tra Francia e Italia abbia influito sulla determinazione del C., convinto di eliminare con Carnot il "tiranno" tante volte duro nei confronti degli immigrati italiani.
Al processo, svoltosi il 2 e 3 agosto del 1894 presso la corte d'Assise di Lione, il C. rinunciò alla difesa di un avvocato italiano che voleva appigliarsi alla tesi della pazzia ereditaria, ma questa fu fatta ugualmente valere dall'avvocato d'ufficio Dubreuil. Al giudice della corte, Benoits, il C. ammise francamente la propria piena e individuale responsabilità in nome dell'ideale anarchico. Il 4 agosto i giurati lo condannavano a morte e il 16 il C. venne ghigliottinato a Lione.
L'attentato del C. provocò, in Francia e in Italia, un ulteriore inasprimento dell'autorità pubblica nei confronti dell'anarchia e di tutti i movimenti libertari in generale: il 28 luglio, un mese dopo l'assassinio di Carnot, entravano nella legislazione francese disposizioni a carattere fortemente repressivo, le famigerate "lois scélérates"; il 19 luglio Crispi aveva fatto votare contro la "sovversione" quelle tre "leggi eccezionali" che permisero poi al governo di operare centinaia di arresti anche tra socialisti e repubblicani, di sciogliere circa 200 associazioni e circoli politici, di far sospendere la pubblicazione di numerosissimi giornali di opposizione.
Fonti e Bibl.: L'Illustr. itl., 1° luglio 1894, p. 3; 8 luglio 1894, pp. 19 ss.; E. Sernicoli, L'anarchia e gli anarchici, Milano 1894, I, p. 367; E. Sernicoli, Gli attent. contro i sovrani, principi e primi ministri: note cronol., Milano 1894, p. 86; C. Lombroso, Gli anarchici, Torino 1895, pp. 76 s.; P. Masini, Storia deglianarchici ital. da Bakunin a Malatesta, Milano 1969, ad Ind.