Álvarez, Santiago Roman
Documentarista cubano, nato a L'Avana Vecchia l'8 marzo 1919 e morto a L'Avana il 20 maggio 1998. Autore di oltre seicento cinegiornali e di un centinaio di film, A. è riconosciuto come uno dei più grandi cineasti militanti di tutti i tempi. Dai primi anni Sessanta si dedicò all'attività cinegiornalistica, che rinnovò con uno stile eclettico, attraverso una tecnica di montaggio e un uso della colonna sonora che anticipano gli stilemi formali degli attuali videoclip musicali. I suoi film, drammatizzazioni della storia attuale in forma di pamphlet documentari, sono spesso costruiti attraverso l'uso 'piratesco', vicino alla prassi del Situazionismo, di immagini rubate da film, televisione e cinegiornali, in contesti che ne stravolgono e ne riscrivono il senso.
Nel 1938, lasciati gli studi universitari in medicina, Á. si trasferì per qualche anno negli Stati Uniti, dove cominciò a occuparsi di cinema e si accostò all'idea politica marxista-leninista. Tornato a Cuba studiò filosofia, lavorò come archivista musicale in un'emittente televisiva e, nel 1951 fondò con gli amici Alfredo Guevara, Julio García Espinosa, Á. Alonso e L. Brouwer il circolo Nuestro Tiempo, una delle associazioni politiche più attive nell'ambiente culturale vicino al Partido Socialista Popular. Militante comunista, nel 1959 fu tra i fondatori e gli animatori dell'ICAIC, la massima istituzione della cinematografia castrista: cominciò così, all'età di quarant'anni, la sua intensa attività di cinegiornalista, parallela a una corposa produzione saggistica come storico e politologo. Ispirandosi ai documentari militanti di Joris Ivens e di Roman Karmen, Á. mise a punto un metodo di scrittura per immagini in cui confluiscono varie suggestioni, dall'uso della didascalia di agitazione di Dziga Vertov, alla fusione di materiali eterogenei di Chris Marker (dal cartone animato alla fotografia, dalle scene di film hollywoodiani alle immagini televisive), all'uso della voce e del sonoro come cornice emozionale sperimentato negli stessi anni del cineasta armeno Artavazd Pelešjan. La colonna musicale, utilizzata in modo connotativo e allusivo a partire dai contenuti dei testi, spazia dalla musica classica al pop e alle canzoni di protesta, e concorre a formare una realtà visiva a collage, interamente ricostruita, dove le sequenze filmiche divengono frasi di un discorso a tesi altamente suggestivo, con cui Á., nemico dell'imperialismo statunitense, ha preso posizione su tutti i maggiori problemi politici del secondo dopoguerra. Se i tratti salienti del suo cinema sono già presenti nella seconda prova del regista, Muerte al invasor (1961), diretto con Tomás Gutiérrez Alea, è con Now! (1965) che Á. tocca il primo dei suoi caustici vertici visivi. In questo film il serrato montaggio di immagini di repertorio sul problema della segregazione razziale negli Stati Uniti, scandito al ritmo di una canzone di Lena Horne proibita in patria, scolpisce un'impietosa immagine della violenza quotidiana nella società americana. La lotta vietnamita contro l'invasione cinese, giapponese, francese e, infine, contro quella americana, è al centro di Hanoi, martes 13 (1967): un tema, quello dell'indipendenza del Sud-Est asiatico, che trova il suo culmine nell'elegia a Ho-Chi-Min 79 primaveras (1969), forse il film più lirico di Á., dove le sequenze si costruiscono e si dissolvono, confluendo sullo schermo nero da cui emergono immagini di guerra che culminano simbolicamente in un trionfo di musica di J.S. Bach, nell'incendio della pellicola, mentre un cartello finale dichiara che un giorno gli Stati Uniti saranno sconfitti. Un capolavoro del genere satirico è il feroce cortometraggio LBJ (1968), titolo composto dalle iniziali di Luther King, Bobby e Jack Kennedy, il cui assassinio viene addebitato al presidente L.B. Johnson, ritratto come genio della corruzione e incarnazione di un Paese storicamente dominato dalla legge del più forte, illustrato attraverso cartoni animati e spezzoni di film hollywoodiani. Sempre più impegnato come voce ufficiale del regime castrista, nel corso degli anni il discorso antagonista di Á. divenne meno aggressivo, e la sua lucidità formale assunse più spiccatamente il tono dell'ufficialità e del film-saggio in documentari come Mi hermano Fidel (1977) e La guerra necesaria (1980), per approdare infine, negli anni Novanta, al più agile formato elettronico.
Santiago Álvarez, ed. M. Chanan, London 1980; Amir Labaki, O olho da revolução. O cinema urgente de Santiago Álvarez, São Paulo 1994.