PACINI, Sante
PACINI, Sante (Santi). – Nacque nel 1734 a Firenze nella parrocchia di S. Lorenzo, da Giuseppe e Rosa (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Archivio capitolare di S. Lorenzo [nel corso della voce ACSL], n. 4106, p. 57), residenti in via dell’Acqua assieme ai figli Antonio e Sante.
L'attività artistica di Pacini è documentata dal gennaio 1761, quando s’immatricolò all’Accademia delle arti del disegno (Zangheri, 1999, p. 153). La fonte più antica su di lui, scritta quando era ancora giovane e operoso, è rappresentata dal capitolo che gli dedica Giovanni Gori Gandellini nelle Notizie historiche degl’intagliatori (1771), limitandosi tuttavia al solo elenco delle stampe realizzate da Pacini per l’impresa incisoria della Raccolta di cento pensieri diversi di Anton Domenico Gabbiani pittor Fiorentino, pubblicata a Firenze nel 1762 da Ignazio Enrico Hugford, primo maestro e mecenate di Pacini, nonché suo più autorevole mallevadore.
La Raccolta rappresentava il meglio dei disegni di Gabbiani presenti nella collezione posseduta da Hugford che, in gioventù, al tempo degli ultimi Medici, era stato allievo del pittore fiorentino. Alla sua memoria Hugford nel 1762 volle consacrare la stampa della Vita di Anton Domenico Gabbiani – dedicata all’influente stampatore e collezionista Pierre-Jean Mariette – di cui i «cento pensieri» incisi da Pacini (con il contributo di una decina di altri incisori; Borea, 2009) servirono da appendice illustrativa. Parte delle stampe furono realizzate con tecnica all’acquaforte e all’acquatinta con inchiostri colorati (tavole nn. 40, 43, 58, 65, 66, 71, 77, 82, 87, 91, 92, 95; Borroni Salvadori, 1985, p. 50, n. 13). Un esemplare originale giunse agli Uffizi nel 1778 con altri beni di Hugford (Gabinetto dei disegni delle stampe degli Uffizi [nel corso della voce GDSU], vol. n. 32, 2925-3026; Baroni, 2011, pp. 195 s., n. 32).
La Raccolta fu per Firenze la prima impresa incisoria del genere (vi si rifecero, dal 1766, anche Stefano Mulinari e Andrea Scacciati per la collezione granducale dei disegni; Baroni, 2011, pp. 183-185, nn. 3-6). Lo stesso Pacini progettò una nuova serie, con antiporta ispirata a un’invenzione di Jacopo Pontormo, che vide la luce nel 1789 con il titolo Scelta di Disegni originali di eccellenti autori incisi in rame da Santi Pacini fiorentino, raccolti e pubblicati dal medesimo e in cui confluirono anche alcune delle incisioni già pubblicate nella Raccolta.
L’ispirazione derivò ancora una volta dai disegni delle collezioni private – Gerini, Riccardi e Michelozzi – alle quali Pacini aveva avuto facile accesso, grazie soprattutto alla protezione di Hugford. Nell'edizione definitiva sono riprodotti anche gli studi per il Martirio di s. Stefano del Cigoli, del 1772, e il Cristo risorto di Santi di Tito per la pala per S. Croce a Firenze. Una tiratura completa composta di 50 stampe compare per la prima volta nella collezione di stampe degli Uffizi ed è identificabile con il volume di stampe n. 31 GDSU st. vol. 2740-2874 (Baroni, 2011, p. 195, n. 31). Fanno parte della Scelta anche il secondo stato dell’antiporta con la Sibilla d’invenzione pontormesca (la data 1769 del primo è abrasa), per la quale esiste anche un disegno agli Uffizi (GDSU n. 96850; Monbeig Goguel, 1991, pp. 63-74) che Pacini aveva ulteriormente semplificato in una diversa versione servita per l’antiporta della Serie degli uomini i più illustri nella pittura, scultura, e architettura ... (pubblicata senza autore, ma probabilmente voluta da Hugford, Firenze 1769-75).
Pacini fu anche restauratore e sin dal 1771 intervenne sugli affreschi di Masaccio al Carmine, danneggiati in un incendio, per conto dell’Opificio delle pietre dure (Borroni Salvadori, 1985, p. 52). Incontrò poi a Firenze Anton Raphael Mengs, con cui partì, nel 1773 alla volta di Torino. Dalla raccolta privata del pittore boemo, che vantava anche studi di Raffaello, trasse il modello per le diverse tirature della Deposizione di Cristo.
Intorno al 1774, insieme al preferito entourage di artisti della corte lorenese (Spinelli, 2007, pp. 110-112), partecipò al ciclo di dipinti destinato alla basilica di S. Margherita a Cortona firmando la tela S. Margherita da Cortona veste l’abito del terz’ordine francescano.
Sappiamo che questa, pagata 100 scudi e collocata nella cappella del Crocefisso del santuario cortonese nel 1775, doveva essere stata eseguita da Firenze poco prima del 1774: «questo quadro […] fu donato da Angela Vedova Bedroni a nome del defunto suo marito. La tela fu da Firenze spedita a Cortona e messa provvisoriamente nella chiesa inferiore della Trinità dei Laici. Venne poi intelaiata da certo Peroni, Maestro di Ballo e pittore e quindi portata a S. Margherita» (Della Cella, 1900, pp. 145-147).
Entro il 1776 lavorò a S. Romualdo a Camaldoli, dove dipinse, per la volta ad affresco, la Vergine in Gloria che presenta alla ss. Trinità i ss. Romualdo e Benedetto (Ciampelli, 1906, pp. 41, 43, 46, 48) e le tele ai lati dell’altare tra le quali il Romualdo riceve dal conte Maldolo la donazione della terra, S. Romualdo accoglie i nobili discepoli Placido e Mauro bambini, caratterizzate da un raffinato grafismo neosecentesco, e il dipinto con le Ss. Scolastica e Geltrude e il beato Michele Pini. Nella cappella maggiore sono di sua mano anche le due tele raffiguranti rispettivamente S. Romualdo che compie un miracolo, con il dettaglio del refettorio che s’intravede a destra, e la Morte del santo assistito dai confratelli. Per il coro della chiesa camaldolese, Sante Pacini dipinse ad affresco la volta, con la Visione di s. Romulado e, ai lati, le effigi dei santi padri camaldolesi, ossia S. Michele Pini, S. Bruno Bonifacio, S. Pier Damiano e il Beato Ambrogio Traversari.
Realizzò anche due tele a Foiano della Chiana, oggi alla collegiata dei Ss. Leonardo e Martino, rispettivamente con S. Michele che sconfigge Lucifero (1773), caratterizzato da toni accesi e affocati, e la Morte di s. Giuseppe (1774), nella quale recuperò, per la testa del santo morente, un’invenzione di Gabbiani (Spinelli, 2007, p. 115). Più incerta, invece, la provenienza dell’Immacolata Concezione e alcuni santi, oggi a S. Stefano dei Cappuccini di Arezzo (già nei depositi delle soppressioni leopoldine), attribuito per la prima volta a Pacini da Andrea Andanti (Archivio di Stato di Arezzo, Lettere e Negozi delle Mairie 1813, f. 124, vol. II, cc. 4 r-v, 37r; Andanti, 1988, p. 295, fig. 61).
Una volta rientrato a Firenze, dal 1777, l’attività di Pacini si divise equamente tra la pittura, l’incisione e i restauri delle antiche opere: operò sulla pala d’altare della chiesa dei Patroni (1774), sugli affreschi del Bigallo, della Misericordia (1782) e sulla Madonna di Cennino Cennini dell’Ospedale di Bonifazio (con uno stacco mal riuscito). Copiò la celebre Pietà di Andrea del Sarto per la Pieve di S. Pietro a Luco, sostituita nel 1783 da un suo dipinto dopo che il granduca Pietro Leopoldo fece sistemare l’originale nella tribuna degli Uffizi (Capecchi, 2000, pp. 14 s.). Nel 1796 lavorò nella cappella del Giudizio Universale della Ss. Annunziata.
Sul suo intervento si ha la testimonianza di pallegrno Tonini, autore di una storica guida della basilica (1876, pp. 112 s.; Borroni Salvadori, 1979, p. 1249): «[…] Ne furono allora ripulite tutte le pitture, con quella dell’altare, da Sante Pacini; non senza però incontrare qualche critica degl’intendenti, per avere con troppa libertà ritoccato del suo pennello vari luoghi delle medesime» .
Il 28 aprile 1783 fu eletto conservatore presso l’Accademia delle Arti del disegno (Arch. di Stato di Firenze, Acc. del Disegno, f. 61, c. 21v.; Zangheri, 1999, p. 179). Nel collegio degli Angiolini dipinse un Sacro cuore di Gesù in ovale, e nel 1781 ornò la chiesa del convento delle Mantellate. Nel 1783, affrescò la vasta volta del teatro anatomico dell’ospedale di S. Maria Nuova – progettato da Giovacchino Maselli – con i ritratti dei medici illustri (Borroni Salvadori, 1979, p. 1275).
Nel 1785 era ancora scapolo e residente in via San Gallo n. 12 (ACSL, n. 4208, p. 4). Nello stesso anno lavorò di nuovo al fianco di Gioacchino Maselli dipingendo all’interno della chiesa di S. Maria, nell’ospedale degli Innocenti, la volta con il Ritrovamento di Mosé e in due tele ai lati dell’altare maggiore, tra cui La Madonna consegna il rosario a s. Domenico e s. Antonino (Cavazzini, 1996, pp. 144 s.). Furono gli anni di più intensa attività sia come disegnatore e incisore, sia come insegnante: il 20 agosto 1784 fu eletto console dell’Accademia delle Arti del disegno (Arch. di Stato di Firenze, Acc. del Disegno, f. 62, c. 23v.). Nel 1786 prese in moglie Anna, vedova Bencini, di 44 anni facendosi carico dei tre figli di lei, Luisa di 20, Francesco di 14 e Colomba, di 12; inoltre risiedettero presso di lui, come pensionanti, anche alcuni giovani artisti tra cui Angiolo Cherubini, Giuseppe Calendi, Gaetano Serrati e il promettente, e gradito ai granduchi, Pietro Benvenuti che vi rimase fino a tutto il 1790 (ACSL, n. 4210, I, p. 5 [1786] e n. 4218, I, p. 5 [1790]).
Al 1790 si colloca l’ultimo dipinto certo di Pacini, il Sacrificio di Calcante della Galleria d’arte moderna (Meloni Trkulja, 2009, pp. 304 s., n. 111) mentre la notizia di un Miracolo del Beato Torello che avrebbe dipinto nel 1798 nella chiesa di S. Torpé a Pisa (Id., 1990) non trova conferma.
Nel 1800 Pacini risiedeva ancora con la moglie e il figlio di lei, Franco Bencini, nella casa di via S. Gallo n. 17 (ACSL, 4238 I [1800], p. 5). Ma dall’anno successivo (Ibid., 4240 [1801] I, e II) la famiglia non è più domiciliata nella parrocchia di S. Lorenzo e di lui, e dei suoi, scompare ogni traccia. È dunque probabile che sia morto tra la fine del 1800 e i primi mesi del 1801.
Fonti e Bibl.: G. Gori Gandellini, Notizie istoriche degl’intagliatori, III, Siena 1771, pp. 1-3; M.Ch. Le Blanc, Manuel de l’amateur d’estampes, III, Paris 1854, p.135; P. Tonini, Il santuario della Ss. Annunziata di Firenze. Guida storico-illustrativa, Firenze 1876, pp. 112 s.; A. Della Cella, Cortona antica, Cortona 1900, pp. 145-147, 176; P. Ciampelli, Guida storica illustrata di Camaldoli e sacro eremo, Udine 1906, pp. 41, 43, 46, 48; H. Vollmer, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXVI, Leipzig 1932, p. 126; F. Borroni Salvadori, Memorialisti e diaristi a Firenze nel periodo leopoldino (1765-1790), in Annali della Scuola Normale di Pisa, classe di lettere e filosofia, s. 3, IX (1979), 3, pp. 1248 s., 1277; Id., Riprodurre in incisione per far conoscere dipinti e disegni. Il Settecento a Firenze, in Nouvelles de la république des lettres, II (1982), 2, pp. 73-114; F. Borroni Salvadori, Per un approccio a Santi P. incisore, in Antichità viva, XXIV (1985), 5-6, pp. 50-57; A. Andanti, Pittura in Arezzo dalla fine della dinastia medicea agli inizi del regno di Ferdinando III (1737-1782), in Cultura e società nel Settecento lorenese, Firenze 1988, pp. 263-300; S. Meloni Trkulja, in La pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1990, p. 815; C. Monbeig Goguel, S. P. dessinateur: réflexions sur le copies pour la reproduction à Florence, au XVIII siècle. De Gabburri à Mariette, et au Marquis de Robien, in Disegno. Actes du colloque du Musée des Beaux-Artes de Rennes …1990, a cura di P. Ramade, Rennes 1991, pp. 63-74; L. Cavazzini, in Gli Innocenti e Firenze nei secoli. Un ospedale, un archivio, una città, a cura di L. Sandri, Firenze 1996, pp. 144 s.; L. Zangheri, Gli accademici del disegno, Firenze 1999, pp. 153, 179, 180; D. Capecchi, in Il restauro della “Pietà di Luco” di S. P., Firenze 2000; L. Fornasari, Pietro Benvenuti, Firenze 2004, p. 82; Id., Una committenza aggiornata: l’arredo pittorico del convento dei Cappuccini di Arezzo, in Atti e memorie dell’Accademia Petrarca, n.s., LXVI, 2004 (2005), p. 470, fig. 10; Id., Dall’eredità del Settecento agli esordi dell’“esprit” romantico. Artisti e committenti della pittura neoclassica, in Arte in terra d’Arezzo. L’Ottocento, a cura di L. Fornasari - A. Giannotti, Firenze 2006, pp. 25-63; R. Spinelli, Pittori fiorentini del Settecento in terra aretina, in Arte in Terra d’Arezzo. Il Settecento, a cura di L. Fornasari - R. Spinelli, Firenze 2007, pp. 110-115; S. Meloni Trkulja, in Il fasto e la ragione. Arte del Settecento a Firenze (catal.), a cura di C. Sisi - R. Spinelli, Firenze 2009, pp. 304 s., n. 111; E. Borea, Lo specchio dell’arte italiana. Stampe in cinque secoli, Pisa 2009, I, pp. 445-449; Inventario Generale delle stampe GDSU, III: A. Baroni, I ‘libri’ di stampe dei Medici e le stampe in volume degli Uffizi, Firenze 2011, pp. 183-185, 195 s.